di Pietro Curzio
Lo scopo ed il carattere dell’istituto
Le progressioni economiche, sia quelle verticali che quelle orizzontali, mirano a valorizzare le capacità professionali dei dipendenti; le prime, si attuano con prove selettive ad hoc volte ad accertare la capacità dei candidati, le seconde, nell’ambito di un apposita procedura, utilizzano precedenti valutazioni, fermo restando che anche le seconde hanno una natura premiale e scevra da automatismi (delibera Corte dei Conti a sezioni riunite in sede di controllo del 18 maggio 2018).
Il presente approfondimento si riferisce alla progressioni orizzontali, che si possono attuare, appunto, solo a seguito di procedure selettive di carattere meritocratico. Tale principio è esposto in norme legislative, contratti nazionali, sentenze, orientamenti ARAN, verbali MEF, pareri dottrinali. Eppure nella concreta attuazione non sempre si applicano criteri davvero selettivi. Infatti in molte realtà, enti delle più diverse dimensioni e appartenenti a diversi comparti, il carattere meritocratico è fortemente indebolito dal legare l’esperienza all’anzianità di servizio.
In sede di lettura delle norme introdotte nell’ordinamento per tutti i dipendenti pubblici, citiamo il D.Lgs. n. 112 /2008, art.67, comma 9, nel quale si fa riferimento a criteri improntati alla premialità, al riconoscimento del merito ed alla valorizzazione dell'impegno e della qualità della prestazione individuale, per dar luogo alle progressioni economiche.”
L’art. 62 del D.Lgs n. 150/2009 ha introdotto, poi, il comma 1 bis all’art. 52 del D.L.vo n. 165/2001, per il quale per i dipendenti pubblici (con esclusione dei dirigenti e del personale docente della scuola, delle accademie, conservatori e istituti assimilati), sono previste progressioni all'interno dell’area di appartenenza secondo principi di selettività, in funzione delle qualità culturali e professionali, dell'attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l'attribuzione di fasce di merito.
Lo stesso decreto legislativo all’art. 23 ha ribadito la selettività, precisando che essa poteva essere riconosciuta ad una quota limitata di dipendenti e mettendo in relazione la progressione agli esiti della valutazione effettuata nell’ambito del ciclo della performance. A tale articolo, le Regioni, anche per quanto concerne gli enti regionali e le amministrazioni del SSN, e gli enti locali erano tenuti ad adeguare i propri ordinamenti, ai sensi dell’art.31, comma 1, del medesimo D.Lgs.n.150/2009; in mancanza di adeguamento, per quanto previsto dall’art. 29 dello stesso decreto, la norma dell’art. 23, come tutte quelle del titolo III°, assume un carattere imperativo.
Innumerevoli sono stati, infine, su tale istituto gli interventi di organi di controllo ( Corte dei Conti, MEF, Ragioneria dello Stato), consultivi/interpretativi (ARAN), di indirizzo (Dipartimento funzione pubblica): tutti hanno sempre ribadito il concetto della selettività.
Esaminiamo, in particolare, ora l’ultima norma contrattuale, l’art. 16 del ccnl funzioni locali 2016/2018, nella consapevolezza che il contenuto dell’istituto è identico per tutti i comparti, quindi la selettività, il non considerare l’anzianità di servizio, la decorrenza dell’istituto, il requisito di accesso alla selezione, il peso della contrattazione decentrata.
L’Art. 16 ccnl 2016/2018 del comparto funzioni locali
La norma prevede che le progressioni economiche orizzontali siano attribuite in relazione alle risultanze della valutazione della performance individuale del triennio che precede l’anno in cui è adottata la decisione di attivazione dell’istituto, tenendo conto eventualmente a tal fine anche dell’esperienza maturata negli ambiti professionali di riferimento, nonché delle competenze acquisite e certificate a seguito di processi formativi.
Il requisito per la partecipazione alla selezione
Posto che è, prima di tutto, necessaria la stipula del contratto integrativo, con la quantificazione delle risorse decentrate stabili per finanziare l’istituto, il 6° comma limita gli aventi diritto a partecipare alla selezione a coloro che risultano permanere nella posizione economica in godimento per un periodo pari a 24 mesi. L’ARAN, con orientamento CFL 121, ha chiarito che il periodo minimo di almeno 24 mesi di permanenza nella posizione economica in godimento non può in nessun caso essere modificato, in aumento o in diminuzione, in sede di contrattazione integrativa, data la mancanza nella disciplina del CCNL di ogni delega in tal senso alla contrattazione di secondo livello alla quale è affidata dall’art 7, comma 4, lett. c) la regolazione de “i criteri per la definizione delle procedure per le progressioni economiche”.
Tra gli elementi che precedono l’applicazione dell’istituto, l’ARAN nell’orientamento n. 270 ha inserito anche la preventiva conoscenza, da parte del personale dell’ente, della decisione dell’amministrazione di voler attivare nuove progressioni orizzontali nell’anno di riferimento, in modo da consentire allo stesso l’adozione dei comportamenti ritenuti più opportuni ai fini della valutazione.
L’ambito di applicazione dell’istituto
Il secondo comma dell’articolo in esame prevede che della progressione possono beneficiare una quota limitata di dipendenti. Sulla individuazione dei confini della quota limitata, cui destinare le progressioni, nel silenzio della norma vi sono due tesi, quella della Ragioneria Generale dello Stato, confermata dal Dipartimento della Funzione Pubblica, e mai smentita dall’Aran, per cui è da intendersi come “non più del 50% degli aventi diritto in ciascun anno”, mentre recentemente la Corte dei conti della Toscana con sentenza n. 288/2020, ha, invece, affermato che le progressioni economiche orizzontali si possono ritenere legittime se destinate a non più del 35% dei dipendenti.
Inoltre la progressione non può avere una retroattività anticipata rispetto a quella del 1° gennaio dell’anno, nel quale viene sottoscritto il contratto integrativo. E questo principio, prima che nei ccnl, era stato sancito da una legge, la 122/2010, nella quale, all’art. 9 comma 1, si era affermato che i trattamenti economici individuali del 2010, 2011, 2012 non potessero superare il trattamento del 2010, incluse le progressioni di carriera, per cui una anticipazione nel 2010 ad una progressione statuita nel 2011 avrebbe comportato la lesione di quella norma
I fattori di valutazione nel procedimento selettivo
Abbiamo già riportato il testo del terzo comma dell’articolo, nel quale si individuano tre elementi da prendere in considerazione di cui uno obbligatorio (le risultanze della valutazione della performance individuale) e due facoltative (esperienza e competenze acquisite),
A parere di chi scrive, è quanto mai importante inserire nei regolamenti per la selezione anche quelli eventuali, e questo per due motivi. Il primo è dato dal fatto che in tal modo si amplia l’ambito delle capacità degli aventi diritto alla selezione oggetto di misurazione, tra l’altro con fattori, in precedenza non valutati e, dunque, si rafforza la motivazione dell’esito finale; il secondo, per una motivazione più sottile, la cui importanza ho più volte riscontrato nella mia esperienza di valutatore. Succede infatti nella valutazione della performance che il valutatore, consapevole del riflesso che il suo giudizio ha sulle progressioni, è spinto, a tenerne conto in qualche modo nell’attribuzione del punteggio; si può affermare che la valutazione della performance è inquinata dalla relazione che essa ha con la progressione economica. Per questo motivo, è certo giusto che le risultanze sulla performance individuale incidano sulle progressioni, e probabilmente col peso maggiore, ma è altrettanto giusto che esse non costituiscano l’unico elemento; in tal modo, da un lato si depotenzia la valutazione sulla performance individuale ricollocandola principalmente nell’alveo di un processo finalizzato alla crescita delle competenze professionali e dall’altro, si dà cittadinanza ad ambiti di valutazione delle competenze altrettanto significativi.
Non c’è dubbio peraltro che nel prevedere tutti e tre i fattori indicati dall’art. 16, come elementi su cui poggiare la selezione il peso maggiore debba essere riconosciuto alle risultanze della valutazione della performance individuale; tale maggior peso deriva dall’accuratezza del processo di misurazione, dal livello di coinvolgimento del valutato, dalle garanzie previste dal sistema. Una buona ripartizione di pesi potrebbe vedere al 60% le risultanze della valutazione della performance, al 30% l’esperienza professionale ed al 10% il peso delle competenze certificate.
Per quel che riguarda il primo fattore, ad evitare ogni incertezza interpretativa, l’ARAN con orientamento CFL 77 ha sottolineato la dizione letterale della norma, per cui “le valutazioni da utilizzare sono quelle del triennio antecedente l’anno della sottoscrizione del contratto integrativo che prevede l’attivazione dell’istituto”. E sempre l’Aran, con orientamento CFL 103, ha sottolineato come la ratio della disposizione sia quella di evitare che l’ente, come avveniva in passato, attivi due distinte procedure di valutazione relativa, l’una alla performance individuale, l’altra alle progressioni economiche orizzontali, rette da criteri diversi.
Per quel che riguarda il triennio, l’ARAN con parere CFL122 del 4 novembre 2020, ha affermato categoricamente che nella procedura seguita per l’attribuzione della progressione economica orizzontale non si può prendere a riferimento un periodo inferiore al triennio considerato dalla norma contrattuale nazionale.
Infine con parere CFL114 del 3 novembre 2020, l’Agenzia ha fatto presente che la disciplina dell’art. 16, comma 3, non prevede che, negli anni in riferimento, debba esservi stata l’erogazione dei premi di performance individuale.
Sul secondo e terzo fattore l’ARAN si è pronunciata con orientamento CFL96, per il quale
“l’esperienza maturata negli ambiti professionali di riferimento” si identifica con lo sviluppo ed il miglioramento delle conoscenze e della capacità di svolgere, con efficacia e padronanza tecnica, le mansioni affidate, per effetto del servizio prestato.
L’esperienza, quindi, (orientamenti ARAN 1013 e 1155) non si identifica mai con la mera anzianità di servizio, in quanto designa l’insieme delle cognizioni e delle abilità acquisite dal lavoratore in un determinato numero di anni lavorativi, che, naturalmente, devono essere sempre verificate attraverso il ricorso ad adeguati sistemi di valutazione.
Le “competenze certificate a seguito di processi formativi”, invece, si identificano con l’insieme delle capacità, delle abilità e delle conoscenze acquisite dal dipendente nel corso della sua esperienza lavorativa, formativa e di vita come riconosciute e certificate da soggetti a ciò competenti, attraverso un percorso di ricostruzione e valutazione di tali esperienze. Rientrano in tale ambito, ad esempio, la certificazione di competenza linguistiche o informatiche (ai diversi livelli previsti), da soggetti specificamente legittimati e riconosciuti. Su tale parametro interviene anche l’art. 49-ter dello stesso ccnl del 21/5/2018, che al terzo comma così recita: “Nell’ambito dei piani di formazione possono essere individuate attività di formazione che si concludono con l’accertamento dell’avvenuto accrescimento della professionalità del singolo dipendente, attestato attraverso certificazione finale delle competenze acquisite, da parte dei soggetti che l’hanno attuata, in collegamento con le progressioni economiche”.
Conclusione. Il significato dei due fattori: “L’esperienza maturata negli ambiti professionali di riferimento” e “le competenze certificate a seguito di processi formativi
L’esperienza maturata negli ambiti professionali di riferimento
Noi sappiamo che, nell’esercizio delle mansioni corrispondenti al profilo di appartenenza o anche ad altri profili della stessa qualifica, il dipendente acquisisce normalmente, direi necessariamente, una esperienza che lo porta o dovrebbe portarlo a migliorare o a consolidare le competenze richieste per il suo profilo.
L’art. 16 ci invita a misurare questa crescita, che non è un fatto quantitativo, (gli anni) ma qualitativo, nel senso che significa accrescimento di competenze non determinato dall’acquisizione di titoli, ma dal lavoro svolto. Si tratta cioè di misurare se e quanto le competenze si siano accresciute o consolidate o rafforzate, per effetto dell’attività svolta, per esempio nei tre anni precedenti, di cogliere, quindi, il percorso professionale concretamente compiuto nell’assolvimento dei compiti affidati al partecipante alla selezione. E’ necessario, quindi, mettere a confronto le attività svolte dalla categoria di appartenenza, i profili indicati per essa (CCNL 31.3.1999, allegato A), con i progressi compiuti o consolidati nell’attuazione dei profili nell’arco del triennio. Questo esame molto analitico e, per così dire, penetrante, comporta che la valutazione di tale percorso di crescita sia molto legato allo specifico profilo professionale del valutato, il che significa che, per misurare tale esperienza, non potremo utilizzare schede valide per tutti i dipendenti di una determinata categoria, ma occorrerà una scheda per ciascun profilo professionale.
Facciamo un esempio e prendiamo un collaboratore inserito nella categoria C; le attività svolte dagli appartenenti a tale categoria sono caratterizzate da:
: · Approfondite conoscenze mono specialistiche (la base teorica di conoscenze è acquisibile con la scuola superiore) e un grado di esperienza pluriennale, con necessità di aggiornamento;
I profili esemplificati sono i seguenti:
- lavoratore che, anche coordinando altri addetti, provvede alla gestione dei rapporti con tutte le tipologie di utenza relativamente alla unità di appartenenza.
- lavoratore che svolge attività istruttoria nel campo amministrativo, tecnico e contabile, curando, nel rispetto delle procedure e degli adempimenti di legge ed avvalendosi delle conoscenze professionali tipiche del profilo, la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati.
I profili esemplificati sono:
esperto di attività socioculturali, agente di polizia municipale e locale, educatore asili nido e figure assimilate, geometra, ragioniere, maestra di scuola materna, istruttore amministrativo, assistente amministrativo del registro delle imprese.
Andiamo avanti nell’esempio e ipotizziamo di dover valutare l’esperienza di un agente di polizia municipale. A questi è richiesta una conoscenza mono specialistica, da aggiornare in continuazione, perché la materia trattata è soggetta a continue evoluzioni, al fine di affrontare problemi di una certa complessità, nell’ambito di forti relazioni esterne. Dunque, un agente con l’esperienza, (oltre che con l’aggiornamento evidentemente) dovrà essere sempre:
- più preparato;
- più convincente col cittadino;
- più disponibile al dialogo alla collaborazione nell’ente.
Quindi poniamo una scala da 1 a 10, e attribuiamo un punteggio che esprima la crescita, la maturazione, la sempre maggiore consapevolezza del ruolo svolto, acquisita nel triennio, rispetto a quei parametri.
Qualcuno potrà obiettare che, in sede di valutazione della performance, questi parametri sono stati già valutati, sono stati già presi in esame i comportamenti espressi nell’area delle relazioni, dell’organizzazione e nell’area più specificatamente tecnico professionale.
E’ vero! Allora qual è la differenza tra le due valutazioni ? Le differenze sono due:
1) nella valutazione sulla performance si misurano comportamenti che, nel loro complesso, testimonino la capacità, per esempio, di avere buone relazioni con l’utente, con i colleghi, con gli amministratori. Nelle progressioni il parametro da misurare dovrà essere molto più specifico, molto più concreto per poter cogliere i miglioramenti: bisognerà misurare quanto quel vigile sia cresciuto nella sua preparazione per l’esperienza fatta, quanto riesca, nei limiti del possibile, ad entrare in sintonia con l’automobilista, quanto nella normalità dell’organizzazione del corpo, sempre grazie all’esperienza maturata, si sia dimostrato capace di coprire improvvise problematiche.
2) nella valutazione della performance individuale si misura, anno per anno, l’espressione di una certa competenza, nella valutazione propedeutica alla progressione si valuta un processo, si valutano i miglioramenti o i consolidamenti compiuti nel triennio. Questo significa che un dipendente, valutato nel 2018, 2019 e 2020, potrebbe aver avuto in relazione alla performance 2019 una defaillance per motivi personali, il che abbassa la valutazione complessiva del triennio, e incide negativamente sulle progressioni, ma complessivamente potrebbe aver registrato un significativo miglioramento, con un effetto benefico sulle progressioni stesse.
Sulle competenze acquisite e certificate a seguito di processi formativi
Per valutare questo parametro occorre prendere in considerazione sia il tipo di percorso formativo effettuato sia il modo col quale il valutato ha fatto quel percorso.
Sul secondo aspetto è abbastanza semplice prevedere che non sia sufficiente prendere in considerazione la partecipazione al momento formativo, dovendosi richiedere anche, come elemento essenziale, l’aver conseguito e superato un test di apprendimento. A voler essere rigorosi devo dire che noi conosciamo quanto i test siano veramente selettivi ! Per questo motivo, se è comunque giusto chiedere il superamento di un test, è opportuno che nella valutazione delle competenze acquisite e certificate si dia un peso minore a questo secondo aspetto rispetto al primo.
E veniamo alla valutazione del primo aspetto, cioè del peso, dell’importanza del percorso formativo scelto. La questione è molto delicata e complessa, non esistendo riferimenti scientifici che premino questa o quell’Università, questa o quell’agenzia formativa, non esistono classifiche a vari livelli territoriali, non esiste neppure un censimento dei vari corsi e non è neppure detto che un corso in presenza sia più efficace di uno in streaming. Allora, se, da un punto di vista teorico, non si può misurare il prestigio, il valore di un corso, l’amministrazione, nel concreto del suo agire, potrà in fase preventiva decidere quali corsi ritenga utili ai fini dello sviluppo delle competenze dei propri collaboratori, anche proposti da questi ultimi e quindi, preventivamente attribuire un determinato valore alla partecipazione di quei corsi.
In conclusione è nel piano formativo dell’ente, quindi in fase programmatoria che si “organizza” tale parametro. Ed è nel piano formativo, che l’ente decide il peso da attribuire al concreto corso proposto e approvato, in modo che di esso se ne tenga conto in fase di valutazione del parametro.
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