La pensione anticipata (Ape)
La possibilità di lasciare anticipatamente l’attività lavorativa, rispetto agli attuali 66 anni e 7 mesi, trae origine da diversi fattori:
- differire così a lungo l’accesso al trattamento di pensione significa rendere vacanti meno posti di lavoro per le future generazioni, inibendone l’ingresso;
- in secondo luogo, sebbene l’età media e la qualità della vita siano aumentate, la pensione a 66 anni e 7 mesi ( fino al 31.12.2018 ) appare decisamente ed eccessivamente elevata, anche considerando l’effettiva produttività sulla soglia della settima decade di vita di ogni singolo soggetto .
Tutto ciò, però, stride fortemente con la scarsa disponibilità economica statale , oltre che con la sostenibilità del sistema pensionistico, posto tardivamente in sicurezza con la legge Fornero e minacciato dall’andamento demografico italiano, con un numero sempre crescente di ultra settantenni e un calo dei giovani. E’, sostanzialmente, questa la motivazione per cui si cercano, da diverso tempo, eventuali e possibili soluzioni che non gravino sui i conti pubblici (o che lo facciano il meno possibile) e che non destabilizzino la già precaria stabilità previdenziale.
Il prestito bancario
L’ultima proposta, in ordine cronologico, è la cosiddetta “Ape“, e riguarda la possibilità di anticipare alla quiescenza di 3 anni rispetto all’età di vecchiaia, tramite un prestito erogato formalmente dall’Inps ma di fatto dal sistema bancario, con la previsione di un rimborso ventennale, cui viene obbligatoriamente affiancata una polizza assicurativa nel caso di morte prima dei 20 anni . La bozza approvata dal Consiglio dei Ministri prevede una fase sperimentale tra il 2017 e il 2018 per i nati tra il 1951 e il 1953. Benché siano ancora molti i punti da chiarire circa le modalità concrete con cui verrà implementata quest’ipotesi di riforma, sono già sorte numerose perplessità.
In primo luogo, non è chiaro a quanto ammonterà l’effettiva penalizzazione nei confronti di chi sceglierà il pensionamento in anticipo, sia nei tre anni coperti dal prestito (stante che si sconterebbero i minori contributi versati) sia nel ventennio successivo, dal momento che l’assegno pensionistico che si andrà a percepire dovrà anche servire a restituire il prestito; e qui tutto dipenderà dai tassi applicati.
In secondo luogo, le tempistiche ipotizzate dal governo non sono in linea con le aspettative di vita medie, che sono inferiori ai 20 anni, ragion per cui appare oltremodo chiaro che le assicurazioni dovrebbero sicuramente coprire almeno 1 o 2 anni su ogni prestito una soluzione tutt’altro che economica.
La perdita
Se è possibile ipotizzare che un buon numero di dipendenti sia disposto a rinunciare e sacrificare qualcosa pur di anticipare la pensione di qualche anno, è altrettanto vero e probabile che questo sacrificio economico non debba essere troppo sostenuto, diversamente i costi supererebbero di gran lunga i vantaggi. Stando alle prime stime, tuttavia, nell’ipotesi avanzata dal governo, gli effetti sulla pensione del rimborso del prestito potrebbero essere estremamente pesanti, con un assegno mensile più basso di una percentuale che va dal 10% fino al 25%, in riferimento al lavoro svolto e allo stipendio percepito. Cifre che, se dovessero rivelarsi corrette, renderebbero sicuramente e palesemente poco appetibile aderire alla flessibilità in uscita, rendendo in pratica inutile l’intervento del governo ed evidenziando, nel contempo, che gioverebbero molto poco le eventuali detrazioni fiscali ipotizzate per i redditi più bassi.
L’Ape senza penalizzazioni
Nel caso in cui il singolo dipendente optasse per l’Ape, questa gli consentirà di andare in pensione a 63 anni, con un massimo di 3 anni e 7 mesi di anticipo rispetto alla data di maturazione della prestazione per la vecchiaia ( come detto precedentemente 66 anni e 7 mesi fino alla data del 31.12.2018) . Uscire prima del tempo sarà possibile grazie ad un prestito bancario, la cui restituzione comporta delle penalizzazioni sulla pensione.
Nel caso in cui l’interessato non abbia compiuto 62 anni, anche la pensione anticipata, a
partire dal 1°gennaio 2018, comporterà delle penalizzazioni.
Sia, però, per l'Ape che per la pensione anticipata è possibile ottenere la pensione senza penalizzazioni. Per quel che concerne la pensione anticipata, in atto, non è prevista alcuna penalizzazione, anche se si dovesse accedere ad un’età anagrafica inferiore a 62 anni ; i requisiti contributivi richiesti per ottenere la prestazione sono 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne. A decorrere dal 1° giorno dell’anno 2018, però, sarà prevista una penalizzazione per chi accede al trattamento pensionistico senza aver compiuto 62 anni. La decurtazione dell'assegno sarà pari all'1% per ogni anno di anticipo della pensione, se l’interessato ha compiuto almeno 60 anni e al 2% per ogni anno che precede il compimento del sessantesimo. Per non incappare nella tagliola delle penalizzazioni è dunque necessario attendere il compimento dei 62 anni di età, per chi matura tale requisiti a decorrere dal 1° gennaio 2018.
Al fine di ottenere, invece, l'anticipo pensionistico senza incorrere nelle decurtazioni, la problematica è più articolata. Per non subire tagli della pensione a causa della restituzione delle rate del prestito, sarà necessario appartenere alle seguenti categorie:
- lavoratori disoccupati di lungo corso, che hanno terminato la percezione di ammortizzatori sociali; - essere invalidi;
- trovarsi nelle condizioni di dover assistere un portatore di handicap grave ai sensi della legge 104/1992;
- essere addetti a mansioni ad alto rischio infortunio, addetti a mansioni faticose e pesanti.
È stato, inoltre, fissato a 1.350 euro lordi di reddito il tetto per accedere all'Ape social, meccanismo previsto dal governo per poter andare in pensione a 63 anni senza pagare la rata del prestito pensionistico che sarà totalmente a carico dello Stato.
Per altre categorie la penalizzazione non sarà azzerata, ma soltanto ridotta. I beneficiari della riduzione delle decurtazioni saranno i lavoratori in esubero a seguito di ristrutturazioni aziendali, che fruiranno del pagamento di un contributo da parte dell'impresa per coprire parte del prestito e gli iscritti alla previdenza complementare, che fruiranno di un anticipo della prestazione integrativa (Rita, ossia rendita integrativa anticipata) per coprire parte del prestito, oppure, a seconda dell'ammontare spettante, l'intero prestito.
Ape agevolata
Potranno accedere all'Ape agevolata i disoccupati, disabili e alcune categorie di lavoratori impegnati in attività faticose purchè abbiano un reddito inferiore ai 1.350 euro lordi. Per accedere all'Ape agevolata bisognerà avere almeno 30 anni di contributi se disoccupati e 35 se si è lavoratori attivi. L'Ape andrà in vigore dal prossimo 1 maggio. Il governo inserirà nella platea dell'Ape agevolata, oltre ai disoccupati, i disabili e i parenti dei disabili, anche alcune categorie di attività faticose come le maestre, gli operai edili e alcune categorie di infermieri, i macchinisti e gli autisti di mezzi pesanti.
Lavoratori precoci .
I lavoratori che sono entrati nel mondo del lavoro prima della maggiore età possono andare in pensione con 41 anni di contributi. Ma dovranno avere gli stessi requisiti previsti dall’Ape social, cioè essere disoccupati senza ammortizzatori sociali, disabili o rientrare tra le categorie dei lavori faticosi.
L’elemento fondamentale da non perdere assolutamente di vista è che questi soggetti devono aver versato almeno 1 anno di contributi, anche in maniera discontinua, prima di aver compiuto il diciannovesimo anno di età 19 .
Il documento riguardante la Riforma Pensioni 2016-2017 inviato a Bruxelles, non fa accenno alcuno all’opzione donna. Questo istituto, rilanciato dalla Fornero dopo esser stato proposto e adottato da Maroni nel 2004, permette alle donne di acquisire il diritto alla pensione svariati anni prima rispetto a quanto previsto, accettando però di ricevere mensilmente un assegno interamente calcolato secondo il sistema contributivo. Il requisito contributivo per far ricorso all’opzione donna è di 35 anni per autonome e dipendenti del privato mentre per le dipendenti pubbliche è pari a 34 anni, 11 mesi e 16 giorni; l’età necessaria, invece, è di 58 anni e 3 messi per le autonome e 57 e 3 mesi per dipendenti del pubblico e del privato. Scopriremo nei prossimi giorni con l’approdo della riforma in Parlamento per essere discussa se questa opzione verrà rinnovata o meno.