Fin dal primo intervento già contenuto nel D.L. n° 201/2011, diverse salvaguardie erano legate al fatto che la pensione, definita e accertata sulla base delle disposizioni antecedenti la riforma Fornero, ivi comprese le relative finestre, dovesse avere decorrenza entro un determinato periodo.
Nella sesta salvaguardia tale termine era fissato entro il 48° mese successivo l’entrata della legge di conversione del D.L. citato, e cioè entro il 6 gennaio 2016.
Ebbene, a fronte di tali previsioni l’indicazione è sempre stata quella di far decorrere la pensione entro i termini previsti, soprattutto a fronte della assenza di indicazione precise da parte dell’INPS.
Poiché quella data è alle porte, ci eravamo giustamente preoccupati rispetto alle indicazioni da dare a quei 5.000 lavoratori che sulla base del principio dei vasi comunicanti sono rientrati nella salvaguardia relativa ai beneficiari della legge n° 104/1992 nel corso del 2011, al termine della conferenza dei servizi che ha consentito al Ministero del lavoro e all’INPS di diramare le relative istruzioni.
Questi hanno ricevuto, o stanno ricevendo, le comunicazioni dell’INPS che contengono un elemento determinante: viene individuata, infatti, la prima data utile alla quale avrebbero potuto, o potrebbero andare in pensione. Ovviamente quella data deve collocarsi entro il 6 gennaio 2016.
Rispetto a tali soggetti si pongono due scenari:
- se il titolare di deroga ha nel frattempo cessato l’attività lavorativa potrà anche ottenere la pensione con decorrenza retroattiva senza alcun particolare problema;
- se invece il titolare di deroga sta ancora svolgendo attività lavorativa subentrano tutti problemi relativi alla cessazione del rapporto di lavoro, in particolare alla modalità e alla tempistica.
Trattandosi di dimissioni volontarie, il lavoratore è ovviamente tenuto a dare il preavviso nei termini previsti dalla contrattazione collettiva, e in diversi casi potrebbe anche non avere fruito di periodi consistenti di ferie.
Mettendo insieme l’una e l’altra cosa, è evidente che tutto non si conclude entro il 6 gennaio.
Ebbene, già con il messaggio n° 9305 del 2 dicembre 2014, l’INPS aveva acconsentito al superamento del relativo termine previsto lo scorso anno affermando che “pertanto i soggetti in possesso della lettera certificativa di cui sopra possono presentare la domanda di pensione in salvaguardia in qualsiasi momento successivo all’apertura della finestra al pari di tutti gli altri assicurati.”
In modo piuttosto subdolo aveva però anche precisato quanto segue: “in tali casi, tuttavia, qualora alla data di presentazione della domanda di pensione in salvaguardia risulti raggiunta la copertura finanziaria prevista dalla legge per ciascuna categoria di lavoratori salvaguardati, la domanda stessa dovrà essere respinta.”
Quindi vero era che la decorrenza della pensione avrebbe anche potuto tendenzialmente essere successiva al termine indicato dalla legge, ma era altrettanto vero che non esisteva alcuna garanzia in ordine al mantenimento del diritto.
Ora finalmente, con il messaggio INPS n° 7327 del 4 dicembre 2015, la vicenda si chiude definitivamente a fronte delle nuove precise indicazioni del seguente tenore:
“Come precisato con messaggio n° 9305 del 2014, nella lettera di certificazione del diritto alla salvaguardia, l’Istituto indica la data della prima decorrenza teorica utile della pensione, fermo restando la possibilità di presentare la relativa domanda in qualsiasi momento successivo alla predetta data.
Ciò posto, allo stato attuale delle operazioni di monitoraggio, con riferimento a coloro che presentino domanda di pensione in salvaguardia anche successivamente alla data indicata nella predetta certificazione, non sussistono problemi di esclusione dalla salvaguardia a causa della raggiunta copertura finanziaria.”
Ne deriva pertanto che, soprattutto per i dipendenti pubblici, tutto può tranquillamente essere gestito senza alcun patema, nel senso che anche a fronte di periodi consistenti di ferie maturate e non godute (non monetizzabili se non in casi eccezionali) il lavoratore può tranquillamente godere delle ferie maturate, rassegnare le dimissioni nei termini previsti dando il necessario preavviso, e alla fine godere dell’agognata pensione.
Tutto questo, ovviamente, deve accadere prima di maturare i requisiti sulla base delle norme Fornero, poiché in tal caso non sarebbe più prevalente la condizione di “salvaguardato”.
Alla fine di tutto ciò residua un ultimo problema che riguarda il personale della scuola e dell’AFAM.
Lo stesso messaggio INPS da ultimo citato, afferma infatti che “le Sedi avranno cura di tenere in evidenza le domande di pensione in salvaguardia relative al personale del comparto scuola, in attesa delle indicazioni che saranno successivamente fornite dalla Direzione Centrale Pensioni all’esito della consultazione con i Ministeri competenti.”
Per il personale della scuola, infatti, la cessazione dal servizio sia d’ufficio che per dimissioni volontarie, avviene a date rigide dall’inizio dell’anno scolastico per garantire la continuità didattica (1° settembre per la scuola in genere, 1° novembre per il personale AFAM).
Poiché molte delle lettere di cui abbiamo trattato arrivano o sono arrivate ad anno scolastico già iniziato, per detto personale si pone il problema di decidere se rassegnare le dimissioni con effetto dall’inizio dell’anno scolastico successivo, ovvero con effetto immediato, posto che nella scuola non esiste il preavviso.
Tale vicenda sembra trovare soluzione proprio in queste ore all’interno della legge di stabilità 2016: un emendamento dei relatori in commissione bilancio della Camera dei deputati consentirebbe a detti soggetti di cessare anche in corso d’anno in deroga ai principi generali sopra richiamati.
Non resta quindi che da attendere l’approvazione della legge di stabilità.