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LE DEROGHE AL PRINCIPIO DI ROTAZIONE

di Stefano Usai

Le linee guida ANAC n. 4 – in tema di acquisizioni nel sottosoglia comunitario e di procedure negoziate semplificate (ai sensi dell’articolo 36 del codice dei contratti), come rimodulate con la recente deliberazione n. 206/2018 (che adegua il pregresso documento del 2016 alle modifiche apportate con il decreto legislativo correttivo n. 56/2017) introduce, anche sulla spinta delle riscontrate difficoltà pratico/operative nell’applicazione/interpretazione del principio di rotazione, alcune deroghe al vincolo c.d. dell’alternanza tra imprese.

Vincolo che, semplificando, tende ad impedire che nella successione degli appalti  (con lo stesso oggetto o commessa riconducibile allo stesso settore) la stazione appaltante si rivolga  (sia nell’affidamento diretto sia nel caso di  procedure negoziate semplificate) sempre agli stessi appaltatori.

 

Le prime questioni sull’interpretazione della rotazione    

Le prime questioni applicative poste dal modo di intendere la rotazione con il nuovo codice dei contratti sono state poste – oltre che dalla giurisprudenza – dallo stesso Consiglio di Stato con il parere n. 782/2017 (sullo schema di decreto legislativo correttivo del codice)  che ha sottolineato come   non risultasse chiaro se il riferimento dovesse riguardare il solo affidamento o anche la fase degli inviti.

In particolare, nel parere di legge che  “resta ancora poco chiaro se sussista un vero e proprio dovere di non invitare il precedente affidatario del contratto, o se si tratti di una mera facoltà della stazione appaltante”.

La questione è stata chiarita proprio con il decreto legislativo correttivo n. 56/2017 e con la modifica del primo comma dell’articolo 36 del codice in cui si puntualizza che la rotazione riguarda sia la fase degli inviti sia quella dell’affidamento (nel senso del procedimento di affidamento diretto) possibile negli affidamenti infra i 40mila euro ed in casi adeguatamente motivati anche nel sopra soglia comunitario (ai sensi dell’articolo 63 del codice).

Già questa prima precisazione richiede di effettuare un distinguo.

Nel caso del momento propedeutico (rispetto alla gara semplificata) dell’invito, il principio di rotazione esige – in termini generali – un comportamento del RUP specifico che si sostanzia nella esigenza di cambiare la platea dei potenziali competitori nella successione degli appalti (con lo stesso oggetto).

Nel caso dell’affidamento diretto, evidentemente, la norma impone che l’assegnazione diretta non possa essere reiterata allo stesso appaltatore.

Naturalmente nelle due ipotesi sono comunque ammesse delle eccezioni determinate soprattutto dalla particolare caratteristica del mercato che esprima, oggettivamente, pochi competitori. In questo caso,  per assicurare un minimo di concorrenza, il RUP non può  restringere ulteriormente la platea degli appaltatori da invitare dovendo necessariamente reinvitare anche soggetti già invitati al procedimento di aggiudicazione compreso lo stesso precedente gestore.

Nel caso del riaffido diretto invece le motivazioni devono essere ben più sostanziali dovendo chiaramente indicare le ragioni del riaffido.    

In linea generale, pertanto, anche nell’adeguamento delle linee guida  n. 4, l’ANAC ha ribadito che il principio di rotazione, di norma, si applica sia al pregresso affidatario sia ai soggetti, pur non affidatari, già invitati al procedimento amministrativo per l’aggiudicazione di un appalto avente lo stesso oggetto, la stessa commessa o una commessa riconducibile allo stesso settore.

Nei casi in cui la rotazione non venisse applicata è d’obbligo che il RUP indichi fin dalla determina di avvio del procedimento (la determina a contrattare nelle procedure negoziate semplificata) o nella determinazione di affidamento (con cui si assume l’impegno di spesa) nell’ambito dei  40mila euro le ragioni ed il ragionamento tecnico (il percorso istruttorio) che hanno determinato la deroga alla rotazione a pena di illegittimità degli atti adottati.

Naturalmente la rotazione “non si applica laddove il nuovo affidamento avvenga tramite procedure ordinarie”.

Qualora lo stesso appaltatore si aggiudichi lo “stesso” contratto per il tramite di procedimenti ordinari (quindi su bando) non potrà essere pregiudicato con l’inibizione a partecipare o con la privazione dell’appalto eventualmente aggiudicato.

Le deroghe alla rotazione

Nel recente documento, l’ANAC introduce casi specifici in cui la stazione appaltante può derogare ai vincoli della rotazione.

In primo luogo, con le nuove linee guida vengono chiarite le condizioni legittimanti dell’applicazione dell’alternanza tra imprese proprio per evitare che la stazione appaltante, applicando in modo troppo formale il principio, possa in realtà limitare la concorrenza e rinunciare a proposte tecnico/economiche in realtà estremamente vantaggiose.

In questo senso nelle linee guida, entrate in vigore il 7 marzo 2018, si legge che     “il principio di rotazione degli affidamenti e degli inviti” si applica “con riferimento all’affidamento immediatamente precedente a quello di cui si tratti, nei casi in cui i due affidamenti, quello precedente e quello attuale, abbiano ad oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, ovvero nella stessa categoria di opere, ovvero ancora nello stesso settore di servizi”.

Da quanto indicato emerge – in generale – che l’approccio del RUP, che predispone la proposta di legge di gara al proprio dirigente/responsabile del servizio,   non ha discrezionalità nella decisione di applicare la rotazione.

L’esigenza  che l’alternanza impone è quindi quella di evitare affidamenti che si sostanzino in una continua rinnovazione dell’ affidamento allo stesso appaltatore (in questo senso, in tempi recentissimi il Tar Friuli Venezia Giulia, sez. I, sentenza n. 166/2018).

E’ necessario, però,  non che gli appalti che si succedano siano analoghi ma abbia ad oggetto o la stessa commessa, lavoro, servizio oppure che questi (gli oggetti) siano riconducibili allo stesso settore merceologico, alla stessa categoria di lavori o allo stesso settore.

Una prima deroga nel caso di affidamento diretto

L’ambito, probabilmente,  di maggior rilievo in cui la rotazione deve essere intesa in modo particolarmente rigoroso da parte del RUP è quello dell’affidamento diretto  che in base al codice (art. 36) può avvenire nei entro i 40mila euro oppure (art. 63) anche con riferimento al sopra soglia comunitario ma – a differenza del primo – con precisa e stringente motivazione.

L’alternanza impedisce quindi di affidare reiteratamente lo stesso appalto ad uno stesso appaltatore e, pertanto, le linee guida – e già il Consiglio di Stato nei vari pareri espressi sugli schemi di linee guida (già con il primo parere n. 1903/2016) - chiariscono che il riaffido  è sicuramente una ipotesi eccezionale ed in quanto tale esige “un onere motivazionale più stringente”.

La stessa autorità anticorruzione fornisce al RUP un “canovaccio” istruttorio su cui lavorare  evidenziando che alcune motivazioni potrebbero dedursi – dietro attenta analisi – dalla particolare struttura del mercato e dalla (dimostrata) assenza di alternative.

E’ chiaro che se il riaffido (purché non ripetuto nel tempo)  si imponesse in dati momenti come obbligato per assenza di alternative, il RUP dovrà dimostrare di aver svolto effettivamente una concreta indagine di mercato. E se questa risultasse invece superficiale o non adeguata, il rischio è quello della caducazione degli atti compiuti e dell’annullamento dell’aggiudicazione. 

Al dato oggettivo relativo al mercato – che costituisce una parte della motivazione – si deve aggiungere un primo dato soggettivo relativo ad una valutazione che compete comunque al RUP (fondata anche sulle relazione del direttore dei lavori o del direttore dell’esecuzione se soggetti diversi dal responsabile unico del procedimento) sul  “grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale (esecuzione a regola d’arte e qualità della prestazione, nel rispetto dei tempi e dei costi pattuiti)”.

Per poter aspirare al riaffido (inteso come affidamento diretto e quindi con un autentico procedimento contrattuale e non come “prosecuzione” del contratto attraverso il rinnovo o attraverso la proroga che devono risultare già previsti a monte del primo affidamento) l’appaltatore deve aver eseguito le pregresse prestazioni in modo ineccepibile secondo le prescrizioni del contratto.

Ulteriore elemento soggettivo, anch’esso parte della motivazione e da cui non si potrà in ogni caso prescindere, è dato dalla certificata  “competitività del prezzo offerto rispetto alla media dei prezzi praticati nel settore di mercato di riferimento”.

E’ chiaro quindi che il pregresso affidatario deve formulare una propria offerta (e ciò induce a ritenere che il modello di procedimento utilizzabile sia quello di Consip della c.d. trattativa privata e quindi da svolgersi interamente sul sistema del mercato elettronico o extra mercato solo se la commessa non è presente nelle vetrine virtuali) che deve essere oggettivamente valutata dal RUP (o dalla commissione di gara nel caso di utilizzo di criteri qualitativi di valutazione). 

Solo ricorrendo queste tre circostanze, di cui occorrerà dar conto nella determina semplificata di affidamento, la reiterazione dell’assegnazione allo stesso appaltatore potrà ritenersi legittima e coerente con le indicazioni dell’ANAC (e della stessa giurisprudenza).

Da notare, e ciò rappresenta una novità nelle linee guida adeguate, che negli affidamenti “di importo inferiore a 1.000 euro, è consentito derogare all’applicazione” dei vincoli della rotazione  “con scelta, sinteticamente motivata, contenuta nella determinazione a contrarre od in atto equivalente”.

Ora, si tratta di interpretare questa sorta di franchigia dai vincoli in modo razionale e coerente.

Non può sfuggire che un conto è procedere con affidamenti reiterati anche per diversi anni, cosa diversa – e sicuramente inaccettabile – è procedere con l’affidamento diretto   allo stesso appaltatore senza soluzione di continuità e senza effettuare neanche una indagine di mercato o richiedere dei preventivi assicurando sempre una certa concorrenzialità.

La deroga alla rotazione nelle procedure negoziate

L’aspetto dove le linee guida modificate incidono maggiormente, rispetto alla pregresse, è quello dei rapporti tra rotazione e procedura negoziata (ad inviti).  

A differenza dell’iniziale rigore – confermato anche da un orientamento giurisprudenziale consistente – delle pregresse linee guida da cui emergeva l’esigenza di escludere dal procedimento semplificato (ad inviti) sia il pregresso affidatario sia i soggetti già invitati alla procedura per il precedente affido (fatta salva l’esistenza di certificate  ragioni), nell’attuale formulazione si prevedono delle deroghe nel caso in cui il RUP avvii comunque un procedimento “aperto”.

In questo senso, nel documento si legge che la rotazione non si applica nel caso in cui venga avviata una procedura che, seppure non ordinaria, risulti comunque aperta al mercato, “nelle quali la stazione appaltante, in virtù di regole prestabilite dal Codice dei contratti pubblici ovvero dalla stessa in caso di indagini di mercato o consultazione di elenchi, non operi alcuna limitazione in ordine al numero di operatori economici tra i quali effettuare la selezione”.

E’ il classico caso, quindi, in cui già con l’avviso pubblico – teso ad ottenere manifestazioni di interesse – il RUP non limiti in alcun modo la partecipazione prevedendo che ogni appaltatore, in possesso evidentemente dei requisiti generali e quelli speciali richiesti dalla stazione appaltante, verrà invitato a partecipare alla “competizione” semplificata con la possibilità di  formulare la propria offerta.

Il procedimento ad inviti, naturalmente, può riguardare non solo gli appalti di importo pari o superiore ai 40mila euro ma anche importi inferiori in cui la stazione appaltante decide, in luogo dell’affidamento diretto, di autovincolarsi procedendo con una escussione del mercato al fine di favorire la concorrenza ed acquisire la migliore prestazione possibile.

Nel caso di specie, come detto, il procedimento – normalmente -, implica alcune fasi propedeutiche,   la prima è proprio quella della considerazione del mercato che può avvenire o con avviso pubblico inserito nella sezione della trasparenza, nelle sezioni specifiche dedicate agli appalti ai sensi dell’articolo 29 del codice  e nell’albo pretorio on line del comune.

Qualora il RUP proponga di non utilizzare la rotazione lasciando libertà di partecipazione, l’avviso pubblico, evidentemente, non conterrà alcuna limitazione alla partecipazione (se non quella oggettiva derivante dal possesso dei requisiti). La decisione, infatti,  se applicare o meno il vincolo dell’alternanza deve essere adottata a monte del procedimento e non successivamente.

In questo senso, recentissima giurisprudenza (Tar Sardegna, Cagliari, sez. I, sentenza n. 492/2018) ha precisato che il vincolo della rotazione non può essere preteso/imposto ad epilogo del procedimento contrattuale  ovvero dopo che anche il pregresso affidatario sia stato invitato per non assegnare l’appalto che, con la propria offerta, si sia “guadagnato”.

Più articolata la motivazione potrebbe risultare nel caso in cui l’indagine di mercato venga svolta con altri sistemi ovvero con una selezione “diretta” da parte del RUP degli appaltatori da invitare senza l’utilizzo di strumenti realmente oggettivi (come l’avviso) ma in modo “discrezionale” (si pensi alla consultazione delle vetrine del mercato elettronico, o dall’albo dei fornitori,   in cui gli appaltatori vengono scelti sulla base delle condizioni tecnico/economiche del prodotto presentato).

L’invito, in questo caso, del pregresso affidatario o dei soggetti già invitati al precedente procedimento (per lo stesso appalto) richiede sicuramente l’indicazione specifica delle ragioni non apparendo, in questo, caso un procedimento aperto.

Senza motivazione, in questo secondo caso, il rischio  è che   il procedimento possa essere “censurato” per scarsa trasparenza ed oggettività e quindi considerato illegittimo.                

 

La deroga per le diverse fasce di importo

 

Importante novità, contenuta nel nuovo documento, è la previsione di una deroga rapportata a delle variazioni quantitative dell’importo dell’appalto.

In sostanza, si ipotizza che per lo “stesso tipo  appalto” – uguale per commessa o per commessa riconducibile allo stesso settore, categoria o servizio – di importo differente   la stazione appaltante possa applicare la rotazione (o meglio derogare alla stessa) in modo “discrezionale”.

In particolare, l’ANAC ha previsto l’applicazione della rotazione solamente per appalti riconducibili alla stessa fascia di importo “imponendo” però alla stazione appaltante di specificarlo in apposito regolamento  (di contabilità ovvero di specifica disciplina delle procedure di affidamento di appalti di forniture, servizi e lavori).

Per poter concretamente esplicitare queste ipotesi, i RUP dovrebbero avere delle indicazioni di tipo generale nel senso che la stazione appaltante dovrebbe formalizzare la suddivisione degli Affidamenti (uguali per oggetto) “in fasce di valore economico, in modo da applicare la rotazione solo in caso di affidamenti rientranti nella stessa fascia”.

La stessa autorità anticorruzione però puntualizza che “il provvedimento di articolazione in fasce deve prevedere una effettiva differenziazione tra forniture, servizi e lavori e deve essere adeguatamente motivato in ordine alla scelta dei valori di riferimento delle fasce; detti valori possono tenere conto, per i lavori, delle soglie previste dal sistema unico di qualificazione degli esecutori di lavori”.

Dalla puntualizzazione dell’ANAC emerge chiaramente che la decisione di veicolare la rotazione su fasce di importo (per appalti “uguali”) non possa essere rimessa alla discrezionalità del RUP  e del dirigente/responsabile del servizio ma   deve risultare come espressione di una volontà attribuibile alla stazione appaltante nel suo complesso e non ai singoli.

Questo approccio è ovviamente comprensibile e condivisibile.

Senza un indirizzo/regolamento di tipo generale non solo la violazione/applicazione della rotazione rischierebbe di essere aleatoria e discrezionale, fino a diventare un vincolo impalpabile o eccessivamente rigoroso,  ma probabilmente non sembrerebbe neppure rispettoso delle indicazioni ANAC.

La possibilità di applicare “parzialmente” la rotazione e limitarla ad appalti “uguali” riconducibili alla stessa fascia di importo sembra aver trovato anche un importante approdo giurisprudenziale (Tar Friuli Venezia Giulia, sez. I, sentenza n. 166/2018) che, a ben vedere, fornisce una lettura del principio di rotazione (o i vincoli da questo derivanti) in modo profondamente diverso rispetto alla lettura fornita dall’ANAC.

Nel caso di specie, il nuovo contratto si poneva solo “quantitativamente” differente dal precedente ed il RUP, previo avviso pubblico, riteneva opportuno escludere, per applicare la rotazione,  il pregresso affidatario.

Il provvedimento di esclusione viene impugnato innanzi al giudice che ha ritenuto illegittimo l’agire della stazione appaltante.

Secondo il giudice non si era in presenza di uno stesso contratto ma di un  appalto pur con lo stesso oggetto differente dal punto di vista quantitativo e pertanto la rotazione non poteva ritenersi legittima.

E’ chiaro quindi che la giurisprudenza – se questo orientamento venisse confermato -   ha introdotto una ulteriore limitazione alla rotazione non esigendo la formalizzazione delle fasce di importo che, come detto, non possono dipendere che dalla stazione appaltante.    

La rotazione, quindi secondo la sentenza citata, si impone nel caso in cui, altrimenti, si potrebbe generare una continuazione della  gestione di uno stesso appalto quasi come una costante rinnovazione.

Mentre il problema dell’alternanza tra imprese non si pone nel caso in cui, pur da un punto di vista quantitativo (e quindi dal punto di vista della base d’asta e delle prestazioni richieste, nel caso di specie, più consistenti) i contratti che si succedono possono essere configurati come diversi.

Circostanza che se, confermata, come si diceva, renderebbe assolutamente non necessaria la formalizzazione delle fase valendo una interpretazione di principio stabilita direttamente dalla giurisprudenza.              

 

Le clausole di salvaguardia

 

Nel momento in cui l’ANAC prevede la possibilità di (limitate) deroghe alla rotazione si preoccupa anche, evidentemente, di frenare eventuali comportamenti arbitrari dei RUP finalizzati a forzare le possibilità di non applicare il principio di alternanza tra imprese.

La deroga alla rotazione non può poggiare su comportamenti arbitrari con cui il  RUP cerca di ricondurre l’affidamento in differenti franchigie o si cimenti nello snaturamento fittizio di appalti che in realtà sono perfettamente “uguali”.

In questo senso, le linee guida rammentano che “l’applicazione del principio di rotazione non può essere aggirata, con riferimento agli affidamenti operati negli ultimi tre anni solari” , ricorrendo, a titolo  esemplificativo, ad arbitrari frazionamenti delle commesse o delle fasce.

L’operazione, non corretta, può essere “simmetrica” ad esempio riducendo il nuovo appalto sotto il profilo temporale (o aumentandolo) oppure riducendo o aumentando arbitrariamente la base d’asta.

Il problema, come poc’anzi si è detto è comprendere in che quali casi ciò avvenga in modo “fittizio” o risponda effettivamente ad esigenze dell’ente.

Da notare, come si è riportato sopra, che secondo la giurisprudenza sopra citata la differenza anche solo “quantitativa” dell’appalto che succede al precedente con la stessa commessa sembrerebbe non tollerare una applicazione integrale della rotazione.

Nello stesso ambito non corretto rientrano le  “ingiustificate aggregazioni o strumentali determinazioni del calcolo del valore stimato dell’appalto” e l’alternanza sequenziale di affidamenti diretti o di inviti agli stessi operatori economici. Ovvero il caso in cui nei tre affidamenti successivi l’appaltatore semplicemente si alterna con altro soggetto assicurando quindi, in modo arbitrario, rendite di posizioni.

La rotazione non può essere derogata nel caso di imprese collegate che, alternativamente, si aggiudicassero l’appalto.

       

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