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Il parere del Consiglio di Stato sulla linea guida ANAC in tema di acquisti nel sotto soglia comunitario (seconda parte)

Dott. Stefano Usai

llppNella prima parte del commento sono  state analizzate alcune questioni – contenute nel parere del Consiglio di Stato n. 1903/2016  sulla linea guida degli appalti nel sottosoglia comunitario - relative alla procedura di affidamento nell’ambito dei 40 mila euro.

In questa seconda parte sembra interessante soffermarsi sulle problematiche relative ai lavori. Nel documento della commissione speciale viene in considerazione, ad esempio, la questione dell’amministrazione diretta (trattata anche nel parere dell’ANAC).

Non viene puntualizzato, però, l’aspetto fondamentale ovvero che l’amministrazione diretta non è un appalto.

L’amministrazione diretta è una modalità che consente di gestire autonomamente certi lavori (es. attraverso un cantiere) quindi la dinamica e gli atti della procedura d’appalto non si pone/pongono neppure.

Diversa questione impone  l’acquisto e/o il noleggio di mezzi, in questo caso, necessariamente il RUP deve procedere secondo procedimenti disciplinati nel codice (anche – a seconda degli importi – attraverso le procedure “semplificate” di cui all’articolo 36).

Gli appalti per i lavori di importo compreso tra i 150 mila euro ed il milione di euro

Il collegio di Palazzo Spada si sofferma, in particolare, sulla questione della trasparenza nel procedimento entro il milione di euro.

Nel parere si precisa che “va, fin da subito, rimarcato che la legge (sempre l’art. 36, comma 2, lett. b), del Codice), analogamente agli affidamenti di lavori da 150.000 euro fino a quelli al di sotto di 1.000.000 euro, prevede che l’avviso sui risultati della procedura di affidamento debba contenere, in ogni caso, anche l’indicazione dei soggetti invitati”.

La prescrizione – in tema di trasparenza e pubblicità -  andrebbe meglio “evidenziata ed enfatizzata anche nelle linee guida, rispondendo essa alle esigenze ed ai principi generali della così detta “amministrazione trasparente”, in linea con un sistema di misure che attraverso strumenti informativi e di pubblicità consentono di meglio motivare in ordine alla scelta di perseguire in ogni caso una via semplificata, e non ordinaria, ai fini dell’affidamento, a fronte delle esigenze di mercato”.

E’ proprio alla luce di tali esigenze – sottese alla trasparenza come strumento preventivo della corruzione – che il Consiglio di Stato arriva a “suggerire” all’ANAC se non sia il caso di prevedere che anche l’utilizzo della procedura negoziata,  pur previsto dalla norma, non debba avere un più attento apparato motivazionale.

In questo senso, nel parere si legge che “viene da chiedersi, e sembra opportuno che costituisca oggetto di specifica valutazione da parte dell’ANAC, se anche per gli affidamenti di cui al presente paragrafo non debba essere introdotto un principio generale di motivazione, come criterio di orientamento rispondente ai canoni generali esistenti a livello di sistema dei pubblici affidamenti, anche in questo caso preferibilmente con riguardo alla fase dell’affidamento e quindi dell’individuazione dell’aggiudicatario e non tanto, dunque, rispetto alla fase a monte della scelta della procedura (semplificata od ordinaria)”.

Si è già rilevato – nella prima parte – che tale considerazione, pur autorevolissima, non tiene conto della circostanza che è stato il legislatore a stabilire delle procedure negoziate “semplificate” espletando una sorta di prevalutazione delle condizioni di mercato.

E’ vero, altresì, che il RUP deve svolgere una “istruttoria” esaustiva considerando prioritariamente la possibilità che possano esistere ragioni  tecnico/economiche che potrebbero far propendere per la scelta della gara ordinaria.

Altra questione, però, è pretendere che il RUP proponga la procedura ordinaria a prescindere. E’ ovvio che in questo caso, allora, il problema è nella norma che avrebbe dovuto essere redatta in modo diverso (disegnando un ambito residuale per il procedimento in “deroga”).

 In realtà, il procedimento in deroga  sembra essere stato attentamente valutato dal Governo nel momento in cui ha soppesato le esigenze di speditezza ed efficienza rispetto al formalismo, in certi casi eccessivo, di un procedimento ordinario.       

Lo stesso Consiglio di Stato, prende atto, infatti,  “che il problema potrebbe considerarsi efficacemente affrontato dalla previsione (par. 4.1.4) di una opportuna pubblicità dell’attività di esplorazione del mercato, considerata la rilevanza del contratto per il settore merceologico di riferimento e la sua contendibilità, da valutare sulla base di parametri non solo economici. A tal fine la stazione appaltante è chiamata a pubblicare un avviso sul profilo di committente, nella sezione “amministrazione trasparente” sotto la sezione “bandi e contratti””.

In questo modo, ma già dalla linea guida sembra emergere in modo chiaro, il procedimento contrattuale non prende avvio dalla determinazione che “approva” lo schema della  procedura negoziata ma dall’indagine di mercato finalizzata a chiarire  se lo stesso (il mercato) possa esprimere più realtà, economiche e produttive, interessate e in grado di praticare offerte di qualità differente.

Per cui si impone, più che l’opportunità, una valutazione tecnica secondo cui è più corretto per gli interessi della stazione appaltante procedere secondo il modulo classico dell’evidenza pubblica.

Questa è la questione cruciale che deve risolvere preventivamente  il RUP e su cui può essere chiamato a rispondere anche dagli organi di controllo.

Sul numero degli inviti

La delicatezza, e le implicanze,   della procedura negoziata – che si esaurisce in un procedimento comunque contingentato -  sono così numerose che il Collegio ritiene necessario suggerire di aumentare l’invito almeno a 10 soggetti e non solo a 5.

A tal riguardo, nel parere si legge che “al punto 4.2.4 (nda della linea guida), si prevede che la stazione appaltante possa invitare un numero di operatori maggiore al minimo di legge (cinque) anche al fine di potersi avvalere dell’istituto dell’esclusione automatica delle offerte anomale, di cui all’art. 97, comma 8, del Codice. Ma, con precipuo riguardo agli affidamenti di cui al presente paragrafo, questo implica, e forse questo andrebbe chiarito nelle linee guida in parte qua, alla stregua della disposizione del Codice appena richiamata, invitare ad offrire almeno dieci soggetti anziché almeno cinque (come è invece la regola per gli affidamenti di lavori di importo superiore di cui al successivo paragrafo) ed esplicitare la facoltà di esclusione automatica nell’invito (in assenza, nel caso che ci occupa, di un bando)”.

Pur condivisibile tale precisazione, non deve però sfuggire che il RUP è chiamato a svolgere un procedimento oggettivo e trasparente (si intende l’indagine di mercato da cui attingere i soggetti da invitare). Se così è,  i timori del Consiglio di Stato sembrano esagerati.

Se l’indagine di mercato viene condotta attraverso uno specifico  avviso a cui viene data la più ampia pubblicità possibile (e pubblicato nella sezione trasparenza) effettivamente, i soggetti interessati potranno facilmente venirne a conoscenza e manifestare il proprio interesse a partecipare alla competizione.

Se la seconda fase della scelta degli inviti da effettuare, viene assicurata con strumenti imparziali (es. condotta con i sistemi automatici previsti dalle centrali di committenza  o attraverso un pubblico sorteggio) difficilmente si presenteranno casi di faziosità e/o penalizzazioni per operatori economici.

E’ chiaro però che su queste fasi il presidio del RUP e del dirigente/responsabile del servizio e degli organi della stazione appaltante dovrà essere assicurato nel modo più efficace e trasparente possibile.             

La procedura negoziata per l’affidamento di lavori di importo pari o superiore a 150.000,00 euro e inferiore a 1.000.000,00 di euro

In merito alla terza fascia - (lett. c)  comma 2 dell’articolo 36 del codice) -  il parere si sofferma sul richiamo,  almeno inopportuno, all’articolo 63 del codice (procedura negoziata senza pubblicazione di bando).

Secondo il Collegio, non sarebbe “chiara la portata di tale richiamo, e, in particolare, se sia da intendere come rinvio alle sole regole procedurali, come sembrerebbe forse opportuno, o anche come rinvio ai presupposti sostanziali”.

Se il richiamo venisse inteso – prosegue il parere – “come riferimento ai presupposti sostanziali, la previsione sarebbe inutile: non avrebbe peraltro senso aggravare, a parità di presupposti sostanziali, la procedura negoziata per gli appalti inferiori a 1 milione di euro, prevedendo la consultazione di “almeno dieci operatori”, come prescrive l’art. 36, comma 2, lett. c), laddove l’art. 63, per gli appalti di importo pari o superiore alla soglia comunitaria, prevede la consultazione di almeno cinque operatori”.

Sembra dunque chiaro che la procedura negoziata di cui all’art. 36, comma 2, lett. c), prescinda dai presupposti sostanziali di cui all’art. 63.

Andrebbero, perciò, forniti con le linee guida chiarimenti esegetici, nelle more di un auspicabile decreto correttivo del codice, che sopprima, ove non emergano diverse ragioni ostative, il richiamo all’art. 63 nell’art. 36, comma 2, lett. c).

 

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