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Il Fondo e la spesa del Personale dell’anno 2017

a cura di Arturo Bianco

Con la bozza di Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri arriva una prima quantificazione degli incrementi che le amministrazioni locali e regionali devono inserire nel bilancio preventivo del 2017 e del 2018 per il finanziamento dei rinnovi contrattuali e, insieme a ciò, viene disposta la correzione degli incrementi che dovevano essere inseriti allo stesso titolo nel bilancio del 2016. Tale quantificazione appare del tutto inadeguata rispetto alla esigenza di garantire aumenti contrattuali medi che nel triennio 2016/2018 devono arrivare ad 85 euro mensili sulla base della intesa tra Governo e sindacati. Con lo schema di decreto legislativo attuativo della delega conferita dalla legge n. 124/2015, cd riforma Madia, per la revisione del D.Lgs. n. 165/2001, il fondo del 2016 dovrebbe diventare il tetto dei fondi dei prossimi anni, mentre è prevista la scomparsa del vincolo della riduzione del fondo. Alla luce della bozza di Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e delle proposta di riforma del D.Lgs. n. 165/2001 le amministrazioni regionali e locali hanno a propria disposizione delle prime indicazioni chiare sulle somme da inserire nei bilanci preventivi per finanziare i rinnovi contrattuali e sulla quantificazione del fondo per la contrattazione decentrata dell’anno 2017. Gli elementi contenuti in questi documenti sono sicuramente ancora insufficienti per dare una certezza completa alle amministrazioni, ma contengono numerosi spunti operativi assai importanti ed utili, indicando dei valori di riferimento.

GLI AUMENTI PER IL RINNOVO DEL CONTRATTO NAZIONALE

La legge n. 232/2016, cd di bilancio 2017, ha stanziato le risorse necessarie per il finanziamento dei rinnovi contrattuali nelle amministrazioni statali, prevedendo una cifra al cui interno sono anche previsti gli oneri per il finanziamento di nuove assunzioni nelle amministrazioni dello Stato, gli oneri per il reinquadramento di personale delle forze armate, di polizia e dei vigili del fuoco e quelli per il funzionamento della autonomia scolastica. Sulla base di queste cifre, che devono essere determinate con uno specifico Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, vengono determinati anche gli oneri aggiuntivi per i rinnovi contrattuali nelle amministrazioni pubbliche non statali, a partire da regioni ed enti locali. Tali oneri sono così fissati nella bozza di DPCM con riferimento al monte salari dell’anno 2015, per come lo stesso è stato quantificato e comunicato alla Ragioneria Generale dello Stato con il conto annuale trasmesso entro il 31 maggio dello scorso anno 2016:

-          0,36% per l’anno 2016;

-          1,09% per l’anno 2017;

-          1,45% per l’anno 2018.

Tali incrementi devono essere calcolati al netto degli oneri necessari per la erogazione della indennità di vacanza contrattuale nella misura fissata nel 2010 e devono essere maggiorati degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell’Irap.

Si deve subito evidenziare che tali aumenti non si sommano tra loro, ma che quello del 2017 assorbe gli aumenti del 2016 e che quello del 2018 assorbe gli aumenti del 2017 e del 2016.

Un ulteriore elemento che deve essere messo subito in rilievo è che il DPCM del 18 aprile 2016, emanato in attuazione del comma 469 della legge n. 208/2015, cd di stabilità 2016, aveva disposto l’aumento per l’anno 2016 del costo del personale a seguito dei rinnovi contrattuali nella cifra dello 0,4% del monte salari 2015, cifra che viene corretta in lieve diminuzione con questo nuovo provvedimento.

Occorre evidenziare che l’aumento disposto per l’anno 2016 va nei fondi a destinazione vincolata e, qualora non sia stato previsto dall’ente, esso deve essere previsto nel 2017 in aggiunta agli aumenti previsti dal nuovo DPCM.

Si deve evidenziare che questi oneri vanno, ai sensi delle previsioni di cui ai commi 557 e 562 e smi della legge n. 296/2006, in deroga al tetto di spesa del personale utile per dimostrare che non è stata superata la soglia fissata dal legislatore, cioè la spesa media del triennio 2011/2013 per gli enti che erano soggetti al patto di stabilità e quelle del 2008 per le amministrazioni che non erano soggette al patto di stabilità.

In conclusione non si può mancare di evidenziare che queste risorse sembrano essere largamente insufficienti a finanziare i maggiori oneri derivanti dai rinnovi contrattuali, maggiori oneri che per le regioni e gli enti locali –calcolando gli aumenti nella misura media di 85 euro mensili, come da intesa Governo sindacati del 30 novembre 2016- possono essere stimati per il triennio 2016/2018, cioè l’arco di validità del contratto- in una cifra che orientativamente si aggira intorno al 3,8% del monte salari del 2015, mentre con questi aumenti si arriva a meno della metà di tale cifra. Del che è prudente comunque tenere conto nella predisposizione dei bilanci preventivi.

IL FONDO PER LA CONTRATTAZIONE DECENTRATA

Sulla base delle previsioni dettate dal comma 236 della legge di stabilità del 2016, legge n. 208/2015, il fondo per la contrattazione decentrata non deve superare l’ammontare di quello del 2015 e deve essere ridotto in misura proporzionale alla diminuzione del personale in servizio, tenendo conto di quello assumibile. Tale previsioni si applicano fino alla emanazione dei D.Lgs. attuativi della riforma della dirigenza e delle disposizioni sul lavoro pubblico: come chiarito dalla deliberazione n. 6/2017 della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Puglia questi vincoli sono ancora in vigore. Di conseguenza, una amministrazione che oggi costituisca il fondo per le risorse decentrate deve darvi concreta applicazione.

Con lo schema di decreto legislativo attuativo della legge n. 124/2015 in  materia di riforma del testo unico delle leggi sul pubblico impiego, viene previsto che nelle more del processo di “progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori” del personale delle PA, l’ammontare dei fondi per la contrattazione decentrata non debba superare quello dell’anno 2016. E che regioni ed enti locali, all’interno di tale tetto e nel rispetto dei vincoli dettati per la spesa del personale, possano destinare risorse aggiuntive alla parte variabile del fondo, risorse che sono finalizzate all’attivazione di servizi, a processi di riorganizzazione ed al “relativo mantenimento”. Da sottolineare che lo schema di decreto legislativo prevede espressamente che, con l’entrata in vigore di questa disposizione, sia abrogato il comma 236 della legge n. 208/2015, cd di stabilità 2016.

Quindi, è probabile che nei prossimi mesi noi avremo il vincolo di non superare il fondo dell’anno 2016, mentre scomparirà quello di diminuire il fondo in relazione alla diminuzione del personale in servizio. E che, vista l’assenza di una disposizione specifica per l’anno in corso, questa sia la regola da applicare già al 2017. In altri termini, scomparirà il vincolo alla riduzione del fondo in relazione alla diminuzione del personale in servizio, mentre sarà consolidata l’apposizione di un tetto alla consistenza del fondo, tetto che viene determinato con riferimento all’anno in cui lo stesso è nella gran parte delle amministrazioni più basso, cioè al 2016.
Sul terreno operativo non si può non evidenziare che le amministrazioni che danno oggi corso alla costituzione del fondo devono restare all’interno del tetto di quello del 2015 e dare corso alla sua riduzione in relazione alla diminuzione dei dipendenti, tenendo conto del personale assumibile. Ma che, con ogni probabilità nel corso del 2017, esse dovranno restare all’interno del fondo del 2016 (quindi in molti casi con un tetto più basso del 2015), ma non dovranno dare corso a riduzioni per la eventuale diminuzione del personale in relazione a quello assumibile. Cioè, in molte realtà si dovrà dare corso ad un aumento del fondo 2017 eventualmente costituito e, comunque, in ogni caso alla sua revisione.

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