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Dott. Francesco Disano

La malattia quale evento morboso, il periodo di comporto e le implicanze sulla valutazione dei periodi ai fini pensionistici ed ai fini del Tfs/Tfr.

pensioniprevCome è noto, il termine “ periodo di comporto “,  altro non   è che la sommatoria di tutte le assenze del dipendente verificatesi a seguito di malattia ed avvenute in un determinato arco temporale. La vigente normativa prevede che durante tale periodo di comporto (malattia) al dipendente medesimo deve essere conservato il posto di lavoro.

Dal momento in cui, però, si supererà tale periodo di comporto, l’amministrazione di appartenenza potrà procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro ( licenziamento ). La maggioranza dei contratti collettivi nazionali di lavoro del pubblico impiego, nell’ipotesi di superamento del periodo di comporto, prevede che al dipendente è data facoltà di richiedere un ulteriore periodo di aspettativa non retribuita (con conservazione del posto ) . I contratti di lavoro contengono, altresì, la specifica previsione che, qualora le assenze siano imputabili a patologie gravi che richiedono terapia salvavita, come ad esempio l'emodialisi, la chemioterapia, ecc., dal computo sono esclusi i giorni di ricovero ospedaliero o in day hospital, nonché i giorni di assenza per l'effettuazione delle relative terapie.


La determinazione del periodo di comporto .

Solitamente il contratto di lavoro fa riferimento all'anno di calendario, intendendosi   con ciò il periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre di ogni anno; se, invece, si fa riferimento all'anno solare, si deve intendere un periodo di 365 giorni computati dal primo giorno di malattia. Si considerano anche i giorni festivi, comprese le domeniche o comunque non lavorativi che ricadono  all’interno del   periodo di malattia.

Viceversa, per la determinazione del periodo di comporto, non si tiene conto dei giorni festivi o non lavorativi che seguono o precedono immediatamente quelli indicati sul certificato medico.

La modalità di calcolo del periodo di comporto, per i pubblici dipendenti è una operazione molto semplice : si risale “ a ritroso “ dal primo giorno dell’ultimo evento morboso di assenza per malattia ai tre anni precedenti, per verificare il rispetto del limite massimo consentito per le assenze retribuite che è pari a 18 mesi ( in sostanza, si ripercorre  all’indietro per tre anni l’arco temporale che va dal primo giorno dell’ultima certificazione medica   presentata dal dipendente, sommando tutti i giorni interessati da malattia ed al totale ottenuto si aggiungono i giorni di malattia dell’ultimo certificato medico. Così, ad esempio, per un certificato relativo a dieci giorni di malattia dal   21.09.2015 al 30.09.2015, si considera l’arco temporale che va dal 22.09.2012 al 21.09.2015 ; all’interno di esso si quantificano le assenze dovute a malattia ed al totale ottenuto si sommano le ulteriori nove giornate di malattia dal 22.09.2015 al 30.09.2015 ) . Superati i 18 mesi retribuiti, su istanza del dipendente, è possibile la concessione di ulteriori  18 mesi non retribuiti, durante i quali è prevista unicamente la conservazione del posto.

Ancor prima di concedere l'ulteriore periodo di assenza non  retribuita, l'Amministrazione

procede all'accertamento delle reali condizioni di salute del dipendente tramite la ASL, al preciso scopo verificare la sussistenza di eventuali cause di assoluta e permanente inidoneità a svolgere qualsiasi proficuo lavoro o attività lavorativa.

In base al meccanismo dello scorrimento, in occasione di ogni ulteriore episodio morboso, è necessario procedere al seguente calcolo:

  • determinare il triennio precedente l'ultimo episodio morboso: dal primo giorno dell’inizio della malattia in atto si procedere a ritroso di tre anni;
  • sommare le assenze per malattia intervenute nel triennio come sopra determinato;
  • sommare alle assenze per malattia effettuate nel triennio precedente (risultato del punto precedente) quelle del nuovo episodio morboso.

Di volta in volta, sulla scorta delle risultanze derivanti dalla sommatoria di cui all’ultimo punto di cui sopra, sarà necessario:

  • verificare il rispetto del periodo massimo di conservazione del posto;
  • determinare il trattamento economico da corrispondere: infatti, sulla base dell'entità delle assenze risultanti dal computo effettuato in occasione dell'ultima malattia, il dipendente si colloca in una delle diverse articolazioni temporali contemplate all'interno del periodo massimo di 18 mesi, percependo    un       trattamento economico nella misura prevista per ciascuna di esse .

La retribuzione spettante durante il periodo di comporto

L’art. 21, commi 1° e 2° del CCNL del 16.05.1995 del comparto Regioni – Autonomie Locali, prevede che il dipendente assente per malattia ha diritto alla conservazione del posto per un periodo di 18 mesi con il seguente trattamento economico :

  • 100% durante i primi 9 mesi - 270 giorni - (1/2 del periodo);
  • 90% per i successivi 3 mesi - dal 271° al 360° giorno - (1/6 del periodo);
  • 50% per gli ulteriori 6 mesi - dal 361° al 540° giorno - (2/6 del periodo);
  • Nessuna retribuzione nel caso l'assenza per malattia superi i 18 mesi.

Constatato il carattere eminentemente ed esclusivamente dinamico del sistema, la circostanza che in un determinato momento, sulla base delle assenze effettuate, il dipendente si trovi , ad esempio, nel periodo per il quale viene corrisposto un trattamento economico pari al 90%  della retribuzione, non sta a significare che necessariamente da quel momento le ulteriori assenze potranno essere remunerate solo in tale misura oppure in quella più bassa pari al 50% della retribuzione, ma è sempre necessario, di volta in volta, procedere al calcolo suddetto. E’ possibile, infatti, che possa accadere che, in occasione di un nuovo episodio morboso, decorso un significativo arco temporale dalle precedenti assenze per malattia, il dipendente torni a percepire il 100% della retribuzione, a causa dello scorrimento in avanti del triennio di riferimento, con la conseguente esclusione dal computo dei precedenti periodi di assenza per malattia più remoti nel tempo. Nel caso in cui il dipendente in malattia presenti un nuovo certificato, il primo periodo di malattia si collega al secondo (continuazione della malattia); in sostanza, a tutti gli effetti (calcolo del periodo massimo di conservazione del posto e determinazione del trattamento economico) si tratta di un unico periodo di assenza.Nell’ipotesi in cui alla scadenza dei diciotto mesi il dipendente non è in grado di rientrare in servizio, il contratto prevede che, nei casi particolarmente gravi e su richiesta scritta del medesimo da presentarsi prima della scadenza del periodo di comporto, l’ente datore di  lavoro può concedere un ulteriore periodo continuativo di diciotto mesi di assenza per malattia senza diritto ad alcun trattamento retributivo. In tale circostanza il datore di lavoro procede all’accertamento delle condizioni di salute del dipendente per il tramite della Asl competente, ciò al fine di verificare la sussistenza di una seppur minima possibilità di recuperare il medesimo all’attività lavorativa. Se manca la richiesta del dipendente l’accertamento delle sue condizioni di salute non può essere disposto autonomamente dall’Ente, vista la formulazione della clausola contrattuale. Se l’esito della  visita  collegiale è di inidoneità  permanente a  qualunque attività    lavorativa l’amministrazione dovrà risolvere il rapporto di lavoro e corrispondere al dipendente l’indennità di mancato preavviso.

Se, invece, il dipendente interessato è riconosciuto non idoneo allo svolgimento delle proprie mansioni, ma idoneo ad altro proficuo lavoro, l’ente, compatibilmente con le esigenze organizzative e con le disponibilità dei posti della dotazione organica , al fine di recuperarlo al servizio attivo, può utilizzare lo stesso: a) in mansioni equivalenti, compatibili con il suo stato di salute, b) oppure, se ciò non sia possibile per incompatibilità con lo stato di salute, ovvero per mancanza di posti, anche in mansioni inferiori, previo accordo con l’interessato.

Il dipendente ha, in ogni caso, diritto al mantenimento del trattamento retributivo, non riassorbibile, della posizione economica di provenienza. Si potrà procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro, con corresponsione dell’indennità di mancato preavviso se l’interessato,

allo scadere dei primi diciotto mesi, non presenta alcuna richiesta di concessione dell’ulteriore periodo continuativo di diciotto mesi non retribuiti, oppure superi l’intero periodo di comporto (diciotto mesi + diciotto mesi) senza riprendere servizio.

Giova, infine, evidenziare che è possibile accordare   al dipendente la conservazione del posto per ulteriori 18 mesi, qualora dal  responso della visita medica si evince che potenzial-    mente lo stesso possa essere   recuperato all’attività lavorativa, anche se in maniera ridotta.

Considerato che l’ulteriore periodo di conservazione del posto senza retribuzione , accordato al dipendente, è utile ai fini pensionistici, ne consegue che l’Ente datore di lavoro ha l’obbligo di versare la contribuzione previdenziale , determinata sulla retribuzione virtuale cui il dipendente avrebbe percepito in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro . Lo stesso periodo non è utile ai fini dell’indennità di fine servizio (circolare Inpdap n. 11 del 12/03/2001).

L’ esempio pratico che segue   può chiarire la dinamica retributiva .

Dipendente cui spetta una retribuzione lorda mensile   pari a €. 3.000,00 e che alla data del 10.11.2015 ha cumulato complessivamente nel triennio giorni 277 di malattia .

Sulla sua retribuzione mensile si opererà  una decurtazione   pari al 10% sui 7 giorni eccedenti i 270 ( nove mesi ), avendo superato, appunto, di 7 giorni la prima fascia di computo della   malattia dal 271° al 360° giorno . In conseguenza   di ciò la retribuzione sarà così determinata :

   3.000,00 : 26   =     115,38 ( importo lordo giornaliero )

   115,38 x 19   = 2.192,22 ( importo lordo al 100% pari a 19 giorni ) ( A )

   115.38 x   90% =     103,84 ( importo lordo giornaliero ridotto al 90% )

   103,84 x   7     =     726,88    (importo lordo pari a 7 giorni ridotto al   90 % ) ( B )

   ( A ) + ( B ) = €. 2.192,22 + €. 726,88   =   €. 2.919,10 ( Retribuzione   lorda spettante ).

Trattenute previdenziali ai fini pensionistici

A carico del dipendente  :   2.919,10 x   8,85% =   258,34

A   carico   Ente             :   3.000,00   x 23.80% =   714,00

Sulla differenza   di   €. 80,90   trattenuta   e non   erogata al dipendente ( 3.000,00 - 2.919,10 = € 80,90),   l’ente calcolerà   l’aliquota dell’ 8,85%   pari a   €. 7,16 ( 80,90 x   8,85%   ), preleverà tale importo dal proprio bilancio ( in sostanza, si accollerà il versamento del contributo sulla differenza stipendiale non erogata al dipendente ) e lo verserà nelle casse dell’ente previdenziale unitamente agli importi di €. 258,14 ( gravante sul dipendente ) e di €. 714,00 ( di pertinenza dell’ente ) ,   per un totale complessivo di €. 979,50 . Il versamento dei contributi avviene, perciò, in riferimento alla retribuzione al 100%, prescindendo dal fatto che nei confronti del dipendente possa essere stata operata la decurtazione del 10% o del 50% .

Trattenute previdenziali ai fini del T.F.S o del T.F.R .

Il medesimo iter procedurale   utilizzato   per la contribuzione ai fini pensionistici dovrà essere   seguito ai fini del versamento dei contributi per la buonuscita .

Trattenute previdenziali ai fini pensionistici in presenza di conservazione del posto ( ulteriori 18 mesi )

In questa ipotesi, come in precedenza chiarito, siamo nella fase in cui al dipendente   viene solamente conservato il posto,   ma non   è erogata alcuna retribuzione. Pur tuttavia, in considerazione del fatto che la normativa prevede che detto periodo è utile ai soli fini pensionistici , l’ente verserà, prelevandola dal proprio bilancio, l’intera contribuzione ( a carico del dipendente e a carico dell’ente), facendo riferimento alla retribuzione virtuale che l’interessato avrebbe percepito se fosse stato regolarmente in servizio :

            quindi :   3.000,00   x     8,85%     =     € . 265,50    

                          3.000,00   x   23,80%     =     €.   714,00

                                                                 _________________

                                                                     €.   979,50

           

In questo specifico caso, l’importo complessivo di   €. 979,50 , da versare all’ente previdenziale, è a totale carico dell’Ente  .

L’Amministrazione di appartenenza del dipendente, infine, considerato che i predetti di mesi di conservazione del posto non assumono alcuna rilevanza   ai fini del   T.F.S./T.F.R. , non procederà al versamento di alcun contributo per ciò che concerne la buonuscita.

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