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Rubrica S.O.S. Appalti - A cura dell'Avv. Carmine Podda

Consiglio di Stato sez. V 15/10/2015 n. 4764

Modalità di corretto ricorso all’istituto dell’avvalimento

La giurisprudenza, pur riconoscendo che, in ragione della sua peculiare finalità - di garantire la massima partecipazione alle gare pubbliche, consentendo alle imprese non munite dei requisiti di partecipazione di giovarsi delle capacità tecniche, economiche e finanziarie di altre imprese – l’istituto dell’avvalimento ha carattere generale (essendo interdetto soltanto per i requisiti di cui agli artt. 38 e 39 del D. Lgs n. 163/2006, Cons. Stato, sez. V, 14 febbraio 2013, n. 91), ha nondimeno più volte sottolineato che la messa a disposizione del requisito mancante non può risolversi nel prestito di un valore puramente cartolare e astratto, essendo invece necessari che dal contratto risulti chiaramente l’impegno dell’impresa ausiliaria a prestare tutti quegli elementi che giustificano l’attribuzione del requisito partecipativo (ex multis, Cons. Stato, sez. III, 25 febbraio 2014, n. 887; 7 aprile 2014, n. 1636), ritenendo insufficiente allo scopo la sola e tautologica riproduzione nel testo del contratto di avvalimento della formula legislativa della messa a disposizione delle “risorse necessarie di cui è carente il concorrente” o espressioni equivalenti (ex multis, Cons. Stato sez. IV, 16 gennaio 2014, n. 135; sez. VI, 13 giugno 2013, n. 3310). 
Con riferimento proprio all’avvalimento di garanzia, sostanzialmente invocato dalle appellanti, è stato ulteriormente ribadito (Cons. Stato, sez. III, 19 maggio 2015, n. 2539) che esso “… può spiegare…la funzione di assicurare alla stazione appaltante un partner commerciale con solidità patrimoniale proporzionata ai rischi di inadempimento contrattuale, solo se rende palese la concreta disponibilità attuale delle risorse e dotazioni aziendali da fornire all’ausiliata”.


Consiglio di Stato sez.III 13/10/2015 N. 4699

Costo del lavoro e ipotesi di offerta anomala

Il vigente sistema normativo pone come parametro di riferimento, per la valutazione della congruità degli oneri per il lavoro del personale impiegato negli appalti pubblici, i costi determinati dalle tabelle predisposte dal Ministro del lavoro. E tali tabelle hanno come esclusivo riferimento i valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi di entrambe le parti che lo sottoscrivono.

Il possibile utilizzo, nel settore pubblico, di contratti collettivi di lavoro stipulati da sigle sindacali che non hanno il sufficiente grado di rappresentatività (e che per questo non sono considerati nella determinazione delle citate tabelle ministeriali) costituisce pertanto un’evidente anomalia del sistema.

Peraltro,  se si ammettono senza riserve offerte che sono formulate facendo applicazione di costi del lavoro molto più contenuti, oggetto di contratti collettivi di lavoro sottoscritti da sindacati non adeguatamente rappresentativi, si determinano pratiche di dumping sociale perché solo alcune imprese possono beneficiare di disposizioni che giustificano un costo del lavoro inferiore. Peraltro le altre aziende di quel settore, per essere competitive e non essere estromesse dal mercato, soprattutto in gare cd. labour intensive nelle quali è decisivo il costo del lavoro, sarebbero costrette poi ad utilizzare quegli stessi contratti collettivi che, anche se non sottoscritti da rappresentanze dei sindacati maggiormente rappresentativi, offrono trattamenti retributivi inferiori, con una evidente alterazione del sistema.

Senza contare che in tal modo i lavoratori potrebbero vedersi applicate, in modo sostanzialmente unilaterale, condizioni di lavoro stabilite da sigle sindacali a loro del tutto sconosciute.


Consiglio di Stato sez.IV 13/10/2015 n. 4711

Incidenza del reato commesso sulla moralità professionale del concorrente

Laddove l’esclusione dalla gara di cui all' art. 38, comma 1, lett. c), del D. Lgs. n. 163/2006, si facesse dipendere dalla mera sussistenza di una condanna penale, prescindendo da ogni valutazione circa la gravità del comportamento colpevole del soggetto, la norma si porrebbe in contrasto con l'articolo 45, par. 2 della direttiva 31/3/2004 n. 2004/18/CE, secondo cui può essere escluso dalla partecipazione alla gara ogni operatore economico quando il reato “incida” sulla sua moralità professionale (lett. c).

Da ciò discende che il menzionato art. 38, va letto nel senso che costituiscono condizioni, perché l'esclusione consegua alla condanna, la gravità del reato e il riflesso dello stesso sulla moralità professionale dell’operatore economico, dimodoché, al fine di apprezzare il grado di moralità del medesimo, in applicazione del principio comunitario di proporzionalità, assumono rilevanza la natura del reato ed il contenuto del contratto oggetto della gara, senza eccedere quanto è necessario a garantire l'interesse dell'amministrazione di non contrarre obbligazioni con soggetti che non garantiscano l'adeguata moralità professionale (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 22/11/2013 n. 5558, Sez. IV, ord. 12/12/2014 n. 5686).


Consiglio di Stato sez. V 9/10/2015 n. 4684

Bando, disciplinare di gara e capitolato speciale: gerarchia da rispettare in caso di contrasti

Benché il bando, il disciplinare di gara e il capitolato speciale d’appalto, abbiano ciascuno una propria autonomia ed una propria peculiare funzione nell’economia della procedura, il primo fissando le regole della gara, il secondo disciplinando in particolare il procedimento di gara ed il terzo integrando eventualmente le disposizioni del bando (con particolare riferimento – di norma – agli aspetti tecnici anche in funzione dell’assumendo vincolo contrattuale, Cons. Stato, sez. V, 10 novembre 2005, n. 6286), tutti insieme costituiscono la lex specialis della gara (Cons. Stato, sez. VI, 15 dicembre 2014, n. 6154; sez. V, 5 settembre 2011, n. 4981; 25 maggio 2010, n. 3311; 12 dicembre 2009, n. 7792), in tal modo sottolineandosi il carattere vincolante che quelle disposizioni assumono non solo nei confronti dei concorrenti, ma anche dell’amministrazione appaltante, in attuazione dei principi costituzionali fissati dall’art. 97). Quanto agli eventuali contrasti (interni) tra le singole disposizioni della lex specialis ed alla loro risoluzione, è stato osservato che tra i ricordati atti sussiste nondimeno una gerarchia differenziata con prevalenza del contenuto del bando di gara (Cons. Stato, sez. V, 17 ottobre 2012, n. 5297; 23 giugno 2010, n. 3963), laddove le disposizioni del capitolato speciale possono soltanto integrare, ma non modificare le prime (Cons. Stato, sez. III, 29 aprile 2015, n. 2186; 11 luglio 2013, n. 3735; sez. V, 24 gennaio 2013, n. 439).


TAR Lazio Roma sez. III quater 15/10/2015 n. 11696

Obblighi dichiarativi ex art. 38 anche in caso di affitto d’azienda

Il Collegio intende uniformarsi all'orientamento giurisprudenziale il quale ha affermato il principio che gli obblighi dichiarativi di cui all'art.38 del d.lgvo n.163/2006 si applicano anche in caso di affitto di azienda. A tal fine deve essere richiamata la sentenza della Sezione V n.5470/2014 la quale ha affermato che " come è noto, l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con le sentenze n. 10 e n. 21 del 2012, ha sancito il principio di diritto secondo cui nei casi di cessione di azienda, fusione e incorporazione societaria, i legali rappresentanti delle società cedenti, incorporate o fuse con altra società, devono essere considerati come rientranti fra i soggetti cessati dalla carica e quindi per essi debba essere resa la dichiarazione ex art. 38, comma 1, lett. c), qualora la vicenda societaria sia avvenuta nell'anno antecedente la pubblicazione del bando di gara. La fattispecie di "cessione di azienda", cui si riferiscono le anzidette pronunce (in particolare, la sentenza del Consiglio di Stato, Ad. Plen. 4 maggio 2012, n. 10), è sicuramente rappresentata dal trasferimento dell'azienda, riferibile ad una vicenda traslativa, ma è estensibile, per identità di ratio, anche all'affitto d'azienda. Infatti, è vero che nel cd. Codice degli appalti manca una norma, con effetto preclusivo, che preveda in caso di cessione o affitto d'azienda un obbligo specifico di dichiarazioni in ordine ai requisiti soggettivi degli amministratori e direttori tecnici della cedente - atteso che l'art. 51 del codice si occupa della sola ipotesi di cessione del ramo d'azienda successiva all'aggiudicazione della gara; tuttavia non è neppure dubitabile che la norma di cui al citato art. 38, comma 1, lett. c), comprende anche ipotesi non testuali, ma pur sempre ad essa riconducibili sotto il profilo della sostanziale continuità del soggetto imprenditoriale a cui si riferiscono (così A.P. n. 10 del 2012 per la fattispecie specifica della cessione d'azienda). Pertanto, l'esigenza di riferire le dichiarazioni anche agli amministratori dell'impresa dalla quale la concorrente ha ottenuto la disponibilità dell'azienda è ancora più evidente nel caso in cui si tratti di affitto e non di cessione dell'azienda, dal momento che l'influenza dell'impresa locatrice è destinata a restare intatta per tutto lo svolgimento del rapporto e ben potrebbe costituire un agevole mezzo per aggirare gli obblighi sanciti dal codice degli appalti (cfr., in termini, Consiglio di Stato, Sezione III, 18 luglio 2011, n. 4354; C.G.A., 5 gennaio 2011, n. 8 e 26 ottobre 2010, n. 1314).


Consiglio di Stato sez. V 15/10/2015 n. 4768

Ammissibilità del soccorso istruttorio esclusivamente nell’ipotesi in cui il possesso del requisito sia comunque individuabile dagli atti depositati

Nella fattispecie in esame non vi era alcuno spazio per un soccorso istruttorio, che può essere esplicato quando il testo della certificazione camerale determini incertezze sulla sua reale portata, mentre, in questo caso, contrariamente a quanto dedotto da parte appellante, non sussisteva alcuna incertezza interpretativa. Il «soccorso» sarebbe stato illegittimo, perché, in violazione della par condicio tra i concorrenti, avrebbe consentito una produzione ex post di documentazione per comprovare requisiti, di cui non vi era alcuna traccia o un principio di prova nella certificazione camerale. La parte appellante neppure può fondatamente richiamare a proprio favore i principi affermati dalla giurisprudenza (Adunanza Plenaria n. 9/2014), in quanto essa ha ammesso la possibilità di chiedere chiarimenti, purché il possesso del requisito sia comunque individuabile dagli atti depositati e occorre soltanto una ‘delucidazione’: si tratta quindi di fattispecie, in cui la sussistenza dei requisiti è già comprovata, ma si tratta solo di una consentita precisazione che non altera la par condicio e la legalità della gara, avendo ad oggetto un fatto meramente integrativo di una situazione sostanzialmente già verificatesi ed acquisita. Una tale circostanza non sussisteva nella fattispecie in esame, in quanto l’eventuale soccorso istruttorio avrebbe avuto la finalità di un’acquisizione postuma di un requisito, di cui non vi era alcuna traccia nella certificazione camerale, indicata dal bando per comprovare il possesso dei requisiti.

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