IL DEMANSIONAMENTO
La sentenza della sezione giurisdizionale dell’Abruzzo n. 75/2017 stabilisce he matura responsabilità per i danni che sono stati causati all’amministrazione dal demansionamento di un dipendente. Nel caso specifico “il danno è costituito dall’inutile aggravio di spesa sopportato dall’ente pubblico in conseguenza della condanna al risarcimento dei danni pronunciata dal giudice del lavoro, con sentenza passata in giudicato, in favore di un dipendente dell’ente ritenuto demansionato a causa di un provvedimento organizzativo”. Leggiamo inoltre nella sentenza che “l’elemento soggettivo della colpa grave è insito nella violazione di elementari norme in materia di rapporto di lavoro e governo del personale e, in particolare, in materia di demansionamento dei dipendenti”. Il dirigente avrebbe dovuto assumere le “opportune cautele da adottare previamente alla riorganizzazione del servizio, verificandone o facendone verificare la compatibilità con le singole posizioni individuali alla luce della contrattazione collettiva e della normativa di riferimento”.
Ed ancora “il nesso causale è insito nella diretta consequenzialità tra la imprudente ed imperita condotta del convenuto e l’azione risarcitoria per demansionamento, intentata dal dipendente interessato nei confronti dell’Ente, rimasto inevitabilmente soccombente”. Per la sentenza infine “l’assenza di intenti persecutori in capo al direttore (il quale, come traspare dagli atti, ha comunque operato nell’interesse dell’ente da lui diretto) .., suggeriscono di fare ampio uso del potere di riduzione dell’addebito”.
GLI INCARICHI ESTERNI
L’affidamento di incarichi professionali in assenza dei requisiti e delle condizioni prevista dal legislatore determina la maturazione di responsabilità amministrativa. In questa direzione vanno le indicazioni della sentenza della sezione giurisdizionale della Basilicata n. 62/2017.
In premessa, si deve evidenziare che nel caso specifico, anche se l’incarico formalmente era stato considerato un appalto di servizi, siamo in presenza in termini sostanziali di un incarico esterno di cui al D.Lgs. n. 165/2001, anche se lo stesso è stato conferito ad una società. Si deve arrivare a questa conclusione “indipendentemente dal nomen juris”. Si deve peraltro alla conclusione “che la fattispecie si inquadri nel tipo degli incarichi e delle consulenze esterne” perché viene nella “motivazione del provvedimento di affidamento” evidenziata la “rilevata insufficienza, o impreparazione, del personale organicamente inserito nell’Ente per l’assolvimento della prestazione oggetto di esternalizzazione”.
Altra assai importante indicazione della sentenza è la seguente: “in ogni caso, ed indipendentemente dalla qualificazione giuridica prospettata dalle parti, ma nel rispetto di quei principi di ragionevolezza non suscettibili di alcuna indebita interferenza col divieto di sindacato sulle scelte discrezionali dell’Amministrazione, va precisato come ormai cogente ed obbligatorio si manifesti il dovere per ogni Pubblica Amministrazione di rispettare le regole che presidiano gli affidamenti di incarichi esterni – comunque formalizzati – regole, queste, copiosamente e partitamente enucleate dalla Corte dei conti nell’esercizio della funzione giurisdizionale e di controllo sulla scorta dell’impianto normativo di settore formatosi nel tempo, e che conferiscono a tale scelta operativa il carattere della eccezionalità, rispetto all’ordinario impiego delle risorse professionali ritraibili dal proprio organico. Nella sintetizzata ottica organizzativa vanno quindi lette le limitazioni costituite dalla peculiarità dell’oggetto della prestazione conferita, dalla delimitazione temporale dell’incarico, dalla coerenza del compenso con la qualità e quantità del lavoro affidato e dalla inesistenza di figure professionali interne in grado di assolvere a quel compito, riscontrata mediante una reale, e dimostrata, ricognizione”.
Si deve inoltre aggiungere la “mancanza di ogni reale e concreta indagine ricognitiva che valesse ad integrare il requisito richiesto dalla normativa di settore (ma sarebbe più corretto dire richiesto dalle regole di una ragionata e prudente amministrazione)”.Nel caso specifico, ricerca di finanziamenti, inoltre non è stata in alcun modo dimostrata né la complessità delle attività richieste dall’ente e svolte dalla società cui l’incarico è stato conferito, né la presenza di condizioni di criticità nel personale in servizio.
IL MANCATO RISPETTO DEI VINCOLI DI TRASPARENZA
In capo al dirigente che ha disposto la erogazione della indennità di risultato in assenza della pubblicazione degli incarichi conferiti sul sito internet matura responsabilità amministrativa. Possono essere così riassunte le indicazioni contenute nella sentenza della Corte dei Conti della Toscana n. 166/2017.
In termini generali viene evidenziato che “la omessa pubblicazione delle consulenze sul sito istituzionale antecedentemente la liquidazione del compenso) costituisce una delle manifestazioni codificate del concetto di pubblicità dell’azione amministrativa .. che assegna alla trasparenza il concetto di accessibilità totale, come possibilità concreta di conoscenza, attraverso i siti internet dell’Amministrazione, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell’organizzazione delle Pubbliche Amministrazioni, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all’utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell’attività di misurazione e valutazione, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento ed imparzialità”. A corollario si deve ricordare che “la misura sanzionatoria derivante dal mancato assolvimento di tali obblighi è la mancata corresponsione della retribuzione di risultato”. Nel caso specifico la responsabilità matura a carico del dirigente per la “responsabilità della liquidazione della retribuzione di risultato ai dirigenti degli uffici coinvolti, indipendentemente dalla concreta derivazione di un danno trattandosi, nella specie, di una responsabilità sanzionatoria”.
Ciò posto “sussistono, nella specie, sia il rapporto di servizio (nda nel caso specifico dirigente del personale e direttore generale), sia la colpa grave non avendo assolto il dirigente all’assolvimento dell’obbligo di garanzia assegnato dal legislatore, consistente nella non erogazione della retribuzione di risultato come previsto dalla legge, essendosi, di converso, nella specie, proceduto alla liquidazione del corrispettivo. E’ configurabile anche il nesso di causalità, ritenuta una causalità adeguata tra la diretta derivazione del mancato assolvimento degli obblighi istituzionali ed il danno derivato” da quantificare in una misura pari alle indennità di risultato erogate. Per la sentenza infine si deve fare ricorso al potere riduttorio “vista la richiamata natura risarcitoria tipizzata dal legislatore (Sez. I Centr. 28 novembre 2016 n.323) e non sanzionatoria della prospettata responsabilità e la condivisione di responsabilità con altri soggetti non evocati”.