Il caso trattato
In sede di verifica documentale dell’aggiudicataria (una società in nome collettivo), la stazione appaltante accertava che l’offerta (ed i documenti di gara) risultava firmata solo da uno dei soci in violazione di quanto espressamente stabilito nell’atto costitutivo della società in base al quale “per gli atti di straordinaria amministrazione” risultava necessaria la “firma congiunta di due soci su tre e che sono da considerarsi atti di straordinaria amministrazione gli atti di importo superiore ad euro 10.000”.
Nel caso di specie si trattava di appalto con base d’asta di €. 395 mila euro da aggiudicarsi con il criterio del minor prezzo.
Avverso il provvedimento di esclusione, insorgeva l’offerente che innanzi al giudice evidenziava la diversa volontà espressa dai soci con specifica deliberazione con cui si disponeva, “considerato il numero di interventi e atti sempre crescente che si rendono necessari sia per procedere ai sopralluoghi sia per presentare le offerte per le gare di appalto”, una specifica delega a nome di un solo socio abilitato, pertanto, alla firma dei documenti (e delle offerte) di partecipazione alle gare d’appalto.
Atto quest’ultimo, secondo la ricorrente, che non necessitava di alcuna registrazione non avendo in tal senso, le società in nome collettivo – ex art. 2302 del c.c. –, alcun obbligo.
Ulteriore annotazione del ricorrente è che la stazione appaltante avrebbe dovuto distinguere tra atti di straordinaria amministrazione – circostanza che avrebbe richiesto un maggior rigore sulla verifica delle sottoscrizioni – rispetto ad atti di ordinaria amministrazione, quale sarebbe la partecipazione ad una gara d’appalto che avrebbe portato a ritenere corretta la firma di un solo socio.
La posizione espressa in sentenza
I rilievi del ricorrente non hanno persuaso il giudice che, in primo luogo, si sofferma sulla valenza non solo formale della sottoscrizione degli atti di partecipazione alla gara (dalla domanda alle offerte vere e proprie).
In questo senso, il giudice rammenta che nelle procedure di affidamento di contratti e concessioni
“l’offerta esprime, in via unilaterale con carattere vincolante, l’impegno negoziale del candidato ad eseguire quanto dedotto in concessione e qualifica l’impegno ai fini della valutazione comparativa sottesa alla aggiudicazione”.
Ciò premesso, se lo statuto della società che partecipa alla competizione contiene una specifica clausola che stabilisce le “modalità” di firma dei rappresentati e conseguente assunzione di impegni verso terzi – come nel caso trattato –, non può sussistere alcuna interpretazione che consenta di prescinderne.
La dimostrata esistenza di una delibera societaria con cui si esprime una volontà diversa da quella declinata nello statuto “non può annullare la volontà espressa” nello stesso; in sostanza essa “non può derogare ad un patto noto ai terzi perché risultante anche dalla visura camerale”.
Ragionamento ed epilogo diversi si sarebbero verificati, prosegue il giudice, “se la delibera fosse stata inserita nello Statuto” perché ciò avrebbe “consentito di precisare meglio il senso della definizione degli atti di straordinaria amministrazione escludendo la sottoscrizione di offerte”.
In carenza di quanto non è neppure rinvenibile un sicuro dato normativo in grado di consentire una distinzione tra atti straordinari ed atti di ordinaria amministrazione.
I rapporti tra carenza di sottoscrizione e soccorso istruttorio
In sentenza vengono affrontate – in sintesi – anche le questioni pratiche oggetto di grande dibattito tra il caso di una sottoscrizione carente dell’offerta ed i rapporti con l’ampio ambito di regolarizzazione introdotto per effetto del soccorso istruttorio integrativo (disciplinato ora dal comma 9 dell’articolo 83 del codice).
In relazione al rilievo sulla possibilità di “soccorrere” l’irregolarità, correttamente, il giudice puntualizza che il difetto originario del potere rappresentativo in capo al soggetto che ha sottoscritto l’offerta non può essere più sanato “dopo la presentazione dell’offerta stessa e, comunque, dopo la scadenza del termine di presentazione prevista dall’avviso pubblico essendo a tal fine inidonea” la delibera che pretendeva di modificare/integrare la clausola statutaria.
L’eventuale integrazione avrebbe vulnerato, evidentemente, i principi di par condicio e trasparenza che devono presidiare lo svolgimento delle gare.
Inoltre, e ciò appare un utile suggerimento alle stazioni appaltanti ed al responsabile unico del procedimento, il disciplinare di gara prevedeva espressamente che la carenza di firma dell’offerta economica non poteva essere regolarizzata secondo le norme del soccorso istruttorio ed avrebbe costituito, pertanto, motivo diretto dell’esclusione dalla gara.
L’inciso ultimo riportato, effettivamente, appare di estrema utilità considerata anche la non chiarissima indicazione espressa dal comma 9 dell’articolo 83 del codice che se da un lato esclude la regolarizzazione di carenze che incidono sulle offerte tecnico/economiche d’altra parte – nel periodo finale della norma – esclude la regolarizzazione di carenze sul elementi essenziali della documentazione solo se non sia possibile individuare il soggetto responsabile “della stessa” o se non ne sia individuabile con precisione il contenuto.
Il riferimento al responsabile della documentazione (e delle offerte), appare di non semplice interpretazione in quanto per escludere il soccorso istruttorio si dovrebbe immaginare il caso dell’invio alla stazione appaltante di un plico assolutamente anonimo. Circostanza di rara verificazione (soprattutto se si pensa all’utilizzazione, sempre più frequente nelle gare, delle piattaforme telematiche).
Nel caso trattato dal giudice, naturalmente, il motivo di esclusione risultava determinato dalla necessità di una firma congiunta dei documenti di gara da un numero minimo di soci. Circostanza che rendeva illegittima la sottoscrizione dei documenti avvenuta con altre modalità.