La questione deferita alle Sezioni Unite riguarda i limiti di operatività del predetto principio: se debba, cioè, essere riferita ai soli atti processuali, o possa essere ampliata alla notificazione di atti sostanziali o, eventualmente, di atti processuali che producano effetti anche sostanziali.
La portata della regola, che è stata introdotta nell'ordinamento dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 477 del 2002 e che, successivamente, è stata recepita dal legislatore nell'articolo 149 del codice di procedura civile, è stata circoscritta da numerose decisioni della Corte di Cassazione.
Originariamente la notifica si perfezionava al momento della conoscenza o conoscibilità legale del destinatario: questa conclusione era coerente, sia con la natura del procedimento di notificazione (attività che si perfeziona al momento in cui l'atto notificato è conosciuto o conoscibile dal destinatario), sia con la natura di atto recettizio dell'atto da notificare.
Con la sentenza n. 477 del 2002, la Corte costituzionale ha ritenuto costituzionalmente illegittimo il disposto dell'art. 149 del codice di procedura civile e dell'art. 4, comma 3, della L. 20 novembre 1982, n. 890 (“Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari”), nella parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell'atto da parte del destinatario anziché a quella, antecedente, di consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario: l’incostituzionalità di tale regola, sia sotto il profilo del diritto di difesa (e qui il riferimento è circoscritto agli atti giudiziari e amministrativi), sia sotto il profilo della ragionevolezza, deriva dal fatto che si tratta di un effetto di decadenza che discende dal ritardo di un’attività non imputabile al notificante, in quanto del tutto estranea alla sua sfera di disponibilità.
Nella impostazione della Corte costituzionale il parametro del diritto di difesa appare svolgere una funzione logica complementare e aggiuntiva: il vero parametro di costituzionalità è il principio di ragionevolezza.
A seguito dell’intervento della Corte Costituzionale, l’articolo 149 del codice di procedura civile è stato modificato, introducendo espressamente il disposto secondo cui “La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all'ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha la legale conoscenza dell'atto”.
Tuttavia, la scissione soggettiva degli effetti della notificazione non è un principio valido per tutte le ipotesi normative e la giurisprudenza - solitamente - vede con disfavore tale scissione.
Le obiezioni ricorrenti sono due:
a) la teoria dell'atto ricettizio: nel caso degli atti ricettizi, la fattispecie si perfeziona con la consegna. Pertanto, prima della consegna la fattispecie è incompleta e una fattispecie incompleta non può produrre effetti;
b) la teoria della notificazione: la notificazione è una fattispecie a formazione progressiva, prima che sia perfezionata (con la conoscenza o conoscibilità legale da parte del destinatario), siamo in presenza di una fattispecie imperfetta e la fattispecie imperfetta non produce effetti.
Le remore giurisprudenziali e dottrinali verso il principio di scissione sancito dalla Corte Costituzionale si riassumono in un timore: il pregiudizio per il superiore principio della certezza delle situazioni giuridiche che, secondo le Sezioni Unite può essere dominato se si considera che, in realtà, il principio di scissione comporta una distinzione tra l'an e il quando degli effetti della notifica. In particolare:
a) se la notifica non si perfeziona, essa non produce effetto alcuno e decadono anche gli effetti provvisoriamente prodotti: se non si realizza l'an, è inutile pure discutere del quando;
b) se la notifica si perfeziona, gli effetti di essa retroagiscono per il notificante al momento in cui ha consegnato all'ufficiale giudiziario l’atto da notificare (lo stesso discorso vale per le notifiche a mezzo posta).
In altri termini, tale consegna produce per il notificante effetti immediati e provvisori, che si stabilizzano e diventano definitivi se - e solo se - la notifica viene validamente perfezionata.
La scissione soggettiva della notifica non pregiudica minimamente il valore della certezza delle situazioni giuridiche perché:
- se la notifica non si perfeziona, nessun effetto si produce e gli effetti provvisori eventualmente prodotti si annullano;
- se la notifica si perfeziona, le situazioni giuridiche sono certe perché vengono individuati con certezza i due momenti in cui gli effetti differenziati si producono: per il notificante al momento della consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario, per il notificato al momento della ricezione legale dell'atto.
Nel periodo tra la consegna da parte del notificante dell'atto per la notifica e la ricezione legale dell'atto da parte del notificato, vi è una grigia zona di tempo in cui domina l'incertezza giuridica per il notificante ed il destinatario, che la sentenza in questione ha chiarito sulla base della teoria interpretativa del bilanciamento, che non vale in generale ma soltanto per categorie di atti.
Per quel che riguarda gli atti processuali, in tali casi il notificante ha un termine a difesa o, comunque, un termine per svolgere la sua attività processuale, che gli deve essere riconosciuto per intero e, quindi, va tutelato anche se consegna l'atto all'ufficiale giudiziario proprio allo scadere del termine. La motivazione scaturisce dal fatto che se la legge riconosce un termine di 30 giorni per espletare una attività difensiva, non lo si può ridurre per avere (non la sicurezza) ma la probabilità della notifica nei termini. Nessun pregiudizio subisce il notificato: il dies a quo per le sua facoltà processuali riconosciute per quel tipo di atto dall'ordinamento, scatterà dal momento della notifica.
Quindi per tutti gli atti processuali, senza distinzione tra diritto di difesa e altre attività processuali, opera il principio di scissione. In questo caso entrambe le parti sono incolpevoli, ma il legislatore ha allocato la perdita sul notificante.
Per gli atti negoziali unilaterali, invece, la tecnica del bilanciamento è preclusa dall’art. 1334 del codice civile (“Gli atti unilaterali producono effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati.”): in tale caso, infatti, il bilanciamento lo ha già fatto il legislatore in favore del destinatario.
Secondo la sentenza 24882 del 2015, l'inequivoco testo della norma (qui viene in rilievo il pur discusso brocardo in claris non fit interpretatio) preclude all'interprete ogni diversa interpretazione rispetto a quella fatta palese dal significato delle parole.
Da un lato, le Sezioni Unite ritengono che il principio affermato dalla Corte Costituzionale ha una portata espansiva potenzialmente applicabile a tutti gli atti (processuali e negoziali), in quanto il parametro di costituzionalità utilizzato dal Giudice delle leggi non è solo il diritto di difesa, ma soprattutto il principio di ragionevolezza, mentre dall’altro affermano che l'espansione in via interpretativa agli atti negoziali è impedita dall'esistenza di una norma specifica (l'articolo 1334 del codice civile “Gli atti unilaterali producono effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati”).
Nei casi in cui l’art. 1334 c.c. non opera, infatti, deve espandersi il principio generale in virtù dell’articolo 12 delle preleggi, applicando cioè non l'analogia legis (quindi applicazione analogica dell'articolo 1334, agli atti processuali ad effetti sostanziali), bensì l'analogia iuris (cioè applicazione agli atti- ove una norma specifica non disponga diversamente - del principio generale sancito dalla Corte costituzionale).
Pertanto, per gli atti negoziali unilaterali, un diritto non può dirsi esercitato se l'atto non perviene a conoscenza del destinatario, mentre per gli atti processuali il diritto (processuale) è esercitato con la consegna dell'atto all'ufficio notificante.
La ratio posta a base di queste opposte soluzioni (atti negoziali unilaterali e atti processuali) implica che una fondamentale actio finium regundorum: la soluzione a favore del notificante è valida esclusivamente nel caso in cui l'esercizio del diritto può essere fatto valere solo mediante atti processuali.
In ogni altro caso, e indipendentemente dalle scelte del soggetto che intende interrompere la prescrizione (l'ordinamento non può consentire che il pregiudizio per la parte destinataria, incolpevole, derivi dalle scelte arbitrarie e ad libitum della controparte), opera la soluzione opposta.
In conclusione, quando il diritto non si può far valere se non con un atto processuale, la prescrizione è interrotta dall'atto di esercizio del diritto che coincide con la consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario per la notifica.