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La responsabilità amministrativa

Prof. Arturo Bianco

Matura responsabilità amministrativa sia per la assunzione di un responsabile a tempo determinato senza rispettare i vincoli dettati dal legislatore sia per i compensi illegittimamente percepiti a seguito di prolungate ed ingiustificate assenze dal servizio. Sono queste alcune delle principali indicazioni in materia di responsabilità amministrativa dettate di recente dalla giurisprudenza della Corte dei Conti. Si deve sottolineare che tali orientamenti confermano la crescente rigidità della magistratura contabile nel definire gli ambiti di maturazione di questa forma di responsabilità nella gestione delle risorse umane, in particolare in capo ai dirigenti.

L’ASSUNZIONE A TEMPO DETERMINATO DI UN DIRIGENTE/RESPONSABILE

Matura responsabilità amministrativa per la assunzione a tempo determinato ex articolo 110 TUEL di un responsabile o di un dirigente senza che l’ente abbia preventivamente verificato la mancata esistenza di analoghe professionalità all’interno dell’ente e se l’amministrazione ha violato il principio per cui la scelta del dirigente/responsabile deve essere fatta in modo selettivo e sulla base di criteri predeterminati. Possono essere così riassunte le principali indicazioni che sono contenute nella sentenza della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti della Calabria n. 193/2016.

Siamo in presenza di una sentenza che assume come foriere della maturazione di responsabilità amministrativa illegittimità che fin qui sono state assunte dalla giurisprudenza dei TAR come violazioni di disposizioni di legge. Da sottolineare che non viene giudicata come circostanza tale da esonerare l’ente dalla maturazione di responsabilità amministrativa il fatto che le attività siano state concretamente svolte, determinando benefici per l’ente.

In modo consolidato si ritiene che i comuni possono effettuare assunzioni a tempo determinato di dirigenti previa verifica della assenza della professionalità all’interno dell’ente e che le procedure di questo tipo di assunzioni devono essere selettive e non si può fare ricorso alla scelta intuitu personae. Al riguardo si deve sottolineare che questa attestazione sembra essere richiesta anche nel caso di assunzioni ex articolo 110 comma 1 del D.Lgs. n. 267/2000, cioè nel caso in cui si debbano coprire posti vacanti in dotazione organica.

Leggiamo testualmente nella sentenza dei giudici contabili della Calabria che “l’esigenza di operare scelte discrezionali, ancorate a parametri quanto più possibili oggettivi e riscontrabili, evidenzia l’opportunità che le amministrazioni si dotino preventivamente di un sistema di criteri generali per l’affidamento, il mutamento e la revoca degli incarichi. Ciò al fine di consolidare anche in questo ambito la trasparenza e ridurre le possibilità di contenzioso”. La sentenza richiama inoltre le amministrazioni pubbliche alla applicazione dei vincoli di comunicazione di cui all’articolo 34 bis del D.Lgs. n. 165/2001, per il collocamento del personale in eccedenza, vincoli che sono stati estesi anche alle assunzioni con procedure concorsuali di personale e/o di dirigenti per una durata superiore a 12 mesi.

Nel caso specifico oggetto della sentenza, che riguarda un comune di piccole dimensioni, sono inoltre individuate due ulteriori ragioni di illegittimità che danno luogo alla maturazione di responsabilità amministrativa:

  1. In primo luogo, il conferimento al dirigente/responsabile assunto a tempo determinato di incarichi di collaborazione, peraltro senza avere verificato preventivamente la assenza di analoghe professionalità all’interno dell’ente. Viene inoltre evidenziato che non sono state utilizzato procedure ad evidenza pubblica per il conferimento di tale incarico e che tali attività sono da considerare ascrivibili a quelle assegnate come responsabile assunto a tempo determinato;
  2. in secondo luogo, l’avere il comune proceduto al rimborso delle spese di viaggio sostenute dal responsabile assunto a tempo determinato senza la dimostrazione “dell’effettività e della sua correlabilità ai finiistituzionali” ed inoltre in assenza “finanche un’autodichiarazione dell’interessato che illustri: a) le finalità, b) l’effettività del viaggio stesso, c) l’impossibilità di compierlo con mezzi pubblici”. 

I COMPENSI PERCEPITI DURANTE ASSENZE ILLEGITTIME

Il dipendente pubblico che sia stato illegittimamente assente ed abbia percepito per tale period compensi da parte dell’ente deve restituirli al proprio datore di lavoro, cioè matura a suo carico responsabilità amministrativa. E’ questo il principio fissato dalla sentenza della Corte dei Conti del Lazio n. 171/2016. Si deve sottolineare che nel caso specifico oggetto del contenzioso  il dipendente è stato licenziato dall’amministrazione a seguito di tali assenze.

Leggiamo testualmente nella sentenza dei giudici contabili laziali che “l’importo corrispondente agli emolumenti percepiti a fronte di prestazioni lavorative non rese costituisce danno erariale addebitabile allo stesso sulla base del rapporto di servizio esistente con l’amministrazione di appartenenza, del nesso causale che lega il comportamento dinanzi descritto e l’evento lesivo, nonchè dell’esistenza dell’elemento soeggettivo quanto meno della colpa grave.. Il carattere di estrema gravità consegue alla palese inosservanza di quei doveri di diligenza professionale che debbono collegarsi alla posizione di dipendenti pubblici e soprattutto per violazione del dovere fondamentale della prestazione lavirative e del venir meno del rapporto sinallagmatico, oltre all’elemento della intenzionalità della condotta del covenuto, peraltro reiterate.. l’assenza dal servizio del pubblico dipendente determina una modificazione o una interruzione del sinallagma relative alla prestazione di lavoro e alla correlative retribuzione”.
Un altro principio assai importante fissato dalla sentenza è il seguente: da questo “inadempimento contrattuale discende un danno economico per la PA in quanto la spesa sostenuta come datore di lavoro viene ingiustificatamente privata della sua controprestazione e della utilità ad esse connessa, consistente nella impossibilità di realizzare quella produttività e quei risultati, legati alla prestazione lavorativa dei dipendenti come stabilito dal complesso della normative di settore”.

Vi sono quindi contestazioni che devono essere mosse sia relativamente “all’indebito stipendiale” sia relativamenete alla “non corrispondenza della prestazione lavorativa a quella retributiva”.

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