Accesso Abbonati

Dott. Claudio Carbone

Focus sul “Il reclamo e la mediazione”, I° parte

fiscalitaIl testo dell’articolo 17-bis del D.lgs n. 546 del 1993, rubricato “Il reclamo e la mediazione”, è stato integralmente sostituito dall’articolo 9, comma 1, lettera l), del decreto di riforma del contenzioso tributario (D.lgs n. 156 del 2015), con alcune rilevanti novità, introdotte allo scopo di potenziare l’istituto, ampliando gli atti soggetti a reclamo ed i soggetti nei confronti dei quali è possibile proporre l’azione, e nel contempo di incentivare ulteriormente la deflazione del contenzioso tributario.

Le nuove disposizioni sul processo tributario si applicano, in via generale, a decorrere dal 1° gennaio 2016, ovvero ai giudizi pendenti a tale data (in particolare, si tratta delle liti concernenti atti dell’Agenzia delle entrate di valore non superiore a ventimila euro), mentre per quanto concerne gli atti prima esclusi dalla disciplina del reclamo/mediazione (come ad esempio, gli atti di accertamento catastale o gli atti di altri enti impositori, quali i comuni), la nuova disciplina trova applicazione con riferimento ai ricorsi notificati dal contribuente a decorrere dal 1° gennaio 2016, fermo restando che il contribuente ha avuto comunque la possibilità di presentare direttamente il ricorso entro il 31 dicembre 2015, in base alla normativa fino a quella data vigente. Il nuovo istituto opera ex lege e, quindi, non necessita di essere recepito in un regolamento comunale e continua a configurarsi come uno strumento obbligatorio, il cui scopo è quello di permettere all’ufficio preposto un esame preventivo della fondatezza dei motivi del ricorso e, di contro, della legittimità della pretesa tributaria, nonché una verifica circa la possibilità di evitare, anche mediante il raggiungimento di un accordo di mediazione, che la controversia prosegua davanti al giudice. La ratio delle nuove disposizioni, si ribadisce, risiede nel principio di economicità dell’azione amministrativa diretta a produrre effetti deflattivi del contenzioso tributario, considerando che la stragrande maggioranza degli atti emessi dagli enti locali è d’importo inferiore ai 20 mila euro; soglia al di sotto della quale è necessario attivare l’istituto in argomento. In tal senso devono essere lette le modifiche introdotte che riguardano in particolare:

  1. l’estensione dell’ambito di applicazione dell’istituto a tutti gli enti impositori, agli agenti della riscossione e ai soggetti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53 del D.Lgs. n. 446 del 1997, nonché alle controversie in materia catastale;
  2. la semplificazione delle modalità di instaurazione del procedimento;
  3. la quantificazione del beneficio della riduzione delle sanzioni in senso più favorevole al contribuente;
  4. le regole per il pagamento delle somme dovute a seguito di mediazione;
  5. l’estensione anche alle cause reclamabili della possibilità di esperire la conciliazione giudiziale.

L’ambito di applicazione

Nell’originaria previsione, il reclamo/mediazione ha trovato applicazione soltanto per le controversie tributarie di valore non superiore a ventimila euro “relative ad atti emessi dell’Agenzia delle entrate”. Tale inciso non figura più nel testo novellato dell’articolo 17-bis del D.lgs n. 546 del 1993; pertanto, l’istituto, pur restando circoscritto alle sole liti fino a ventimila euro di valore, è ora esteso a tutte le controversie tributarie, anche qualora parte in giudizio sia un ente impositore diverso dall’Agenzia delle entrate, come ad esempio, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli o un ente locale, ovvero l’agente o il concessionario privato della riscossione. In merito a questi ultimi soggetti, tenuto conto della natura dei loro atti, si ritiene che il reclamo possa trovare applicazione per le impugnazioni concernenti le cartelle di pagamento per vizi propri, fermi di beni mobili registrati di cui all’articolo 86 del Dpr n. 602 del 1973, iscrizioni di ipoteche sugli immobili ai sensi dell’articolo 77 del Dpr n. 602 del 1973. La norma, inoltre, introduce la possibilità di proporre reclamo anche avverso gli atti catastali, che essendo di valore indeterminabile erano in precedenza esclusi dalla mediazione. Infine, l’articolo 17-bis, del D.lgs n. 546 del 1993, contempla espressamente l’ipotesi che oggetto di mediazione sia il rifiuto tacito alla restituzione di tributi, sanzioni, interessi o altri accessori.

Sulla base di queste premesse, oggetto del reclamo/mediazione è qualsiasi atto emesso o non emesso (come il diniego tacito alla richiesta di rimborso) che sia autonomamente impugnabile. Così, ad esempio, a nulla rileva che per un atto di accertamento comunale sia stata già presentata un’istanza di accertamento con adesione, non andata a buon fine.  Sono soggetti a reclamo non solo gli atti impugnabili elencati nell’articolo 19 del D.lgs. n. 546 del 1992, ma anche tutti quegli atti che, pur non richiamati, recano comunque una pretesa tributaria definita e per questo ritenuti autonomamente impugnabili, da giurisprudenza ormai pacifica (Cassazione, sez. un., n. 16293 del 2007). Tra questi vanno annoverati gli avvisi bonari Tari, laddove riportano l’importo dell’intero tributo dovuto per l’anno. Va anche ricordato che l’impugnazione di tali atti dà solo la facoltà al contribuente di anticipare il contenzioso, ma la loro mancata impugnazione non preclude l’impugnativa del successivo atto di accertamento emesso dal Comune.

I limiti ed effetti

L’individuazione delle controversie soggette al reclamo/mediazione avviene sulla base di un unico criterio, cioè il valore della lite non superiore a ventimila euro. Per la determinazione di detto valore si fa riferimento alle disposizioni del novellato articolo 12, comma 2, del D.lgs n. 546 del 1993 e, quindi, considerando la sola imposta, al netto di sanzioni ed interessi. Negli atti di irrogazione delle sole sanzioni, il valore è dato dall’ammontare di queste. Nel caso di reclamo cumulativo avverso più atti di accertamento, il valore va calcolato con riferimento ad ogni singolo atto e non alla sommatoria delle imposte di tutti gli atti. Stesso discorso nel caso del ricorso collettivo avverso più atti notificati a soggetti diversi.

La proposizione dell’impugnazione produce, oltre agli effetti sostanziali e processuali tipici del ricorso, anche quelli del reclamo/mediazione. In sostanza, il procedimento di reclamo/mediazione è introdotto automaticamente con la presentazione del ricorso. La pregressa disciplina prevedeva, invece, un’apposita istanza di reclamo, con applicabili al procedimento di reclamo, in quanto compatibili, le norme sulla proposizione del ricorso. Il tutto porta a concludere che il reclamo non è atto diverso dal ricorso, ma è il ricorso stesso che assume valore di reclamo, con la conseguenza che scaduti i termini concessi per addivenire ad un accordo nella fase pre-processuale, il ricorrente deve costituirsi in giudizio entro 30 giorni, depositando il ricorso/reclamo presso la segreteria della commissione adita. Ulteriori effetti della coincidenza del ricorso con l’atto di reclamo sono a titolo esemplificativo i seguenti:

  1. il deposito di un ricorso diverso da quello presentato nella fase pre-processuale della mediazione è da ritenersi inammissibile, stante il divieto generale di integrazione dei motivi del ricorso, possibile solo alle condizioni e con le formalità previste dall’articolo 24 del D.lgs. n. 546 del 1992. Quest’ultima disposizione, si ricorda, ammette l’integrazione dei motivi solo se sono conseguenti al deposito di documenti non conosciuti ad opera delle parti o per ordine della commissione, con l’ulteriore precisazione che l’integrazione avviene con le stesse formalità della presentazione del ricorso e, quindi, con notifica all’ente impositore;
  2. il reclamo soggiace a tutti i requisiti previsti per la presentazione del ricorso e, quindi, ad esempio, per le controversie di importo superiore a 3 mila euro deve essere sottoscritto dal difensore del ricorrente e contenere l’indicazione dell’incarico ricevuto, ai sensi dell’articolo 18 del D.lgs. n. 546 del 1992;
  3. al ricorso/reclamo presentato al Comune devono essere allegati tutti gli atti che successivamente, in caso di mancato accordo, devono essere depositati in commissione tributaria ai sensi dell’articolo 22 del D.lgs. n. 546 del 1992, ovvero copia dell’atto impugnato e dei documenti che si intende produrre in giudizio. Ovviamente, al Comune possono non essere allegati tanto l’atto impugnato quanto gli altri atti già in possesso del Comune stesso;
  4. il ricorso/reclamo deve essere notificato nei modi previsti dall’articolo 20 del D.lgs. n. 546 del 1992.

Sempre con riferimento ai limiti e agli effetti dell’istituto in commento, si ricorda che il novellato comma 2, dell’articolo 17-bis del D.lgs n. 546 del 1993 stabilisce che “Il ricorso non è procedibile fino alla scadenza del termine di novanta giorni dalla data di notifica, entro il quale deve essere conclusa la procedura di cui al presente articolo”. Ciò significa che con la proposizione del ricorso si apre una fase amministrativa di durata pari a 90 giorni entro la quale deve svolgersi il procedimento di reclamo/mediazione. Tale fase, che si colloca temporalmente tra l’avvio dell’azione giudiziaria (coincidente con la notifica del ricorso) e l’eventuale instaurazione del giudizio (i termini per la costituzione del ricorrente, restano sospesi durante il procedimento), è finalizzata all’esame del reclamo e dell’eventuale proposta di mediazione, con l’obiettivo di evitare, in caso di esito positivo, che la causa sia portata a conoscenza del giudice. Il termine di 90 giorni va computato dalla data di notifica del ricorso all’ente impositore. Se la notifica del ricorso è effettuata a mezzo del servizio postale, il predetto termine decorre dalla data di ricezione del ricorso da parte dell’ente destinatario, in analogia con quanto accade per la decorrenza del termine per la costituzione in giudizio del ricorrente, alla luce del prevalente indirizzo della giurisprudenza della Corte di cassazione. Il termine di 90 giorni è soggetto alla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, come esplicitato dal comma 2, ultimo periodo, dell’articolo 17-bis del D.lgs n. 546 del 1993. Durante la pendenza del procedimento di reclamo/mediazione, e cioè a decorrere dalla notifica del ricorso e nei successivi 90 giorni, calcolati applicando le regole dei termini processuali, si verificano i seguenti effetti:

  1. il ricorso non è procedibile, secondo quanto previsto dal comma 2 del richiamato articolo 17-bis. Ciò significa che l’azione giudiziaria può essere proseguita, attraverso la costituzione in giudizio del ricorrente, solo una volta scaduto il termine per lo svolgimento dell’istruttoria. Come chiarito dal successivo comma 3, il termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio del ricorrente, previsto dall’articolo 22 del decreto n. 546, decorre solo dopo lo scadere del termine dilatorio di 90 giorni; inoltre, la commissione tributaria provinciale, se rileva che la costituzione in giudizio è avvenuta prima dello scadere dei novanta giorni, rinvia la trattazione della causa per consentire l’esame del reclamo;
  2. sono sospesi ex lege la riscossione e il pagamento delle somme dovute in base all’atto oggetto di contestazione, come previsto dal comma 8 del citato articolo 17-bis. Tale disposizione stabilisce altresì che, decorso il termine di 90 giorni senza che vi sia stato accoglimento del reclamo o perfezionamento della mediazione, il contribuente è tenuto a corrispondere gli interessi previsti dalle singole leggi d’imposta per il periodo di sospensione. La disciplina sul punto ricalca quella previgente, fatta eccezione per la previsione, contenuta nel comma 9-bis, ultimo periodo, del vecchio articolo 17-bis e non riproposta nel nuovo testo, che dichiarava inoperante la sospensione legale per i casi di improcedibilità del ricorso a seguito di prematura costituzione in giudizio del ricorrente. Pertanto, si deve ritenere che ora la sospensione legale della riscossione, che consegue automaticamente alla presentazione del ricorso, operi anche nel caso in cui il contribuente si costituisca prima dello scadere del termine di 90 giorni. Gli effetti sopra descritti si producono esclusivamente nel caso di rituale instaurazione delle controversie alle quali è applicabile l’articolo 17-bis. Ciò significa che qualora il ricorso sia inammissibile (perché, ad esempio, presentato tardivamente), oppure sia proposto avverso un atto non rientrante nell’ambito di applicazione del reclamo/mediazione, i termini per la costituzione in giudizio del ricorrente decorrono dalla notifica del ricorso stesso e, inoltre, non opera la sospensione legale della riscossione. 
Letto 4916 volte

Copyright © 2021 OggiPA.it Tutti i diritti riservati.

Direttore di Redazione: Dott. Arturo Bianco

Editore: Pubbliformez s.r.l. - Autorizzazione Tribunale di Catania n°7/2013

Sede: Via Caronda 136 - 95128 Catania - P.IVA 03635090875

Recapiti: Tel. 095/437045 - Fax 095/7164114 - email: claudiogagliano@oggipa.it