La disciplina normativa delle ferie è prevista dall’art. 2109 del C.C. dove viene previsto, al comma 2, che il dipendente ha diritto, “dopo un anno d'ininterrotto servizio, ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l'imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell'impresa e degli interessi del prestatore di lavoro.
Nel pubblico impiego, con l’avvento del d.lgs.vo n. 29/93, il rapporto di lavoro ha portato ad un cambiamento della precedente disciplina contrattuale, con la possibilità di monetizzazione delle ferie solo all’atto della cessazione del rapporto di lavoro ed in caso di rilevanti ed indifferibili ragioni di servizio, comprovate dalla contemporanea richiesta del dipendente di godere delle stesse e l’impossibilità, da parte del datore di lavoro, di concederle, causa motivate esigenze di servizio.
Il divieto di monetizzare le ferie non godute è stato disposto, inoltre, dall’art. 10, comma 2, del d.lgs.vo n. 66/2003, che ha previsto che il …..”periodo minimo di quattro settimane indicato nel primo comma del medesimo articolo non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro”.
Il D.L. n. 95/2012, convertito nella legge n. 135/2012, ha disposto il divieto di monetizzazione delle ferie non godute.
Nello specifico, l’art. 5, comma 8, ha negato la possibilità di corrispondere trattamenti economici sostitutivi, anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età.
Nello stesso articolo viene, inoltre, chiarito che la violazione delle disposizioni normative e contrattuali più favorevoli, cessate a seguito dell’introduzione della l. n. 135/2012, oltre a comportare il recupero delle somme indebitamente erogate, determinerà, in capo al dirigente responsabile, una specifica responsabilità disciplinare ed amministrativa.
I principi normativi hanno, quindi, stabilito alcuni parametri volti a tutelare i dipendenti, considerando che le ferie sono un diritto irrinunciabile per il riposo dei dipendenti.
L’Aran indica, inoltre, che tali misure sono state previste per contenere e razionalizzare la spesa pubblica, oltre a reprimere gli abusi dovuti all’eccessivo ricorso alla monetizzazione delle ferie, che si sono tradotti in significativi incrementi dei costi della spesa del personale.
Esistono, tuttavia, alcune situazioni o stati nelle quali è possibile procedere alla liquidazione delle ferie maturate e non godute dal dipendente.
Ad esempio, in caso di decesso o risoluzione del rapporto di lavoro per inidoneità fisica assoluta e permanente, oppure ancora quando al dipendente viene negata la possibilità di fruirle per esigenze di servizio.
Nell’ipotesi della mobilità del personale, richiamata dall’art. 30 del D.lgs.vo n. 165/2001, non configurandosi come una cessazione del rapporto di lavoro in senso stretto, la possibilità di monetizzare le ferie non godute è sempre stata esclusa dalle disposizioni contrattuali.
Il Dipartimento della funzione pubblica, con nota n. 40033 del 8.10.2012, condivisa dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha fornito alcune indicazioni in merito all’esatta portata e alla corretta modalità applicativa della disciplina legislativa sulla possibilità di liquidare o meno i giorni di ferie.
Viene, infatti, precisato che la monetizzazione delle ferie non può operare quando il dipendente concorre attivamente attraverso il compimento di atti come l’esercizio del diritto di recesso o le dimissioni, oppure mediante propri comportamenti incompatibili con la permanenza del rapporto, ad esempio il pensionamento, il licenziamento disciplinare, il mancato superamento del periodo di prova.
In questi casi la prevedibilità dell’evento e/o la volontà dei soggetti coinvolti (mobilità, dimissioni, risoluzione del rapporto), potrebbero permettere al dipendente di fruire le ferie.
E’, quindi, per questo motivo che viene ritenuto che il divieto di monetizzare le ferie trova la sua giustificazione nel comportamento attivo del dipendente, a cui viene attribuita una sorta di presunta accettazione delle conseguenze che derivano dall’estinzione del rapporto, compresa la perdita delle ferie maturate e non godute.
Nei casi, invece, di estinzione del rapporto di lavoro causate da eventi del tutto indipendenti dalla volontà del lavoratore e dalla capacità organizzativa e di controllo del datore di lavoro, l’impossibilità di fruire delle ferie non può essere imputata al dipendente, poiché si tratta di ipotesi nelle quali il rapporto di lavoro si conclude in modo anomalo e non prevedibile.
Ad esempio, il decesso o la risoluzione per inidoneità assoluta e permanente, oppure nel caso in cui il dipendente non ha potuto godere delle ferie maturate a causa di un’assenza dal servizio antecedente la cessazione del rapporto di lavoro (malattia, congedo di maternità, aspettative a vario titolo).
Va precisato, comunque, che le ipotesi di deroga al divieto di monetizzazione delle ferie non agiscono in maniera automatica, poiché, in presenza dei presupposti legittimanti e/o delle disposizioni normative e contrattuali, dovrà essere effettuata, da parte degli uffici del personale, un’attenta valutazione delle situazioni che potranno dar luogo all’eventuale liquidazione o meno delle ferie non godute.