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Prof. Arturo Bianco

Le nuove regole sul diritto di accesso del d.lgs n. 97/2016

direttoreAmpliamento in misura assai rilevante del diritto di accesso, che non richiede più l’obbligo della motivazione e che può essere esercitato anche con finalità di controllo, superamento del piano per la trasparenza, possibile riduzione dei vincoli di pubblicità tramite il sito internet per i comuni fino a 15.000 abitanti e restyling delle disposizioni sulla prevenzione della corruzione. Possono essere così riassunte le principali conseguenze che derivano per le amministrazioni locali dalla entrata in vigore del D.Lgs. n. 97/2016 “Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”. Questo provvedimento è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 132 dello scorso 8 giugno. Esso riprende la ispirazione del cd freedom of information act ed è il primo decreto attuativo delle disposizioni contenute nella legge n. 124/2015, cd riforma Madia. 

 

In tema di attuazione della riforma cd Madia, tra pochi giorni è attesa l’emanazione dei decreti legislativi attuativi di tale riforma sulla conferenza dei servizi, la SCIA e la semplificazione delle attività amministrative, sul licenziamento dei dipendenti che violano le norme sui controlli di presenza, sulla riforma dei servizi pubblici locali, sulle società partecipate. Entro l’estate il Governo dovrebbe adottare la bozza di decreto sulla riforma della dirigenza, compreso il superamento dell’albo dei segretari, e, al più tardi entro il mese di febbraio, la riforma del lavoro pubblico.

L’entrata in vigore della disposizione impone a tutti gli enti di dare corso a misure organizzative per rendere possibile l’esercizio del diritto di accesso nelle modalità assai ampliate previste dalla normativa. Non si deve in alcun modo sottovalutare l’impatto molto pesante delle nuove disposizioni sulla organizzazione delle amministrazioni, con particolare riferimento ai vincoli dettati in materia di accesso. Vincoli che impongono a tutti gli enti, anche in modo associato, di dare corso a specifiche strutture ed a prevedere la formazione di adeguate professionalità. In tale ambito si deve segnalare anche la necessità di dare corso alla revisione ed adeguamento delle disposizioni dettate in materia di accesso dalla legge n. 241/1990.

Per l’attuazione delle nuove regole e l’applicazione delle nuove regole sul diritto di accesso sono dati 6 mesi di tempo dalla data di entrata in vigore del decreto, cioè entro la fine del 2016. Viene previsto invece un anno  di tempo per l’attivazione degli adeguamenti necessari alle banche dati nazionali.

Nella concreta applicazione delle nuove regole occorre garantire la invarianza delle spese.

Trasparenza ed accesso

Già nell’articolo 2 si sottolinea il carattere radicalmente innovativo della disposizione: nella nozione di trasparenza viene incluso anche l’accesso ai “dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa”. Come si vede, si ampliano fin da subito in misura assai elevata gli spazi del diritto di accesso.
Sono strettamente connesse le modifiche introdotte dall’articolo 3, che fissano il principio della “libertà di accesso di chiunque ai dati e ai documenti detenuti” dai soggetti pubblici e chiariscono che “l’accesso civico e la pubblicazione di documenti, informazioni e dati concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni e le modalità per la loro realizzazione” ne sono lo strumento operativo ovvero, per riprendere la terminologia del provvedimento, il “tramite”. Analogamente l’articolo 4 afferma il carattere pubblico dei dati e delle informazioni oggetto di “accesso civico”.

L’ambito di applicazione

L’articolo 3 precisa l’ambito di applicazione delle disposizioni sulla trasparenza: tutte le PA di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs n. 165/2001 (quindi sono compresi i comuni, le regioni, le città metropolitane, le province, le unioni dei comuni etc); gli enti pubblici economici; gli ordini professionali; le società controllate da PA; le fondazioni e le associazioni finanziate in modo maggioritario da amministrazioni pubbliche. Tale disposizione, “si applica, in quanto compatibile, limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all’attività di pubblico interesse” alle società partecipate da PA, nonché alle associazioni e fondazioni che esercitano attività amministrative o producono servizi per conto delle PA.

Lo snellimento

L’articolo 4 prevede che, sulla base delle indicazioni che saranno dettate dall’Anac, potranno essere individuati i dati per i quali la pubblicazione potrà essere disposta in forma aggregato o limitatamente agli elementi riassuntivi. In tali casi deve comunque essere garantito l’accesso ai dati nella loro versione integrale.

Lo stesso articolo delega sempre l’Anac ad individuare, nell’ambito del piano nazionale anticorruzione, le forme di semplificazione degli obblighi e delle modalità di pubblicazione per le amministrazioni che hanno una minore consistenza organizzativa. A questo riguardo la disposizione indica espressamente i comuni fino a 15.000 abitanti e gli ordini e collegi professionali.

L’articolo 9 consente la pubblicazione dei dati anche tramite link.

Lo stesso articolo consente il soddisfacimento dei vincoli di pubblicazione attraverso la comunicazione alle banche dati nazionali indicate nell’allegato al decreto ed un semplice link alle stesse.

L’articolo 10 abolisce l’obbligo di adozione del piano per la trasparenza. Esso stabilisce inoltre che il rispetto dei vincoli di trasparenza “costituisce un obiettivo strategico di ogni amministrazione, che deve tradursi nella definizione di obiettivi organizzativi e individuali” per i singoli dirigenti e/o responsabili.

Il nome del responsabile per la trasparenza deve essere contenuto nel piano anticorruzione e può coincidere con quello del responsabile anticorruzione. La vigilanza sul rispetto dell’accesso civico è rimessa al responsabile anticorruzione ed ai singoli dirigenti.

L’accesso

La disposizione di maggiore rilievo innovativo dell’intero provvedimento è costituita dalle nuove regole dettate per l’accesso civico e, più in generale, per il diritto di accesso. Tali disposizioni sono contenute nell’articolo 6 del D.Lgs. n. 97/2016.

Viene ribadita la nozione di accesso civico, che ricordiamo essere stata introdotta dal D.Lgs. n. 33/2013: tutti hanno diritto, senza dovere indicare le motivazioni, ad accedere alle informazioni che devono essere pubblicate sul sito nel caso in cui l’ente abbia omesso di rispettare questo vincolo.
Si deve segnalare il rilievo particolarmente innovativo della seguente prescrizione: “chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti”. Di conseguenza la nozione di accesso è significativamente modificata ed ampliata rispetto alle disposizioni contenute nella legge n. 241/1990. In particolare da un lato non viene più richiesto, con una indicazione espressa, l’obbligo di “motivazione” e dall’altro lato il diritto di accesso può essere esercitato per “favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”. A rafforzamento di questo ampliamento occorre inoltre ricordare che non sono consentite limitazioni relative alla “legittimazione soggettiva del richiedente”.

La norma indica i contenuti minimi essenziali della richiesta di accesso civico: “i dati, le informazioni o i documenti richiesti”.

In modo molto preciso la disposizione individua le modalità operative. In primo luogo, la domanda può essere presentata ad uno dei seguenti 4 soggetti: “ufficio che detiene” i dati o le informazioni; 
“Ufficio relazioni con il pubblico”;
 “altro ufficio indicato dall’amministrazione nella sezione amministrazione trasparente”; responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza” (solamente per le informazioni la cui pubblicazione è obbligatoria). Ed ancora, le amministrazioni possono richiedere solamente il “il rimborso del costo effettivamente sostenuto e documentato dall’amministrazione per la riproduzione su supporti materiali”. Il che limita la stessa possibilità di chiedere il rimborso delle spese sostenute per il trattamento economico del personale utilizzato. Ed inoltre viene previsto l’obbligo di dare preventiva informazione ai soggetti controinteressati, che entro 10 giorni possono opporsi al diritto di accesso. Spetta alle amministrazioni, in tal caso, pronunciarsi. Il procedimento di accesso civico si deve comunque concludere entro 30 giorni dalla presentazione della richiesta: nel caso di risposta positiva occorre dare informazione al contro interessato.

E’ previsto il ricorso al responsabile anticorruzione e della trasparenza contro i provvedimenti con cui viene negato, in tutto o in parte, il diritto di accesso. Sono ammessi ricorsi, oltre che al TAR, anche al Garante per la tutela della privacy e, per le regioni e gli enti locali, anche al difensore civico ovvero, se l’ente non ha istituito tale figura, a quello dell’ambito territoriale più vasto.

L’articolo disciplina anche i casi in cui l’accesso civico deve essere rifiutato; questa elencazione ha natura tassativa. In primo luogo per la tutela dei seguenti interessi pubblici: “sicurezza pubblica e ordine pubblico;
sicurezza nazionale; difesa e questioni militari; relazioni internazionali; politica e stabilità finanziaria ed economica dello Stato;
 conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento; regolare svolgimento di attività ispettive”; nonché nei casi di segreto di Stato e di divieto di pubblicità. Inoltre esso è negato in ragione della necessità di “evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati:
 protezione dei dati personali ..; libertà e segretezza della corrispondenza; interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali”. Siamo in presenza, nel caso di rigetto del diritto di accesso sia per la tutela di interessi pubblici, sia di interessi privati, di una elencazione che si deve ritenere come tassativa e non ampliabile in via interpretativa o analogica. Ad ulteriore rafforzamento di questa previsione dobbiamo ricordare che l’accesso deve essere consentito alle parti dei documenti che non sono oggetto dei divieti di cui in precedenza, che il rigetto dell’accesso si applicano solamente per il periodo di tempo necessario e che l’accesso non può essere negato nel caso in cui sia sufficiente il differimento. Sull’applicazione delle limitazioni l’Anac, d’intesa con il Garante della privacy, detterà specifiche istruzioni operative.
Viene disciplinata in modo ampio la possibilità di accesso ai dati statistici per ragioni scientifiche e sotto forma di dati aggregati.

Continuano, sulla base dell’articolo 7, ad applicarsi le norme sulla esclusione dal diritto di accesso dei dati indicati dalla legge n. 241/1990.

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