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LA MOBILITA’ VOLONTARIA NEL D.L. N. 80/2021

Di Arturo Bianco

Sono molto importanti le disposizioni dettate dal d.l. n. 80/2021 per la mobilità volontaria: è infatti previsto il superamento del vincolo del consenso dell’ente di provenienza, ma sono introdotte numerose deroghe per gli enti locali medio piccoli, per le figure infungibili e per i neo assunti.

La formulazione della norma per i comuni di più ridotte dimensioni solleva problemi interpretativi, visto che il dato letterale sembra escludere lo stesso ricorso alla mobilità per gli enti più piccoli.

IL DETTATO LEGISLATIVO

L’articolo 3, comma 7, del d.l. n. 80/2021 modifica radicalmente le disposizioni sulla mobilità volontaria dettate dall’articolo 30 del d.lgs. n. 165/2001. Viene soppresso il vincolo “del previo assenso dell’amministrazione di appartenenza”, così da rendere più agevole per i dipendenti ed i dirigenti pubblici la possibilità di trasferirsi presso un’altra PA e, di conseguenza, si modifica radicalmente il rapporto tra personale ed ente presso cui si presta servizio. Il consenso dell’amministrazione continua ad essere necessario nei seguenti 3 casi:

  • “posizioni dichiarate motivatamente infungibili dall’amministrazione cedente”. Si richiede un atto formale da parte dell’ente, che può essere inserito nella programmazione del fabbisogno o, meglio ancora, nella dotazione organica o comunque essere assunto da parte della giunta;
  • personale assunto da meno di 3 anni (il che pone dubbi di coordinamento con la disposizione che impone la permanenza nella sede di prima assunzione per almeno 5 anni). Peraltro, la stessa disposizione stabilisce per i soli enti locali che a seguito della prima assegnazione vi debba essere una permanenza minima di 5 anni. Si deve aggiungere che il testo dell’articolo 35, comma 5 bis, del d.lgs. n. 165/2001 dispone per tutte le PA che i vincitori di concorso devono restare nella sede di prima assegnazione per almeno 5 anni e che l’articolo 3, comma 5 septies, del d.l. n. 90/2014 stabilisce che i vincitori dei concorsi banditi dalle regioni e dagli enti locali devono permanere presso l’ente per almeno 5 anni. Queste due disposizioni non possono essere derogate dalla contrattazione collettiva. E’ evidente che l’insieme di tali norme è poco coordinato;
  • se “la mobilità determina una carenza di organico superiore al 20% nella qualifica corrispondente a quella del richiedente”. Si deve evidenziare che il testo iniziale del decreto prevedeva che la carenza di organico fosse preesistente. Occorre definire come si calcola questa percentuale di carenza di organico; la norma parla sia “di qualifica corrispondente” sia, per le amministrazioni locali, “di dotazione organica dell’ente”.

La legge di conversione ha introdotto il comma 1.1. Esso stabilisce che tutto il comma 1 non si applica agli enti locali che hanno fino a 100 dipendenti in servizio a tempo indeterminato; per quelli con un numero di dipendenti compreso tra 101 e 250 la percentuale di carenza di organico determinata dalla mobilità che richiede il preventivo assenso è ridotta al 5%; per quelli fino a 500 dipendenti la percentuale di carenza di organico determinata dalla mobilità che richiede il preventivo assenso è fissata al 10%. La disposizione stabilisce inoltre che la percentuale di carenza di organico deve essere calcolata sulla base degli esiti della mobilità e che essa è riferita alla “qualifica corrispondente” ed alla “dotazione organica”. Il numero dei dipendenti va calcolato su quelli a tempo indeterminato e, anche se la disposizione non dice nulla, si deve ritenere che il personale in part time vada riproporzionato.

Il testo della disposizione sembra escludere gli enti locali fino a 100 dipendenti dall’applicazione dell’insieme delle disposizioni sulla mobilità volontaria. L’Anci interpreta la disposizione come esclusione solamente dalla possibilità di potere dare corso al trasferimento senza il preventivo nulla osta dell’ente. Si può ritenere che la volontà del legislatore vada nella direzione indicata dall’Anci e non si escludono i comuni fino a 100 dipendenti dalla mobilità sia in entrata sia in uscita, con il consenso dell’ente. Il comma 1 dell’articolo 30 del d.lgs. n. 165/2001 continua a stabilire come previsione di carattere generale che si applica a tutte le PA che esse "possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni che facciano domanda di trasferimento”. Questa deve essere considerata come una previsione che discende da un principio di carattere generale che la norma si limita a riproporre ed enunciare, ma che comunque sussiste nel nostro ordinamento anche al di là della disposizione in esame. Su questi aspetti è quanto mai necessario un chiarimento.

Viene inoltre espressamente stabilito per gli enti locali la previsione per cui, “in caso di prima assegnazione, la permanenza minima del personale è di 5 anni”. Inoltre, la cessione del personale può essere differita dall’ente cedente fino alla “effettiva assunzione del personale assunto a copertura dei posti vacanti” ed inoltre, per garantire l’affiancamento, per un periodo non superiore a 30 giorni dall’assunzione stessa. Gli enti possono, “per motivate esigenze organizzative”, differire il passaggio diretto fino a 60 giorni dalla ricezione della istanza.

Il comma 7 quinquies estende alle procedure di mobilità volontaria l’obbligo di presentazione delle domande esclusivamente con modalità telematiche, obbligo che ricordiamo essere dettato per le procedure concorsuali.

Si deve considerare la necessità che le amministrazioni che bandiscono una procedura di mobilità volontaria acquisiscano comunque dall’amministrazione cedente il nulla osta o l’attestazione che lo stesso non è necessario.

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