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PIÙ ACCESSIBILI I SITI WEB E LE APPLICAZIONI MOBILI DELLA PA

di Daniele Perugini

Con il decreto legislativo n. 106/2018 viene recepita nel nostro ordinamento la Direttiva (UE) 2016/2102, relativa all’accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici. Con il decreto, che interviene modificando la Legge n. 4/2004 (la c.d. legge Stanca, dal nome del ministro proponente), si tutela e garantisce, in particolare, il diritto di accesso ai servizi informatici e telematici della pubblica amministrazione e ai servizi di pubblica utilità da parte delle persone con disabilità.

Da quando, nell’ormai lontano 6 agosto 1991, Tom Berners-Lee pubblicò il primo sito web al mondo, presso il CERN, di tempo ne è passato e quasi non ci si rende più conto di quanto le nostre vite siano in effetti cambiate, non solo nell’ambito personale, ma anche in quelli professionali ed istituzionali. La presenza, la circolazione e la fruizione di dati, informazioni e servizi sul web caratterizza ormai ogni aspetto della vita di una moltitudine di persone e ognuno di noi, anche a volervi appositamente rinunciare, vive la propria quotidianità sotto le neanche troppo occulte logiche della globalizzazione, subendo comunque la pervasità delle tecnologie informatiche. Non sono sfuggite a queste logiche le amministrazioni pubbliche che, anzi, hanno cercato di cogliere le opportunità del web per comunicare con gli stakeholder ed offrire servizi attraverso le reti telematiche. In questo contesto, la pubblica amministrazione ha progressivamente mirato ad una rappresentazione di sé stessa che, compatibilmente con le risorse investite, fosse chiara, completa, utile e accessibile. Il Codice dell’Amministrazione digitale (il decreto legislativo n. 82/2005, più volte modificato ed integrato) sancisce il principio di accessibilità dei siti web della P.A., sia quando fa menzione alla c.d. “cittadinanza digitale”, sia quando, all’articolo 53, prevede che le Pubbliche Amministrazioni realizzino siti istituzionali su reti telematiche tali da rispettare i principi di accessibilità, nonché di elevata usabilità e reperibilità, anche da parte delle persone con disabilità, completezza di informazione, chiarezza di linguaggio, affidabilità, semplicità di consultazione, qualità, omogeneità ed interoperabilità. Tuttavia la disciplina specifica sull’accessibilità è stata dettata principalmente con la legge n. 4 del 9 gennaio 2004 - recante “Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici”, recentemente novellata dal decreto legislativo n. 106/2018 - e con altre disposizioni attuative, tra cui il DPR n. 75/2005 e le Linee guida di specificazione tecnica e di affidamento a specifici organismi, quali l’AgID, di compiti applicativi, di monitoraggio e assistenza.

ACCESSIBILITÀ SUL WEB. Proprio l’accessibilità alle informazioni alle piattaforme telematiche istituzionali disponibili sul web, al di là delle difficoltà fisico-sensoriali del singolo soggetto, costituisce uno dei fondamenti della trasparenza della Pubblica Amministrazione e dei suoi atti, qui intesa come «accessibilità totale», cioè il diritto riconosciuto a tutti i cittadini di conoscere i dati (chiari, leggibili ed in formato aperto) su come è gestita la res publica. Ogni ente deve quindi adoperarsi affinché l’architettura ed il design dei prodotti pubblicati sul web tengano conto della varietà di esigenze di tutti i potenziali utenti della rete, attraverso l’adozione di parametri che semplifichino l’utilizzo delle ICT, evitando i rischi di una esclusione digitale (specie per le categorie più deboli o svantaggiate) e promuovendo strategie apposite che consentano a tutti di integrarsi nel mondo delle nuove tecnologie. La novellata legge n. 4/2004 definisce accessibilità “la capacità dei sistemi informatici (ivi inclusi i siti web e le applicazioni mobili), nelle forme e nei limiti consentiti dalle conoscenze tecnologiche, di erogare servizi e fornire informazioni fruibili, senza discriminazioni, anche da parte di coloro che a causa di disabilità necessitano di tecnologie assistive o configurazioni particolari”. Per "applicazione mobile" si intende il software applicativo progettato e sviluppato da parte o per conto dei soggetti erogatori, per essere utilizzato dagli utenti su dispositivi mobili, quali smartphone e tablet; è escluso il software che controlla tali dispositivi (sistemi operativi mobili) o lo stesso hardware informatico. Se, da un lato, un sito web può definirsi usabile quando le informazioni sono organizzate e strutturate in maniera da consentirne la massima fruibilità, d’altro canto viene, invece, definito accessibile quando è stato progettato in modo da garantire la consultazione anche da parte di soggetti affetti da disabilità, fisiche o sensoriali, o condizionati dall’uso di strumenti con prestazioni limitati o da condizioni ambientali sfavorevoli. L’accessibilità, in sostanza, non è altro che la proprietà dei sistemi informatici di essere fruibili per tutti, senza discriminazioni.

NON SOLO DISABILITÀ. Per garantire e tutelare l’accessibilità totale, il legislatore ha dettato una specifica normativa, raccolta principalmente nella citata legge Stanca, promuovendo inoltre l’adozione di regole tecniche (Linee guida), volte a favorire la fruizione dei siti web da parte delle persone con disabilità, quali non vedenti e ipovedenti, ipoacusici, dislessici e ad altri disabili cognitivi, disabili motori. Specie inizialmente, tali regole sull’accessibilità sono state spesso viste come una barriera alla libertà di espressione dei creativi. Successivamente tale approccio è progressivamente mutato anche tra gli addetti ai lavori e, anche grazie alle evoluzioni tecnologiche, gli accorgimenti da adottare per favorire l’accessibilità ad un sito e ad un’applicazione mobile risultano oggi utili nella navigazione anche agli altri utenti - come ad esempio, le tecniche utilizzate per la chiarezza dei testi, il mancato uso di colori sfumati e di effetti grafici eccessivamente disturbanti, ecc. – e risultano utilizzate anche per agevolare la fruizione delle versioni dei siti web per computer palmari e cellulari, in quanto risultano più veloci nel caricamento dei “frame” di base.

IL QUADRO NORMATIVO. A partire dal 1995, con l’attivazione della WAI (Web Accessibility Iniziative) all’interno del consorzio W3C (World Wide Web Consortium, organizzazione non governativa internazionale che ha come scopo quello di sviluppare tutte le potenzialità del World Wide Web), si avvia un percorso volto a definire delle regole che garantiscano l’accessibilità dei siti web attraverso la definizione di diversi documenti contenenti raccomandazioni, che nel corso degli anni si sono imposti come standard. Le legislazioni nazionali, prima fra tutte quella degli Stati Uniti, si sono ispirate a queste linee guida per dettare regole vincolanti e ciò vale anche per la Legge n. 4/2004, emanata dal legislatore italiano. Sono state individuati diversi livelli di accessibilità, ai quali corrispondono regole tecniche sempre più stringenti: il W3C ha individuato tre livelli di accessibilità, mentre la Legge Stanca ne prevede solo due, di cui il primo, basato sull’applicazione di 22 requisiti di tipo oggettivo, è obbligatorio per le Pubbliche Amministrazioni e per i siti di pubblica utilità o di aziende che ricevono finanziamenti pubblici; mentre il secondo, basato su una valutazione di tipo soggettivo, è facoltativo. Solo negli ultimi anni è stato avviato un processo di aggiornamento delle diverse disposizioni, volto ad abbracciare le WCAG (Web Content Accessibility Guidelines, Linee Guida per l’accessibilità dei contenuti web, ormai giunte alla versione 2.1) come standard ISO. La Legge Stanca è stata peraltro emanata in un momento in cui la P.A. stava affrontando le criticità di una transizione strategica, determinata dal passaggio dai precedenti siti web c.d. “vetrina” - in cui gli enti, sostanzialmente, presentavano sé stessi – verso nuove piattaforme di interazione in cui, progressivamente, ciascun ente pubblico ha cominciato a fornire una serie più o meno variegata di servizi on line. Occorre tener presente che le disposizioni e gli adempimenti previsti da tale norma non sono limitati alle Pubbliche Amministrazioni, in quanto riguardano anche l’hardware e il software delle postazioni di lavoro del personale dipendente con disabilità, nonché, più in generale, tutti i soggetti che beneficiano di fondi pubblici per lo sviluppo di servizi web.

LA DIRETTIVA (UE) 2016/2012. Nell’ottobre del 2016, nel più ampio ambito di perseguimento degli obiettivi indicati dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2006 (ratificata dall’Italia con la legge n. 18/209), l’Unione europea ha rivolto agli Stati membri una direttiva volta all’adozione in termini organici di prescrizioni e disposizioni utili all’accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili in favore delle persone con disabilità. La direttiva (UE) 2016/2102, infatti, impegna gli Stati ad adottare misure adeguate per garantire alle persone con disabilità l’accesso anche alle tecnologie e ai sistemi di informazione e comunicazione e ad elaborare ed adottare norme minime e linee guida per l’accessibilità alle strutture e ai servizi aperti o forniti al pubblico; promuovere l’accesso ai nuovi sistemi e tecnologie di informazione e comunicazione (incluso internet); a prevedere la progettazione di prodotti, strutture, programmi e servizi utilizzabili da tutti nella misura più estesa possibile. L’obiettivo della direttiva è, quindi, quello di garantire il ravvicinamento delle misure nazionali a livello comunitario sulla base delle prescrizioni concordate e di annullare le difformità esistenti nelle discipline operanti nei diversi Stati, che hanno comportato una frammentazione del mercato, con crescenti difficoltà (specie per le piccole e medie imprese operanti nel settore) negli interventi al di fuori del mercato nazionale di riferimento.

IL DECRETO DI RECEPIMENTO. Va evidenziato che i principi ispiratori e le prescrizioni minime di accessibilità previste dalla direttiva europea possono dirsi in ampia misura già trasposti ed operanti nell’ordinamento italiano. Il recepimento della direttiva non comporta, quindi, una radicale trasformazione quanto, piuttosto un adeguamento della disciplina vigente per alcuni limitati profili. Tra essi rientrano sicuramente l’inclusione esplicita dei siti web e delle applicazioni mobili entro l’ambito definitorio dei sistemi informatici dei quali la legge n. 4/2004 prescrive l’accessibilità e l’inserimento nell’ordinamento nazionale delle definizioni di “applicazioni mobili”, “sito web” e “dati misurati”. Il provvedimento attuativo introduce nella legge n. 4/2004 la definizione di “soggetti erogatori”, individuati nelle pubbliche amministrazioni di cui al comma 2, dell’articolo 1, del decreto legislativo n. 165/2001; negli enti pubblici economici; nelle aziende private concessionarie di servizi pubblici; nelle aziende municipalizzate regionali; negli enti di assistenza e di riabilitazione pubblici; nelle aziende di trasporto e di telecomunicazione a prevalente partecipazione di capitale pubblico e nelle aziende appaltatrici di servizi informatici, nonché in tutti i soggetti che usufruiscono di contributi pubblici o agevolazioni per l’erogazione dei propri servizi tramite sistemi informativi o internet. Rileva, poi, l’introduzione nella normativa italiana del concetto di “onere sproporzionato”, ben delineato nella direttiva, inteso come le misure che imporrebbero ad un ente pubblico un onere organizzativo e finanziario eccessivo, o metterebbero a rischio le sue capacità di adempiere al suo scopo e di pubblicare le informazioni necessarie o pertinenti per i suoi compiti e servizi, pur tenendo conto del probabile beneficio o danno che ne deriverebbe per i cittadini, in particolare per le persone con disabilità. La valutazione della sussistenza dell’onere sproporzionato da parte delle amministrazioni deve tener conto delle dimensioni, delle risorse e della natura dell’ente pubblico interessato, nonché della stima dei costi e dei benefici per tale ente in rapporto ai benefici previsti per le persone con disabilità: qualora l’onere sia sproporzionato, l’ente deve indicare nell’apposito documento di accessibilità le parti delle prescrizioni in materia di accessibilità cui non è stato possibile conformarsi e, eventualmente, fornire alternative accessibili. Il concetto, peraltro, era stato già introdotto all’articolo 14 della legge n. 163/2017, di delega del provvedimento attuativo in esame. L’intervento di adeguamento dell’ordinamento italiano alla direttiva comunitaria - il decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 106, di “Attuazione della direttiva (UE) 2016/2102, relativa all’accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici”, in vigore dal 26 settembre 2018 - viene effettuato apportando modifiche alla citata legge n. 4/2004 ed è anche l’occasione per adeguare all’interno della norma la corretta denominazione di “persona con disabilità”. Il decreto introduce anche un meccanismo di feedback finalizzato a consentire a chiunque di notificare ai soggetti erogatori eventuali difetti dei sistemi informatici, ivi compresi i siti web e le applicazioni mobili, in termini di conformità ai principi di accessibilità e alle prescrizioni in materia di accessibilità dettate dalle Linee guida, nonché di richiedere informazioni non accessibili: la risposta a richieste legittime e ragionevoli sarà assicurata con la possibilità ulteriore di presentare reclami al Difensore civico digitale.

LE NORME TRANSITORIE. Nel decreto legislativo n. 106/2018 vengono peraltro indicati tra le norme transitorie i termini a decorrere dai quali le disposizioni del decreto devono essere applicate. In particolare, si dispone che ai siti web non pubblicati prima del 23 settembre 2018 le disposizioni si applicheranno a decorrere dal 23 settembre 2019, mentre per gli altri siti web il termine decorre dal 23 settembre 2020; per le applicazioni mobili, invece, l’applicazione delle disposizioni del decreto decorrerà dal 23 settembre 2021.

LE LINEE GUIDA WCAG 2.1. L’approvazione del decreto n. 106/2018 è pressoché concomitante con la pubblicazione della traduzione italiana delle Linee guida WCAG 2.1, la cui versione inglese era invece disponibile già dal giugno 2018, sotto forma di Raccomandazione del W3C. Le “Linee guida per l’accessibilità dei contenuti web 2.1” sono un documento tecnico utile soprattutto agli sviluppatori di software, con dettagli sulle modalità e sui criteri per progettare e realizzare siti web ed applicazioni mobili (sempre più diffuse anche tra le Pubbliche Amministrazioni) che siano accessibili e usabili da parte di tutti, anche da coloro che per esigenze personali, utilizzino tecnologie assistive o particolari configurazioni. A cura dei soggetti erogatori deve poi essere disponibile ed aggiornata la dichiarazione di accessibilità, che documenta, in forma esaustiva e chiara, la conformità alla norma del sito o dell’applicazione mobile.

QUALCHE RILIEVO. Nel corso delle audizioni avvenute durante i lavori parlamentari che hanno portato all’emanazione del provvedimento attuativo sono state evidenziate alcune incongruenze e possibili criticità anche future, derivanti dalle modifiche apportate al quadro normativo. Alcuni esperti avevano infatti rilevato che si sarebbe resa necessaria una riorganizzazione, ulteriore rispetto a quella già prevista nella norma poi approvata, dei decreti correlati alla disciplina, anche con specifico riferimento ai compiti dell’AgID nella verifica di tutte le dichiarazioni di accessibilità prodotte per i siti e le applicazioni mobili delle PP.AA. Altro aspetto critico riguarda le reti intranet e extranet, ambiti sui quali potrebbe palesarsi il rischio di una procedura di infrazione della direttiva comunitaria in quanto è previsto che la normativa sia applicata, dal 2019, anche alle reti intranet e extranet: una esclusione di tali ambienti nella legislazione nazionale comporterebbe anche a condizioni discriminanti delle persone con disabilità in ambito lavorativo. Da ultimo, viene riscontrata la mancanza di sanzioni realmente applicabili. Oltre alla previsione di nullità del contratto in caso di mancata considerazione all’interno del medesimo del rispetto dei requisiti di accessibilità e al di là della responsabilità dirigenziale in caso di mancato rispetto dei requisiti nella gestione ordinaria dei siti, sarebbe forse stato opportuno prevedere una qualche sanzione specifica, almeno per i casi in cui non arrivasse alla risoluzione un problema evidenziato dal meccanismo di feedback con il reclamo al difensore civico digitale.

 

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