Rubrica S.O.S. Appalti - Edizione del 5 Luglio 2016
a cura dell'Avv. Carmine Podda
Consiglio di Stato sez. V 23/6/2016 n. 2812
Responsabile unico del procedimento e presidente di commissione
Per quanto riguarda la funzione di Presidente della Commissione di gara, si deve rilevare che la tesi dell’appellante è confutata dal dato testuale di cui all’art. 84, commi 3 e 4, d.lgs. n. 163 del 2006 che dispone che “La commissione è presieduta di norma da un dirigente della stazione appaltante” e che “I commissari diversi dal Presidente non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta”. Pertanto, a contrario, tale norma (segnatamente il comma 4) consente espressamente che la funzione di Presidente della Commissione sia assunta da chi abbia svolto o svolga attività o funzioni afferenti il contratto cui la gara si riferisce, ammettendo così che tale posizione possa essere assunta anche dal RUP che fisiologicamente svolge attività o funzioni afferenti il contratto cui la gara si riferisce.
Peraltro, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che nessuna norma impedisce il cumulo di compiti di RUP e di Presidente della commissione proprio sulla base del predetto comma 4 del citato art. 84 cit. che conferma indirettamente la legittimità di tale cumulo prevedendo limiti solo per i commissari diversi dal presidente (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 23 ottobre 2012, n. 5408; Sez. V – 27 aprile 2012, n. 2445).
Consiglio di Stato sez. III 10/6/2016 n. 2497
Principio di buona fede nell’interpretazione del bando di gara
Secondo la giurisprudenza, «l'interpretazione degli atti amministrativi, ivi compreso il bando di gara pubblica, soggiace alle stesse regole dettate dall'art. 1362 e ss. c.c. per l'interpretazione dei contratti, tra le quali assume carattere preminente quella collegata all'interpretazione letterale, in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo. Secondo il criterio di interpretazione di buona fede ex art. 1366 c.c., gli effetti degli atti amministrativi devono essere individuati solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere, anche in ragione del principio costituzionale di buon andamento, che impone alla p.a. di operare in modo chiaro e lineare, tale da fornire ai cittadini regole di condotte certe e sicure, soprattutto quando da esse possano derivare conseguenze negative» (Cons. Stato, Sez. III, n. 4364 del 24 settembre 2013).
«Tutte le disposizioni che in qualche modo regolano i presupposti, lo svolgimento e la conclusione della gara per la scelta del contraente, siano esse contenute nel bando ovvero nella lettera d'invito e nei loro allegati (capitolati, convenzioni e simili), concorrono a formarne la disciplina e ne costituiscono, nel loro insieme, la lex specialis, per cui in caso di oscurità ed equivocità o erroneità attribuibile alla stazione appaltante, un corretto rapporto tra amministrazione e privato, che sia rispettoso dei principi generali del buon andamento dell'azione amministrativa e di imparzialità e di quello specifico enunciato nell'art. 1337 c.c., che presidia con la buona fede lo svolgimento delle trattative e la formazione del contratto, impone che di quella disciplina sia data una lettura idonea a tutelare l'affidamento degli interessati in buona fede, interpretandola per ciò che essa espressamente dice, restando il concorrente dispensato dal ricostruire, attraverso indagini ermeneutiche ed integrative, ulteriori ed inespressi significati» (cfr. Cons. Giust. Amm. Sic., 20-12-2010, n. 1515).
Consiglio di Stato sez. V 13/6/2016 n. 2543
Ammissibilita’ del ricorso cumulativo in caso di impugnazione dell’aggiudicazione di distinti lotti
Come chiarito anche di recente da questo Consiglio (cfr., di recente, Consiglio di Stato, sez. III, 4 febbraio 2016, n. 449), nell'ipotesi in cui siano impugnate le diverse aggiudicazioni di distinti lotti di una procedura selettiva originata da un unico bando, l'ammissibilità del ricorso cumulativo resta subordinata all'articolazione, nel gravame, di censure idonee ad inficiare segmenti procedurali comuni (ad esempio il bando, il disciplinare di gara, la composizione della commissione giudicatrice, la determinazione di criteri di valutazione delle offerte tecniche ecc.) alle differenti e successive fasi di scelta delle imprese affidatarie dei diversi lotti e, quindi, a caducare le pertinenti aggiudicazioni; in questa situazione, infatti, si verifica una identità di causa petendi e una articolazione del petitum che, tuttavia, risulta giustificata dalla riferibilità delle diverse domande di annullamento alle medesime ragioni fondanti la pretesa demolitoria, che, a sua volta ne legittima la trattazione congiunta. E', perciò, necessario, ai fini dell'ammissibilità del ricorso cumulativo avverso distinti provvedimenti, che gli stessi siano riferibili al medesimo procedimento amministrativo, seppur inteso nella sua più ampia latitudine semantica, e che con il gravame vengano dedotti vizi che colpiscano, nelle medesima misura, i diversi atti impugnati, di guisa che la cognizione delle censure dedotte a fondamento del ricorso interessi allo stesso modo il complesso dell'attività provvedimentale contestata dal ricorrente, e che non residui, quindi, alcun margine di differenza nell'apprezzamento della legittimità dei singoli provvedimenti congiuntamente gravati.
Consiglio di Stato sez. V 13/6/2016 n. 2531
Escussione della cauzione provvisoria quale conseguenza automatica della violazione dell’obbligo di diligenza del concorrente
Per consolidata giurisprudenza, nelle gare pubbliche di appalto l'incameramento della cauzione è una misura a carattere latamente sanzionatorio, che costituisce conseguenza ex lege dell’esclusione per riscontrato difetto dei requisiti da dichiarare ai sensi dell'art. 38 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, senza che sia necessaria la prova di colpa nella formazione delle dichiarazioni presentate (cfr. Cons. Stato, IV, 19 novembre 2015, n. 5280; 9 giugno 2015, n. 2829; V, 10 settembre 2012, n. 4778).
Inoltre Cons. Stato, Ad. plen., 10 dicembre 2014, n. 34 ha ritenuto che la presenza di dichiarazioni non corrispondenti al vero altera di per sé la gara, quantomeno per aggravio di lavoro della stazione appaltante, chiamata a vagliare anche concorrenti inidonei o offerte prive di tutte le qualità promesse, con relative questioni derivate (con esigenze di ricalcolo e nuovo aggiudicatario).
L'escussione costituisce dunque conseguenza automatica della violazione dell'obbligo di diligenza gravante sull'offerente, considerato anche che gli operatori economici, con la domanda di partecipazione, impegnano ad osservare le regole della procedura delle quali hanno piena contezza.
Consiglio di Stato sez. V 21/6/2016 n. 2727
Inefficacia ai fini dell’esclusione delle regolarizzazione postuma della posizione previdenziale
La Sezione non può che recepire quanto espresso dall’Adunanza Plenaria in molteplici pronunce del tutto recenti, secondo cui nelle gare d'appalto, anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 31, comma 8, d.-l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla l. 9 agosto 2013 n. 98, non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l’impresa essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, con l’irrilevanza di un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva, tenendo presente che l'istituto dell’invito alla regolarizzazione - il c.d. preavviso di documento unico di regolarità contributiva negativo - già previsto dall’art. 7, comma 3, d.m. 24 ottobre 2007 e ora recepito a livello legislativo dall’art. 31, comma 8, d-.l. 21 giugno 2013, n. 69 può operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al d.u.r.c. chiesto dall’impresa e non anche al d.u.r.c. richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell’autodichiarazione resa ai sensi dell’art. 38 comma 1 lett. i) ai fini della partecipazione alla gara d’appalto (Cons. Stato, Ad. Plen., 29 febbraio 2016 nn. 5 e 6; id., 25 maggio 2016 n. 10)
TAR SARDEGNA Sez. I 25/6/2016 n. 529
Impossibilità di attivazione del soccorso istruttorio in caso di omessa dichiarazione delle risoluzioni gravi
In caso di “omissioni” vi è spazio per il soccorso istruttori, ma il limite, per la possibile attivazione del potere integrativo, resta sempre e comunque in caso di riscontro di “falsità” e non di mera “omissione” di dichiarazioni. Ne consegue l’impossibilità di attivazione del soccorso istruttorio, anche nella nuova versione (introdotta dall’art. 39 comma 1 DL 90/2014) in caso di “omessa” dichiarazione delle risoluzioni gravi (cfr. CS 11.4.2016 n. 1412 oltretutto controversia riferita proprio alla stessa società Alfa e alle medesime risoluzioni impeditive), in quanto la dichiarazione <negativa> va assimilata alla dichiarazione “falsa” e infedele, dovendo la parte consentire, come si è già osservato, alla stazione appaltante la valutazione del precedente professionale negativo.
Dunque in caso di dichiarazione mendace (come quella che è rinvenibile nella fattispecie) non è applicabile il soccorso istruttorio.
Ci si discosta, quindi, dall’orientamento (allora diffuso), a cui il Comune ha aderito, espresso da parere ANAC 15.7.2015; C.S., IV, 2589 del 25.5.2015; Tar Campania Salerno 1066/2015; Tar FVG 571/2015.
La sussistenza di 12 risoluzioni (ancorchè differenziate fra loro, sia per tipologia che per cause) implicano e rappresentano la sussistenza di inadempimenti rilevanti e, come tali, significativi ai fini dell’individuazione della non idonea professionalità del soggetto. Con conseguente obbligo di dichiarazione, pena la carenza di un passaggio essenziale del sistema, posto che la richiesta istruttoria implica, quanto meno, la conoscenza dell’ esistenza di vizi/errori.
In definitiva occorre, come si è già evidenziato, <valorizzare> i giudizi delle altre Amministrazioni, anche per rendere il procedimento più snello; celerità che costituisce un valore che deve essere anch’esso considerato, al pari della tutela del concorrente.