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Dott. Daniele Perugini

Tutto pronto per il 23 dicembre?  Il FOIA si avvicina!

managementDiverse sono le scadenze imminenti nel percorso di digitalizzazione del nostro Paese (prima fra tutte, quella per il “digital first”, inizialmente prevista per il 12 agosto, ma poi vittima di una sorta di “ibernazione”), ma quella del 23 dicembre può essere certamente definita come “ora X” per il FOIA: un appuntamento importante per i cittadini e per le amministrazioni pubbliche, chiamate a rispondere alle richieste di accesso civico ai sensi del novellato decreto trasparenza. Mancano ancora le Linee guida ANAC per l’interpretazione delle eccezioni rispetto a quanto chiunque potrà richiedere alle amministrazioni. Ma si può passivamente attendere fino a quel momento?  O forse è bene approntare fin da ora (se non lo si è già fatto) tutto quanto è necessario per i nuovi adempimenti in materia di trasparenza?

Con il decreto legislativo n. 97/2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dello scorso 8 giugno ed in vigore dal 23 dello stesso mese, il Governo ha provveduto a una revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza già contenute nella legge n. 190/2012 e nel decreto legislativo n. 33/2013, in applicazione della delega conferita con l’articolo 7, della legge n. 124/2015, la cosiddetta Riforma Madia.

Il decreto sulla trasparenza recante “Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza” è stato il primo dei decreti attuativi della riforma della PA ad essere stato approvato, introducendo nel nostro Paese - in analogia a quanto fatto nei Paesi del Nord Europa ed anglosassoni - alcuni dei principi del cosiddetto FOIA (Freedom Of Information Act), ossia il diritto di accesso agli atti e ai documenti della Pubblica Amministrazione da parte dei cittadini.

Ciò richiederà un profondo cambiamento delle modalità operative delle nostre amministrazioni pubbliche, sempre più spinte a incentrare sulla trasparenza il loro operato.

In effetti il decreto n. 97/2016, riformulando la precedente disposizione, apporta una parziale modifica della documentazione da pubblicare, la predisposizione di un’ulteriore procedura di accesso agli atti (ispirata al FOIA, per l’appunto) e la previsione della centralizzazione delle banche dati delle PA, oltre a provvedere ad una revisione di alcuni aspetti sanzionatori rispetto agli inadempimenti previsti in tale ambito.

Giova ricordare che proprio nell’emettere il suo parere in merito al Decreto, il Consiglio di Stato ha affermato che “a volte, in passato, l’esigenza di trasparenza è stata collegata ad oneri – regolatori, amministrativi, economici – ‘non necessari’ al perseguimento dello scopo. Ciò ha indebolito, di fatto, il perseguimento dello scopo medesimo, creando piuttosto una sorta di ‘burocrazia della trasparenza’ che andava a sovrapporsi alla burocrazia già esistente, con risultati poco rilevanti per la tutela di questo valore fondamentale, ma con importanti effetti collaterali negativi, dall’incremento di oneri all’incentivazione degli stessi fenomeni corruttivi che si intendeva contrastare.”

Anche per questo, vanno evitate le interpretazioni esasperate che, nella vecchia logica del mero adempimento, porterebbero solo ad una “burocratizzazione” della trasparenza: sono ancora troppo salde, in diversi casi, le radici dei primi anni della digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni, quali quelle dell’incomunicabilità sofferta da molti software gestionali nei confronti dei siti web delle rispettive amministrazioni, ma anche le storture della gestione burocratica della conservazione degli atti.

Tutto ciò implica necessariamente un articolato processo di riorganizzazione e di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione che ormai non può più essere rimandata, nonostante le difficoltà, la diffidenza e l’inerzia che spesso ancora caratterizzano alcuni ambiti della Pubblica Amministrazione.

E comunque, affinché il diritto alla trasparenza possa portare benefici effetti ai cittadini è necessario che venga tutelato, con altrettanta efficacia e determinazione, anche il diritto alla privacy per il cittadino e per le imprese: a questo proposito l’articolo 5 bis del novellato decreto prevede specifiche eccezioni, con riguardo agli interessi sia pubblici che privati giuridicamente rilevanti.

D’altro canto, poiché con la previsione di cui all’articolo 5, comma 2 (“…allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto…”) viene attribuito al cittadino, di fatto, un ruolo di controllore, l’esercizio di tale diritto assume una rilevanza politica che rende ormai urgente ed indifferibile una pronuncia dell’ANAC (come la legge prevede) sul labile confine che divide il diritto all’accesso e il diritto alla tutela della privacy.

Giova peraltro ricordare che i soggetti tenuti all’osservanza delle disposizioni contenute nel novellato decreto legislativo n. 33/2013 dovranno adeguarsi alle modifiche introdotte entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto correttivo (cio+è entro il 23 dicembre 2016).

Ma, in attesa dell’emanazione della prevista circolare dell’ANAC - che, d’intesa con il Garante per la privacy, adotterà le linee guida per l’interpretazione delle eccezioni del citato articolo 5bis – cosa dovrebbero fare le amministrazioni?

Occorre innanzitutto rimarcare che la stessa ANAC (con Delibera n. 831 del 3 agosto 2016), nell’approvare il Piano Nazionale Anticorruzione 2016, ha precisato che, nel cosiddetto “periodo transitorio”, l’attività di vigilanza in materia di trasparenza avrà ad oggetto solo gli obblighi di pubblicazione non modificati dal d.lgs. n. 97/2016, mentre “…sui nuovi obblighi e su quelli oggetto di modifica da parte del decreto correttivo l’attività di vigilanza sarà svolta nella fase immediatamente successiva al termine del periodo di adeguamento”.

Tuttavia, a ben vedere, non è certo il caso di restare immobili fino al 23 dicembre, in quanto già da tale data dalla quale potranno pervenire richieste di accesso civico non contenenti il riferimento espresso al singolo documento, nel senso che l’istanza potrebbe anche riferirsi, ad esempio, alle attività, alle convenzioni e agli accordi stipulati o ai provvedimenti adottati dall’amministrazione, “ulteriori” rispetto a quelli obbligatoriamente pubblicati sul sito web istituzionale.

Sarebbe opportuno cominciare ad affrontare il processo del nuovo accesso civico sotto l’aspetto organizzativo, valutando innanzitutto il rapporto tra costi e benefici rispetto all’opportunità di affidare un incarico di responsabilità per la gestione delle istanze di accesso civico (i cui riferimenti saranno pubblicati nell’apposita sezione del sito istituzionale denominata Amministrazione Trasparente).

Ma questa scelta, oltre che su considerazioni di natura economica e su empiriche previsioni sulla numerosità delle istanze - per l’impatto organizzativo che ne deriva anche rispetto ai carichi di lavoro degli addetti - non potrà prescindere da un’analisi ragionata della struttura degli archivi dell’amministrazione e del loro livello di digitalizzazione.

Il responsabile della trasparenza e il responsabile della gestione degli archivi dell’amministrazione, nonché l’eventuale ulteriore responsabile della gestione dell’accesso civico, dovrebbero appurare precedentemente all’effettivo avvio del potenziale esercizio del diritto le difficoltà di un adempimento sostenibile, tenuto anche conto, nella contabilizzazione dei costi, che l’accesso civico è praticamente gratuito per legge, in quanto può esser richiesto il solo rimborso per costi eccezionali (a dire il vero, la Pubblica Amministrazione può chiedere, nel caso di riproduzioni cartacee, i costi di produzione delle copie, se debitamente documentati).

Considerato poi che il nuovo diritto, in ragione della scelta strategica ed organizzativa di ogni singola amministrazione, può essere attivato nei confronti di uno dei tre soggetti previsti– l’Urp, il soggetto che detiene il documento e l’eventuale altro soggetto individuato quale responsabile dell’accesso civico – sarebbe auspicabile anche l’adozione entro il termine citato di un regolamento che ne disciplini l’esercizio, definendo il flusso delle richieste, i tempi di lavorazione interni (considerando i previsti 30 giorni complessivamente previsti dalla norma per la definizione del procedimento) e, da ultimo (in attesa delle Linee guida sulle eccezioni), il percorso di individuazione e tutela dei controinteressati, al fine di rendere loro possibile l’eventuale opposizione entro i dieci giorni dalla ricezione della prevista comunicazione.

D’altro canto va rilevato che, proprio perché la vigenza della novellata normativa sulla trasparenza ha dispiegato gli effetti giuridici fin dal 23 giugno scorso (pur in attesa dell’intervento regolatorio dell’Agenzia su esclusioni e limiti del nuovo accesso civico), è già pienamente operativa l’opera di sfoltimento e di semplificazione dei tanti oneri di pubblicazione on line che gravavano sulle amministrazioni pubbliche dal 2013.

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