Il tutto alimentato dai segnali positivi sulla ripresa e da una crescita del PIL migliore anche rispetto alle previsioni più ottimistiche, nella illusione coltivata da molti politici sulla possibilità di avere a disposizione maggiori risorse da utilizzare appunto anche in una ottica, tutta elettorale, di alleggerimento della riforma Fornero.
La discussione sull’aumento della speranza di vita e sul suo riflesso sui requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici è una perfetta rappresentazione di tale scenario che ha accumunato sullo stesso fronte forze politiche di maggioranza e di opposizione, nonché le organizzazioni sindacali.
All’interno di tutto ciò c’è poi un problema di nicchia (ma non più di tanto) che rappresenta una coda applicativa di una delle novità più importanti introdotte dalla legge di bilancio 2017, e cioè il nuovo cumulo gratuito fra le diverse contribuzioni versate in diverse gestioni previdenziali, con particolare riferimento alle Casse Professionali.
Come ricordato più volte, infatti, l’articolo 1, comma 195, della legge n° 232/2016, modificando l’articolo 1, comma 239, della legge n° 228/2012, ha ammesso la possibilità di includere le Casse Professionali fra quelle destinatarie del cumulo, allargando anche la platea delle prestazioni conseguibili, in particolare la pensione anticipata.
Se non ci sono problemi per le contribuzioni versate nel regime generale, nei fondi sostitutivi ed esclusivi o nella gestione separata, tutt’altra cosa accade per le Casse Professionali.
Per non banalizzare il problema è però necessario operare una ricostruzione determinante per comprendere la vicenda.
Le Casse previdenziali dei liberi professionisti appartenevano al variegato mondo degli enti pubblici che la politica tentò più volte di sfoltire e riordinare con risultati non sempre esemplari, ma con la legge n° 537/1993 (Finanziaria 1994) fu avviato un percorso esemplare che nello specifico sfociò nel decreto legislativo n° 509/1994 “… trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza”.
Oggetto dell’intervento furono ovviamente le Casse previdenziali allora esistenti individuate nell’allegato al decreto, e cioè:
Cassa nazionale di previdenza e assistenza avvocati e procuratori legali.
Cassa di previdenza tra dottori commercialisti.
Cassa nazionale di previdenza e assistenza geometri.
Cassa nazionale di previdenza e assistenza ingegneri e architetti liberi professionisti.
Cassa nazionale del notariato.
Cassa nazionale di previdenza e assistenza ragionieri e periti commerciali.
Ente nazionale di previdenza e assistenza consulenti del lavoro (ENPACL).
Ente nazionale di previdenza e assistenza medici (ENPAM).
Ente nazionale di previdenza e assistenza farmacisti (ENPAF).
Ente nazionale di previdenza e assistenza veterinari (ENPAV).
Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (INPGI).
Istituto nazionale di previdenza dirigenti aziende industriali (INPDAI).
Ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio (ENASARCO).
A parte le specificità delle ultime tre Casse che poi riprenderemo, la natura giuridica privata che veniva loro assegnata partiva da una condizione imprescindibile contenuta nell’articolo 1, comma 3, secondo periodo, del decreto: “Agli enti stessi non sono consentiti finanziamenti pubblici diretti o indiretti, con esclusione di quelli connessi con gli sgravi e la fiscalizzazione degli oneri sociali”.Le Casse hanno quindi una loro autonomia “vigilata” comunque dal Ministero del lavoro, ma debbono “stare in piedi con le loro gambe” adeguando la misura delle contribuzioni e le regole di accesso e di calcolo delle prestazioni in modo tale da far quadrare i conti.
In quel contesto va distinta la situazione dell’INPGI che risponde agli stessi vincoli, ma appartiene al mondo dei cosiddetti Fondi sostitutivi dell’AGO ed è quindi già ricompreso nelle regole generali, ed altrettanto la situazione dell’INPDAI che accortosi della impossibilità di rispettare i vincoli di bilancio uscì subito dalla privatizzazione e addirittura nel 2002 fu soppresso e trasferito materialmente nell’INPS.
Ancora diversa è la situazione dell’ENASARCO che giuridicamente ha la stessa natura della Casse professionali, ma dal 1965 gestisce una tipologia di trattamento previdenziale di natura “integrativa” rispetto alla gestione obbligatoria dei commercianti; per tale motivo l’ENASARCO non entrerà mai in nessuna operazione previdenziale (ricongiunzione, totalizzazione, cumulo).Tale scenario si è poi arricchito poiché la legge n° 335/1995 (articolo 2, comma 25) ha creato le condizioni per la nascita delle nuove Casse professionali costituite sulla base degli stessi principi di autonomia di bilancio, e da lì il decreto legislativo n° 103/1996 ha quindi consentito la nascita di nuove gestioni tutte rispondenti al nuovo sistema contributivo.
Sono quindi nate:
- quattro Casse per singole professioni:
Ente di Previdenza e assistenza per biologi (ENPAB)
Ente di previdenza e assistenza per periti industriali (EPPI)
Ente di previdenza e assistenza per gli psicologi (ENPAP)
Cassa di previdenza e assistenza per infermieri professionali, assistenti sanitari e vigilatrici d’infanzia (ENPAPI);
- una Cassa pluricategoriale:
Ente di previdenza e assistenza dottori agronomi e forestali, attuari, chimici e geologi (EPAP)
- tre gestioni separate all’interno di Casse già esistenti:
Gestione separata presso l’INPGI per giornalisti che esercitano in forma autonoma (INPGI 2)
Gestione separata presso l’ENPAIA per agrotecnici
Gestione separata presso l’ENPAIA per periti agrari.
Posti i vincoli citati, tutte le Casse si erano strutturate con statuti e regolamenti che rispettavano i criteri già richiamati, fermo restando che negli ordinamenti delle Casse già esistenti al 1995 esistevano molte limitazioni alla possibilità di accesso a pensione e spesso requisiti contributivi e anagrafici più elevati rispetto al regime generale.
La doccia fredda per le Casse arrivò poi con la riforma Fornero che da un lato non impose nessuna delle nuove regole alle Casse, ma con l’articolo 24, comma 24, del decreto-legge n° 201/2011, convertito in legge n° 214/2011, impose di adottare misure tali da garantire l’equilibrio fra entrate contributive e spese per prestazione nell’arco temporale dei prossimi 50 anni. In conseguenza di ciò quasi tutti gli statuti e regolamenti sono stati modificati nei successivi 5 anni.
Con il nuovo cumulo arriva una nova gelata che si manifesta in modo diverso fra le diverse Casse:
- non ci sono particolari problemi per le Casse nate dopo il 1995 poiché avendo già adottato il sistema contributivo le nuove norme del cumulo non impongono loro particolari problemi;
- ci sono invece Casse che per periodi di iscrizione poco consistenti non avevano messo in conto di dover erogare delle prestazioni, cosa che invece dovrebbero fare con il cumulo;
- ci sono Casse che prevedevano requisiti anagrafici e contributivi di accesso a pensione più elevati rispetto al regime generale e che potrebbero essere chiamate ad erogare prima delle prestazioni;
- ci sono Casse che non prevedevano il diritto alla pensione anticipata e che oggi con il cumulo dovrebbero invece erogare.
Ebbene, in questo scenario ci troviamo di fronte da un lato gli iscritti o ex iscritti alle Casse che rivendicano l’applicazione integrale delle nuove regole animando vari forum e blog, dall’altro le Casse che oppongono resistenza lamentando il fatto che il nuovo cumulo impone oneri per i quali non è prevista la copertura.
Siamo quindi di fronte al classico cane che si morde la coda: le Casse da un lato vorrebbero delle risorse dallo Stato che però non possono ricevere perché perderebbero la loro autonomia, dall’altro non vogliono aumentare le contribuzioni sugli iscritti che però vorrebbero le prestazioni.
Tutto ciò ha generato una impasse che sta rimpallando in un triangolo che dovrebbe produrre qualche prossimo risultato, tant’è il Ministero del lavoro, l’INPS e le Casse professionali sono al lavoro per individuare una soluzione che possa mettere tutti d’accordo.
Il timore della chimera è comunque forte. Rinvio ad una seconda puntata nel momento in cui l’INPS emanerà la circolare in elaborazione.