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Dott. Claudio Carbone

Le procedure cautelari ed esecutive. I rimedi che possono essere attivati nei confronti di Equitalia

fiscalitaLe procedure cautelati sono attivate per legge, alla scadenza della notifica della cartella, a garanzia delle somme iscritte a ruolo dagli Enti impositori. In particolare, il fermo amministrativo è l’atto con cui si dispone il blocco dei veicoli intestati al debitore. In un primo momento il contribuente riceve la comunicazione di preavviso di fermo amministrativo.

Con questo atto l’interessato è invitato a mettersi in regola nei successivi 30 giorni e informato che, in caso di mancato pagamento, si procederà all’iscrizione del fermo amministrativo sul veicolo corrispondente alla targa indicata. Il fermo non viene iscritto se il debitore dimostra, entro i 30 giorni, che il bene mobile è strumentale all’attività svolta dall’impresa o per la professione esercitata dal proprietario del veicolo (Dl n. 69 del 2013). Trascorsi 30 giorni dalla notifica del preavviso di fermo amministrativo, senza che il contribuente abbia dato seguito al pagamento oppure alla rateizzazione di quanto richiesto o in mancanza di provvedimenti quali sgravio o sospensione, si procede con l’iscrizione del fermo amministrativo al Pubblico Registro Automobilistico (PRA). La cancellazione del fermo può essere effettuata al saldo del debito o, in caso di rateazione, contestualmente al pagamento della prima rata, consegnando al PRA la liberatoria rilasciata da Equitalia. Nel caso in cui il contribuente e proprietario del veicolo, non proceda al pagamento di quanto richiesto il mezzo potrà essere pignorato e venduto all’asta. L’ipoteca immobiliare, invece, è l’atto che Equitalia iscrive presso la Conservatoria a garanzia del credito degli Enti impositori. L’ipoteca sugli immobili può essere iscritta, sempre previa comunicazione scritta e per debiti complessivamente non inferiori a 20 mila euro, indirizzata al contribuente (c.d. comunicazione di preavviso di iscrizione d’ipoteca), con la quale lo si invita a pagare le somme dovute entro 30 giorni. Trascorso il termine senza che il contribuente abbia dato seguito alla rateizzazione o al pagamento di quanto richiesto o in mancanza di provvedimenti quali sgravio o sospensione, si procede con l’iscrizione dell’ipoteca. La cancellazione dell’ipoteca avviene, senza aggravio di ulteriori spese per il contribuente, contestualmente al saldo del debito; quindi, in caso di rateazione con il pagamento dell’ultima rata. Dopo l’iscrizione di ipoteca, se il debito rimane insoluto o non rateizzato oppure non è oggetto di provvedimento di sgravio o sospensione, se il bene rientra nelle condizioni previste dalla legge, Equitalia potrà procedere al pignoramento e alla vendita dell’immobile.

Le procedure esecutive per legge, invece, sono attivate, dopo gli atti previsti dalle procedure cautelari, per il recupero delle somme iscritte a ruolo dagli Enti impositori. Le procedure prevedono il pignoramento di somme, e il pignoramento e la vendita dei beni mobili e immobili. Prima dell’avvio effettivo delle procedure di espropriazione forzata, si procede con la notifica degli avvisi di intimazione, inviati per cartelle consegnate almeno un anno prima e per le quali non sono state attivate altre procedure. L’avviso di intimazione concede al contribuente 5 giorni di tempo (ovvero il maggior tempo previsti dalle singole disposizioni di legge in base alle quali si opera) per pagare o rateizzare  oppure, per i casi previsti, chiedere la sospensione della riscossione. L’avviso perde efficacia trascorsi 180 giorni dalla data di notifica ma può essere rinnovato.

Al riguardo si cogli l’occasione per ricordare che per il preavviso di ipoteca comunicato al debitore, non è richiesta una specifica motivazione. In tal senso si è espressa recentemente la sentenza n. 33/24/2015 della Ctr Lombardia secondo cui il preavviso equivale alla notifica del titolo esecutivo con il quale ha inizio l’espropriazione forzata immobiliare. Questo orientamento ribadisce quanto deciso dalla Suprema Corte di cassazione con la sentenza n. 19667 del 2014. Secondo i giudici il preavviso di iscrizione di ipoteca non è un provvedimento dell’autorità amministrativa, ma un atto preliminare del procedimento di riscossione, compiuto da un soggetto privato, sebbene in forza di concessione amministrativa. Per questo motivo è da escludere l’applicabilità dell’articolo 7, comma 1, dello Statuto del contribuente, di cui alla legge n. 212 del 2000, secondo cui «gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati» in base a quanto prescritto dall’articolo 3 della legge n. 241 del 1990 sulla motivazione dei provvedimenti amministrativi. È applicabile, invece, il capoverso dell’articolo 7, contenente prescrizioni sul contenuto minimo degli atti riferibili anche ai concessionari (ad esempio l’indicazione del responsabile del procedimento). L’avviso è, dunque, una comunicazione con funzione d’invito al pagamento del dovuto, in forza di titoli esecutivi già formati nel procedimento, in linea con quanto prevede l’articolo 49 del Dpr n. 602 del 1973 in relazione ai poteri del creditore. Sotto questo profilo, il preavviso è analogo alla notificazione di titolo esecutivo con la quale ha inizio l’espropriazione forzata immobiliare. Secondo i giudici della Ctr Lombardia l’atto che preannuncia l’iscrizione d’ipoteca deve essere notificato al contribuente prima di essere eseguito, in virtù del rispetto del diritto di difesa mediante l’attivazione del contraddittorio endoprocedimentale; principio anche questo che ribadisce quanto sopra rappresentato dalla Cassazione. Infatti, il Dlgs n. 546 del 1992, articolo 21, prescrive che gli atti impugnabili, elencati nell’articolo 19 del medesimo decreto (tra i quali è enunciata anche l’iscrizione ipotecaria) debbano essere impugnati entro 60 giorni dalla relativa notificazione. I giudici rilevano, infine, che, quando si verificano i presupposti di legge, l’iscrizione ipotecaria è atto dovuto in base all’articolo 77 del Dpr 602 del 1973. Di conseguenza, una volta rispettate le garanzie di legge, il preteso vizio di motivazione non si tradurrebbe in ogni caso in motivo di nullità.

Ad ogni modo, si dà corso alle procedure esecutive per la vendita all’asta dei beni, in caso di debiti per i quali persiste il mancato pagamento e soltanto in presenza delle condizioni stabilite dalla legge. In particolare, il pignoramento immobiliare non può essere effettuato se l’immobile ha tutte le seguenti caratteristiche:

  1. è destinato ad uso abitativo e il debitore vi risiede anagraficamente;
  2. è l’unico immobile di proprietà del debitore;
  3. non è di lusso, (cioè con le caratteristiche previste dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, ovvero è una villa (A/8), un castello o un palazzo di eminente pregio artistico o storico (A/9).

Negli altri casi si può procedere al pignoramento dell’immobile e all’esecuzione del procedimento (vendita all’asta) solo se:

  1. l’importo del debito iscritto a ruolo è superiore a 120.000 euro;
  2. sono passati almeno sei mesi dall’iscrizione di ipoteca e il debitore non ha pagato.

La legge prevede che il contribuente d’intesa con Equitalia, possa vendere personalmente l’immobile pignorato o ipotecato entro i 5 giorni che precedono il primo incanto oppure, nel caso un cui non si realizzi la vendita, entro il giorno precedente al secondo incanto.

In questo caso l’intero ricavato sarà versato direttamente ad Equitalia che utilizzerà l’importo per il saldo del debito e restituirà al contribuente l’eventuale somma eccedente entro i 10 giorni lavorativi successivi all’incasso.

Pignoramento verso terzi

Il pignoramento verso terzi prevede per Equitalia la possibilità di recuperare le somme dovute dal contribuente-debitore attraverso i crediti da lui vantati da un terzo. Con questa procedura si richiede al terzo di versare quanto da lui dovuto al contribuente-debitore, direttamente ad Equitalia. In questo caso, il terzo deve procedere con il pagamento entro 60 giorni oppure rendere una dichiarazione in cui certifica l’inesistenza / insussistenza del debito. Interventi graduali, invece, sono previsti in caso di pignoramento di stipendio o pensione o di importi derivanti da rapporto di lavoro, a tutela delle persone con meno disponibilità economica. In particolare:

  1. fino a 2.500 euro, la quota pignorabile è un decimo;
  2. tra 2.500 e 5.000 euro, la quota pignorabile è un settimo;
  3. sopra i 5.000 euro, la quota pignorabile è un quinto.

Il pignoramento può essere effettuato anche sulle somme depositate sul conto corrente, ad esclusione dell’ultimo stipendio o pensione che resta sempre disponibile per qualsiasi necessità del debitore.

L’impugnativa dell’atto di pignoramento

La Corte di Cassazione, con la sentenza 8618 del 29 aprile 2015 ha chiarito che l’atto di pignoramento presso terzi non è impugnabile innanzi al giudice tributario anche se emanato per riscuotere le entrate fiscali. Per le sezioni unite, una volta accertato che la cartella di pagamento sia divenuta definitiva, purché regolarmente notificata e non impugnata, viene meno la possibilità di formulare contestazioni sul rapporto tributario e i suoi elementi costitutivi, assegnate alla cognizione delle commissioni tributarie. Appartengono, infatti, alla giurisdizione del giudice ordinario gli atti posti in essere durante la successiva espropriazione forzata, atti che non propongono questioni di natura tributaria, ma riguardano le situazioni giuridiche tutelabili dinanzi al giudice dell’esecuzione. Si ricorda peraltro che l’articolo 2 del D.lgs n. 546 del 1992, nell’esplicitare l’oggetto della giurisdizione tributaria, puntualizza che restano escluse dalla stessa le controversie connesse agli atti dell’esecuzione forzata successivi alla notifica della cartella di pagamento e dell’avviso di intimazione di pagamento, disciplinato dall’articolo 50 del Dpr n. 602 del 1973. Attraverso questa esclusione viene ad essere delineato il confine tra le controversie sul titolo, di competenza del giudice tributario, e quelle sull’esecuzione, che sono affidate alla cognizione del giudice ordinario.

Dichiarazione stragiudiziale

La dichiarazione stragiudiziale è la dichiarazione resa da un soggetto terzo, che risulta debitore del contribuente iscritto a ruolo, rilasciata all’agente della riscossione, ai fini della riscossione. Secondo la legge, trascorsi i 60 giorni dalla notifica della cartella/avviso, Equitalia, prima di procedere al pignoramento di crediti presso terzi (nelle forme ordinarie o speciali) ed anche contemporaneamente all’adozione delle azioni esecutive e cautelari previste dalla legge, può chiedere a soggetti terzi, debitori del soggetto che è iscritto a ruolo, di indicare per iscritto, possibilmente in modo dettagliato, le cose e le somme da loro dovute al debitore principale.

I rimedi che possono essere attivati nei confronti di Equitalia

Il contribuente che non riesce a pagare le cartelle in un’unica soluzione può chiedere a Equitalia di rateizzare il debito fino a un massimo di 10 anni. Può scegliere tra rate fisse o crescenti. Se il debito è inferiore a 50 mila euro il contribuente può richiederla con una domanda semplice, senza aggiungere alcuna documentazione. In questo caso accede automaticamente al piano ordinario per pagare il debito fino a un massimo di 72 rate. Per importi superiori a 50 mila euro è necessario presentare alcuni documenti che attestino lo stato di difficoltà economica e la situazione della famiglia. In base alle condizioni di difficoltà che sta attraversando, si può comunque chiedere un piano ordinario o straordinario. Il piano ordinario permette di ottenere fino a un massimo di 72 rate mensili (6 anni). Se non si è successivamente in grado di sostenere il pagamento del debito secondo il piano ordinario di 72 rate mensili, il contribuente può chiedere un pagamento più lungo fino a un massimo di 10 anni (120 rate). Il piano straordinario, invece, può essere concesso in caso di comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica, per ragioni estranee alla propria responsabilità e l’importo della singola rata deve essere superiore al 20% del reddito mensile, risultante dall’Indicatore della Situazione Reddituale (ISR) indicato nel modello Isee. La rateazione decade in caso di mancato pagamento di otto rate anche non consecutive. Finché il contribuente è in regola con i pagamenti, Equitalia non può attivare nessuna procedura cautelare o esecutiva.

Può accedere che si paghi più del dovuto, e in questo caso il contribuente ha diritto al rimborso da parte dall’ente creditore attraverso l’aiuto di Equitalia. In particolare, per somme versate in eccesso superiori a 50 euro, Equitalia notifica una comunicazione di rimborso. Il contribuente entro 3 mesi dovrà recarsi allo sportello indicato e scegliere se ritirare le somme oppure chiedere che il rimborso sia fatto con bonifico. Scaduti i 3 mesi, Equitalia è obbligata a restituire il rimborso all’ente che lo ha autorizzato e da quel momento in poi il rimborso dovrà essere chiesto direttamente all’ente. Cosa diversa quando si paga un tributo annullamento successivamente, in modo totale o parziale da parte dell’ente creditore. Equitalia può invitare il contribuente a ritirare il rimborso allo sportello o a comunicare le coordinate bancarie per riceverlo tramite bonifico. Ciò accade quando l’ente impositore abbia rilasciato formale autorizzazione. In caso contrario, il rimborso deve essere chiesto al comune. Infine, il contribuente può sempre decidere se vanta crediti d’imposta ovvero crediti commerciali di utilizzarli per pagare eventuali debiti. Più in particolare, per effetto del Dl n. 78 del 2010 e del successivo decreto attuativo Mef del 10 febbraio 2011, è possibile pagare, anche parzialmente, le somme iscritte a ruolo per imposte erariali (Irpef, Ires, Iva)  e i relativi oneri accessori (compresi gli aggi e le spese a favore dell’agente della riscossione), compensandole con i crediti relativi alle imposte erariali stesse. In tal caso è necessario utilizzare il modello “F24 accise” (codice tributo RUOL), Se il pagamento riguarda solo una parte delle somme dovute, è possibile presentare a Equitalia lo specifico modulo con cui si dichiari l’avvenuto pagamento in compensazione tramite “F24 accise” e indicare a quale parte del debito erariale imputare il pagamento. In quest’ultimo caso la scelta dei debiti da compensare va effettuata entro 3 giorni dal conferimento della delega di pagamento se si presenta il modello “F24 accise” tramite banche, poste ed Entratel oppure, contestualmente, se si presenta il modello “F24 accise” agli sportelli dell’agente della riscossione. Invece, se si vanta un credito commerciale ed il relativo pagamento non è stato eseguito, è possibile utilizzare questo credito per pagare i debiti oggetto di cartelle di pagamento. Per procedere è indispensabile che l’amministrazione interessata certifichi il credito tramite l’apposita piattaforma informatica del Ministero dell’Economia e delle Finanze - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato.

Le novità apportate dal D.lgs n. 159 del 2015

Il decreto legislativo n. 159 del 2015 prevede che per i nuovi piani per i nuovi piani concessi a partire dal 22 ottobre 2015, la decadenza dalla rateizzazione si verifichi in caso di mancato pagamento di 5 rate, anche non consecutive. Tuttavia se è saldato l’importo delle rate scadute, si ha l’opportunità di chiedere ad Equitalia un nuovo piano di dilazione e di riprendere i pagamenti. Inoltre, finché si è in regola con i pagamenti, Equitalia non può attivare nessuna procedura cautelare (fermo o ipoteca) o esecutiva (pignoramenti). Infine, in presenza di una sospensione giudiziale o amministrativa, è possibile interrompere i pagamenti delle rate, limitatamente ai tributi interessati, per tutta la durata del provvedimento.

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