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OPZIONE DONNA: ULTIMO TRAGUARDO O RIEDIZIONE?

di Villiam Zanoni

Dopo diverse traversie è finalmente arrivato in Gazzetta Ufficiale il decreto-legge n° 4 del 28 gennaio 2019 dedicato al reddito di cittadinanza e agli interventi pensionistici della manovra di bilancio 2019, all’interno del quale ha trovato spazio (articolo 16) anche la vicenda dell’opzione donna (o da alcuni definita pensione rosa)

Ovviamente si tratta di un decreto-legge che in sede di conversione potrebbe subire delle modifiche, anche se la soluzione adottata parrebbe essere in grado di soddisfare le esigenze che erano state manifestate.

C’è una prima osservazione in merito allo strumento normativo adottato dal punto di vista tecnico-giuridico, che non incide sulla sostanza del provvedimento, quanto sulle modalità applicative.Curiosamente non viene mai citato l’articolo 1, comma 9, della legge n° 243/2004 (non lo fa nemmeno la relazione illustrativa, mentre c’è un timido accenno nella ricostruzione normativa della relazione tecnica), per cui non si può parlare della riapertura dei termini a suo tempo previsti (31 dicembre 2015) entro i quali i prescritti requisiti avrebbero dovuto essere perfezionati, bensì di una nuova normativa che vede la luce a partire dal 29 gennaio 2019.

Non pare che il testo lasci molti dubbi, tant’è che recita: “Il diritto al trattamento pensionistico anticipato è riconosciuto, secondo le regole di calcolo del sistema contributivo previste dal decreto legislativo 30 aprile 1997, n° 180, nei confronti delle lavoratrici che entro il 31 dicembre 2018 hanno maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni e un’età pari o superiore a 58 anni per le lavoratrici dipendenti e a 59 anni per le lavoratrici autonome.”

Da notare ancora la differenza rispetto alle regole di cui all’articolo 24, comma 14, del D.L. n° 201/2011, convertito in legge n° 214/2011, con le quali l’opzione donna fu inserita nel contesto degli interventi derogatori insieme a quelli a favore di coloro che avevano già maturato i requisiti preesistenti alla data del 31.12.2011, ovvero ai destinatari della prima salvaguardia.

Oggi lo possiamo comunque definire come un intervento “una tantum” rivolto al passato

Dal punto di vista oggettivo le regole sono sostanzialmente identiche a quelle del passato, aggiornate al 2019, tant’è che, fermi restando i 35 anni di contribuzione che non sono agganciati alla dinamica della speranza di vita, l’età anagrafica non è altro che quella originaria (57 anni per le dipendenti e 58 ani per le autonome) cui sono stati aggiunti gli incrementi di speranza di vita (3 mesi 2013, 4 mesi 2016, 5 mesi 2019), fra l’altro anticipando già al 31.12.2018 l’incremento che sarebbe avvenuto solo nel 2019.

La riflessione di cui sopra è funzionale alla interpretazione del secondo comma del suddetto articolo 16 che rinvia all’applicazione del meccanismo delle finestre di cui all’articolo 12 del D.L. n° 78/2010, convertito in legge n° 122/2010, meccanismo che, una volta perfezionati i requisiti per il diritto, differiva il diritto alla decorrenza.

Ebbene, il dubbio rilevante è il seguente: quale è il momento in cui sono stati perfezionati i requisiti al fine di fissare poi la successiva decorrenza della pensione?

  • secondo alcuni sarebbe la data di perfezionamento della congiunzione fra i due requisiti (35 anni di anzianità contributiva e 58 o 59 anni di età): in tal caso comunque non prima del 1° febbraio 2019);
  • secondo altri la data di perfezionamento dei requisiti non potrebbe essere anteriore al 30 gennaio 2019, posto che nessuna norma lo prevedeva: in tal caso la decorrenza non potrebbe essere anteriore al 1° febbraio 2020 o al 1° agosto 2020 per le autonome.

La relazione illustrativa non aiuta più di tanto a sciogliere il nodo, anche se qualcosa in più lo fa la relazione tecnica affermando che “la decorrenza della pensione deve essere successiva al 1° gennaio 2019 e comunque non prima di 12 mesi (18 per le lavoratrici autonome) dopo la maturazione del requisito congiunto di età anagrafica ed anzianità contributiva”; il tutto si completa con previsioni di spesa anche per il 2019.

È invece la circolare INPS n° 11 del 29 gennaio 2019 che probabilmente chiude l’argomento, in particolare nella parte in cui afferma che “la decorrenza del trattamento pensionistico non può essere comunque anteriore al giorno successivo al 30 gennaio 2019, giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto-legge in oggetto”.

È quindi evidente che la prima decorrenza utile è quella del 31 gennaio per le gestioni esclusive, mentre è quella del 1° febbraio per l’AGO e le gestioni sostitutive.

Quello che invece è molto più certo è lo scenario nel quale si colloca la prestazione.

Per quanto possa apparite superfluo, vale la pena ricordare che il requisito dei 35 anni di contribuzione non ricomprende tutta la contribuzione, in particolare quella figurativa: non è infatti utile la contribuzione figurativa per malattia o infortunio “a copertura”, come non è utile la contribuzione figurativa accreditata per periodi di disoccupazione, ASpI o NASpI

Raggiunti poi tutti requisiti per il diritto e la decorrenza, occorrerà poi ovviamente tenere conto della regola di calcolo che utilizza la tecnica dell’opzione per il calcolo interamente contributivo di cui al D. Lgs. n° 180/1997.

Tale meccanismo, come già a suo tempo ricordato, può essere particolarmente penalizzante e lo è soprattutto quando, per chi ha i 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, si passa dal calcolo retributivo (fino al 2011) al calcolo contributivo da opzione.

Poiché la platea di cui sopra si è già notevolmente ristretta, per coloro che hanno invece già da tempo il calcolo misto la penalizzazione si riduce sensibilmente.

È poi altrettanto evidente che la leggera riduzione dei requisiti per il diritto alla pensione anticipata, da un lato, e l’introduzione di “quota 100”, dall’altro lato, potranno a conti fatti mettere sul piatto della bilancia delle alternative abbastanza interessanti che andranno ovviamente valutate caso per caso con i numeri alla mano.

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