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La circolare n° 58/2016 e la circolare n° 10/2017 dell’INPS (Chiarimenti sul sistema contributivo, misto e retributivo)

Dott. Villiam Zanoni

C’eravamo già occupati di questo argomento ad aprile e a settembre dello scorso anno manifestando le nostre perplessità sulla modalità con cui l’INPS ha affrontato l’argomento stesso, ma anche sui contenuti delle indicazioni dell’istituto. Oggi il percorso si completa poiché l’INPS ha finalmente emanato la circolare n° 10/2017 tanto attesa con la quale si chiariscono in via definitiva alcuni punti controversi, ma dalla quale si ricavano anche nuove necessità operative per la pubblico amministrazione. La prima cosa importante da sottolineare è il repentino mutamento di rotta del Ministero del lavoro che a distanza di 9 anni afferma l’esatto contrario di quanto detto prima, nonostante ciò avvenga per via indiretta.

Infatti il 12 febbraio 2008, con nota n° 24/VI/0002627, la Direzione Generale per le politiche previdenziali del Ministereo del lavoro a firma del Direttore Generale Prof. Giovanni Geroldi, su sollecitazione dell’ex INPDAP, rispose ad uno specifico quesito dettando una linea interpretativa dell’articolo 1, commi 6, 12 e 13, della legge n° 335 del 1995, tendente ad affermare che ai fini della collocazione dei singoli assicurati nel sistema previdenziale italiano si dovesse sempre fare riferimento al complesso delle contribuzioni fatte valere dagli stessi, a prescindere dalla cassa in cui fossero state versate e dal fatto che avessero o meno dato luogo alla liquidazione di una pensione. Ciò valeva sia ai fini di verificare la condizioni di nuovo assicurato dal 1996, sia ai fini della verifica della anzianità contribuiva dei 18 anni al 31.12.1995 per la individuazione del sistema di calcolo.

Tale parere ha dato vita ad un lungo braccio di ferro fra INPS (che contestava tale interpretazione) e INPDAP (che invece la applicò pur non emanando mai alcuna circolare ufficiale), e che oggi vede l’INPS vincitore con un atteggiamento di rivalsa nei confronti della Cassa nel frattempo assorbita.

Tutto ciò avviene grazie anche al Ministero del lavoro che, come precisa l’INPS in premessa alla circolare n° 10/2017, ha condiviso la nuova interpretazione con nota n° 29/0000289/L del 17 gennaio 2017, smentendo quindi totalmente la precedente interpretazione.

Nonostante qualcuno sostenga che cambiare opinione a volte è segno di intelligenza, nel caso di specie mi pare che lo scenario sia un tantino diverso, soprattutto quando si cerca di far passare l’ipotesi che tale mutamento scaturisca dai contenuti della riforma Fornero faccendone decorrere gli effetti dal 1° gennaio 2012..

Il problema in effetti si è riacceso dalla predetta data, ma semplicemente perché ad un certo punto il legislatore, per individuare coloro che sono destinatari del sistema contributivo, ha usato la seguente locuzione: “lavoratori con riferimento ai quali il primo accredito contributivo decorre successivamente al 1° gennaio 1996”.

Ebbene, nonostante nella citata circolare l’INPS la ricordi solo a proposito del comma 11 (pensione anticipata) dell’articolo 24 del D.L. n° 201/2011, convertito in legge n° 214/2001, mentre è contenuta in modo identico anche nel comma 7 (pensione di vecchiaia), è curioso verificare come si riesca a stravolgere il senso delle parole.

Da poveri “ignoranti” quali siamo, noi pensavamo che la nuova dizione adottata dalla Fornero (“primo accredito contributivo”) fosse molto più precisa ed inequivocabile di quella usata dalla legge n° 335/1995 al comma 12 (“lavoratori … che alla data del 31 dicembre 1995 possono far valere un'anzianità contributiva inferiore a diciotto anni”) e al comma 13 (“lavoratori … che alla data del 31 dicembre 1995 possono far valere un'anzianità contributiva di almeno diciotto anni”), ma evidentemente c’è qualcuno più intelligente di noi e a questo punto non resta che inchinarci alla volontà altrui.

Veniamo quindi agli effetti pratici che sono quelli che maggiormente ci preoccupano.

Innanzitutto è importante che la circolare n° 10/2017 abbia fatto i chiarimenti lasciati in sospeso dalla circolare n° 58/2016 poiché nella prima si parlava sempre soltanto di “regole di calcolo”, mentre nella seconda si chiarisce che la nuova interpretazione agisce anche sui “requisiti per il diritto a pensione” nella gestione dei dipendenti pubblici per i quali varranno quindi le stesse regole già applicate nell’AGO.

Come si inseriscono quindi le circolari n° 58/2016 e n° 10/2017?

L’elemento determinante è rappresentato dal fatto che, tranne nel caso di effettiva ricongiunzione dei periodi assicurativi ai sensi della legge n° 29/1979 o della legge n° 45/1990, tutti i criteri di accertamento del diritto e della misura della pensione vanno effettuati tenendo conto della sola contribuzione esistente presso la gestione che liquida la pensione e soprattutto della sua collocazione temporale.

Tale criterio vale sia nel caso in cui la precedente contribuzione abbia già dato luogo alla liquidazione di un trattamento pensionistico, sia nel caso in cui la precedente contribuzione sia ancora in grado di produrre effetti.

Ad esempio, se un lavoratore è entrato nella pubblica amministrazione dopo il primo gennaio 1996 e fosse titolare di precedenti accrediti contributivi in qualità di lavoratore dipendente del settore privato o di lavoratore autonomo, per la Gestione pubblici dipendenti è destinatario del “sistema contributivo” sia nel caso in cui la precedente contribuzione sia ancora disponibile, sia nel caso in cui avesse già dato luogo alla liquidazione di una pensione, con la conseguenza che da un lato maturerebbe il diritto alla pensione di vecchiaia all’età di 66 anni e 7 mesi e con 20 anni di contribuzione, dovendo però anche far valere un importo minimo pari a 1,5 volte l’assegno sociale, ma potrebbe anche accedere a pensione all’età di 70 anni e 7 mesi facendo solo 5 anni di contribuzione effettiva e a prescindere dall’importo.

Lo stesso principio vale ai fini della pensione anticipata per la quale non è necessario essere titolare di 42 anni e 10 mesi di contribuzione per gli uomini o di 41 anni e 10 mesi per le donne, ma sarebbero sufficienti 63 anni e 7 mesi di età e 20 anni di contribuzione effettiva, associati ad un importo non inferiore a 2,8 volte l’assegno sociale.

Se da un alto nascono nuove opportunità per i lavoratori, dall’altro non vanno poi nascoste le implicazioni relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici in funzione della necessità di applicazione del limite di età ordinamentale sulla base delle più recenti avoluaioni normative (vedi da ultimo l’articolo 2, comma 5, del D.L. n° 101/2013 convertito in legge n° 125/2013).

Ad esempio, se un dipendente pubblico fosse titolare di 1 anno di contribuzione presso l’INPS nel 1994 e al compimento dei 65 anni avesse ulteriori 12 anni di servizio nella Gestioni Pubblici Dipendenti tutti successivi al 1995, fino alla recente circolare si sarebbe trovato nelle seguenti due ipotesi:

  1. se avesse ricongiunto tutto nell’ex INPDAP e avesse 13 anni di contributi lo manderebbero comunque a casa a 65 anni poiché anche trattenendolo fino a 70 anni (ancorché indicizzati) non sarebbe riuscito a maturare i 20 anni di contributi richiesti per coloro che avevano già contribuzione al 31.12.1995;
  2. anche se non avesse ricongiunto gli sarebbe accaduta la stessa cosa poiché anche mediante totalizzazione o cumulo non sarebbe riuscito a raggiungerebbe il diritto a pensione, quindi dovrebbe cessare a 65 anni.

Con il nuovo scenario scaturito dalle circolari citate potrebbe paradossalmente accadere quanto segue:

  1. se avesse fatto la ricongiunzione si troverebbe con 13 anni di contributi tutti in Gestione Pubblici Dipendenti, quindi lo manderebbero comunque a casa a 65 anni poiché anche trattenendolo fino a 70 anni (ancorché indicizzati) non riuscirebbe a maturare i 20 anni di contributi richiesti per coloro che hanno già contribuzione al 31.12.1995;
  2. se non avesse fatto la ricongiunzione si troverebbe in Gestione Pubblici Dipendenti solo contribuzione successiva al 1995, quindi avrebbe diritto di essere trattenuto in servizio fino ai 70 anni indicizzati poiché a quel punto acquisirebbe comunque diritto a pensione avendo superato i 5 anni di contribuzione.

Un altro esempio potrebbe essere quello del soggetto che, essendo titolare di un assegno ordinario di invalidità da parte dell’INPS, fosse stato successivamente assunto nella pubblica amministrazione e al compimento del 65° anno di età avesse 19 anni di contribuzione nella Gestione Pubblici Dipendenti successivi al 1995, per il quale i due scenari potrebbero presentarsi nel modo seguente:

  1. con le precedenti indicazioni a 65 anni sarebbe andato a casa poiché si applicherebbe il limite ordinamentale a fronte di “qualsiasi” diritto a pensione con la perdita della contribuzione ex INPDAP;
  2. con le nuove interpretazioni sarebbe comunque collocato a riposo poiché già titolare di un diritto a pensione, ma avrebbe l’opportunità di ottenere la pensione a 70 anni indicizzati.
  3. ma potrebbe anche essere dichiarato inapplicabile l’articolo 24, comma 7, della legge n° 214/2011, posto che l’interpretazione autentica dello stesso articolo 24, comma 3, operata dall’articolo 2, comma 4, del D.L. n° 101/2013 convertito in legge n° 125/2013, ha previsto che “il conseguimento da parte di un lavoratore dipendente delle pubbliche amministrazioni di un qualsiasi diritto a pensione entro il 31 dicembre 2011 comporta obbligatoriamente l’applicazione del regime di accesso e delle decorrenze previgente rispetto all’entrata in vigore del predetto articolo 24.

C’è tuttavia un altro aspetto non indifferente: se lo scenario prima tracciato nel primo esempio avesse già esplicitato i suoi effetti prima della emanazione della nuova circolare, quale possibilità di sanatoria esisterebbe per riammettere eventualmente in servizio il lavoratore, ovvero quali rischi correrebbe l’amministrazione se il lavoratore la citasse in giudizio per ottenere il risarcimento del danno subito?

Alla fine di tutto ciò mi sia consentita un’ultima considerazione.

E’ sicuramente positivo che l’INPS, quale unico gestore del sistema previdenziale italiano, faccia ogni sforzo per armonizzare i criteri con cui ogni gestione applica le stesse disposizioni, ma tale sforzo ha un senso se è anche portato a compimento in modo totale.

Probabilmente non sempre ci si rende conto di quante differenze ancora esistano fra i criteri con cui l’INPS, regime AGO, e l’INPS regime Pubblici dipendenti, applicano le stesse normative con il rischio di generale delle disparità di trattamento assurde.

Faccio due soli esempi che hanno un rapporto diretto con le nuove interpretazioni contenute nella circolare n° 10/2017.

Molti lavoratori in passato, nell’ambito dello scenario riferito alle preesistenti interpretazioni, hanno chiesto e ottenuto delle ricongiunzioni ai sensi della legga n° 29/1979 e stanno pagando i relativi oneri in modo rateale.

Ebbene, mentre a fronte di uno scenario interpretativo modificato gli iscritti all’AGO possono “provocare” la decadenza dalla ricongiunzione semplicemente smettendo di effettuare i versamenti mensili, la stessa opportunità non è consentita agli iscritti alla gestione dei pubblici dipendenti sia per effetti di precedenti interpretazioni dell’ex INPDAP, sia per il fatto che il pagamento avviene d’ufficio con ritenuta sullo stipendio.

L’altra situazione diversa è riferita agli accrediti figurativi.

Una volta chiesto un accredito figurativo nell’AGO (ad esempio una maternità relativa ad un periodo in cui non si prestava attività lavorativa o un periodo di servizio militare) e il lavoratore o la lavoratrice si accorgessero che quell’accredito li danneggierebbe, non esiste alcuna preclusione alla revoca dell’accredito, quantomeno fino a quando quel periodo non fosse stato utilizzato ai fini della liquidazione di una prestazione.

La stessa operazione non è mai stata invece consentita agli iscritti alla Gestione dei pubblici dipendenti (ex INPDAP) con tutte le conseguenze del caso.

Forse sarebbe bene che l’INPS si ponesse qualche ulteriore interrogativo, sperando anche che il giro di valzer delle poltrone dei vari direttori centrali reso noto la scorsa settimana non generi ulteriori problemi di “competenza” rispetto alla complessità dei problemi da affrontare.

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