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Dott. Villiam Zanoni

Lettera aperta agli attuari dell’INPS per gli oneri di riscatto e ricongiunzione

pensioniprevDopo anni di silenzio ho ritenuto opportuno redigere la presente lettera aperta rivolta a coloro che per 8 anni hanno fatto finta che non sia cambiato nulla nell’ordinamento previdenziale italiano e che di conseguenza continuano a far pagare oneri molto elevati ai quali non sempre corrispondono benefici effettivi.

Oggetto del contendere sono le operazioni di riscatto e di ricongiunzione onerosa alla base delle quali c’è il concetto di “riserva matematica” introdotto a suo tempo della legge n° 1338/1962, ed in particolare le tabelle attraverso le quali si giunge alla determinazione dei relativi importi.

La vicenda comincia appunto, per il regime dell’Assicurazione Generale Obbligatoria, con l’articolo 13 della legge n° 1338 del 12 agosto 1962, nato per consentire ai datori di lavoro, ovvero ai lavoratori, di sanare le omissioni contributive non più recuperabili per intervenuta prescrizione, attraverso la costituzione di una “rendita vitalizia”.

Al di là della terminologia, si tratta sostanzialmente di un riscatto, la cui tecnica di calcolo ha poi coinvolto anche le diverse tipologie di riscatto, in particolare quello corrispondente alla durata legale del periodo di laurea, fino a trovare applicazione anche a tutte le tipologie di riscatto previste per i dipendenti pubblici.

La stessa tecnica aveva poi nel frattempo trovato applicazione anche ai fini della determinazione degli oneri previsti per la ricongiunzione ai sensi della legge n° 29 del 7 febbraio 1979.

L’ultimo comma dell’articolo 13 della legge n° 1338/1962 aveva poi previsto che “per la costituzione della rendita, il datore di lavoro, ovvero il lavoratore …., deve versare all’Istituto nazionale della previdenza sociale la riserva matematica calcolata in base alle tariffe che saranno all’uopo determinate e variate, quando occorra, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentito il Consiglio di amministrazione dell’Istituto nazionale della previdenza sociale.”.

Costituire la rendita vitalizia, quindi definire la riserva matematica, in pratica altro non è che mettere l’ente di previdenza nella condizione di introitare una somma di entità tale da consentirgli di erogare in futuro quella quota di pensione derivante dal riconoscimento di un determinato periodo contributivo.

Ed ecco che allora scende in campo la matematica attuariale che interviene a ponderare, in particolare nel sistema di calcolo retributivo, tutti i fattori che concorrono a determinare tale onere: l’età del soggetto, la consistenza dell’intero periodo assicurato, la consistenza del periodo di cui viene chiesta la copertura, la consistenza della retribuzione pensionabile del soggetto assicurato.

Più il soggetto è giovane, infatti, più è distante la probabilità che lo stesso possa accedere a pensione di vecchiaia; viceversa, più il soggetto è anziano più tale probabilità si avvicina. Ovviamente più è vicina la probabilità, maggiore è l’onere che l’ente deve sostenere anche in termini finanziari.

Più è consistente la contribuzione complessivamente fatta valore dal soggetto, più è probabile che lo stesso possa accedere alla pensione anticipata, e tanto è maggiore tale probabilità, tanto più è maggiore l’onere che l’ente deve sostenere.

L’entità del periodo da recuperare e l’entità della retribuzione sono solo due variabili del calcolo (più alte sono, ovviamente, più alto è il risultato), ma gli elementi di maggiore difficoltà valutativa sono quelli precedentemente descritti.

Gli attuari, quindi, sulla base di una serie di altri indicatori, hanno costruito delle tabelle di calcolo sulla base dei parametri di valutazione pro-tempore esistenti (requisiti per il diritto a pensione di vecchiaia, requisiti per il diritto a pensione di anzianità, incidenza dei pensionamenti per invalidità, incidenza dei pensionamenti per reversibilità, e soprattutto indici di speranza di vita e di conseguenza durata della vita media).

Tale scenario generò in prima battuta il Decreto Ministeriale del 27 gennaio 1964 con il quale furono emanate le prime tabelle contenenti le tariffe previste, seguito dal Decreto Ministeriale del 19 febbraio 1981 contenente un primo aggiornamento, seguito poi dal Decreto Ministeriale del 31 agosto 2007 contenente un secondo aggiornamento.

Le premesse all’ultimo decreto mettono in evidenza il momento in cui le tabelle sono state costruite, precisando che sono state elaborate dagli attuari dell’INPS e trasmesse al ministero con una nota del 8 marzo 2007, da cui si presume siano state elaborate negli ultimi mesi del 2006.

Ebbene, rispetto a quella data nel frattempo è cambiato il mondo:

  1. l’età pensionabile era di 60 anni per le donne (sia private che pubbliche) e di 65 anni per gli uomini, mentre oggi siamo già a 66 anni e 7 mesi sostanzialmente per tutti;
  2. la pensione di anzianità era acquisibile genericamente con 35 anni di contribuzione e 57 anni di età anagrafica, ovvero con ancora 39 anni di anzianità contributiva, mentre oggi la pensione anticipata è acquisibile con 41 anni e 10 mesi per le donne o 21 anni e 10 mesi per gli uomini.

Riflettendo sulla base di tale scenario se ne ricavano motivi per affermare che le tariffe dovrebbero essere complessivamente rideterminate per tenere conto dei variati criteri di accesso.

Per avere conferma di ciò basta esaminare le tabelle approvate con l’ultimo decreto.

Se prendiamo la tabella 1-bis-M e la tabella 1-bis-F, destinate entrambe a “individui in condizione attiva”, emerge un dato eclatante. La tariffa, infatti, viene individuata dalle coordinate età/anzianità contributiva ed in entrambe si scopre che all’incrocio fra 57 anni di età e 35 anni di contributi, nonché in tutti i valori superiori, non esiste tariffa con la conseguenza che si rinvia alla tabella 3-VM-VF destinata a “individui che acquisiscono una pensione di vecchiaia o di anzianità immediata o la maggiorazione di una pensione di vecchiaia o di anzianità in atto”.

In sostanza si chiede al lavoratore di versare una somma determinata come se il giorno successivo potesse accedere a pensione,mentre in verità tale traguardo è molto più distante.

Dal confronto fra le tariffe delle tabelle 1-bis-M e 1-bis-F con quelle della tabella 3-VM-VF per i rispettivi generi, si ricava immediatamente il maggior onere richiesto.

Tale differenza paradossalmente è ancora più evidente quando la andiamo a definire nell’ambito della ricongiunzione dei periodi assicurativi per le lavoratrici del settore pubblico.

A queste, infatti, la Corte Costituzionale con sentenza n° 764/1988 ha riconosciuto il diritto di applicare, nella definizione della riserva matematica, le stesse tariffe previste per i lavoratori di sesso maschile, salvo poi scoprire che ad una età di almeno 57 anni l’incremento generato dall’uso della tabella 3-VM-VF è ancora più consistente.

Alla fine di tutto ciò appare ampiamente giustificata la richiesta agli attuari di prendere atto del nuovo e diverso scenario previdenziale e di conseguenza riscrivere la tabelle già più volte richiamate.

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