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Si allungano considerevolmente i tempi del pagamento della buonuscita per chi sceglie il cumulo contributivo

A cura di Francesco Disano

I dipendenti della pubblica amministrazione, che per l’accesso al trattamento  di  quiescenza,  hanno scelto o sceglieranno di utilizzare l’istituto del nuovo cumulo dei periodi assicurativi, previsto dalla recente legge di bilancio  2017 (art. 1, comma 239, legge  24.12.2012, n. 228, come  modificato  dall’art. 1, comma 195, legge 11.12.2016, n.232), dovranno vagliare con molta  attenzione le  conseguenze  e  gli  effetti  che  questa loro opzione comporterà per quel che concerne la liquidazione della buonuscita. Essi, infatti, dovranno necessariamente preventivare una lunga dilatazione di  parecchi  anni  nell'erogazione trattamento di fine servizio o di fine rapporto.

La Circolare n. 60/2017, emanata dall’Inps,  ha indicato, infatti, sulla  scorta  di quanto previsto e  contenuto dall'articolo 1, comma 196, della legge  succitata legge n. 232/2016, che, per tutti i soggetti che  fanno capo  alle  pubbliche  amministrazioni e che cesseranno dal servizio servendosi di tale facoltà, la buonuscita sarà pagabile non prima di dodici mesi decorrenti dal compimento, da parte degli interessati, dell’età anagrafica prevista dall’articolo 24, comma 6, del decreto legge n. 201/2011, convertito dalla legge n. 214/ 2011 e non dalla cessazione del rapporto di lavoro da parte degli stessi.

In questo caso, pertanto, l’indennità di fine servizio, comunque denominata, dovrà essere  corrisposta agli aventi diritto non prima che  siano trascorsi dodici mesi, ed entro i successivi novanta giorni, decorrenti dal raggiungimento del requisito anagrafico previsto per la pensione di vecchiaia dalla vigente normativa.

L'ente previdenziale, nella precitata circolare, conferma, inoltre, che  l’istituto del nuovo cumulo dei periodi assicurativi è “utilizzabile" al fine di liquidare alternativamente la pensione di vecchiaia allorquando viene raggiunta l'età anagrafica più elevata tra le gestioni coinvolte nel cumulo (come previsto  dall'articolo 24, comma 6 del decreto legge n. 201/2011)  congiuntamente al requisito contributivo previsto dall'articolo 24, comma 7 del citato decreto ( almeno 20 anni di anzianità contributiva), oppure per liquidare la pensione anticipata, nell’ipotesi in cui si perfezionano i requisiti contributivi previsti dall'articolo 24, comma 10 del sopra descritto decreto ( anzianità  contributiva  pari  a  42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi le donne).

Un esempio può aiutare a comprendere ancor meglio la problematica.

Si ipotizzi  un  dipendente del pubblico impiego nato nel mese  di aprile dell’anno 1955 che “ mette  insieme “  periodi assicurativi non coincidenti pari a  35 anni di contributi nella gestione ex Inpdap  unitamente ad altri 8 anni versati presso l'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti e che, pertanto, con  formale  presentazione  di  dimissioni  volontarie,  sceglie di cessare dall’attività  lavorativa a decorrere dal 1°giugno 2017 ,  avendo maturato un'anzianità complessiva di 43 anni di contributi ed avendo, altresì,  ragguagliato i requisiti contributivi per la cosiddetta “ pensione anticipata”  ad un'età di 62 anni.

Facendo riferimento alla normativa ordinaria, il soggetto in questione, avrebbe avuto diritto al trattamento trascorsi 24 mesi dalle dimissioni e cioè nel 2019. Poiché, invece, ha utilizzato il cumulo, il pagamento del trattamento di fine servizio si  materializzerà  dopo 12 mesi dal raggiungimento dell'età di vecchiaia, un valore oggi pari a 66 anni e 7 mesi ma che, come nel caso in questione, essendo  maturato  dopo il 31.12.2018, risulterà influenzato dalle speranze di aspettative di vita, i cui adeguamenti non sono ancora ufficialmente noti. Stante che questa variabile risulta essere ancora incerta il dipendente nato ad aprile  1955  “potrebbe” conseguire il trattamento pensionistico di vecchiaia non prima del  mese  di giugno 2022, ad un'età anagrafica di 67 anni e 2 mesi. La liquidazione della buonuscita, in  ultima  analisi, slitterebbe in realtà a 68 anni e 2 mesi, cioè a  giugno del 2023. Come è facile notare, dopo una  lunga un'attesa di oltre sei anni dal momento delle dimissioni.

Occorre, inoltre, precisare che la seconda tranche del trattamento di fine servizio (la quota cioè compresa tra i 50 e i 100mila euro) verrà erogata dopo ulteriori 12 mesi dalla prima. E la terza tranche, la quota cioè eccedente i 100mila euro, sarà liquidata dopo ulteriori 12 mesi dalla seconda.

 Per i dipendenti della pubblica amministrazione, quindi, il ricorso al cumulo di cui alla  legge n. 232/2016 risulta  essere particolarmente penalizzante sul fronte della buonuscita, essendo in controtendenza  e rappresentando una novità  in  negativo rispetto alla "vecchia" totalizzazione nazionale che, invece, non prevedeva alcuno slittamento dei termini.

Appare, infine, chiaro che non  sussistono problemi  di sorta o particolari effetti negativi ove il cumulo venga utilizzato per liquidare una pensione di vecchiaia, visto che, in questo caso, il dipendente ha già raggiunto l'età pensionabile (al raggiungimento del quale si viene collocati “forzosamente e di imperio “ in pensione dalla propria amministrazione  di appartenenza ). Ricorrendo questa ipotesi, l'erogazione della buonuscita decorrerà dopo 12 mesi dalla cessazione dal servizio.

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