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ASPETTATIVA E COMMISSIONI CONCORSO: LE INDICAZIONI DELLA FUNZIONE PUBBLICA

di Arturo Bianco

I dipendenti pubblici hanno bisogno della autorizzazione del proprio ente per essere collocati in aspettativa e potere così ricevere incarichi ex articolo 110 del TUEL. I dipendenti possono essere collocati in aspettativa per essere assunti come lavoratori subordinati solamente ai sensi dell’articolo 23 bis del d.lgs. n. 165/2001 e non anche dell’articolo 18 della legge n. 183/2010.

Dirigenti e dipendenti possono ricevere compensi per lo svolgimento delle attività di presidenti e componenti di commissioni di concorso nel proprio ente. Sono queste alcune delle più recenti indicazioni fornite dal Dipartimento della Funzione Pubblica.

 

IL COLLOCAMENTO IN ASPETTATIVA PER L’ASSUNZIONE EX ARTICOLO 110

I dipendenti che sono assunti ex articolo 110 TUEL da parte di un altro ente locale non hanno diritto ad essere collocati comunque in aspettativa, ma gli enti devono fare una valutazione sulla sussistenza delle condizioni che ne consentono l’accoglimento: sono queste le innovative e discutibili indicazioni contenute nel parere del Dipartimento della Funzione Pubblica n. 25780/2021. Esso ci fornisce quindi una lettura restrittiva della previsione dettata dalla citata disposizione, che al comma 5 stabilisce testualmente che “per il periodo di durata degli incarichi di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo .. i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell’anzianità di servizio”.

Il parere ricorda l’evoluzione della normativa e come il testo in vigore riprenda le indicazioni contenute nel comma 6 dell’articolo 19 del d.lgs. n. 165/2001, disposizione che si applica alle assunzioni di dirigenti a tempo determinato in tutte le PA. La sua ratio viene così spiegata: “la norma mira ad agevolare il ricorso negli enti locali agli incarichi a contratto attraverso il superamento della cessazione obbligata del rapporto di lavoro.. La previsione di un istituto giuridico ad hoc .. non esclude che l’Ente destinatario della richiesta di aspettativa possa valutare ponderatamente se, in relazione al fabbisogno di personale necessario per il perseguimento dei fini istituzionali, sussistano le condizioni per il suo accoglimento”, quindi escludendo un automatismo. A questa conclusione il parere perviene sulla base di una lettura che assume “un’ottica di sistema”, che assume il possibile impatto negativo che si potrebbe determinare soprattutto per le amministrazioni “di ridotte dimensioni organizzative”. Per cui il parere perviene alla seguente conclusione “alla luce delle considerazioni sopra illustrate ed in assenza di previsioni espresse sull’obbligatorietà della concessione dell’aspettativa in questione deve ritenersi .. che agli Enti non sia preclusa la verifica in concreto della ricorrenza di esigenze organizzative opportunamente motivate che determinano l’impossibilità di un suo accoglimento nell’ottica del perseguimento dell’interesse istituzionale al buon funzionamento dell’amministrazione”.

L’ASPETTATIVA E L’AVVIO DI UN RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO

I dipendenti pubblici che vogliono instaurare un rapporto di lavoro subordinato ulteriore non possono utilizzare l’aspettativa di cui all’articolo 18 della legge n. 183/2010, ma le previsioni dettate dall’articolo 23 bis del d.lgs. n. 165/2001. Sono queste le indicazioni dettate dalla Funzione Pubblica.

Per il parere n. 19635/2021 i dipendenti pubblici non possono utilizzare l’aspettativa di cui alla legge n. 183/2010, articolo 18, per svolgere una attività di lavoro subordinato, ma solamente per dare corso ad attività di tipo professionale o imprenditoriale.

In questa direzione vanno espressamente le indicazioni legislative, per come modificate dalla legge n. 56/2019, che limitano la possibilità di collocamento in aspettativa all’avvio di attività imprenditoriali o professionali. Essa detta una deroga rispetto al principio di carattere generale per cui i dipendenti pubblici non possono esercitare il commercio, l’industria, le attività professionali né essere assunti come lavoratori subordinati da privato. Ma la disposizione detta, come prima evidenziato, questa deroga esclusivamente per le attività imprenditoriali e professionali, per cui non può essere interpretata in modo estensivo o analogico. Siamo infatti in presenza di una deroga.

Con il parere n. 7147/2021, “Aspettativa senza assegni, a domanda, per svolgere attività di lavoro subordinato con contratti a tempo determinato presso pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”, viene chiarito che i dipendenti pubblici possono utilizzare questo istituto per essere assunti da altre PA anche se siamo in presenza di una norma eccezionale.

In premessa leggiamo che “anche a seguito del processo di privatizzazione, deve considerarsi permanente nell’ordinamento del lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione la regola dell’esclusività del rapporto di lavoro, il cui fondamento giuridico va ricercato negli articoli 97 e 98 della Costituzione e nei principi di imparzialità, efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione. Il generale divieto di svolgimento, da parte del dipendente pubblico, di incarichi e attività extraistituzionali è un principio di diretta derivazione del principio di esclusività la cui disciplina, in quanto concorrente all’attuazione di principi contenuti nella nostra Costituzione, è riservata alla legge ed è, pertanto, suscettibile di temperamenti solo mediante deroghe legislative espresse”.

Da qui la seguente indicazione conclusiva: “l’aspettativa di cui all’art. 23-bis del d.lgs. n. 165 del 2001 trova applicazione esclusivamente in termini di residualità rispetto ad altri istituti previsti da norme di rango legislativo che disciplinano con maggior dettaglio fattispecie in cui il dipendente pubblico può prestare servizio per un’amministrazione diversa da quella nei cui ruoli è inquadrato e, comunque, subordinatamente alla previa valutazione dell’esigenze organizzative e in funzione del perseguimento di obiettivi di crescita professionale del dipendente interessato. In tal senso pare il caso di evidenziare che, per le implicazioni conseguenti al regime derogatorio della disciplina sulle incompatibilità, l’istituto in questione è interamente regolato dalla legge ed è per questo assoggettato ad un principio di stretta interpretazione”.

I COMPENSI AI COMPONENTI LE COMMISSIONI DI CONCORSO

A tutti i componenti le commissioni di concorso “a prescindere dall’appartenenza o meno degli stessi ai ruoli dell’amministrazione che bandisce il concorso” spetta il compenso per la partecipazione a commissioni di concorso. Sono queste le indicazioni di maggiore rilievo contenute nel parere 0077558 del 4 giugno 2021 del Dipartimento della Funzione Pubblica, ufficio per i concorsi e il reclutamento, “Commissione di concorso pubblico – Partecipazione membri interni al Comune – Compenso spettante e deroga principio onnicomprensività retribuzione”.

Sulla scorta dell’articolo 3, comma 14, della legge n. 56/2019, viene evidenziato che si deve ritenere che questa disposizione, e quindi la inclusione nel vincolo della onnicomprensività del trattamento economico dovuto ai dirigenti che sono componenti le commissioni di concorso nel pubblico impiego, “trovi applicazione a prescindere dall’appartenenza o meno dei dirigenti ai ruoli dell’amministrazione che bandisce il concorso, con la conseguenza che anche rispetto ai compensi corrisposti a tali ultimi dirigenti non si applica la disposizione di cui all’articolo 24, comma 3, del d.lgs. n. 165/2001 in materia di onnicomprensività del trattamento economico.

Questa previsione si deve considerare applicabile anche al personale dipendente con qualifica non dirigenziale.

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