Nello specifico, l’Ente Provincia aveva chiesto se in merito alla durata degli incarichi dirigenziali a tempo determinato ai sensi dell’art. 110 del TUEL (d.lgs. n. 267 del 2000)
a) prevalga il principio di diritto per cui troverebbe applicazione l’art. 19 comma 2 del d.lgs. 165 del 2001 (che prevede la durata minima triennale dell’incarico dirigenziale) indipendentemente dal verificarsi di una causa di cessazione anticipata del mandato del Sindaco o del Presidente (ad es. per dimissioni o decadenza) rispetto alla naturale scadenza di cinque anni;
b) al contrario, trovi applicazione la disciplina contenuta nel testo sull’ordinamento degli enti locali (all’art. 110, comma 3, del TUEL) per cui l’incarico dirigenziale cessa alla scadenza del mandato del Sindaco o del Presidente.
La stessa Provincia ha evidenziato che il quesito verte su una questione potenzialmente idonea a incidere sugli equilibri di bilancio nell’ipotesi in cui il dirigente instauri un contenzioso per l’interruzione anticipata del rapporto di lavoro a causa delle dimissioni o della decadenza del Sindaco o del Presidente che si concluda con un’eventuale condanna dell’Ente al risarcimento del danno.
Secondo la Corte il quesito posto dalla Provincia evoca l’antinomia e il conseguente problema di coordinamento fra l’art. 19, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001, e l’art. 110, comma 3, del d.lgs. n. 267 del 2000.
In particolare, la prima norma prevede che “Tutti gli incarichi di funzione dirigenziale nelle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, sono conferiti secondo le disposizioni del presente articolo. Con il provvedimento di conferimento dell’incarico […] sono individuati l’oggetto dell’incarico e gli obiettivi da conseguire […] nonché la durata dell’incarico, che deve essere correlata agli obiettivi prefissati e che, comunque, non può essere inferiore a tre anni né eccedere il termine di cinque anni […]”; per contro la seconda norma prevede che gli incarichi a contratto “non possono avere durata superiore al mandato del sindaco o del presidente della provincia in carica […]” correlando letteralmente la durata dell’incarico dirigenziale alla durata del mandato elettivo senza tuttavia specificare se la durata dell’incarico sia legato alla naturale scadenza del mandato o all’eventuale cessazione anticipata dello stesso per una delle cause previste dalla legge.
La Corte ha rammentato che anche che sulla materia, e in particolare sul tema del rispetto della disciplina prevista dall’art. 19 del d.lgs. 165/2001 per il conferimento degli incarichi per la copertura di posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione di cui all’art. 110 comma 1, la magistratura contabile si è pronunciata, in passato, per il riconoscimento di spazi di autonomia a favore degli enti locali ritenendo che la disciplina statale trovasse “necessariamente il proprio limite nell'autonomia statutaria e regolamentare costituzionalmente garantite, in materia, alle autonomie locali” (Corte conti, Sez. reg. Lombardia, delib. n. 308/2010/PAR del 17 marzo 2010) e reputando che l'art. 110 TUEL attenesse anche ad un aspetto dell'organizzazione delle pubbliche amministrazioni, riservato alla sfera dell'autodeterminazione dell’ente libero di scegliere il modello organizzativo più consono alla realtà locale. Inoltre la Corte dei conti, in una risalente pronuncia riguardante la proroga o il rinnovo di un incarico triennale ex art. 110 (deliberazione Sezione regionale di controllo per la Puglia n. 125/2013/PAR), non ritenendo in generale vietati la proroga o il rinnovo di detta tipologia di incarichi, purché nel rispetto del termine massimo del mandato elettorale, ha ritenuto “ininfluente un eventuale frazionamento dell’incarico dirigenziale per due o più periodi all’interno del periodo di mandato” con ciò implicitamente ammettendo che quantomeno la durata del rinnovo o della proroga potesse essere infratriennale.
Invero, la Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione ermeneutica ad essa devoluta, con la sentenza 478 del 13 gennaio 2014, ha valorizzato l’applicabilità delle disposizioni del testo unico sul pubblico impiego (d.lgs. n. 165/2001) alle amministrazioni pubbliche (art. 1 primo comma) intendendosi per tali, tra le altre, le amministrazioni dello Stato, le Regioni, le Province e i Comuni.
Tali disposizioni – afferma la Cassazione secondo la lettera della norma (art.1 comma 3 Tupi) costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’art. 117 della Costituzione. Valorizzando i suddetti elementi, la Corte di cassazione ha affermato, quanto alla durata minima degli incarichi a contratto ex art. 110 TUEL, il principio di diritto per cui “In tema di affidamento, negli enti locali, di incarichi dirigenziali a soggetti esterni all’amministrazione si applica l’art. 19 d.lgs. n. 165 del 2001, nel testo modificato dall’art. 14 sexies D.L. n. 155 del 2005, convertito con modificazioni nella l. n. 168 del 2005, secondo cui la durata di tali incarichi non può essere inferiore a tre anni né eccedere il termine di cinque, e non già l’art. 110, comma 3, d.lgs. n. 267 del 2000 (T.U. Enti locali), il quale stabilisce che gli incarichi a contratto non possono avere durata superiore al mandato elettivo del Sindaco in carica. La disciplina statale integra quella degli enti locali: la prima, con la predeterminazione della durata minima dell’incarico, è volta ad evitare il conferimento di incarichi troppo brevi ed a consentire al dirigente di esercitare il mandato per un tempo sufficiente ad esprimere le sue capacità ed a conseguire i risultati per i quali l’incarico gli è stato affidato; la seconda ha la funzione di fornire al Sindaco uno strumento per affidare incarichi di rilievo sulla base dell’intuitus personae, anche al di fuori di un rapporto di dipendenza stabile e oltre le dotazioni organiche, e di garantire la collaborazione del funzionario incaricato per tutto il periodo del mandato del Sindaco, fermo restando il rispetto del suddetto termine minimo nell’ipotesi di cessazione di tale mandato”.
Alla suddetta pronuncia è seguita la n. 2510 del 2017, con cui la stessa Sezione Lavoro della Cassazione, relativamente al caso di un conferimento di incarico di dirigente generale di un dipartimento della Regione resistente, ricorda che per la giurisprudenza costituzionale “i meccanismi di spoils system sono tollerabili alla stregua della particolare natura del rapporto dirigenziale interessato dalla precarietà, che ne giustifica l’interruzione ad nutum. Si tratta di rapporti di collegamento tra organi di indirizzo politico e apparato amministrativo che poco o nulla attengono alla figura, ai compiti e alla professionalità del dirigente (interno o esterno) […]”. Nella citata pronuncia la Corte rileva che “I sistemi di spoils system, in ragione dei quali il rinnovo del vertice politico dell’Amministrazione determina automaticamente […] la cessazione degli incarichi dirigenziali in essere, sono stati dichiarati costituzionalmente illegittimi in quanto ritenuti lesivi dei principi costituzionali di imparzialità e di continuità dell’azione amministrativa e, anche, con il principio del giusto procedimento. Tuttavia – prosegue la Corte – l’illegittimità non è stata dichiarata in relazione agli incarichi più elevati”.
Inoltre nella medesima pronuncia si ricorda come, in termini generali, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 34 del 2010, “ha innanzitutto chiarito che i predetti meccanismi di c.d. spoils system, ove riferiti a figure dirigenziali non apicali, ovvero a titolari di uffici amministrativi per la cui scelta l’ordinamento non attribuisce, in ragione delle loro funzioni, rilievo esclusivo o prevalente al criterio della personale adesione del nominato agli orientamenti politici del titolare dell’organo che nomina, si pongono in contrasto con l’art. 97 Cost. in quanto pregiudicano la continuità dell’azione amministrativa, introducono in quest’ultima un elemento di parzialità, sottraggono al soggetto dichiarato decaduto dall’incarico le garanzie del giusto procedimento e svincolano la rimozione del dirigente dall’accertamento oggettivo dei risultati conseguiti”.
Viene poi ricordata la sentenza n. 104 del 2007 della medesima Corte costituzionale, per la quale mentre il potere della Giunta regionale di conferire incarichi dirigenziali cosiddetti “apicali” a soggetti individuati intuitu personae mira ad assicurare quel continuum fra organi politici e dirigenti di vertice che giustifica, nei confronti di questi ultimi, la cessazione degli incarichi loro conferiti dalla precedente Giunta regionale, a tale schema rimangono estranei gli incarichi non legati al vertice politico dallo stesso grado di contiguità che connota gli incarichi apicali. “Tali principi – conclude la Corte – sono stati ribaditi più volte dalla giurisprudenza costituzionale, pervenendo così all’affermazione – divenuta ormai costante – secondo cui i meccanismi di cessazione anticipata, con riferimento a funzioni dirigenziali non apicali, si pongono in contrasto con l’art. 97 Cost.”.
E, in ordine ai meccanismi in questione, la Corte di cassazione (cfr. citata sent. 2510/2017), ripercorrendo le numerose decisioni della Consulta, ricorda che “Con le sentenze n. 124 del 2011 si è ribadita «l’illegittimità costituzionale di meccanismi di spoils system riferiti ad incarichi dirigenziali che comportino l’esercizio di compiti di gestione, cioè di «funzioni amministrative di esecuzione dell’indirizzo politico» (sentenze n. 224 e n. 34 del 2010, n. 390 e 351 del 2008, n. 104 e n. 103 del 2007), ritenendo, di converso, costituzionalmente legittimo lo spoils system quando riferito a posizioni apicali (sentenza n. 233 del 2006), del cui supporto l’organo di governo ‘si avvale per svolgere l’attività di indirizzo politico amministrativo’ (sentenza n. 304 del 2010)»”.
Con ulteriore intervento, di poco successivo alla pronuncia 2510 del 1 gennaio 2017, la Cassazione è nuovamente intervenuta in materia di spoils system aderendo, con sentenza 11015 del 5 maggio 2017, all’impostazione costituzionale, così ritenendo che le uniche ipotesi in cui l’applicazione della decadenza automatica possa essere ritenuta coerente con i menzionati principi costituzionali sono quelle nelle quali si riscontrano i requisiti della “apicalità” dell’incarico nonché della “fiduciarietà” della scelta del soggetto da nominare, con la ulteriore specificazione che la componente fiduciaria deve essere intesa come preventiva valutazione soggettiva di consonanza politica e personale con il titolare dell’organo politico nominante.
In linea con la richiamata giurisprudenza costituzionale e di legittimità, è lo stesso art. 19, comma 8, del Tupi il quale stabilisce – sia pure con precipuo riferimento agli incarichi statali – che solo quelli di vertice, previsti dal comma 3 della medesima norma (segretario generale dei ministeri, incarichi di direzione di strutture articolare al loro interno in uffici dirigenziali generali e quelli di livello equivalente), cessano – automaticamente - “decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo”.