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Il parere del Consiglio di Stato sulla linea guida ANAC in tema di acquisti nel sotto soglia comunitario (prima parte)

Dott. Stefano Usai

llppCon il recentissimo parere del 13 settembre 2016 n. 1903 il Consiglio di Stato – meglio la commissione speciale appositamente incaricata – ha espresso il proprio parere, richiesto volontariamente dall’ANAC, sulla linea guida relativa alle procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici.

Il parere, ad avviso di chi scrive, non evidenzia particolari criticità – se non l’esigenza di migliori chiarimenti trattandosi, tra l’altro,   di linea guida non vincolante perché vertente su una materia che (quella degli appalti sottosoglia disciplinati nell’articolo 36 del codice), secondo l’autorevole consesso, appare “sufficientemente dettagliata” e “non necessita, pertanto, di linee di indirizzo di carattere “integrativo”, che appesantirebbero inutilmente il quadro regolatorio.

La stessa previsione transitoria autonoma, introdotta dal Codice all’art. 216 non farebbe  “che confermare la natura non integrativa, e quindi “non vincolante”, delle linee in discussione”.

In sostanza, rileva il giudice di Palazzo Spada, in quest’ambito le disposizioni previste con riferimento al periodo  transitorio  – in attesa delle linee guida – e lo stesso articolo 36 costituirebbero un micro sistema normativo perfettamente autosufficiente e, se ne dovrebbe desumere anche facilmente applicabile.

La norma transitoria in argomento (art. 216, comma 9), la cui applicazione è destinata a cessare con l’adozione delle linee guida prevede che “Fino all’adozione delle linee guida previste dall’articolo 36, comma 7, l’individuazione degli operatori economici avviene tramite indagini di mercato effettuate dalla stazione appaltante mediante avviso pubblicato sul proprio profilo del committente per un periodo non inferiore a quindici giorni, specificando i requisiti minimi richiesti ai soggetti che si intendono invitare a presentare offerta, ovvero mediante selezione dai vigenti elenchi di operatori economici utilizzati dalle stazioni appaltanti, se compatibili con il presente codice”.  

La linea guida, pertanto, sembra finalizzata ad introdurre una sorta di catalogo di buone prassi per le stazioni appaltanti che pur non vincolanti dovrebbero esigere – nel caso il RUP valutasse di discostarsi da quanto indicato -   “un atto che contenga una adeguata e puntuale motivazione, anche a fini di trasparenza, che indichi le ragioni della diversa scelta amministrativa”.

La considerazione appare effettivamente condivisibile, si trascura però che il ragionamento espresso risulterebbe plausibile se le linee guida effettivamente fornissero un modello pratico da seguire.

Nella maggior parte dei casi, però, le indicazioni non appaiono definitive. Un caso  per tutti su cui si tornerà è quello dell’affidamento diretto che deve essere adeguatamente motivato e su cui anche il Consiglio di Stato sembra ravvisare profili interpretativi diversi.  

La questione della semplificazione

Un primo profilo di criticità, invero segnalato da più parti, è che nel tentativo – rileva la commissione speciale – di introdurre ulteriori elementi di semplificazione in relazione al procedimento sotto soglia comunitario si crea una sorta di antinomia tra le esigenze di pubblicità e trasparenza e la necessità di ridurre  oneri ed adempimenti procedurali per gli operatori.  

L’introduzione di vincoli di motivazione aggiuntivi – per gli acquisti sotto soglia comunitaria - rispetto a quanto previsto dalla legge può apparire,  si puntualizza nel parere “in contraddizione con l’intento di semplificazione, pur rispondendo alla logica, che in effetti traspare da più parti del testo, volta a privilegiare anche in questo caso, se possibile, le procedure ordinarie, che maggiori garanzie danno, evidentemente, sotto i profili della correttezza dei comportamenti e dell’anticorruzione”.

Imporre uno stringente onere motivazionale finanche “in merito alla scelta della procedura seguita”, come nel caso degli affidamenti al di sotto di 40.000 € (par. 3.3.1 della linea guida), potrebbe apparire secondo il Collegio “non in linea con lo spirito della legge, oltre che, probabilmente, con i limiti imposti all’attività d’indirizzo esplicabile nel caso che ci occupa”.

Secondo l’impostazione del Consiglio di Stato, pur critico nelle esigenze motivazionali -  comunque necessarie in funzione preventiva di fenomeni di corruzione – il problema della giustificazione dell’azione contrattuale nel sottosoglia potrebbe essere risolto scindendo l’onere motivazionale in due distinti momenti procedurali.

Nel parere si legge che appare “in ogni caso maggiormente equilibrato e congruo rispetto all’impianto della legge, scindendo i due momenti, riservare alle stazioni appaltanti nel momento preventivo della determina a contrarre, e quindi della scelta della procedura, un onere motivazionale sintetico, mentre trova giustamente spazio nella fase della scelta dell’aggiudicatario l’onere di dare dettagliata contezza del possesso da parte dell’operatore selezionato dei requisiti richiesti nella stessa determina a contrarre e della rispondenza di quanto offerto all’interesse pubblico che la stazione appaltante è chiamata soddisfare”.

Il RUP, in pratica,  tra i tanti, ha due fisiologici momenti procedurali da motivare.

Il primo è quello della scelta della procedura. E sul punto, nel parere, si legge che  “può ritenersi utile, dando spazio ai soggetti che comunque intendono avvalersi delle procedure ordinarie di poterlo fare abbastanza liberamente (i casi in cui il mercato non suggerisca il massimo confronto concorrenziale devono ritenersi oggettivamente residuali), ma, nell’ottica di quanto sopra osservato, preferibilmente non dovrebbe tradursi, invertendo gli effetti, nell’obbligo per le stazioni appaltanti, in sede di determina a contrarre, di motivare con estremo dettaglio, in tutti i casi di appalto sotto-soglia, in ordine alle ragioni che le hanno indotte ad optare per un sistema di affidamento aperto alla partecipazione di tutte le imprese potenzialmente interessate”.

La scelta della procedura ordinaria, quindi, sempre ammessa dalla norma, non esige un profilo motivazionale particolarmente intenso.

Al contrario, correttamente, la motivazione è opportuna  quando il RUP suggerisce l’utilizzo della procedura semplificata, “poiché in tal modo la stazione appaltante rende espliciti e verificabili (anche dal giudice) percorsi decisionali che, data la frequenza del sistema di offerte sotto soglia, resterebbero altrimenti opachi e talora influenzabili di fenomeni corruttivi”.

La motivazione della scelta dell’aggiudicatario 

Una motivazione di più profonda intensità è necessaria in relazione alla scelta dell’aggiudicatario soprattutto in relazione a due aspetti quello del possesso dei requisiti e della rispondenza dell’offerta rispetto ai desiderata della stazione appaltante.

L’affermazione, pur corretta,  evidentemente, ha solo un valore formale in quanto ovvia e non risolve la questione che pone la stessa norma (art. 36, comma 2, lett. a) di un affidamento diretto “adeguatamente motivato”.

E’ chiaro che le questioni, quella posta dal Consiglio di Stato e quella posta dalla norma sembrano situarsi su piano diversi.

Non può sfuggire che motivare un affidamento diretto  semplicemente precisando che l’appaltatore a cui è stata affidata la commessa è in possesso dei requisiti e la propria proposta soddisfa l’interesse della stazione appaltante è ben poca cosa  perché non chiarisce la questione principale che interessa gli altri operatori ovvero in che modo è stato scelto l’affidatario.

Ulteriore questione si pone in relazione all’atto in cui tale motivazione deve essere declinata.

Secondo il Consiglio di Stato la sede opportuna per esplicitare le motivazioni sulla scelta dell’affidatario – che poi si ridurrebbero al riscontro sui requisiti ed alla acclarata rispondenza dell’offerta ai desiderata della stazione appaltante -  sarebbe la “determina a contrarre”.

Pur autorevolissimo, sotto il profilo pratico/operativo la considerazione non persuade. La determinazione a contrattare è l’atto che avvia il procedimento di gara e/o anche la minima competizione informale e non l’atto che individua l’aggiudicatario ciò non coincide con l’atto che la conclude.

La determinazione a contrattare è caso mai il provvedimento in cui si scrive la legge di gara – sia pur in una micro competizione – e quindi indica che tipo di requisiti sono necessari, le modalità di scelta (prima) e di aggiudicazione (poi) e descrive l’oggetto che intende acquisire la stazione appaltante.

L’atto che declina la scelta vera e propria dell’aggiudicatario è la determina di aggiudicazione che, in tale sede, conterrà i riferimenti che sintetizzerebbero – secondo il Consesso – la motivazione.

Non si chiarisce nel parere, a differenza di quanto compiuto dall’ANAC nella linea guida, che nell’affidamento diretto semplificato la determinazione a contrattare può anche coincidere con la determinazione di aggiudicazione  o meglio prende direttamente le sembianze – che è atto diverso – di quest’ultima.

Ovviamente ciò può accadere solo nel caso dell’affidamento diretto con una semplice indagine esplorativa preventiva.

Se il RUP avvia o intenda avviare una indagine di mercato e/o procedure maggiormente articolate, la determinazione a contrattare appare quanto meno opportuna oltre che fisiologica per l’assunzione della prenotazione di  impegno spesa e la declinazione  della regole principali che presidieranno l’indagine di mercato e, soprattutto, la metodologia di scelta degli appaltatori da invitare alla competizione.   

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