Accesso Abbonati

IL CONTRIBUTO DEL GREEN PUBLIC PROCUREMENT ALLA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE (prima parte)

di Daniele Perugini

Garantire una sostenibilità ambientale a vantaggio delle generazioni future non è soltanto un impegno oggetto di accordi sovranazionali, ma una necessità sempre più impellente cui sono chiamate le Società attuali. La produzione industriale sostenibile e il consumo virtuoso delle energie non rinnovabili costituiscono due dei fattori determinanti per un’economia indirizzata al riuso, alla circolarità e alla limitazione dell’impatto ambientale. Se in primis i singoli possono far la loro parte con dei piccoli gesti quotidiani, a partire da un consumo maggiormente consapevole, un significativo contributo può venire indubbiamente anche dalla Pubblica Amministrazione: questa costituisce un mercato di sbocco particolarmente interessante non solo per le dimensioni che, grazie al Green Public Procurement (i c.d. Acquisti Verdi), può rappresentare una leva determinante nel favorire la sostenibilità ambientale, intervenendo dal lato della domanda nelle consuete attività di acquisizione di beni e servizi.

Ci si sofferma spesso a riflettere sul ruolo che le amministrazioni pubbliche svolgono in quanto centro del potere pubblico (principalmente con la emanazione di norme e regolamenti), di produttore ed erogatore dei servizi e di “controllore” dei vari ambiti disciplinati. Meno diffusa è la conoscenza di ciò che il settore pubblico rappresenta sul piano economico, quale mercato di sbocco per le imprese di molti settori produttivi, sia sul piano quantitativo che qualitativo. Ancor più limitata è la percezione del ruolo fondamentale che la P.A. svolge sui mercati e, indirettamente, sulla produzione di beni e servizi, dal lato della domanda.

RISORSE RINNOVABILI E NON RINNOVABILI.  Nell’utilizzo delle risorse naturali, tra cui anche quelle energetiche, occorre preventivamente attuare una distinzione tra le risorse c.d. “rinnovabili” e quelle “non rinnovabili”. Per risorse naturali “rinnovabili” si intendono quelle per le quali è possibile, attraverso un determinato processo di rielaborazione, una ricostituzione delle stesse: questo processo può richiedere un arco temporale estremamente variabile. Se ciò è valido a livello teorico, non sempre alcune risorse naturali che si ricostituiscono possono però essere ricomprese tra le rinnovabili, in ragione dell’arco temporale richiesto rispetto al consumo nel nostro sistema energetico (ad esempio, petrolio e gas hanno tempi di ricostituzione non paragonabili alle necessità di utilizzo attuale). Sono invece considerate risorse naturali “non rinnovabili” quelle destinate ad esaurirsi in quanto non possono essere ricostituite o hanno tempi di rinnovamento non congrui con lo sviluppo attuale dei nostri consumi. La tendenza all’esaurimento delle risorse non rinnovabili sta comportando una crescente preoccupazione a livello di governance mondiale e di opinione pubblica, spingendo i Governi a programmare l’utilizzo di tali risorse in modo più consapevole.

ALLA RICERCA DELLA SOSTENIBILITÀ. I criteri di sostenibilità tendono alla programmazione dell’utilizzo delle risorse in modo tale da preservarne a garanzia una certa quota anche per le generazioni future, attuando quello che è il c.d. ≪consumo sostenibile≫, argomento molto attuale che si sviluppa in diversi ambiti. Dal confronto aperto dagli studiosi sul consumo sostenibile sono sostanzialmente emersi due principali approcci volti alla soluzione del problema della sostenibilità delle risorse, entrambi con risposte solo parziali e, proprio per questo, necessitanti di integrazione reciproca. Da una parte, si sottolinea la necessità di migliorare l’efficienza dei processi di produzione (ovvero la riduzione dell’uso di input per unità di output), concetto racchiuso in uno slogan molto usato, ≪produrre di più con meno≫; dall’altra, si sostiene che l’incremento dei consumi generato dai miglioramenti di efficienza comporti la necessità di concentrare l’attenzione sul contenimento – se non della riduzione - dei livelli assoluti del consumo: in sostanza, il concetto di consumo sostenibile si inserisce nel dilemma tra efficienza e sufficienza. A partire dal 1992 (in occasione della Conferenza mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro, con la sottoscrizione del primo accordo politico internazionale sul consumo sostenibile) e ancora ai giorni nostri, il concetto di consumo sostenibile costituisce un elemento chiave delle agende politiche internazionali. Esiste un chiaro legame tra i problemi ambientali e la distribuzione della ricchezza e delle povertà nel mondo: il modello di sviluppo fino ad oggi seguito, basato su un costante sviluppo tecnologico ed una sempre maggiore produzione, è il diretto responsabile della crescita incontrollata della grave situazione ambientale creatasi. Il consumo sostenibile, al contrario, si basa su un modello di sviluppo che presuppone un’equa distribuzione delle materie prime e dell’energia da utilizzare e dei prodotti e dei servizi da esse derivanti, nel rispetto per la Terra e per il suo ecosistema, a livello locale come a livello mondiale.

IL RUOLO DELLE PP.AA. NELLA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE. È intuibile che, per ottenere uno sviluppo sostenibile globale, sono necessari cambiamenti fondamentali nel modo in cui le società “producono e consumano”: a tale scopo, è necessario adottare un approccio basato sul ciclo di vita dei prodotti che identifica tra le possibili aree di intervento l’informazione ai consumatori; l’educazione e i gli stili di vita sostenibili; il public procurement. Il soggetto pubblico, in particolare, in un contesto capitalistico in cui la produzione non è demandata allo Stato, deve rivedere alcuni criteri di approvvigionamento da terzi dei beni e dei servizi che gli sono necessari, anche alla luce dei compiti di orientamento che gli sono propri rispetto alla produzione. Ciò può essere realizzato attraverso le politiche fiscali, monetarie e, più in generale, le scelte di politica economica, influenzando, più o meno indirettamente, le strategie produttive, pur non potendo stabilire (diversamente da quanto caratterizza i sistemi c.d. “pianificati”) oggetto e quantità della produzione delle aziende. Questo processo, oltre che dal punto di vista dell’approccio economico e normativo di regolazione del settore, può estrinsecarsi anche in forme più concrete, ad esempio attraverso la domanda di beni e servizi che l’apparato pubblico presenta al mercato: per il ruolo che riveste e per l’ammontare della spesa che effettua, lo Stato e le sue diverse emanazioni possono rappresentare il cardine di questo processo. In sostanza, la “domanda” del settore pubblico – che sempre traguarda gli obiettivi di efficacia, efficienza ed economicità - è potenzialmente capace di indirizzare le strategie di ricerca e produzione delle aziende coinvolte nella fornitura e dell’intero apparato produttivo verso prodotti e servizi che abbiano un minore impatto sulla salute e sull’ambiente, rispetto ai prodotti similari privi di determinate caratteristiche ambientali.

LA P.A. COME CLIENTE.  Le pubbliche amministrazioni, accanto a commodities e a beni altamente standardizzati (cancelleria, autovetture, etc.), acquistano beni e servizi ad alto contenuto innovativo che consentono alle imprese di sperimentare, sviluppare o affinare know how sempre più all’avanguardia, con un ≪rischio di mercato≫ ridotto dalle commesse pubbliche. Ciò conferisce al sistema pubblico una forte influenza potenziale sulla struttura competitiva di molti settori produttivi (sia per i volumi di beni/servizi oggetto di domanda, sia per la qualità e specificità della richiesta) che, di converso, fa sì che le imprese che intendano accreditarsi quali fornitori della P.A. siano chiamate ad un significativo impegno progettuale, economico e contrattuale pur di aggiudicarsi le commesse, sostenendo peraltro un elevato rischio di non risultare aggiudicatari e quindi escluse da quello specifico mercato per lunghi periodi. Le Pubbliche Amministrazioni, a livello centrale e territoriale, devono rispondere a criteri di efficacia e di efficienza anche nelle modalità in cui si trovano ad impiegare le risorse disponibili (costituite principalmente dalle “Entrate di bilancio”, ovvero dall’insieme delle voci afferenti al prelievo fiscale, diretto ed indiretto) per l’acquisizione di beni e servizi. Alcune delle tendenze che si sono diffuse negli ultimi decenni, dapprima a livello internazionale e poi anche nel nostro Paese, caratterizzano il sistema di approvvigionamento di beni e servizi da parte della P.A., con riguardo, nello specifico:

  • ai processi di accentramento della funzione di approvvigionamento di più enti, con maggiore attenzione alla programmazione degli acquisti (centralmente con CONSIP e, localmente, con le “centrali uniche di acquisto” a livello macro-regionale);
  • all’esternalizzazione di molti servizi tradizionalmente gestiti dalle amministrazioni pubbliche (outsourcing);
  • a strumenti di acquisto innovativi volti al miglioramento dell’efficienza complessiva dei processi di approvvigionamento e al contenimento della spesa del settore pubblico (e-procurement).

IL CONTRIBUTO DEL GREEN PUBLIC PROCUREMENTUn aspetto particolare del public procurement è costituito dal Green Public Procurement (in breve GPP), modalità di acquisizione da parte del settore pubblico orientata in una prospettiva di sostenibilità. Il GPP costituisce un importante strumento non solo per le politiche ambientali, ma anche per la promozione dell’innovazione tecnologica, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi delle politiche sulla competitività dell’Unione europea. Secondo la Commissione europea, il GPP è “l’approccio in base al quale le Amministrazioni Pubbliche integrano i criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto, incoraggiando la diffusione di tecnologie ambientali e lo sviluppo di prodotti validi sotto il profilo ambientale, attraverso la ricerca e la scelta dei risultati e delle soluzioni che hanno il minore impatto possibile sull’ambiente lungo l’intero ciclo di vita”. I processi di acquisizione di beni e servizi da parte dello Stato – e questa è l’intuizione del GPP – possono infatti orientare sensibilmente l’azione non solo delle singole imprese che hanno a che fare con la fornitura (direttamente o come indotto produttivo dell’aggiudicataria), ma anche l’intera struttura produttiva nazionale. Attraverso le politiche di GPP è infatti possibile integrare considerazioni di carattere ambientale all’interno dei processi di acquisto delle Pubbliche Amministrazioni e di orientarne le scelte su beni, servizi e lavori che presentano minori impatti ambientali, con una visione d’insieme che traguarda tutto il ciclo di vita del bene: in questi termini, il GPP può giocare un ruolo fondamentale dal lato della domanda, per sostenere la produzione di beni e servizi ambientalmente preferibili e fungere da traino nel processo di orientamento delle scelte di consumo in chiave sostenibile e innovativa. La crescente consapevolezza presso i Governi della criticità ambientale globale e della necessità da parte del settore pubblico di mutare l’approccio verso produzioni maggiormente sostenibili è stata il fattore cruciale nel sostegno alle scelte attuali nei criteri di selezione delle forniture di beni e servizi. Ciò, conseguentemente, ha spinto le aziende verso l’innovazione e la ricerca, volte ad adeguare il processo produttivo, la dotazione tecnologica e l’offerta verso prodotti sempre più “green”. Per avere contezza dell’impatto economico e strategico della produzione destinata al servizio pubblico, basti pensare che essa, mediamente, ammonta a circa il 17% del nostro Prodotto Interno Lordo, misura analoga alla media europea (pari al 19%) e leggermente superiore a quella degli Stati Uniti, che raggiunge il 14% del proprio PIL. Il servizio pubblico è il più grande consumatore di beni e servizi: il volume di acquisti da parte delle pubbliche amministrazioni in Europa si aggira complessivamente attorno ai 2.400 miliardi di euro l’anno, di cui circa 150 miliardi realizzati dal nostro Paese. È quindi evidente il grande impatto sugli obiettivi di sviluppo sostenibile, sul sistema pubblico, sul mercato, sulla società delle scelte operate dagli enti pubblici. Peraltro, in alcuni specifici settori (trasporto pubblico, opere pubbliche, servizi sanitari e istruzione) ancora più marcato è l’impatto sull’economia determinato dalle pubbliche amministrazioni: il corrispondente potenziale di acquisto di beni e servizi lascia intravedere quale possa essere il ruolo pubblico nello sviluppo della c.d. “green economy”.

IL QUADRO NORMATIVO. L’impulso di matrice comunitaria volto allo sviluppo di politiche economiche ambientali che ha sempre caratterizzato le politiche dell’Unione e, nello specifico, del GPP, si è estrinsecato con la Comunicazione della Commissione Europea 2003/302 nella quale si invitavano gli Stati membri “a dotarsi di piani di azione accessibili al pubblico per l’integrazione delle esigenze ambientali negli appalti pubblici”. In coerenza a questa e alle indicazioni comunitarie successive, il nostro legislatore, con il Decreto interministeriale 11 aprile 2008, ha approvato il “Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione” (detto anche PAN GPP). Tale Piano, come previsto dallo stesso, è stato poi oggetto di aggiornamento attraverso il decreto 10 aprile 2013. Il PAN, promosso dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in sinergia con altri dicasteri competenti (Ministero dell’Economia e Finanze e Ministero per lo Sviluppo economico) e degli enti e strutture tecniche di supporto (CONSIP, ENEA, ISPRA ed alcune ARPA regionali), invita tutte le amministrazioni pubbliche ad introdurre politiche di GPP, partendo dall’analisi dei fabbisogni e la definizione di propri obiettivi di miglioramento ambientale, attraverso l’individuazione di funzioni competenti e di interventi di formazione e monitoraggio. Nel PAN GPP è prevista la definizione - attraverso appositi decreti del Ministero dell’Ambiente - dei c.d. ≪criteri ambientali minimi≫ (CAM), cioè un insieme di requisiti ambientali e, ove possibile, etico-sociali collegati alle diverse fasi della procedura di aggiudicazione della fornitura o esecuzione dell’opera, atti a garantire un’adeguata risposta dal parte del mercato dell’offerta e, al tempo stesso, in grado di incidere sulla qualità dei prodotti e stimolarne il miglioramento nel tempo. Tali criteri vengono definiti minimi in quanto costituiscono gli elementi di base per la qualificazione di forniture ≪green≫: è comunque facoltà delle stazioni appaltanti aggiungere ulteriori criteri o rendere più stringenti, ove le condizioni siano ritenute appropriate. In quanto costituiti da indicazioni tecniche, i CAM vengono periodicamente revisionati, per meglio rispondere alle evoluzioni tecnologiche e di mercato. Il ricorso agli appalti pubblici verdi, seppur incoraggiato fortemente dalla Commissione europea, resta una scelta volontaria degli Stati membri ma, nel nostro Paese, con la legge 28 dicembre 2015, n. 221 (c. d. “collegato ambientale”), è stato introdotto l’obbligo per le stazioni appaltanti del ricorso agli “acquisti verdi. Successivamente il Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante il "Codice dei contratti pubblici", ha recepito ulteriori Direttive comunitarie in materia di appalti pubblici fornendo, in qualche passaggio, input ancor più vigorosi di quelli di matrice comunitaria, volti a realizzare nel nostro Paese la svolta verso un'economia sempre più verde. L’obbligo degli acquisti verdi, sancito dal “collegato ambientale” del 2015, è stato infatti poi confermato dal c.d. “nuovo Codice degli appalti” che, all’articolo 34 (novellato dall’articolo 23 del D.Lgs. n. 56/2017), disciplina l’applicazione dei “Criteri di sostenibilità energetica ed ambientale”, sancendo, tra l’altro, l’obbligo di applicazione delle specifiche tecniche e dei CAM per l’intero valore dell’importo della gara e prevedendone il monitoraggio dell’applicazione da parte di ANAC. In sostanza, un appalto pubblico può essere qualificato come ≪green≫ se nella documentazione progettuale e di gara sono inserite almeno le “specifiche tecniche” e le clausole contrattuali contenute nei citati CAM adottati con decreto del Ministero dell’Ambiente.

Nella seconda parte di questo contributo verranno evidenziate potenzialità e caratteristiche del GPP, alcune buone pratiche negli Acquisti Verdi e, da ultimo, si affronteranno alcune delle criticità che rallentano lo sviluppo del GPP nel nostro Paese.

Letto 2549 volte

Copyright © 2021 OggiPA.it Tutti i diritti riservati.

Direttore di Redazione: Dott. Arturo Bianco

Editore: Pubbliformez s.r.l. - Autorizzazione Tribunale di Catania n°7/2013

Sede: Via Caronda 136 - 95128 Catania - P.IVA 03635090875

Recapiti: Tel. 095/437045 - Fax 095/7164114 - email: claudiogagliano@oggipa.it