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Edizione del 30 Settembre 2016

I Doveri del Dipendente Pubblico

l dipendente pubblico, oltre ai doveri che derivano dal dettato costituzionale codificati dagli artt. 54,97 e 98, è tenuto a fedeltà e diligenza, sanciti, come per il rapporto di lavoro privato, dagli artt. 2104 e 2105 c.c.

Inoltre i doveri degli impiegati trovano precisa declinazione anche nella contrattazione collettiva, le cui disposizioni vanno sempre coordinate con la legislazione ordinaria e speciale.

La disciplina pattizia detta in maniera puntuale i doveri e gli obblighi dei pubblici dipendenti elencandoli in apposite disposizioni contrattuali.

Inoltre la definizione dei doveri del dipendente trova la sua sedes materiae nel Codice di comportamento, recepito in allegato ai contratti collettivi e coordinato con le previsioni contrattuali in materia di responsabilità disciplinare, nonché nei codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni, contenenti eventuali integrazioni e specificazioni al codice generale.

Il D.M. 31-3-1994, approvato all’indomani della privatizzazione, è stato il primo codice di comportamento “generale” seguito dal D.M. 28-11-2000, che definiva nel dettaglio gli obblighi di diligenza, lealtà e imparzialità della condotta del pubblico dipendente. Successivamente l’art. 54 del D.Lgs. 165/2001, sostituito dalla L.190/2012, ha stabilito la definizione di un nuovo codice di comportamento dei pubblici dipendenti, che assicurasse la qualità dei servizi, la prevenzione della corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell’interesse pubblico. Conseguentemente è stato adottato, il D.P.R. 16-4-2013, n. 62, che ha sostituito il previgente del 2000, e attualmente costituisce il punto di riferimento fondamentale per delineare il sistema dei doveri (e delle responsabilità) dei pubblici dipendenti e si inserisce in un contesto di riforma della P.A. finalizzato al recupero della legalità, della trasparenza e della democraticità dell’azione amministrativa.

La violazione dei doveri recati dal codice oltre ad essere fonte di responsabilità disciplinare é rilevante ai fini della responsabilità civile, amministrativa e contabile nel caso essa sia collegata alla violazione di doveri, obblighi, leggi o regolamenti.

Il D.P.R. 62/2013 e i codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni definiscono i doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare. 

In realtà i principi generali  del nuovo codice (art. 3) ricalcano in larga parte quelli enunciati dal previgente codice del 2000. Infatti, il pubblico dipendente:

— osserva la Costituzione e serve la Nazione con disciplina ed onore, conformando la propria condotta ai principi di buon andamento  e imparzialità dell’azione amministrativa;

— svolge i propri compiti nel rispetto della legge, perseguendo l’interesse pubblico senza abusare della posizione  o dei poteri di cui è titolare;

— rispetta i principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità  e ragionevolezza  e agisce in posizione di indipendenza e imparzialità, astenendosi in caso di conflitto di interessi;

— non usa a fini privati le informazioni di cui dispone per ragioni di ufficio, evita situazioni e comportamenti che possano ostacolare il corretto adempimento dei compiti o nuocere agli interessi o all’immagine della pubblica amministrazione: prerogative e poteri pubblici sono esercitati unicamente per le finalità di interesse generale per le quali sono stati conferiti;

— esercita i propri compiti orientando l’azione amministrativa alla massima economicità, efficienza ed efficacia e nella gestione di risorse pubbliche segue una logica di contenimento dei costi, che non pregiudichi la qualità dei risultati;

— nei rapporti con i destinatari dell’azione amministrativa assicura la piena parità di trattamento  a parità di condizioni, astenendosi, altresì, da azioni arbitrarie che abbiano effetti negativi sui destinatari dell’azione amministrativa o che comportino discriminazioni di qualsiasi genere;

— dimostra la massima disponibilità e collaborazione  nei rapporti con le altre pubbliche amministrazioni, assicurando lo scambio e la trasmissione delle informazioni e dei dati in qualsiasi forma anche telematica, nel rispetto della normativa vigente. Rispetto alla passata disciplina l’attuale codice ha introdotto alcune innovazioni, prima fra tutte è la disciplina in tema di regali, compensi e altre utilità.

Il dipendente, infatti, non accetta, per sè o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d’uso di modico  valore effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia e nell’ambito delle consuetudini internazionali (ossia quelli di valore non superiore, in via orientativa, a 150 euro, anche sotto forma di sconto). A tal proposito risulta importante anche il nuovo richiamo alla prevenzione degli illeciti nell’amministrazione di cui alla legge anticorruzione (L. 190/2012).  In particolare, il dipendente deve attenersi alle prescrizioni contenute nel Piano per la prevenzione della corruzione, prestando la sua collaborazione al responsabile della prevenzione e, fermo restando l’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria, segnalando  al proprio superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito di cui sia venuto a conoscenza.

Inoltre tra i doveri, vanno altresì richiamati quelli connessi al rispetto del principio di trasparenza  nell’ambito dell’organizzazione dei pubblici uffici, previsto dal D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33, in base al quale il dipendente assicura l’adempimento degli obblighi di trasparenza stabiliti per le pubbliche amministrazioni, prestando la massima collaborazione nell’elaborazione, reperimento e trasmissione dei dati sottoposti all’obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale.

Dal predetto art. 98 Cost. (secondo cui i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione) discende anche il dovere di esclusività in base al quale il pubblico dipendente è tenuto a riservare la propria attività lavorativa solo all’amministrazione di appartenenza.

In tale contesto si innesta anche la disciplina in tema di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi codificata dall’art. 53  D.Lgs. 165/2001, come novellato dalla L. 190/2012 e dal D.L. 101/2013, conv. in L. 125/2013, che si applica sia ai dipendenti privatizzati  che a quelli in regime di diritto pubblico.

Secondo tale disposizione, il pubblico impiegato non  può svolgere attività commerciali, imprenditoriali, industriali, artigiane e professionali  in costanza di rapporto di lavoro. Tale dovere viene meno solo in caso di impiego part time  non superiore al 50% dell’orario ordinario.

Il dipendente, inoltre, può svolgere solo gli incarichi previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza o che siano comunque previsti o disciplinati dalla legge o da altre fonti normative. In mancanza di tale autorizzazione non possono essere conferiti incarichi, né da parte delle PP.AA. né da parte di enti pubblici economici e soggetti privati.

Gli incarichi retribuiti di cui si parla nell’art. 53 sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e nei doveri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso.

 Sono esclusi  da tale ambito i compensi derivanti:

— dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili;

— dalla utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali;

— dalla partecipazione a convegni e seminari;

— da incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate;

— da incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo;

— da incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita;

— da attività di formazione diretta ai dipendenti della Pubblica Amministrazione, nonché di docenza e ricerca scientifica.

In generale, si conferma il divieto di conferimento degli incarichi atipici, ossia non correlati a compiti e doveri d’ufficio previsti dalla legge; la disciplina delle incompatibilità viene raccordata a quella sul conflitto di interessi, statuendo che l’eventuale autorizzazione a ricoprire incarichi esterni al rapporto di lavoro avvenga sulla base di criteri oggettivi e predeterminati idonei a scongiurare potenziali situazioni di conflitto.

Infine vanno segnalate le recenti modifiche all’ art. 55-quater del d.lgs. 165/2001, introdotte dal d.lgs. 116 del 20 giugno 2016, di contrasto al fenomeno dell’ assenteismo che saranno oggetto di successiva e più approfondita analisi.

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