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LA PRESCRIZIONE DEI CONTRIBUTI PER I PUBBLICI DIPENDENTI

di Fabio Venanzi

Da diversi anni l’Inps sta cercando di affrontare la problematica relativa alla prescrizione contributiva estendendo l’applicabilità della normativa vigente nel settore privato, anche alla Gestione Dipendenti Pubblici.

L’articolo 3, comma 9, Legge 8 agosto 1995 n. 335 prevede che le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono e non possono essere versate con il decorso dei termini di cinque anni. Tale termine, inferiore rispetto al precedente di dieci anni, si applica a decorrere dal 1° gennaio 1996. Rimangono salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti nel quinquennio, la cui denuncia amplia i termini a dieci anni.

 

La medesima riforma ha stabilito, altresì, che la contribuzione prescritta non può essere versata e, conseguentemente, incassata dall’Istituto previdenziale.

Tali disposizioni si applicano anche alle contribuzioni di pertinenza della Gestione Dipendenti Pubblici, trattandosi di forme esclusive dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti alle quali espressamente la Riforma Dini ha fatto riferimento. Ne deriva che, anche tali contribuzioni, sono assoggettate al termine di prescrizione quinquennale.

La Legge 24 maggio 1952 n. 610 (in particolare l’articolo 31) stabilisce una speciale disciplina per il recupero delle contribuzioni dovute alle Casse Cpdel, Cps e Cpug, per le quali le Amministrazioni datrici di lavoro abbiano iniziato il versamento dei contributi in data successiva a quella in cui ricorreva l’obbligatorietà dell’iscrizione alle stesse. Si prevede, in particolare, che la liquidazione del trattamento di quiescenza si effettui tenendo presente l’intero servizio utile, comprendendo anche gli eventuali servizio di obbligatoria iscrizione non assistiti dal versamento dei contributi.

Per i lavoratori iscritti alla Cassa Stato (CTPS) la norma non trova diretta applicazione, poiché sino al 31 dicembre 1995 tale gestione non esisteva. Soltanto a partire dal 1° gennaio 1996 venne istituita presso l’Inpdap la gestione separata dei trattamenti pensionistici ai dipendenti dello Stato, nonché alle altre categorie di personale i cui trattamenti di pensione sono a carico del bilancio dello Stato.

Pertanto, come precisato dall’Inps con la circolare 169/2017, dalla data di costituzione della CTPS anche a tali dipendenti pubblici è ragionevole ritenere che si applichi il regime previsto dall’articolo 31 della Legge 610/1952, per via di una interpretazione dinamica e sistematica delle norme. Ne consegue che in caso di prescrizione dell’obbligo di versamento della contribuzione previdenziale, il datore di lavoro sia tenuto a sostenere l’onere del trattamento di quiescenza per i periodi di servizio in cui è intervenuta la prescrizione medesima, con obbligo di versamento della relativa provvista, calcolata sulla base dei criteri di computo della rendita vitalizia di cui all’articolo 13 della Legge 12 agosto 1962 n. 1338.

Tale norma non si applica direttamente agli iscritti alla CPI, esclusi per espressa previsione normativa.

In particolare, per le casse CPDEL, CPS, CPUG e CTPS, dalla lettura combinata degli articoli 3, commi 9 e 10, della Legge 335/1995 e dell’articolo 31 della Legge 610/1952, emergono due profili peculiari nell’applicazione della disciplina della prescrizione delle contribuzioni dovute alle predette casse.

Da un lato, infatti, rimane fermo l’univoco termine prescrizionale quinquennale introdotto dalla Legge 335/1995, attesa la sua portata generale e la ratio sottesa alla norma, volta alla riforma del sistema pensionistico obbligatorio nella sua totalità e al riordino dell’intera materia con riferimento non solo all’Assicurazione generale obbligatoria, ma anche alle forme assicurative sostitutive ed esclusive dell’AGO, come quelle dei dipendenti pubblici, che fa, pertanto, ritenere superato il meccanismo delle sistemazioni contributive contemplato dal primo periodo del comma 1 dell’articolo 31 citato.

Dall’altro, il secondo periodo del comma 1 dell’articolo 31 citato prevede che, nella liquidazione del trattamento di quiescenza spettante ai lavoratori pubblici iscritti presso la CPDEL, CPS e CPUG e CTPS, si tenga conto dell’intero servizio utile prestato, ivi compresi i periodi non assistiti dal versamento dei contributi.

Pertanto, anche in assenza di recupero della contribuzione dovuta alle predette Casse, per avvenuto decorso del termine di prescrizione quinquennale, l’attività lavorativa svolta sarà considerata utile ai fini della liquidazione del trattamento di quiescenza; in questa ipotesi, tuttavia, ai sensi del comma 2 dell’articolo 31 della Legge 610/1952, l’onere del trattamento deve essere ripartito tra l’Istituto e le Amministrazioni datrici di lavoro.

Chiarite le peculiarità proprie della disciplina applicabile alla CPDEL, alla CPS, alla CPUG e alla CTPS, stante invece l’inapplicabilità del medesimo articolo 31 alle contribuzioni dovute per i lavoratori iscritti alla CPI, a quest’ultima, fermo restando l’univoco termine prescrizionale stabilito dall’articolo 3, commi 9 e 10, della Legge 335/1995, si applicano le disposizioni vigenti in materia per l’AGO, con le note conseguenze che tale disciplina comporta in termini di non computabilità dei periodi di attività lavorativa non coperti dal versamento dei contributi, se prescritti.

Per gli iscritti alla CPDEL, alla CPS, alla CPUG e alla CTPS, la provvista, di cui all’articolo 31, comma 2, della Legge 610/1952, finalizzata a finanziare l’onere del trattamento di quiescenza spettante per i periodi di servizio utili ai fini della prestazione non assistiti dal corrispondente versamento di contribuzione, calcolata secondo le regole in materia di rendita vitalizia di cui all’articolo 13 della Legge 12 agosto 1962, n. 1338, non versata dal datore di lavoro inadempiente, sarà oggetto di recupero da parte dell’Istituto, anche in via coattiva, secondo le consuete modalità. I lavoratori si vedranno comunque accreditare il periodo sulla propria posizione assicurativa.

Per gli iscritti alla CPI, la non computabilità dei periodi di attività lavorativa non coperti dal versamento di contributi, derivante dall’espressa esclusione dal campo di applicazione dell’articolo 31 citato e l’impossibilità per l’Istituto di ricevere il versamento della contribuzione prescritta, ai sensi dell’articolo 3, comma 9, della Legge 335/1995, comportano l’applicazione alla fattispecie in esame dell’articolo 13 della Legge 1338/1962 e della facoltà ivi prevista per il datore di lavoro di sanare gli effetti pregiudizievoli cagionati al lavoratore con l’omissione del versamento di contribuzione, ormai prescritta, richiedendo la costituzione di una rendita vitalizia. Ne deriva che, per gli iscritti alla CPI, l’aggiornamento della posizione assicurativa del lavoratore, con conseguente liquidazione del trattamento di quiescenza spettante, avverrà solo in seguito al versamento della riserva matematica quantificata nei sensi suindicati, da parte del datore di lavoro ovvero, ai sensi dell’articolo 13, comma 5, della Legge 1338/1962, da parte del lavoratore.

Tali novità sarebbero dovute entrare a regime dal 1° gennaio 2019. Tuttavia, con la circolare n. 117 datata 11 dicembre 2018, l’Inps aveva procrastinato l’avvio al 1° gennaio 2020.

Le deroghe previste dall’Istituto previdenziale si mostravano deboli da un punto di vista giuridico, atteso che la norma del 1995 si applica indistintamente a tutte le tipologie di contribuzioni dovute al FPLD nonché alle forme esclusive.

A dare supporto all’Inps, è intervenuto il Decreto-legge 28 gennaio 2019 n. 4 ove, all’articolo 19, è stata disposta la sospensione dei termini di prescrizione della contribuzione obbligatoria, come regolati all’articolo 3, commi 9 e 10, della Legge 8 agosto 1995 n. 335, per i periodi di competenza fino al 31 dicembre 2014, con riferimento alle contribuzioni dovute dalle amministrazioni pubbliche per le gestioni previdenziali esclusive amministrate dall’Inps.

Con la circolare n. 122 del 6 settembre 2019, è stato precisato che la sospensione di applica alle sole amministrazioni pubbliche contemplate dal Decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165.

Sono, pertanto, destinatari delle disposizioni:

  1. le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative. Sono da comprendere nell’ambito degli istituti e scuole di ogni ordine e grado le Accademie e i Conservatori statali;
  2. le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo;
  3. le Regioni, le Province, i Comuni, le Unioni dei Comuni, le Comunità montane e loro consorzi e associazioni;
  4. le istituzioni universitarie;
  5. gli Istituti autonomi case popolari;
  6. le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni;
  7. gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali; in essi rientrano tutti gli enti indicati nella Legge 20 marzo 1975, n. 70, gli ordini e i collegi professionali e le relative federazioni, i consigli e collegi nazionali, gli enti di ricerca e sperimentazione anche se non compresi nella Legge 70/1975;
  8. le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale;
  9. l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN);
  10. le Agenzie di cui al Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

Sono ricomprese nell’ambito delle pubbliche amministrazioni le aziende sanitarie locali, le aziende sanitarie ospedaliere e le diverse strutture sanitarie istituite dalle Regioni con legge regionale nell’ambito dei compiti di organizzazione del servizio sanitario attribuiti alle medesime, nonché le IPAB, le aziende pubbliche di servizi alla persona (ASP) istituite dalle Regioni a seguito del processo - avviato dalla Legge delega 8 novembre 2000, n. 328, e dal Decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207 - che ha condotto alla trasformazione delle ex IPAB in ASP o in persone giuridiche di diritto privato senza scopo di lucro.

Sono altresì comprese nel novero delle pubbliche amministrazioni la Banca d’Italia, la Consob e, in linea generale, le Autorità Indipendenti, che sono qualificate amministrazioni pubbliche in conformità al parere n. 260/1999 del Consiglio di Stato, nonché le Università non statali legalmente riconosciute qualificate enti pubblici non economici dalla giurisprudenza amministrativa e ordinaria (cfr. Cassazione Sezioni Unite n. 1733 del 5 marzo 1996 e n. 5054 dell’11 marzo 2004, Consiglio di Stato n. 841 del 16 febbraio 2010).

I datori di lavoro che, non sono qualificabili come amministrazioni pubbliche ai sensi del Decreto legislativo n. 165/2001, non sono destinatari della sospensione dei termini di prescrizione possono essere così riepilogati:

  1. gli enti pubblici economici;
  2. gli Istituti autonomi case popolari trasformati in base alle diverse leggi regionali in enti pubblici economici;
  3. gli enti che, per effetto dei processi di privatizzazione, si sono trasformati in società di persone o società di capitali ancorché a capitale interamente pubblico;
  4. le ex IPAB trasformate in associazioni o fondazioni di diritto privato;
  5. le aziende speciali costituite anche in consorzio, ai sensi degli articoli 31 e 114 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
  6. i consorzi di bonifica;
  7. gli enti morali;
  8. gli enti ecclesiastici.

La sospensione dei termini si applica alla sola contribuzione dovuta alle gestioni previdenziali esclusive amministrate dall’INPS e, quindi, esclusivamente alla contribuzione afferente alla Cassa per le pensioni dei dipendenti degli enti locali (CPDEL), alla Cassa per le pensioni agli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate (CPI), alla Cassa per le pensioni dei sanitari (CPS), alla Cassa per gli ufficiali giudiziari (CPUG), alla Cassa per i trattamenti pensionistici dei dipendenti civili e militari dello Stato (CTPS).

Rimanevano escluse dalla sospensione legale dei termini di prescrizione, le contribuzioni pertinenti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), ai fondi esonerativi e sostitutivi della Assicurazione generale obbligatoria, ai fondi per l’erogazione dei trattamenti di previdenza (TFR/TFS) ai dipendenti pubblici (fondo ex INADEL ed ex ENPAS).

Senonché, l’articolo 11, comma 5, del Decreto-legge 30 dicembre 2019 n. 162, ha esteso la sospensione dei termini prescrizionali anche ai fondi per i trattamenti di previdenza, i trattamenti di fine rapporto e i trattamenti di fine servizio amministrati dall’Inps, cui sono iscritti i lavoratori dipendenti delle amministrazioni pubbliche. Inoltre, il termine inizialmente fissato al 31 dicembre 2014 è stato ampliato al 31 dicembre 2015. Le regolarizzazioni dovranno avvenire entro il 31 dicembre 2022.

Da ultimo, l’articolo 9, comma 3, del Decreto-legge 30 dicembre 2021 n. 228 ha ulteriormente modificato il termine del 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2017.

Ne deriva che, per i periodi di competenza fino al 31 dicembre 2017, le modifiche potranno essere apportate, e le eventuali sistemazione contributive richieste, entro il 31 dicembre 2022.

La sospensione legale dei termini di prescrizione opera per le Casse succitate (Cpdel, Cps, Cpi, Cpug, CTPS, Inadel ed Enpas), relativamente ai periodi retributivi fino al 31 dicembre 2017, e potrà essere versata entro il 31 dicembre 2022.

La contribuzione relativa ai periodi retributivi che decorrono dal 1° gennaio 2018, non ricompresa nell’ambito di applicazione della norma, soggiace agli ordinari termini prescrizionali indicati al comma 9 dell’articolo 3 della Legge 335/1995.

Il termine di prescrizione decorre dalla data in cui il diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.) e il termine di decorrenza coincide con il giorno in cui l’Istituto può esigere la contribuzione, ossia con la data di scadenza del termine per effettuare il versamento (il 16 del mese successivo a quello al quale la contribuzione si riferisce).

Le pubbliche amministrazioni per le quali, come chiarito in precedenza, si applica la sospensione legale dei termini introdotta dall’articolo 19 del Decreto-legge 4/2019, potranno regolarizzare la contribuzione dovuta alle casse pensionistiche della Gestione pubblica, compresa la CPI, entro il termine del 31 dicembre 2022, per i periodi retributivi fino al 31 dicembre 2017 e, entro i termini di prescrizione quinquennale, per i periodi retributivi che decorrono dal 1° gennaio 2018.

Tali regole si applicano anche per i compensi corrisposti direttamente dalle istituzioni scolastiche, le quali sono tenute altresì – per tali compensi – ad effettuare l’invio della ListaPosPA in autonomia, fino al 31 dicembre 2019. Dal mese di gennaio 2020, i conti individuali degli interessati saranno alimentati direttamente da NoiPA (cfr. circolare Inps n. 115 del 2 agosto 2019).

Per i datori di lavoro diversi dalle pubbliche amministrazioni continua a trovare applicazione il termine di decorrenza della circolare Inps n. 169/2017, prorogato al 1° gennaio 2020 dalla circolare Inps n. 117/2018.

Da ultimo, sempre l’articolo 9, comma 3, del citato Decreto-legge 228/2021 dà la possibilità alle pubbliche amministrazioni, in deroga agli ordinari termini prescrizionali, di dichiarare e adempiere, fino al 31 dicembre 2022, agli obblighi relativi alla contribuzione di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria dovuti alla Gestione separata Inps – di cui all'articolo 2, comma 26, e seguenti della legge 8 agosto 1995, n. 335, in relazione ai compensi erogati per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e figure assimilate. Sono fatti salvi gli effetti di provvedimenti giurisdizionali passati in giudicato.

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