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Concessione valida anche senza indicazione del fatturato, limiti alla suddivisione in lotti  e prerogative del RUP nella verifica dell’anomalia

di Stefano Usai

La recente pronuncia del Tar Veneto,  Venezia, sez. I,  n. 348/2018 offre alcuni spunti pratico/operativi al RUP ed al contempo agli appaltatori sul  corretto utilizzo di alcune  prerogative della stazione appaltante.

La prima questione che viene in argomento è quella della necessità o meno di indicare nella legge speciale di gara il valore delle concessioni (nel caso di specie si trattava dell’aggiudicazione della concessione  della conduzione e gestione  di bar – e connessi distributori automatici - di alcuni ospedali e cittadella socio sanitaria). Secondo il ricorrente, non aggiudicatario, la stazione appaltante con il bando non avrebbe  fornito tutti gli elementi per una chiara definizione della base d’asta   determinando arbitrarie difficoltà agli appaltatori nella predisposizione delle offerte.

Pertanto, secondo il dogliante, il RUP avrebbe violato l’articolo 167 del codice rilevando inoltre che l’omessa indicazione del valore della concessione, provocando una situazione di “estrema incertezza” nella formulazione dell’offerta, costituiva “causa di annullamento di tutti gli atti relativi alla procedura in oggetto, con necessità di procedere alla rinnovazione della stessa”.

Di diverso avviso la riflessione del giudice. In sentenza, infatti, si chiarisce che “i bandi, i disciplinari, i capitolati speciali di gara e le relative lettere di invito vanno di regola impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, in quanto solo in tale secondo momento diventa attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell'interessato” mentre  “è invece necessario procedere all’impugnativa immediata degli atti di indizione della gara quando le clausole impediscano la partecipazione alla procedura selettiva di un potenziale concorrente ovvero quando - come nel caso di specie - si afferma che impediscano una corretta e consapevole elaborazione della proposta economica, tale da rendere impossibile quel calcolo di convenienza economica che ogni impresa deve essere in condizione di poter effettuare all'atto di valutare se partecipare o meno a una gara pubblica”.

E’ chiaro che se il difetto della legge di gara è tale da impedire la formulazione dell’offerta, l’appaltatore deve rilevarlo immediatamente e non dopo che abbia comunque formulato la proposta tentando, evidentemente, di concorrere alla competizione (la ricorrente risultava classificata la secondo posto). Pertanto, in questo senso,  la censura è risultata inammissibile per difetto.  

L’aspetto pratico di rilievo è che il giudice riconosce che in tema di necessaria indicazione del fatturato della concessione (della base d’asta) la giurisprudenza in realtà ha fornito elementi ondivaghi e diversi  (cfr., in senso positivo, CdS, V, 20.2.2017 n. 748; CdS, III, 18.10.2016 n. 4343; TAR Napoli, VIII, 28.11.2017 n. 5596; TAR Firenze, II, 14.2.2017 n. 239; contra, CdS, III, 8.6.2017 n. 2781; TAR Milano, IV, 24.3.2017 n. 706; TAR Roma, II, 24.3.2016 n. 3756; TAR Lecce, II, 17.12.2015 n. 3609).

In sostanza, pur vero che se la stazione appaltante può indicare il dato  economico di riferimento per le offerte dei potenziali concessionari lo deve fare,  è altresì vero che ciò non rappresenta affatto un obbligo nel caso in cui il RUP non abbia dati/elementi per poter esprimere tale indicazione.

Si legge in sentenza che qualora la stazione appaltante   “non sia in grado di ottemperare alla (…)  prescrizione per motivi oggettivi (perché, per esempio, il servizio viene affidato per la prima volta, oppure perché – siamo in presenza di una concessione, non di un appalto di servizi - il concessionario uscente non ha voluto fornire il relativo dato), è tenuta a fornire gli elementi conosciuti in grado di consentire ai concorrenti di formulare un’offerta seria (e cioè, per esempio, le indicazioni circa il potenziale bacino di utenza del servizio da affidare, i costi ed i benefici correlati al servizio stesso, la base d’asta riferibile ai corrispettivi pagati dai precedenti gestori, etc.)”.

Pertanto,  nel caso di specie l’amministrazione sanitaria non era in possesso del fatturato ricavabile dai servizi oggetto di gara (e ciò sia perché si trattava di una gara nuova, sia perché la ricorrente, gestore uscente degli identici servizi concessionati, pur essendo un dato parziale rispetto a quello ricavabile dai servizi ora posti in gara, non lo aveva fornito), quest’ultima ha fornito – né poteva fare altro - tutti gli elementi in proprio possesso utili ai concorrenti per formulare un’offerta consapevole, così come consapevole, peraltro, l’ha formulata la stessa ricorrente “(che si è collocata a “11 centesimi di punto” dall’aggiudicataria: cfr. il doc. 8 della ricorrente)”.

Quindi, da un lato la stazione appaltante aveva fornito – in modo leale – tutti dati in suo possesso e d’altra parte la ricorrente aveva comunque una  “diretta conoscenza degli indici di fatturato conseguibili con la gara (…)  in quanto”  era “il gestore uscente dei servizi stessi, ancorchè limitatamente a quelli inseriti nel territorio di competenza dell’ex ASL n. (…)” essendo inoltre “operatore economico del settore particolarmente introdotto, atteso che nella relazione illustrativa della propria offerta tecnica ha affermato di gestire “oltre 60 esercizi in ambito ospedaliero” e di essere presente “con ben n° 20 punti vendita” nella sola Regione Veneto (cfr. il doc. 6 dell’ASL, pagg. 14 e 15)”.

La suddivisione in lotti

Ulteriore questione che viene sollevata dal ricorrente ha riguardato la pretesa violazione dell’articolo 51 che “impone” al RUP – nell’articolazione dell’appalto/concessione – di privilegiare la “lottizzazione” al fine di consentire la partecipazione alla competizione delle piccole/medie imprese.

Secondo la ricorrente l’amministrazione “non avrebbe valutato la possibilità di ripartire la commessa in lotti, né, peraltro, si sarebbe motivatamente espressa in merito alla mancata, predetta ripartizione”.

Anche in questo caso la stessa partecipazione alla gara sconfessa le pretese della ricorrente. Le norme  sulla lottizzazione infatti sono poste a tutela della partecipazione delle piccole imprese, ed è evidente che la mancata previsione impedisce fin dall’origine la partecipazione. Così non è stato per la ricorrente. 

In realtà, però, anche questo rilievo risulta infondato “giacché la norma” si legge in sentenza “ la cui violazione si denuncia fa salva la potestà discrezionale dell’Amministrazione di derogare motivatamente alla regola generale ivi enunciata, e nel caso di specie l’ASL (…)  ha pacificamente motivato la propria decisione di non suddividere in lotti la concessione oggetto della procedura di gara. Nella deliberazione n. 577/2017 (di revoca della precedente gara bandita (…)  e di contestuale indizione della nuova gara), infatti, l’Amministrazione si è appellata all’indubbio vantaggio dell’unitarietà del servizio affermando espressamente che “appare opportuno inserire nella procedura di gara in parola anche tale concessione in una logica che veda un unico interlocutore in grado di gestire tutti i servizi bar delle strutture aziendali e dei distributori automatici”.

Circostanza, quindi, perfettamente legittimata dall’articolo 51 del codice laddove prevede – nel secondo periodo -  che “le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell'appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito e nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139”.

Le prerogative del RUP nel procedimento di valutazione dell’anomalia

Con l’ultima doglianza,  parte ricorrente  ha contestato  “l’omessa acquisizione, in sede di valutazione della congruità dell’offerta dell’aggiudicataria, del parere della Commissione giudicatrice, conformemente a quanto” – a suo dire –  ciò risulterebbe  “ prescritto dalle linee guida ANAC in attuazione della disposizione contenuta nell’art. 31, V comma del codice dei contratti”.

E’ interessante l’annotazione, pur non corrispondente al vero, in quanto segna una sostanziale modifica rispetto al regime giuridico pregresso.

Sotto l’egida del pregresso codice la valutazione dell’anomalia pur competenza del RUP poteva essere svolto con il supporto della commissione di gara (o altro soggetto) che non si riteneva eventuale ma praticamente obbligato.

Tale momento procedurale ora deve ritenersi non più dovuto per effetto delle nuove linee guida n. 3 (formalizzate con la deliberazione n. 1007/2017 da parte dell’ANAC). 

In sentenza, sul punto si legge che “l’infondatezza della doglianza è conseguente alla considerazione che le linee guida ANAC, aggiornate con deliberazione consiliare 11.10.2017 n. 1007 – tale disposizione ha carattere procedimentale, con conseguente immediata validità -, prevedono che “nel caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, il RUP verifica la congruità delle offerte con l’eventuale supporto della commissione giudicatrice” (cfr. il predetto documento, pag. 9, punto 5.3): pertanto, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, il supporto della commissione giudicatrice è soltanto eventuale, a discrezionalità del RUP”.

Da notare che, proprio  per effetto delle linee guida in argomento, al RUP viene assegnato non solo il potere di verifica ma anche il potere di escludere   l’appaltatore ad offerta anomala (aspetto confermato anche nei bandi tipo ANAC n. 1/2017 e n. 2/2018)

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