Negli appalti sopra soglia comunitaria da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, infatti, “i commissari sono scelti fra gli esperti iscritti all'Albo istituito presso l'ANAC all’articolo 78 (…) tra gli esperti iscritti nell'apposita sezione speciale dell'Albo, non appartenenti alla stessa stazione appaltante e, solo se non disponibili in numero sufficiente, anche tra gli esperti della sezione speciale che prestano servizio presso la stessa stazione appaltante ovvero, se il numero risulti ancora insufficiente, ricorrendo anche agli altri esperti iscritti all'Albo al di fuori della sezione speciale. Essi sono individuati dalle stazioni appaltanti mediante pubblico sorteggio da una lista di candidati costituita da un numero di nominativi almeno doppio rispetto a quello dei componenti da nominare e comunque nel rispetto del principio di rotazione. Tale lista è comunicata dall'ANAC alla stazione appaltante, entro cinque giorni dalla richiesta della stazione appaltante” (art. 77, comma 3 del nuovo codice).
Mentre, sempre per effetto dell’articolo 77, comma 3 – ultimi due periodi – si puntualizza che “la stazione appaltante può, in caso di affidamento di contratti di importo inferiore alle soglie di cui all'articolo 35 o per quelli che non presentano particolare complessità, nominare componenti interni alla stazione appaltante, nel rispetto del principio di rotazione. Sono considerate di non particolare complessità le procedure svolte attraverso piattaforme telematiche di negoziazione ai sensi dell'articolo 58.”
Fino all’attivazione del predetto sistema – ancora l’articolo 77, in questo caso al comma 12 - “la commissione continua ad essere nominata dall'organo della stazione appaltante competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto, secondo regole di competenza e trasparenza preventivamente individuate da ciascuna stazione appaltante”
La norma non fornisce indicazioni specifiche – così come nel pregresso codice – sulle modalità di scelta dei commissari (da altre amministrazioni pubbliche) e sulla competenza circa l’adozione dell’atto di nomina (una determinazione dirigenziale). Ulteriore questione, anch’essa chiarita con la sentenza in commento attiene poi alla necessità o meno di riservatezza circa i nomi dei commissari in relazione ai propri giudizi valutativi.
Le questioni analizzate dal giudice
Tra i vari rilievi, la ricorrente evidenzia l’incompetenza del RUP circa la nomina la commissione di gara. Compito questo, sempre secondo il censurante, del “legale rappresentante della stazione appaltante” (si intendeva ovviamente il soggetto che può impegnare l’amministrazione all’esterno con poteri gestionali).
In sentenza si rileva che pur vero che la nomina è stata effettuata dal RUP risultava però confermato che il soggetto in parola coincideva con il dirigente responsabile del servizio che “in quanto dirigente e coordinatore” risultava in titolato del “potere di rappresentare e di esternare la volontà della Stazione Appaltante; conseguentemente, anche a voler aderire alla tesi di parte ricorrente, secondo la quale solo il Dirigente del settore interessato ad una gara sarebbe competente a pronunziare l’aggiudicazione definitiva ed a nominare i componenti della Commissione giudicatrice, non si potrebbe non rilevare che nella specie tale assunto risulta rispettato, venendo il Dirigente ed il Responsabile Unico del procedimento a coincidere della medesima persona fisica”. Da qui l’infondatezza delle censure.
Da quanto appena riportato è possibile arguire una prima statuizione valida anche in relazione al nuovo codice ovvero che la nomina è atto dirigenziale ed il RUP vi può procedere solo se coincide – come spesso accade – con il dirigente/responsabile del servizio interessato.
La scelta dei commissari
Ulteriore questione ha riguardato la scelta dei commissari. Secondo il ricorrente – in modo forse avventato – la scelta dovrebbe scaturire (e ciò risulterebbe imposto dal pregresso articolo 84 del decreto legislativo 163/2006) attraverso un “ meccanismo di selezione comparativo o comunque trasparente al fine di evitare forme di chiamata diretta, mentre nel caso di specie la scelta dei commissari, tra i vari soggetti indicati dagli Enti interpellati dal RUP, è avvenuta in maniera informale, immotivata e senza seguire criteri predeterminati ed oggettivi”.
Le argomentazioni e le censure non vengono ritenute condivisibili.
Il giudice annota che nel caso di specie, la stazione appaltante (un consorzio di valorizzazione culturale) nel proprio organico non presentava “personale competente nello specifico settore di attività oggetto di gara” pertanto il dirigente/responsabile del servizio ed al contempo anche RUP, invitava diversi enti con competenze “culturali” ad esprimere “una rosa di figure professionali competenti in materia, da nominare come membri della commissione giudicatrice”.
Solo in seguito alla candidature proposte, il RUP si determinava a scegliere i potenziali soggetti interessati – correttamente – confrontando i vari curricula professionali ed individuando i componenti con “maggior competenza ed esperienza nel settore oggetto di gara”.
Secondo la ricorrente questa modalità di nomina dei componenti la commissione non sarebbe trasparente, perché non si evincerebbero i criteri seguiti e perché non sembrerebbe essere stata effettuata una comparazione tra i vari candidati proposti.
E’ vero invece, rileva il giudice, che il pregresso art. 84 comma 3 del D. L. vo 163/2006 non imponeva l’osservanza di rigide formalità o procedure nella scelta dei commissari mentre è certamente vero che tale scelta deve avvenire in modo trasparente ed in guisa tale da evitare la nomina di soggetti che possano sentirsi in qualche modo legati alla stazione appaltante, ma la norma non impone(va) l’apertura, a tale scopo, di un sub-procedimento a carattere selettivo/comparativo, non impone(va) la formalizzazione dei criteri di valutazione e comparazione dei curricula e, infine, neppure obbliga(va) la stazione appaltante alla scelta del candidato “migliore”.
In giurisprudenza, del resto, risulta consolidato il principio per cui il requisito della esperienza nello specifico settore oggetto di gara non deve essere inteso nel senso che la esperienza di ciascun commissario deve coprire tutti i possibili ambiti della gara, dovendo invece la conoscenza di questi ultimi essere assicurata tramite l’esperienza complessivamente posseduta dall’insieme dei commissari; è stato inoltre chiarito che l’esperienza di ciascun commissario può e deve essere valutata e riscontrata secondo un criterio di ragionevolezza e sulla base di un giudizio ex ante, senza che sia necessario ricorrere a test o ad altre prove specifiche.
Discenderebbe da ciò che anche in questo caso - come accade nelle procedure concorsuali vere e proprie – “la valutazione dei curricula dei candidati costituisce espressione di discrezionalità tecnica, tanto più per il fatto che si richiede al RUP di scegliere quei candidati che combinati insieme riescano ad assicurare adeguata conoscenza dei vari settori di attività oggetto di gara, assumendo così il singolo curriculum di un candidato una valenza relativa”.
Si sottolinea, infine, che l’art. 84 comma 3 del pregresso codice richiede(va) l’osservanza del criterio di rotazione e l’obbligo di attingere “da appositi elenchi solo ove si tratti di scegliere i commissari tra liberi professionisti o tra professori universitari, nessuna limitazione essendo invece prevista quanto alla possibilità di nominare i commissari tra i funzionari di altre amministrazioni aggiudicatrici, rispetto ai quali il legislatore mostra evidentemente minor sfiducia, verosimilmente in ragione del fatto che il loro essere già dipendenti di altre amministrazioni aggiudicatrici fa presumere, fino a prova contraria, che essi siano disinteressati e per questo imparziali”.
L’atto di nomina, quindi, risulta congruamente e sufficientemente motivato tenuto conto del fatto che la scelta ha riguardato “funzionari di altre amministrazioni aggiudicatrici (e non su professionisti o professori universitari) e che la valutazione di aderenza del curriculum professionale dei candidati ai settori di attività oggetto di gara costituisce, come sopra precisato, manifestazione di discrezionalità amministrativa, sindacabile dal Giudice Amministrativo solo nei limiti della macroscopica irrazionalità o del travisamento, vizi qui non apprezzabili, anche perché le considerazioni mediante la quali parte ricorrente velatamente insinua la inattendibilità delle informazioni emergenti dai vari curricula non trovano alcun riscontro”.
Ulteriore questione sollevata ha riguardato la pretesa riservatezza dei commissari “in relazione ai giudizi espressi da ognuno di essi: la verbalizzazione dei lavori della Commissione (…)” secondo la ricorrente sarebbe “stata effettuata in modo tale che è possibile collegare a ciascun giudizio il nominativo del commissario che l’ha reso”.
Anche questa censura non coglie nel segno in quanto la riservatezza – salvo limitatissime e dimostrabili ipotesi – non dovrebbe incidere in un procedimento come quello contrattuale che si ispira a criteri opposti della massima trasparenza soprattutto in relazione alla valutazione dell’offerta tecnico/economica dei concorrenti che, non potendo comprenderne le dinamiche resterebbero privi di ogni possibilità di tutelarsi.
In questo senso, in sentenza si legge che “il principio di segretezza del voto espresso dai membri di un organo collegiale deve, è vero, considerarsi principio generale posto a presidio e garanzia della imparzialità dell’azione della pubblica amministrazione, ma solo con riguardo alle materie in relazione alle quali la riservatezza del voto possa effettivamente essere garanzia di indipendenza funzionale dei singoli componenti (C.d.S. Sez. VI, n. 883 del 2/05/1983). Si deve infatti considerare che la pubblicità del voto espresso dai componenti di un organo collegiale in realtà è ciò che meglio consente, ab externo, di ricostruire il processo di formazione della volontà dell’organo medesimo e così di poterne sindacare le relative decisioni, sicché non si può affermare che la segretezza, o la non pubblicità, del voto” debba “assurgere a regola generale di ogni decisione riferibile ad un organo collegiale. Ad essa si deve quindi rinunciare solo quando, per la materia trattata, il voto palese o pubblico sia idoneo ad esporre (non la persona soggetta a valutazione bensì) il singolo componente dell’organo collegiale a conseguenze sfavorevoli a cagione del voto che è chiamato ad esprimere, giacché una tale situazione può indurre nei votanti uno stato di coazione psicologica tale da comprometterne l’indipendenza di giudizio. Laddove, invece, sia possibile contemperare le contrapposte esigenze mantenendo la pubblicità del voto dei singoli componenti un organo collegiale, ciò può e deve essere fatto. Non è un caso che le pronunce che affermano la necessità della segretezza del voto si riferiscono normalmente a decisioni di organi collegiali riguardanti singole persone o comunque procedimenti per i quali una specifica previsione normativa richieda il voto segreto, come nei procedimenti disciplinari”.
Ed infine, “venendo qui in considerazione una procedura concorsuale in relazione alla quale non consta l’esistenza di norme legislative o regolamentari che impongono il ricorso al voto segreto/non pubblico dei commissari; essendo l’attribuzione dei punteggi rigidamente disciplinata dal Disciplinare di gara; costituendo oggetto di valutazione non una singola persona ma un progetto, di tanto tenuto conto il Collegio non vede quale ragione di opportunità imponesse l’adozione del voto segreto, o comunque non pubblicizzato, dei Commissari di gara. La censura va pertanto respinta”.