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Pensione anticipata (Ape volontaria  e  Ape sociale),  prestito bancario, precoci   e...altro

Dott. Francesco Disano

pensioniprevFlessibilizzare l’età in cui andare in pensione, con la  contemporanea possibilità di anticipare dal mondo del lavoro, è stata fino ad oggi una tematica un’argomentazione molto avvertita; recentemente, a tal proposito, sono state elaborate diverse proposte. Una di queste è rappresentata dal  prestito  pensionistico  ( Ape ).  Da  una  attenta analisi della bozza  di  legge, la  sua  convenienza  sembra , però,   non convincere.

La pensione anticipata (Ape)

La possibilità di lasciare anticipatamente l’attività lavorativa, rispetto agli attuali  66 anni  e 7  mesi, trae  origine  da diversi fattori:

  • differire così a lungo l’accesso al trattamento di pensione significa rendere  vacanti meno posti di lavoro per le future generazioni, inibendone l’ingresso;
  • in secondo luogo, sebbene l’età media e la qualità della vita siano aumentate, la pensione a 66  anni e  7  mesi (  fino al 31.12.2018 ) appare decisamente ed eccessivamente elevata, anche considerando l’effettiva produttività sulla soglia della settima decade di vita  di  ogni singolo  soggetto .

Tutto  ciò, però,  stride  fortemente con  la scarsa  disponibilità  economica statale , oltre che con la sostenibilità del  sistema pensionistico,  posto  tardivamente  in  sicurezza  con  la  legge  Fornero  e  minacciato dall’andamento demografico italiano, con un numero sempre crescente di ultra settantenni  e un calo dei giovani. E’, sostanzialmente, questa la  motivazione per cui si cercano, da diverso tempo, eventuali e possibili soluzioni che non gravino sui i conti pubblici (o che  lo facciano il meno possibile) e che non   destabilizzino  la già precaria stabilità previdenziale.

Il prestito bancario

L’ultima proposta, in ordine cronologico, è la cosiddetta “Ape“,  e riguarda la possibilità di anticipare alla quiescenza di 3 anni rispetto all’età  di vecchiaia, tramite un prestito erogato formalmente dall’Inps ma di fatto dal sistema bancario, con  la  previsione di  un  rimborso   ventennale, cui  viene obbligatoriamente  affiancata una  polizza assicurativa nel caso di morte prima dei  20  anni . La bozza approvata dal Consiglio dei Ministri prevede una fase sperimentale tra il 2017 e il 2018 per i nati tra il 1951 e il 1953.  Benché siano ancora molti i punti da chiarire circa le modalità concrete con cui verrà implementata quest’ipotesi di riforma, sono già sorte numerose perplessità.

In  primo  luogo, non è chiaro a quanto ammonterà  l’effettiva penalizzazione nei confronti  di chi sceglierà il pensionamento in anticipo, sia nei tre anni coperti dal prestito (stante che  si sconterebbero i minori contributi versati) sia nel  ventennio successivo, dal momento che l’assegno pensionistico  che si andrà a  percepire  dovrà anche servire a restituire il prestito; e qui tutto dipenderà dai tassi applicati.

In secondo luogo, le tempistiche ipotizzate dal governo non sono in linea con le aspettative di vita medie, che sono inferiori ai 20 anni, ragion per cui appare oltremodo chiaro che le assicurazioni dovrebbero sicuramente coprire almeno 1 o 2 anni su ogni prestito una soluzione tutt’altro che economica.

La  perdita

Se  è  possibile  ipotizzare che un buon numero di dipendenti sia disposto a rinunciare e  sacrificare  qualcosa pur di anticipare la pensione di qualche anno, è altrettanto vero  e probabile che questo sacrificio economico non debba essere troppo sostenuto, diversamente i costi supererebbero di gran lunga i vantaggi. Stando alle  prime stime, tuttavia, nell’ipotesi avanzata dal governo, gli effetti sulla pensione del rimborso del prestito potrebbero essere estremamente pesanti, con un assegno mensile più basso di una percentuale che va dal 10% fino al 25%, in riferimento  al lavoro svolto e allo stipendio percepito. Cifre che, se dovessero rivelarsi corrette, renderebbero sicuramente e palesemente poco appetibile aderire alla flessibilità in uscita, rendendo in pratica  inutile l’intervento del governo  ed evidenziando, nel  contempo, che gioverebbero molto poco le eventuali detrazioni fiscali ipotizzate per i redditi più bassi.

L’Ape senza penalizzazioni

Nel caso in cui il  singolo  dipendente  optasse per  l’Ape, questa gli consentirà di andare in pensione a 63 anni, con un massimo di 3 anni e 7 mesi di anticipo rispetto  alla  data  di  maturazione  della   prestazione per  la  vecchiaia ( come  detto  precedentemente  66  anni  e  7  mesi fino alla data  del  31.12.2018) . Uscire prima del tempo sarà possibile grazie ad un prestito bancario, la cui restituzione comporta delle penalizzazioni sulla pensione.

Nel  caso  in  cui  l’interessato  non abbia compiuto  62 anni, anche la   pensione anticipata, a 

partire  dal  1°gennaio 2018, comporterà delle penalizzazioni.

Sia, però, per l'Ape che per la pensione anticipata è possibile ottenere la pensione senza penalizzazioni. Per quel che concerne  la pensione anticipata, in  atto, non è prevista alcuna penalizzazione, anche  se  si  dovesse  accedere ad  un’età  anagrafica  inferiore a  62 anni ; i requisiti contributivi richiesti per ottenere la  prestazione  sono 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne. A decorrere  dal  1° giorno dell’anno  2018, però, sarà prevista una penalizzazione per chi accede  al  trattamento  pensionistico senza aver compiuto 62 anni. La decurtazione dell'assegno sarà pari all'1% per ogni anno di anticipo della pensione, se l’interessato ha compiuto almeno 60 anni e al 2% per ogni anno che precede il compimento del sessantesimo. Per non  incappare  nella  tagliola  delle penalizzazioni  è dunque necessario attendere il compimento dei  62  anni di età, per chi matura tale requisiti a  decorrere  dal  1° gennaio  2018.

 Al fine di ottenere, invece,  l'anticipo pensionistico senza  incorrere  nelle  decurtazioni, la problematica è più articolata. Per non subire tagli della pensione a causa della restituzione delle rate del prestito, sarà necessario appartenere alle seguenti categorie:

- lavoratori disoccupati di lungo corso, che hanno terminato la percezione di ammortizzatori sociali; - essere invalidi;

- trovarsi  nelle condizioni di dover  assistere un portatore di handicap grave ai sensi della legge 104/1992;

- essere  addetti a mansioni ad alto rischio infortunio, addetti a mansioni faticose e pesanti.

È stato, inoltre, fissato a 1.350 euro lordi di reddito il tetto per accedere all'Ape social, meccanismo previsto dal governo per poter andare in pensione a 63 anni senza pagare la rata del prestito pensionistico che sarà totalmente a carico dello Stato.

Per altre categorie la penalizzazione non sarà azzerata, ma soltanto ridotta. I beneficiari della riduzione delle decurtazioni saranno i lavoratori in esubero a seguito di ristrutturazioni aziendali, che fruiranno del pagamento di un contributo da parte dell'impresa per coprire parte del prestito e gli iscritti alla previdenza complementare, che fruiranno di un anticipo della prestazione integrativa (Rita, ossia rendita integrativa anticipata) per coprire parte del prestito, oppure, a seconda dell'ammontare spettante, l'intero prestito.


Ape agevolata

Potranno accedere all'Ape agevolata i disoccupati, disabili e alcune categorie di lavoratori impegnati in attività faticose purchè abbiano un reddito inferiore ai 1.350 euro lordi. Per accedere all'Ape agevolata bisognerà avere almeno 30 anni di contributi se disoccupati e 35 se si è lavoratori attivi. L'Ape andrà in vigore dal prossimo 1 maggio. Il governo inserirà nella platea dell'Ape agevolata, oltre ai disoccupati, i disabili e i parenti dei disabili, anche alcune categorie di attività faticose come le maestre, gli operai edili e alcune categorie di infermieri, i macchinisti e gli autisti di mezzi pesanti. 

Lavoratori precoci  .

I lavoratori che sono entrati nel mondo del lavoro prima della maggiore età possono andare in pensione con 41 anni di contributi. Ma dovranno avere gli stessi requisiti previsti dall’Ape social, cioè essere disoccupati senza ammortizzatori sociali, disabili o rientrare tra le categorie dei lavori faticosi.  

L’elemento   fondamentale  da non perdere assolutamente di vista è che questi soggetti devono aver versato almeno 1 anno di contributi,  anche  in maniera  discontinua, prima di aver  compiuto il  diciannovesimo anno di età  19 .

Il documento riguardante la Riforma Pensioni 2016-2017 inviato a Bruxelles, non fa  accenno     alcuno all’opzione donna. Questo istituto, rilanciato dalla Fornero dopo esser stato proposto e  adottato da Maroni  nel  2004, permette alle donne di acquisire il diritto alla pensione svariati anni prima rispetto a quanto previsto, accettando però di ricevere mensilmente un assegno interamente calcolato secondo il sistema contributivo. Il requisito contributivo per far  ricorso all’opzione donna è di 35 anni per autonome e dipendenti del privato mentre per le dipendenti pubbliche è  pari  a 34 anni, 11 mesi e 16 giorni; l’età necessaria, invece, è di 58 anni e 3 messi per le autonome e 57 e 3 mesi  per dipendenti del pubblico e del privato. Scopriremo nei prossimi giorni con l’approdo della riforma  in  Parlamento  per  essere  discussa se questa opzione verrà rinnovata o meno.

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