Accesso Abbonati

Edizione del 17/10/2016 


Consiglio di Stato sez. III 5/10/2016 n. 4118

Esclusione dalla gara in caso di mancata dichiarazione di precedenti penali

In caso di mancata dichiarazione di precedenti penali non può operare il principio del c.d. falso innocuo, laddove si tratti di assenza di dichiarazioni previste dalla legge e dal bando di gara a pena di esclusione (Cons. St., sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6271), come nel caso di specie, esulando del resto la vicenda qui esaminata dall’ipotesi in cui la dichiarazione sia resa dal concorrente sulla base di modelli predisposti dalla stazione appaltante e questi sia indotto in errore dalla formulazione ambigua o equivoca del bando (Cons. St., sez, III, 4 febbraio 2014, n. 507)… Quanto all’estinzione del reato (che consente di non dichiarare l’emanazione del relativo provvedimento di condanna), essa sotto il profilo giuridico non è automatica per il mero decorso del tempo, ma deve essere formalizzata in una pronuncia espressa del giudice dell’esecuzione penale, che è l’unico soggetto al quale l’ordinamento attribuisce il compito di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la relativa declaratoria, con la conseguenza che, fino a quando non intervenga tale provvedimento giurisdizionale, non può legittimamente parlarsi di “reato estinto” (v., ex multis, Cons. St., sez. V, 17 giugno 2014, n. 3092; Cons. St., sez. V, 5 settembre 2014, n. 4528) e il concorrente non è esonerato dalla dichiarazione dell’intervenuta condanna. (..) La mancanza della dichiarazione circa la condanna subita, che la rende inaffidabile a fronte di un preciso e inequivocabile obbligo stabilito dalla lex specialis, giustifica l’esclusione del Consorzio, indipendentemente da ogni valutazione sulla gravità e sulla moralità professionale dell’impresa, essendo la completezza e la veridicità della dichiarazione sui requisiti per la partecipazione alla gara e, in particolare, quelli inerenti alle condanne subite valori in sé, presidiati dalla più grave sanzione espulsiva in danno del dichiarante infedele, quali significative manifestazioni e, insieme, massime garanzie dell’irrinunciabile interesse pubblico alla trasparenza nelle pubbliche gare (v. in questo senso, ex plurimis, Cons. St., sez. V, 29 aprile 2016, n. 1641).


Consiglio di Stato sez. V 20/9/2016 n. 3910 

Interesse pubblico ed esercizio del potere di autotutela

L'interesse pubblico alla base del legittimo esercizio del potere di autotutela da parte della pubblica amministrazione non può identificarsi nel mero ripristino della legalità violata ma richiede una valutazione comparativa sulla qualità e concretezza degli interessi in gioco. Nel procedere a distanza di anni all'annullamento di un atto ritenuto illegittimo per un errore commesso dalla stessa amministrazione, questa è tenuta ad indicare espressamente le ragioni di pubblico interesse che, nonostante il notevole decorso del tempo e il consolidamento della situazione, giustificavano il provvedimento di autotutela (in tal senso – ex multis - : Cons. Stato, IV, 21 settembre 2015, n. 4379; id., VI, 20 settembre 2012, n. 4997; id., VI, 14 gennaio 2009, n. 136).

L’orientamento in questione risulta sostanzialmente trasfuso nel testo del comma 1 dell’articolo 21-nonies della l. 7 agosto 1990, n. 241 (nella formulazione, che qui rileva, anteriore alle modifiche introdotte dalla l. 7 agosto 2015, n. 124), secondo cui “il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all'adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo”. 


TAR Campania Napoli sez. VIII 19/9/2016 n. 4346

Effetti sul contratto in essere della clausola di revisione periodica del prezzo

Ai sensi dell’art. 115 del d.lgs. n. 163/2006, “tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all'articolo 7, comma 4, lett. c, e comma 5”. La giurisprudenza amministrativa è ormai costante nell'affermazione secondo cui l'art. 115 citato (che riprende la formulazione già contenuta nell'art. 6 della l. n. 537/1993) è una norma imperativa, che si sostituisce di diritto ad eventuali pattuizioni contrarie (o mancanti) nei contratti pubblici di appalti di servizi e forniture ad esecuzione periodica o continuativa (cfr., ex multis, Cons. Stato, n. 2461/2002; n. 916/2003; n. 3373/2003; n. 3994/2008): ciò, in quanto la clausola di revisione periodica del corrispettivo di tali contratti ha lo scopo di tenere indenni gli appaltatori delle amministrazioni pubbliche da quegli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione che, incidendo sulla percentuale di utile stimata al momento della formulazione dell'offerta, potrebbero indurre l'appaltatore a svolgere i servizi o ad eseguire le forniture a condizioni deteriori rispetto a quanto pattuito o, addirittura, a rifiutarsi di proseguire nel rapporto, con inevitabile compromissione degli interessi pubblici.


Consiglio di Stato sez. V 20/9/2016 n. 3909

Ipotesi di legittimità del diniego di accesso agli atti di gara

Ai sensi dell’articolo 13, comma 5, lettera a) del previgente ‘Codice dei contratti’ – in deroga alle previsioni generali di cui agli articoli 22 e seguenti della l. 241 del 1990 – resta precluso l’esercizio dell’accesso in relazione alle informazioni fornite dagli offerenti nell’ambito delle offerte ovvero a giustificazione delle medesime le quali costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici e commerciali.

Se (per un verso) l’esistenza di un segreto tecnico e commerciale non può essere addotta quale escamotage per omettere in modo sistematico e ingiustificato l’accesso agli atti della gara, cio' non è laddove il peculiare oggetto della gara in questione (relativa all’acquisizione di progetti sperimentali e innovativi in un settore ad alto contenuto tecnologico) rende del tutto plausibile che il diniego di accesso rinvenga un’effettiva ratio giustificatrice. 


Consiglio di Stato sez. V 20/9/2016 n. 3911

Legittimità della valutazione basata sull’attribuzione di mero punteggio numerico

Nelle gare pubbliche, e relativamente a quanto attiene alla valutazione delle offerte in sede di gara, il punteggio numerico espresso sui singoli oggetti di valutazione opera alla stregua di una sufficiente motivazione quando l'apparato delle voci e sottovoci fornito dalla disciplina della procedura, con i relativi punteggi, è sufficientemente chiaro, analitico e articolato, sì da delimitare adeguatamente il giudizio della Commissione nell'ambito di un minimo e di un massimo, e da rendere con ciò comprensibile l’iter logico seguito in concreto nel valutare i singoli progetti in applicazione di puntuali criteri predeterminati, permettendo così di controllarne la logicità e la congruità: onde solo in difetto di questa condizione si rende necessaria una motivazione dei punteggi numerici (in tal senso –ex multis -: Cons Stato, IV, 20 aprile 2016, n. 1556; id., III, 7 marzo 2016, n. 921; id., V, 18 gennaio 2016, n. 120). 


TAR Toscana sez. I 19/9/2016 n. 1370

Equilibrio tra principio di libera concorrenza e potere discrezionale della stazione appaltante

Ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. n. 153 del 2006, principio cardine di tutta l'attività contrattuale della p.a. è costituito dal rispetto dei principi di libera concorrenza; principio, questo, il cui corollario, espresso anche dall'art. 68 comma 2, del citato decreto, comporta che le specifiche tecniche devono consentire pari accesso agli offerenti e non comportare la creazione di ostacoli ingiustificati all'apertura dei contratti pubblici alla concorrenza, e il concreto esercizio del potere discrezionale della stazione appaltante deve essere funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto (Cons. Stato, sez. IV, 24 novembre 2014 n. 5811). In particolare, il comma 4 dell’art. 68, citato stabilisce che i documenti di gara devono dettagliatamente indicare le specifiche tecniche richieste, senza però individuare una specifica fabbricazione o provenienza, al fine di evitare un'ingiustificata restrizione della rosa dei partecipanti, con nocumento all'interesse pubblico sotteso alla più ampia partecipazione alla stessa. E ciò vale anche nell’ipotesi di mancata previsione di una specifica clausola in tal senso, dovendo in tal caso fare ricorso al concetto di equivalenza, per cui il bando deve comunque reputarsi eterointegrato sul punto, con la conseguenza di non potersi escludere l'offerta che sia idonea a garantire la medesima funzione del bene oggetto della procedura di acquisto (T.A.R. Campania, sez. V, N.2435/2015, T.A.R. Lombardia sez. IV, N.62/2014)

Letto 3941 volte

Copyright © 2021 OggiPA.it Tutti i diritti riservati.

Direttore di Redazione: Dott. Arturo Bianco

Editore: Pubbliformez s.r.l. - Autorizzazione Tribunale di Catania n°7/2013

Sede: Via Caronda 136 - 95128 Catania - P.IVA 03635090875

Recapiti: Tel. 095/437045 - Fax 095/7164114 - email: claudiogagliano@oggipa.it