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SPUNTI DI INNOVAZIONE NELLA QUALITA DELLA REGOLAMENTAZIONE

di Daniele Perugini

Regole chiare, intellegibili e ben formulate sono tra i fattori chiave per la competitività dei Paesi e la loro capacità di attrarre investimenti. Il “fattore normativo”, la certezza del diritto e la fluidità dell’eventuale contenzioso, sono elementi che, unitamente ai vincoli economici e fiscali, determinano lo sviluppo di una Nazione. Come testimoniano alcuni interventi anche recenti sul dibattito pubblico e la qualità della regolamentazione che prevedono la partecipazione degli amministrati al processo decisionale, la strada dell’innovazione, sospinta principalmente a livello comunitario e supportata anche dai moderni studi sull’economia comportamentale, è ormai tracciata.

La crisi economica dalla quale, non senza fatica, il nostro Paese, l’Europa e l’intero mercato globalizzato stanno tentando di emergere, ha dimostrato che, oltre ai modelli di governance monetaria e finanziaria, è fondamentale un legame tra la regolazione normativa e amministrativa e le politiche economiche, a prescindere dall’eventuale intervento del sistema pubblico nell’economia. Negli ultimi decenni si sta consolidando presso il decisore pubblico la consapevolezza che la qualità della regolamentazione costituisca un elemento imprescindibile per l’efficacia delle decisioni.

UN BUON PROCESSO DECISIONALE. Seppur in una forma estremamente semplicistica, ogni processo decisionale va considerato come il risultato di scelte tra almeno due alternative - inclusa quella di ≪non intervento≫ - all’interno di un percorso che non sempre può essere cosciente e determinato, come insegna la dottrina sui modelli decisionali. Ma, a prescindere dal modello adottato, l’esercizio di un potere decisionale caratterizzato da razionalità presuppone una serie di elementi essenziali, all’interno di un processo che si attiva con l’identificazione della necessità regolatoria e la definizione degli obiettivi, sul presupposto di dati e informazioni accuratamente raccolte ed elaborate e previa individuazione delle alternative praticabili, così da costruire con criteri e metodi ottimali un modello regolatorio in funzione dei risultati attesi. Tutto ciò sembra essere stato considerato più che sufficiente nei decenni passati, ma a partire dagli Anni Novanta del secolo scorso, il legislatore, sulla spinta delle istanze comunitarie in tal senso, ha progressivamente approcciato a metodologie e tecniche di normazione che si avvalgono di un sistema regolatorio caratterizzato da una maggiore partecipazione pubblica al processo decisionale e dall’utilizzazione di strumenti volti a supportare valutazioni ex ante e ex post dell’intervento regolatorio a livello politico, amministrativo e, non ultimo, dirigenziale. Al successo di ogni intervento pubblico contribuiscono, infatti, diversi elementi – quali la disponibilità finanziaria, di infrastrutture e di servizi, adeguati al contesto e agli obiettivi dell’azione regolatoria – e, nondimeno, anche delle buone regole, intese come norme che supportano il processo decisionale pubblico caratterizzandolo per effettività, produttività e, più in generale, per “qualità della regolamentazione”. L’attenzione del decisore pubblico - attraverso un lungo percorso che si avvia formalmente con le riforme Bassanini e, negli anni, prosegue con disposizioni di rango legislativo e regolamentare (principalmente attraverso l’attuazione di deleghe, DPCM, Direttive e specifiche Linee guida) - si concentra, quindi, sugli strumenti di partecipazione pubblica (attraverso la consultazione e, da ultimo, il dibattito pubblico) e su quelli riferibili al drafting, alla preventiva “analisi di impatto” e alla successiva “valutazione di impatto” della regolamentazione (rispettivamente individuate con gli acronimi AIR e VIR), nonché dall’analisi tecnico-normativa (la c.d. ATN) dell’intervento definitorio del processo decisionale. Si attiva così un processo virtuoso che, a partire dall’analisi ex ante, supporta il decisore pubblico fin dalla fase di ideazione e, successivamente, di definizione dell’agenda delle politiche pubbliche, valuta l’opportunità e determina confini e metodi dell’intervento (o del non intervento, se viene ritenuto ottimale conservare la disciplina nello status quo) e, avvalendosi dei feedback dei destinatari e della valutazione dell’impatto dell’intervento normativo (VIR), si riattiva ciclicamente, implementando le politiche pubbliche al fine del raggiungimento degli obiettivi prefissati. L’attenzione del decisore pubblico, infatti, non è rivolta solamente ai prodotti, cioè a quanto una politica genera nel momento della sua esplicitazione, ma anche agli impatti (outcomes), cioè a ciò che l’intervento riesce a causare rispetto ai suoi destinatari diretti ed indiretti nel traguardare le finalità sottese alla norma.

IL DRAFTING. Fare una buona norma significa scrivere un testo chiaro, coerente e accessibile da parte degli interessati, avvalendosi del supporto di metodi e tecniche di redazione degli atti normativi e amministrativi. Un testo normativo o amministrativo deve essere linguisticamente accessibile al cittadino, nei limiti permessi dalla complessità dei suoi contenuti; nella redazione si deve tener conto delle conoscenze linguistiche e delle esigenze di comprensione di coloro ai quali i testi si applicano e di coloro che li applicano e, in ogni caso, vanno escluse formulazioni inutilmente complesse. Con riferimento alla qualità degli atti normativi rilevano sicuramente le regole di drafting, che stentano ad affermarsi nel nostro ordinamento, quali ad esempio quelle che vietano l’abrogazione implicita ed obbligano il legislatore al richiamo espresso delle norme oggetto di rinvio. Con riguardo agli atti amministrativi, invece, è tra l’altro disponibile una guida redatta nel 2011 (ed attualmente in corso di revisione) dall’Istituto di teoria e tecniche dell’informazione giuridica del CNR, che attiene principalmente ad aspetti linguistici e di struttura.

L’ANALISI DI IMPATTO. L’analisi dell’impatto della regolamentazione si sostanzia in una valutazione ex ante delle decisioni pubbliche, al principale scopo di migliorarne quantità e qualità delle informazioni a disposizione del policy-maker ben prima che un nuovo progetto venga definito con precisione. Tra gli indubbi vantaggi di una valutazione ex ante vi sono l’ampliamento e l’approfondimento delle caratteristiche sistemiche dell’ambito oggetto di possibile regolamentazione (con valutazione delle possibili policy ed anche della cosiddetta ≪opzione zero≫, cioè l’opportunità di non intervenire sul quadro normativo esistente), sia il maggiore controllo sulle politiche pubbliche. Grazie alla successiva VIR si sostanzia poi il controllo dei risultati, il miglioramento della qualità dei provvedimenti e, non da ultimo, la maggiore trasparenza del processo decisionale.  Con l’articolo 12, della legge n. 229/2003 l’obbligo di effettuare l’analisi di impatto della regolamentazione, già in sperimentazione dal 1999 per gli atti del Governo, è stato esteso anche alle Autorità amministrative indipendenti , richiedendo che queste si dotassero, nei modi previsti dai rispettivi ordinamenti, di forme o metodi di analisi dell’impatto della regolamentazione per l’emanazione di atti di competenza e, in particolare, di atti amministrativi generali, di programmazione o pianificazione e, comunque, di regolazione. Molte Autorità (anche se non ancora tutte) ricorrono in modo ormai stabile all’AIR, adottando peraltro percorsi e metodi di analisi piuttosto avanzati, almeno nel panorama nazionale.

L’ANALISI TECNICO-NORMATIVA.  Unitamente alle altre relazioni previste a corredo degli atti normativi, l’ATN rappresenta un ulteriore strumento idoneo a supportare la qualità della regolazione e ad assicurare la trasparenza nell'iter di proposta, modifica e approvazione dei provvedimenti normativi del Governo. L'ATN è contenuta in una relazione che accompagna gli schemi di atti normativi adottati dal Governo ed i regolamenti, ministeriali o interministeriali ed è volta a verificare l'incidenza della normativa proposta sull'ordinamento giuridico vigente, dando conto della sua conformità alla Costituzione, alla disciplina comunitaria e agli obblighi internazionali, nonché dei profili attinenti al rispetto delle competenze delle regioni e delle autonomie locali e ai precedenti interventi di delegificazione. L'analisi è condotta anche alla luce della giurisprudenza rilevante esistente, sia nazionale che comunitaria, e tiene conto di eventuali giudizi pendenti sul medesimo o analogo oggetto nonché dell'eventuale esistenza di procedure d'infrazione da parte della Commissione europea. L'ATN, inoltre, dà conto anche di eventuali progetti di modifica della stessa materia già in corso di esame e, dal punto di vista del drafting, illustra altresì la correttezza delle definizioni e dei riferimenti normativi contenuti nel testo della normativa proposta, nonché delle tecniche di modificazione e abrogazione delle disposizioni vigenti, riportando eventuali soluzioni alternative prese in considerazione ed escluse.

LA VALUTAZIONE D’IMPATTO.  La VIR consente una valutazione dell’efficacia e della produttività della norma nella sua applicazione e rispetto alle finalità raggiunte. Dalle risultanze della VIR si può riattivare il percorso ciclico della regolamentazione (modifica, implementazione, abrogazione), avvalendosi anche dei feedback raccolti presso i destinatari della norma cui si riferisce. L’articolo 14 della legge n. 246/2005 reca disposizioni anche con riguardo alla VIR, enunciando che la verifica dell’impatto della regolamentazione consiste nella valutazione, anche periodica, del raggiungimento delle finalità e nella stima dei costi e degli effetti prodotti da atti normativi sulle attività dei cittadini e delle imprese e sull’organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni. In tema di qualità della regolamentazione a livello degli enti territoriali, nelle previste Relazioni annuali alle Camere viene confermato il variegato quadro caratterizzato da iniziative che pongono l’accento, in particolare, più che sull’analisi di impatto, sulla valutazione successiva degli effetti della regolamentazione, con un ampio ricorso all’inserimento nelle leggi regionali di clausole valutative sull’attuazione di normative e verifica dei risultati. Va peraltro rilevato che la procedura prevista rischia di riprodurre, enfatizzandoli, i vizi che hanno finora caratterizzato il sistema di AIR delle amministrazioni centrali, specie con riferimento alla predisposizione della scheda AIR con un’enfasi sulla redazione della stessa può favorire un approccio formalistico e la tendenza a identificare l’AIR con una sorta di giustificazione a posteriori del provvedimento.

IL NUOVO REGOLAMENTO PER LA QUALITÀ DELLA NORMAZIONE. Nel nostro Paese, la disciplina della qualità della regolamentazione, sulla spinta delle iniziative comunitarie e delle esperienze delle amministrazioni dei Paesi anglosassoni e sulla scorta delle istanze di rinnovamento promosse dal New Public Management, ha preso consistenza con l’articolo 20 della legge n. 59/1997, la prima delle riforme Bassanini che ha posto le basi per avviare un processo sistematico di semplificazione normativa, congiuntamente al processo di semplificazione amministrativa. Con successivi interventi normativi e regolamentari, sulla scorta delle risultanze di una duplice sperimentazione e dei feedback derivanti da specifiche consultazioni, a partire dal 2017, al termine di un lungo iter, sono stati emanati nuovi provvedimenti attuativi in materia di AIR, VIR e consultazioni. In particolare, a seguito dell’adozione del DPCM 15 settembre 2017, n. 169, rubricato “Regolamento recante disciplina sull'analisi dell'impatto della regolamentazione, la verifica dell'impatto della regolamentazione e la consultazione", sono stati abrogati i due precedenti regolamenti (cioè il DPCM n. 170/2008, riguardante l’AIR e il DPCM n. 212/2009, inerente la VIR), riunendo in un unico provvedimento la nuova disciplina per AIR e VIR, nonché, per la prima volta, le fasi di consultazione ad esse correlate. Con la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 16 febbraio 2018 sono stati invece introdotti nuovi modelli di relazione AIR e VIR, sono state fornite indicazioni tecniche e operative alle amministrazioni statali per l'applicazione degli strumenti per la qualità della regolamentazione. Il nuovo regolamento è basato su un approccio circolare alla regolamentazione, ove AIR, VIR e consultazione rappresentano degli strumenti integrati che concorrono alla qualità del processo normativo, attivi in tutte le fasi, dall’individuazione di fabbisogni e priorità, all’ideazione e realizzazione degli interventi, sino alla loro revisione. Anche al fine di migliorare la qualità delle relazioni AIR prodotte dalle amministrazioni e di potenziare dunque il ricorso a tale strumento, il nuovo regolamento n. 169/2017 ha previsto, tra l'altro, il potenziamento della programmazione dell'attività normativa e, conseguentemente, di quella di analisi dell'impatto, nonché la concentrazione dell'impegno delle amministrazioni e delle risorse valutative sulle iniziative normative di impatto significativo su cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni, con conseguente ampliamento dei casi di esclusione dall'AIR. Nel nuovo Regolamento, al fine di garantire maggiore trasparenza in ogni fase del procedimento, è poi prevista la pubblicazione sui siti web istituzionali delle amministrazioni procedenti e del Governo dei Programmi normativi semestrali, delle richieste di esenzione dall’AIR, delle relazioni AIR verificate dal Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (DAGL), dei Piani biennali per la valutazione e revisione della regolamentazione, delle relazioni VIR validate dal DAGL e delle iniziative di consultazione. Nella Gazzetta Ufficiale n. 83 del 10 aprile 2018 è stata pubblicata, con la Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 febbraio 2018, la guida all’analisi e alla verifica dell’impatto della regolamentazione che, come previsto dal nuovo regolamento di disciplina dell’AIR, della VIR e della consultazione, fornisce alle amministrazioni statali indicazioni tecniche e operative per lo svolgimento dell’AIR, della VIR e delle relative attività di consultazione. Per quanto concerne AIR e VIR, la nuova guida offre non solo un’articolata batteria di supporti metodologici (indicatori, schemi-standard, check-list) ma anche una serie di domande-chiave utili per orientare le amministrazioni verso un uso strategico degli strumenti di valutazione dell’impatto che assicuri il raccordo tra le motivazioni degli interventi di regolazione, gli obiettivi delle norme e le ricadute della loro attuazione.

ALCUNE INIZIATIVE INTERNAZIONALI. Sui temi della semplificazione e della Better Regulation, il Dipartimento della funzione pubblica e il DAGL della Presidenza del Consiglio partecipano alle attività dei gruppi di lavoro istituiti presso il Consiglio e la Commissione Europea e dell’OCSE. Le iniziative nazionali in materia di analisi e impatto della regolamentazione si collegano ad analoghe iniziative dell'Unione europea: in particolare, l‘accordo interistituzionale "Legiferare meglio" è stato firmato il 13 aprile 2016 dai Presidenti di Parlamento europeo, Consiglio dell'UE e Commissione europea ed è entrato in vigore il giorno stesso, in sostituzione del precedente accordo del 2003, che era rimasto in gran parte non attuato. Le istituzioni europee stanno attualmente procedendo nel percorso volto a potenziare il ruolo svolto dal principio di innovazione scientifica, tecnologica ed economica nella politica della regolazione.

L’APPORTO DELLE SCIENZE COGNITIVE. Alcune volte le regole sono inefficaci non perché siano “mal scritte”, ma perché è errata la strutturazione dell’intervento regolatorio (la cosiddetta architectural choice, architettura della scelta), poiché non viene interamente compresa la natura del suo destinatario: le scienze comportamentali aiutano a comprendere i bias cognitivi e comportamentali degli individui e delle collettività. Alcuni recenti studi hanno infatti evidenziato che le indicazioni sui comportamenti consentono di migliorare l’efficacia della regolazione. Regolare sulla base di dati empirici rilevati alla luce delle indicazioni delle scienze cognitive è un approccio che porta i decisori pubblici che vi fanno ricorso (quanto meno per le regolazioni più rilevanti) all’avanguardia tra i regolatori mondiali. A titolo di esempio, si rimarca che nelle Linee guida di cui alla direttiva del 2018 viene riportato un innovativo approfondimento dedicato alle implicazioni degli studi di economia comportamentale per la prevenzione di errori cognitivi nei processi decisionali. La nuova Guida rinviene nelle consultazioni lo strumento essenziale per applicare i modelli dell’economia comportamentale nel tentativo di applicare le euristiche in conformità agli obiettivi fissati dal regolatore. In altri termini, in sede di analisi ex ante dell’impatto della regolazione, e, analogamente, in sede di valutazione ex post ci si potrebbe avvalere delle osservazioni sui comportamenti e modulare e riadattare l’intervento normativo utilizzando le tecniche proprie del nudging, le cosiddette “spinte gentili” in una logica orientata, cioè, a rendere gli atti regolatori il più possibile capaci di produrre un fenomeno di conformazione spontanea agli obiettivi che la regolazione si pone.

IL DIBATTITO PUBBLICO. Sul tema della qualità della regolamentazione stanno emergendo all’orizzonte alcuni spunti di innovazione, incentrati su un ampliamento, nella fase precedente all’introduzione regolatoria, della partecipazione da parte degli stakeholder al processo normativo, così da arricchire di informazioni e dati la fase di analisi di impatto ex ante. Tra gli interventi normativi che recentemente hanno recepito tale esigenza, particolare interesse suscita il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 maggio 2018, n. 76, sul dibattito pubblico, istituto già introdotto dal Decreto legislativo n. 50/2016 (recante il nuovo Codice dei contratti pubblici) che prevede l’obbligo di coinvolgere le comunità locali nella realizzazione di opere di rilevante impatto ambientale, sociale ed economico. Nel Decreto n. 76/2018, rubricato “Regolamento recante modalità di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico”, sono state definite, per l’appunto, le modalità di svolgimento e il termine di conclusione del dibattito pubblico, nonché le modalità di monitoraggio sull’applicazione del nuovo istituto. A tal fine è stata prevista l’istituzione, senza oneri a carico della finanza pubblica, di una commissione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il compito di raccogliere e pubblicare informazioni sui dibattiti pubblici in corso di svolgimento o conclusi, e di proporre raccomandazioni per lo svolgimento della procedura sulla base dell’esperienza maturata. Gli esiti del dibattito pubblico e le osservazioni raccolte saranno valutati in sede di predisposizione del progetto definitivo e discusse in seno alle conferenze di servizi relative alle opere sottoposte alla procedura. La nuova normativa riguarderà gli interventi avviati dopo il 24 agosto 2018, data di entrata in vigore del decreto. Il dibattito pubblico, organizzato e gestito in relazione alle caratteristiche dell’intervento e alle peculiarità del contesto sociale e territoriale di riferimento, consiste in incontri di informazione, approfondimento, discussione e gestione dei conflitti, in particolare nei territori direttamente interessati, e nella raccolta di proposte e posizioni da parte di cittadini, associazioni, istituzioni. I contenuti del provvedimento si pongono in linea di continuità con quanto previsto dalla nuova disciplina dell’AIR, della VIR e della consultazione: tra gli aspetti innovativi introdotti dal DPCM con riguardo alla programmazione normativa, viene introdotta, per la prima volta, una disciplina della consultazione nell’ambito delle procedure di AIR e VIR, nonché la pubblicazione delle relazioni AIR e VIR sui siti istituzionali delle Amministrazioni e del Governo. Con riguardo alle analogie e differenze che caratterizzano l’istituto del dibattito pubblico e quello della consultazione, va rilevato che se il primo ha finalità deliberative, ossia ha l’obiettivo di contemperare posizioni diverse in sede di consultazione, l’altro ha una finalità prevalentemente partecipativa e informativa. Un’altra differenza sta nei soggetti che svolgono le attività di partecipazione, in quanto per le procedure di consultazione in ambito regolatorio sono le amministrazioni pubbliche stesse a condurre le attività, mentre nel dibattito pubblico si prevede che a coordinare le attività siano soggetti dotati di terzietà.

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