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Le Sezioni Della Corte dei Conti sul Fondo

a cura di Arturo Bianco

Nei comuni senza dirigenti, ai fini della determinazione del tetto del fondo, si possono sommare le risorse per il salario accessorio delle posizioni organizzative. La costituzione dei fondi per la contrattazione decentrata è una scelta che appartiene alla sfera delle prerogative dell’ente. Le amministrazioni che non hanno rispettato il patto non possono inserire nei fondi per la contrattazione decentrata risorse aggiuntive. I vincoli del tetto del fondo e della sua riduzione rispetto al 2015 in caso di diminuzione del personale in servizio, tenendo conto delle capacità assunzionali, sono ancora in vigore. In tale direzione si sono espresse le sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti.

LA QUANTIFICAZIONE DEL FONDO

Possibilità di sommare, ai fini del calcolo del tetto, i fondi per la contrattazione decentrata e le risorse che, negli enti senza dirigenti, sono destinate al trattamento economico accessorio delle posizioni organizzative. E’ questa la principale indicazione contenuta nella deliberazione della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Toscana n. 59/2016. In primo luogo leggiamo, sulla scorta del parere della sezione autonomie n. 26/2014, che si deve ritenere che, “nella quantificazione del tetto di spesa rientrino anche le somme stanziate in bilancio e destinate al trattamento accessorio del personale, ancorchè finanziate con risorse a carico del medesimo bilancio dell’ente.

In secondo luogo ci viene detto che nel comma 236 della legge n. 208/2015, la disposizione che detta il tetto del fondo 2015 come soglia massima per i fondi per la contrattazione decentrata ed obbliga le amministrazioni alla loro riduzione in misura proporzionale alla diminuzione del personale in servizio tenendo conto di quello assumibile, non sembra rinvenirsi “un limite distinto tra il fondo delle risorse decentrate e le poste contabili del bilancio dell’ente per l’indennità di posizione e risultato, limitandosi, la norma in esame, nel suo tenore letterale ad una previsione di carattere generale sul contenimento della spesa per tali tipologie di risorse”.

Il parere afferma due ulteriori importanti principi:
1) “il limite di spesa posto, per quegli enti che si associano mediante convenzione per l’utilizzo del personale, va calcolato sul complesso delle spese destinate al salario accessorio sostenuto dagli enti associati;

2) nel calcolo del fondo 2015 occorre, sulla scorta dei principi di carattere generale fissati per il calcolo del tetto di spesa del personale, si vedano i pareri della sezione autonomie n. 25/2014, 27/2015 e n. 16/2016, fare riferimento alle risorse che sono state effettivamente sostenute; “il limite fissato dalla spesa 2015, se correttamente calcolato nel rispetto del comma 557 quater (nda della legge n. 296/2006 e smi), è un limite statico, modificabile esclusivamente per le spese afferenti il trattamento accessorio del personale globalmente inteso, in misura proporzionale additiva o diminutiva in relazione alla capacità assunzionale o alle riduzioni di personale in servizio dell’ente”.

LA COSTITUZIONE DEL FONDO

La costituzione del fondo per la contrattazione decentrata è un atto che appartiene alla sfera dell’autonomia dell’ente e tale prerogativa deve essere esercitata nell’ambito e nei limiti del dettato normativo e contrattuale. Sono queste le principali indicazioni contenute nel parere della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti del Lazio n. 8/2017.

Leggiamo espressamente che deve essere considerata “indiscussa la natura di atto unilaterale di pianificazione finanziaria, non contrattabile, dell’atto di costituzione del fondo dedicato alla contrattazione integrativa (cfr. circolare Ministero dell’economia e delle finanze n. 25/2012 e Sezione regionale di controllo Veneto deliberazione n. 263/2016/PAR) e la sua conseguente natura necessariamente prodromica alla contrattazione stessa”. Ed ancora che occorre fare riferimento ai “limiti normativi e contrattuali che presiedono l’annuale determinazione dei fondi integrativi decentrati (cfr. Sezione regionale di controllo Friuli Venezia Giulia deliberazione 97/2014/PAR)”.

L’AUMENTO DEL FONDO ED IL MANCATO RISPETTO DEL PATTO

Non è possibile mantenere nel fondo risorse aggiuntive destinate al personale se l’ente non ha rispettato il patto di stabilità, anche se questo mancato rispetto riguarda una provincia in presenza dell’allentamento delle sanzioni per la inadempienza di questo vincolo da parte di tali amministrazioni. In questa direzione vanno le indicazioni della deliberazione della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Sicilia n. 32/2017.

Il riferimento è alle previsioni dell’articolo 26, comma 3, del CCNL 23.12.1999 dei dirigenti che consente l’incremento del fondo in presenza di aumento del numero dei dirigenti in servizio per la copertura di posti di nuova istituzione. Le deroghe legislative sulle sanzioni per le amministrazioni provinciali che non hanno rispettato il patto non si estendono al divieto di incremento del fondo da parte di queste amministrazioni. Leggiamo che “le ulteriori previsioni sanzionatorie debbano essere applicate nei confronti degli enti inadempienti già a partire dall’esercizio finanziario successivo ovvero nell’esercizio successivo a quello di accertamento. L’articolo 40 ha anche previsto che un’eventuale sottoscrizione di contratti integrativi in sede decentrata in violazione dei vincoli di legge comporterebbe la nullità delle relative clausole e la sostituzione delle stesse sulla base di quanto previsto dagli articoli 1339 e 1419 del Codice Civile ed il successivo recupero delle somme indebitamente corrisposte”.

LA DURATA DEL TETTO AL FONDO

Le disposizioni della legge di stabilità 2016 che dettano un tetto al fondo per la contrattazione decentrata sono da ritenere pienamente in vigore e la loro cessazione si concretizzerà soltanto sulla base di una specifica scelta legislativa. Sono queste le principali indicazioni contenute nel parere della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Puglia n. 6 del 24 gennaio 2017.

Leggiamo nel parere che “la norma introduce una nuova misura di contenimento della spesa della contrattazione integrativa che costituisce uno degli ambiti prioritari di intervento in materia di contrazione della spesa del personale fissati dall’art. 1, comma 557, della L. n. 296/2006; trattasi, peraltro, di disposizione che si colloca nel solco della precedente normativa in materia di blocco del trattamento accessorio prevista dall’art. 9, comma 2 bis, del D. L. 31/05/2010 n. 78”. Per come chiarito dalla sezione autonomie della Corte dei Conti, deliberazione n. 34/2016, gli elementi di novità della nuova disposizione rispetto alle previsioni dettate dal DL n. 78/2010 sono i seguenti: “1) il richiamo espresso delle due condizioni presupponenti la reiterazione del tetto di spesa, vale a dire, il lasso temporale necessario all’adozione dei decreti legislativi attuativi della riforma in materia di personale della Pubblica amministrazione e la sopravvenienza di particolari esigenze di finanza pubblica; 2) l’inserimento dell’inciso tenendo conto del personale assumibile ai sensi della normativa vigente; 3) l’assenza di una analoga previsione diretta a consolidare nel tempo le riduzioni operate al trattamento accessorio per effetto della intervenuta riduzione del personale in servizio ... l’intenzione di prorogare l’operatività del precedente sistema vincolistico in attesa della preannunciata riforma del settore”.
Queste disposizioni non sono costituzionalmente illegittime in quanto la sentenza della Corte Costituzionale n. 251/2016 ha stabilito che la censura riguarda la legge n. 124/2015 e non i suoi provvedimenti attuativi, indicazione questa che è stata fatta propria dal parere del Consiglio di Stato del 9 gennaio 2017 e dal parere della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti dell’Abruzzo n. 252/2016. Leggiamo che “la cessazione degli effetti di una norma, inoltre, può discendere solo dalla volontà espressa o tacita del legislatore ed allo stato attuale non risulta intervenuta né un’espressa abrogazione normativa del comma 236 che contiene, come noto, un richiamo ai predetti decreti legislativi, né l’introduzione di altre disposizioni incompatibili o volte a disciplinare interamente la materia”.

Sulla durata di questa disposizione viene evidenziato, mutuando il parere della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti del Veneto n. 378/2016, che “la legge di stabilità 2016 non prevede un orizzonte temporale precisamente definito come quello previsto dal Legislatore del 2010. Deve aggiungersi, poi, che la norma in esame è espressamente finalizzata ad esigenze di finanza pubblica che spetta soltanto al legislatore valutare ed eventualmente ritenere superate”.

Il parere così conclude: “l’introduzione del comma 236 nella legge di stabilità 2016 conferma e rafforza, pertanto, tale orientamento volto al contenimento della spesa, riproponendo una misura originariamente introdotta con decreto legge ed attualizzandola con il riferimento al limite massimo ricavabile dall’esercizio 2015 (Sezione regionale di controllo per la Toscana, deliberazione n. 269/2016/PAR). Deve, infine, rilevarsi che il Ministero dell’Economia e delle Finanze, Dipartimento della Ragioneria dello Stato, con circolare n. 26 del 7/12/2016, nel fornire indicazioni ed istruzioni per la predisposizione dei bilanci di previsione 2017 di enti ed organismi pubblici, richiama, integralmente, per la disciplina del trattamento accessorio del personale la circolare n. 12/2016, inerente il bilancio di previsione 2016 e che dedicava un apposito paragrafo proprio al comma 236 dell’articolo 1 della legge n. 208/2015, quale nuova misura di contenimento della spesa”.

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