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Dott. Francesco Disano

Le invalidità pensionabili nel pubblico impiego

pensioniprevA  decorrere  dal 1° gennaio 1996  la  legge  n. 335/1995( c.d. “legge  Dini “)  ha   esteso   ai  dipendenti  della pubblica  amministrazione  la pensione di inabilità prevista già,  da  molto tempo,  per la generalità dei lavoratori del settore privato. Occorre,  però,  precisare  subito   che le prestazioni previdenziali di inabilità per i dipendenti  iscritti alle Casse Ex-Inpdap sono molto diverse da quelle riconosciute alla generalità dei lavoratori dipendenti e autonomi.

Se questi  ultimi , infatti, hanno la possibilità di poter richiedere l'assegno ordinario di invalidità all'insorgere di una menomazione  tale  da  comportare  la riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo, i dipendenti del pubblico impiego possono conseguire la prestazione di invalidità  solamente  a seguito della cosiddetta   “dispensa per inabilità”  da parte dell’amministrazione  di appartenenza, susseguente  ad accertamento di uno stato  invalidante  tale  da  non  consentire  più  alcun  proficuo  lavoro . 

Nello  specifico,  ai sensi  e  per  gli  effetti dell'articolo 7 della legge  n. 379/1955 e dell'articolo 42 del  D.P.R. n. 1092/1973  i dipendenti pubblici possono essere collocati a riposo a seguito di accertamento dello stato di salute, disposto su richiesta del dipendente o del datore di lavoro se viene riscontrata, come  fattore  non dipendente da causa di servizio:

>   l'inabilità assoluta e permanente a qualsiasi proficuo lavoro;

>   l'inabilità assoluta e permanente alle mansioni svolte.

Trattasi, in effetti,  di due istituti molto simili per il conseguimento dei quali non e' necessaria una menomazione altamente invalidante (diversamente dalla  ipotesi   di  “inabilità assoluta e permanente a qualsiasi attività lavorativa” ), anche se lo  stato invalidante deve   concretizzarsi, comunque, in  una  misura tale da impedire una collocazione lavorativa continuativa e remunerativa all’interno  di  una  pubblica  amministrazione.

Le due inabilità  si distinguono per il fatto che   la  prima (inabilità assoluta e permanente a qualsiasi proficuo lavoro)  implica sempre  e  comunque  la dispensa per l'inabilità  e la conseguente risoluzione del rapporto di lavoro ,  mentre l'inabilità alle  mansioni  è limitata al tipo di attività espletata e può dar luogo al trattamento di pensione soltanto nell'ipotesi in cui il dipendente pubblico non possa essere adibito a mansioni equivalenti a quelle della propria qualifica.

Ricorrendo  la  seconda  ipotesi ( inabilità  alle  mansioni ),  l’Amministrazione  pubblica non  può  procedere  immediatamente  alla risoluzione  del  rapporto  di lavoro, ma, viceversa,  è tenuta a ricollocare il dipendente in mansioni equivalenti  a quelle della propria qualifica per le quali l'inabilità non determini l'impossibilità di proseguire il rapporto di lavoro.

In  pratica , l’ente  dovrà verificare  se,  nell’ambito  della  propria  dotazione  organica  e  nella  medesima  categoria  o livello  di appartenenza  del  dipendente,  sia  rinvenibile  un posto vacante  e  disponibile   (diverso  dal profilo  professionale  posseduto  dal  dipendente ), cui  assegnare  lo  stesso . 

Nell’ipotesi  in  cui  il   posto esiste, l’ente  procederà  al  mutamento del  profilo  professionale   dell’interessato    destinandolo   a tale  posto.

Se, viceversa, il  posto  non  è  rinvenibile,  il  contratto  di  lavoro  prevede  che  si  proceda alla  verifica  dell’eventuale esistenza  di  un posto  vacante  e disponibile  nella  categoria  immediatamente  inferiore    rispetto  a  quella  cui    appartiene il dipendente  .

Nel caso  in  cui   il  posto  non fosse   rinvenibile  neanche  nella  categoria  inferiore, si procede  immediatamente  alla  risoluzione  del  rapporto  di  lavoro che si configura come dispensa dal servizio per inabilità   alle mansioni .

Qualora, invece, venisse  accertata  l’esistenza  del posto  nella categoria  immediatamente  inferiore, è necessario  acquisire  formale  consenso da parte  dell’interessato  ad  essere  assegnato a  tale posto . Se il  dipendente   non   manifesta  il proprio consenso alla nuova collocazione in posizione funzionale inferiore , interviene la risoluzione del rapporto di lavoro che si configura come dispensa dal servizio per inabilità  alle  mansioni . Dispensato dal servizio, il lavoratore dovrà  presentare domanda di pensione per inabilità relativa alla mansione sia all’Inps – Gestione  dipendenti pubblici   che all’ente  di  appartenenza . 

In entrambi i casi non si ha diritto alla prestazione se l'invalidità interviene dopo la cessazione del rapporto di lavoro e l'inabilità deve essere comprovata da visita medico-collegiale sostenuta presso le  speciali  Commissioni  mediche  di verifica . Acquisita  tale  certificazione, l’Ente  datore di lavoro pubblico dispensa dall’attività  lavorativa  il  dipendente medesimo,  il quale,  a  sua volta,  inoltra   istanza  di pensione per inabilità a proficuo lavoro all'ente di previdenza   Inps- Gestione  Dipendenti Pubblici.

Per ottenere l’inabilità alla mansione necessitano i seguenti requisiti:

1)  riconoscimento medico legale da parte della competente Commissione  medica  di  verifica  dal quale risulti che il dipendente pubblico è  permanentemente inidoneo allo svolgimento della propria mansione; 

2)  essere  in possesso  di  almeno   14 anni, 11 mesi e 16 giorni  di  contribuzione  (15 anni di servizio) per i dipendenti dello Stato. Per i dipendenti di Enti locali o della Sanità occorrono, invece, almeno 19 anni, 11 mesi e 16 giorni di  contribuzione  (20 anni di servizio );

3)  risoluzione del rapporto di lavoro per  dispensa dal servizio per inabilità ( articolo 7 della legge  n.  379/1955   e  articolo  42  del D.P.R.   n.  1092/1973 ) .

L'inabilità  assoluta  e  permanente  a  proficuo  lavoro

Trattasi  di una inabilità che impedisce  la possibilità di continuare a svolgere una attività lavorativa continua e remunerativa del dipendente pubblico ( articolo 129  D.P.R.   n. 3/1957).  Anche in  questa  fattispecie  non si ha diritto alla prestazione se l’inabilità  interviene dopo la cessazione del rapporto di lavoro. 

Per ottenere l’inabilità al proficuo lavoro , occorrono i seguenti requisiti:

1)  riconoscimento medico legale redatto dalla competente  Commissione  medica  di verifica dal  quale risulti che il dipendente pubblico non è più idoneo a svolgere in via permanente attività lavorativa;

2)  almeno 14 anni, 11 mesi e 16 giorni  di  contribuzione  ( 15 anni servizio  )sia per i dipendenti dello Stato, che per i dipendenti degli Enti locali o Sanità;

3) risoluzione del rapporto di lavoro per dispensa dal servizio per inabilità permanente a proficuo lavoro (articolo 7 della legge   n. 379/1955  e  articolo  42  del D.P.R.  n. 1092/1973).

In alternativa a questi istituti,  dal 1° gennaio  1996,  l'art. 2, comma 12, della legge  n.335/1995  ha esteso la pensione di inabilità di cui alla legge  n. 222/1984  anche  al  pubblico impiego. Sino a tale data la prestazione era riservata solo ai lavoratori del settore privato. Questo tipo di pensione, a differenza dei trattamenti di cui si è appena   discusso, richiede una inabilità  sicuramente  ben più grave, tale da determinare una "inabilità assoluta e permanente a qualsiasi attività lavorativa".   In  ragione  di ciò,  pertanto, è del tutto incompatibile con lo svolgimento di qualsiasi lavoro dipendente, sia esso in Italia o all'estero.

Al  fine  di poter   ottenere la prestazione in parola è necessario che l'iscritto abbia maturato un  minimo di cinque anni di anzianità contributiva , di cui almeno tre  nell'ultimo quinquennio e che risulti inabile in via assoluta e  permanente  allo svolgimento di qualsiasi attività lavorativa (Circolare Inpdap 57/1997).

In questo  caso, il  procedimento è  attivabile solamente  ed  esclusivamente  ad  istanza da parte dell'interessato.  La istanza, con allegato il certificato redatto  dal medico attestante lo stato di inabilità assoluta e permanente a svolgere qualsiasi attività lavorativa, deve essere presentata all’ente presso il quale il lavoratore presta o ha prestato l’ultimo servizio. Il suddetto certificato, a firma del proprio medico curante, deve essere obbligatoriamente redatto secondo il modello allegato 1 al  Decreto Ministeriale 187/97. 

Ricevuta la domanda ed  accertato il  possesso   del  requisito  dei cinque anni di anzianità contributiva , di cui almeno tre  nell'ultimo quinquennio   da  parte  dell’interessato, l’Ente :

1)  dispone l’accertamento sanitario presso la  Commissione medica di  verifica (nei casi di particolare gravità delle condizioni di salute dell’interessato può essere disposta la visita domiciliare);

2)  ricevuto il verbale attestante lo stato di inabilità assoluta e permanente a svolgere qualsiasi attività lavorativa, provvede alla risoluzione del rapporto di lavoro del dipendente e la sede provinciale dell’Inps - Gestione  dipendenti  pubblici   procederà  alla liquidazione del  trattamento  pensionistico

A differenza dei due precedenti trattamenti per i quali  l’importo dell’assegno  di  quiescenza  è determinato in  rapporto  agli  anni di  contribuzione accreditata, , l'importo della pensione  per inabilità assoluta e permanente a qualsiasi attività lavorativa viene calcolato sulla base dell'anzianità  contributiva  maturata,  alla  quale  viene riconosciuta una maggiorazione  (c.d.  “ bonus “ )  virtuale che determina il vantaggio di poter conseguire un assegno più elevato. In sostanza la contribuzione viene incrementata  virtualmente   di  un  ulteriore  periodo  contributivo  corrispondente alla  differenza  tra l'età alla cessazione dal servizio e il compimento dell'età pensionabile di vecchiaia ( 65 anni ) per chi apparteneva al   sistema retributivo (almeno 18 anni di contributi entro il 31.12.1995). Occorre precisare che  dal  1°  gennaio  2012, con  l’estensione  del calcolo contributivo  generalizzato  per tutti, anche  per coloro  che  appartengono  al sistema retributivo la  vecchiaia  è  equiparata a 60  anni. Per  coloro  che sono  nel sistema misto e contributivo  l’incremento virtuale  corrisponde  alla  differenza  tra  l’età  alla  cessazione  ed  il compimento del sessantesimo anno  di età.. In  alternativa  si  procede  ad  un  incremento  pari  agli anni  contributivi  mancati a  40  anni  di servizio .

Per  maggior  chiarezza,  si  rappresentano  due esempi :

* dipendente   appartenente  al  sistema  retributivo  con un’età  anagrafica  di  59  anni   e   30  anni   di  contribuzione  al  30.09.2009  ( data di accertamento della  inabilità ) :

>  il  bonus  sarà  pari  ad  anni   6   ( gli  anni  mancanti  a  65  ) .  Il  calcolo  della  misura  dell’assegno  sarà  operato  su   36  anni  di contributi  ( 30  affettivi  +  6  di   bonus ) ;

*  dipendente   appartenente  al  sistema  retributivo  con un’età  anagrafica  di  50  anni   e   30  anni   di  contribuzione  al  30.09.2009  ( data di accertamento della  inabilità ) :

>  il  bonus  sarà  pari  ad  anni   10   ( gli  anni  mancanti  a  40    ) .  Il  calcolo  della  misura  dell’assegno  sarà  operato  su   40  anni  di contributi  ( 30  affettivi  +   10  di   bonus ) .

Come  detto, con l’entrata  in vigore  della  legge  n. 214/2011 ( c.d. “ legge  Fornero )  che , a decorrere dal  1° gennaio 2012, ha  esteso in  maniera generalizzata  il  sistema  di calcolo contributivo,  il  bonus  si  concretizza  per  tutti (  ex  retributivi  e  non ) con un  incremento  virtuale corrispondente alla  differenza  tra l'età alla cessazione dal servizio e il compimento del sessantesimo  anno  di  età.  In  alternativa  si  procederà  ad  un  incremento  pari  agli anni  contributivi  mancati a  40  anni  di servizio .

La pensione di inabilità assoluta  e  permanente  a  qualsiasi  attività  lavorativa decorre dalla data di risoluzione del rapporto di lavoro se presentata dal lavoratore in attività di servizio, ovvero, dal primo giorno del mese successivo alla data di presentazione della domanda se inoltrata successivamente alla risoluzione del rapporto di lavoro. 

In linea generale, la pensione può essere richiesta anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro. Tuttavia, dato che sono richiesti almeno tre anni di contributi nell'ultimo quinquennio, l'istanza, in pratica, non può essere presentata dopo i due anni dalla cessazione dell'attività lavorativa.

Potrebbe però  accadere ( ed  oggi  ciò  succede  spesso)  che il  referto  della   Commissione  di  verifica si  esprima in  maniera  diversa   rispetto  alle casistiche  previste  dalla  norma  .

 Nello  specifico, potrebbe  accadere  che  :

^ il  referto  della  Commissione  dichiara in  data    18.07.2015   il  dipendente “  inabile  assoluto  e  permanente a  qualsiasi  attività  lavorativa  , ai  sensi  dell’art. 2, comma 12, della  legge   n. 335/1995 .Rivedibile  a  luglio  2017”.

*   In  questo  caso,  l’ente  dovrà  procedere  immediatamente  alla  risoluzione   unilaterale  del  rapporto  di lavoro  per  inabilità  a  qualsiasi  attività lavorativa .  Predisporrà ed  istruirà  tutta  la  documentazione    da  trasmettere  all’Inps – Gestione  dipendente  pubblici   per  il  conferimento  della  pensione , che , naturalmente,  sarà  conferita  all’interessato  con  l’incremento  del  bonus .

Ovviamente,   con  l’approssimarsi  del  mese  di   luglio  2017,  il  dipendente  sarà  riconvocato  dalla  Commissione  per  essere  nuovamente  sottoposto  a  visita  .

^  Il  relativo  referto   potrà   dichiarare  lo stesso  :

 a)  “  inabile  assoluto  e  permanente a  qualsiasi  attività  lavorativa  , ai  sensi  dell’art. 2, comma 12, della  legge   n. 335/1995 “  In  questa  ipotesi,   viene  confermato  lo stato  di  inabilità.  L’interessato  non  sarà  più  risottoposto  a  visita  medica   e   continuerà, vita natural  durante,  a  fruire  della  pensione  di  inabilità con   il  “ bonus”;

b)  “  non  più  inabile a  qualsiasi  attività lavorativa, , ai  sensi  dell’art. 2, comma 12, della  legge   n. 335/1995  “   (  cioè  abile  !!  ) .     In  questo  caso,  sebbene  riconosciuto  abile ,  lo  stesso  dipendente  non  deve  essere   ripreso  in  servizio  dall’Ente  ( non si  dovrà, cioè, procedere  alla  ricostituzione  del  rapporto  di  lavoro ),   perché   l’Inps,  revoca  la  pensione  con   il  bonus  di  cui  alla   legge  n. 335/1995   ed     attribuisce  la  pensione  di  cui  alla  legge  n. 274/91  (  inabilità  a  proficuo  lavoro ), dopo  aver  verificato ed  accertato  la  sussistenza  di  almeno  15  anni  di contributi   (  14  anni  11  mesi  e  16  giorni ) .  In  altri  termini,  sostituisce  la  pensione  con  il  bonus  con  quella  senza  bonus .  Si  assisterà, perciò,  ad  una  lieve   diminuzione  dell’importo  dell’assegno  di  quiescenza .  Anche  in  questo  secondo  caso, il  dipendente  continuerà  ad  essere  pensionato  per  l’intera  sua  esistenza .  E’  importante, però, rilevare che  nell’ipotesi  in  cui  il  soggetto  in questione  non  abbia  maturato  i  14 anni   11  mesi e  16  giorni  di  contribuzione,  l’istituto  previdenziale  non potrà  attribuire  l’assegno  pensionistico .

c)   “ inabile  a  qualsiasi  proficuo  lavoro, ai  sensi  della  legge  n.  274/91.   Rivedibile  a  luglio  2017 “ . 

 Ricorrendo  questa  ipotesi   occorre  prestare  la  massima  attenzione , perché  la  problematica  diventa  complessa  !!!!!!!

>  Non si  può  procedere   alla  risoluzione  unilaterale  del  rapporto  di  lavoro   .  Il   dipendente  è  da  considerarsi  in  malattia ,  con tutte le  conseguenze  derivanti  dall’eventuale  superamento  del  periodo  di  comporto .   Infatti,  se  durante  l’arco  temporale  che  va  dalla  data della  visita  medica   fino alla  data  della  successiva   visita      ( durante  la  quale  l’interessato  è, come  detto, in  malattia ) dovesse  sopraggiungere  il superamento del  periodo  di  comporto, il soggetto in  questione  deve  essere  licenziato  .   Il  dipendente  non  perfezionerebbe  il  diritto alla  pensione   in  quanto non  avrà  maturato  né  la  pensione  anticipata,  né  quella  di  inabilità ,  né  tantomeno  quella  di vecchiaia .  Potrà  ottenere    l’assegno  di quiescenza,  a domanda  da  inoltrare  all’ente  previdenziale,  allorquando avrà  maturato  l’età  anagrafica  per  la  pensione  di vecchiaia , sempre  nel presupposto della  presenza  di almeno  20  anni  di contribuzione .

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