Accesso Abbonati

La Legge di Bilancio 2017

Dott. Villiam Zanoni

Dopo il colpo di reni provocato dall’esito del referendum del 4 dicembre, si è rapidamente concluso l’iter di approvazione della legge di Bilancio 2017 con una repentina approvazione da parte del Senato dello stesso testo già varato alla Camera.Va subito detto che l’operazione pre-refendum per mettere in qualche modo al sicuro la legge di Bilancio e che aveva portato anche in quel caso ad una approvazione abbastanza rapida del disegno di legge del Governo, con alcune significative modifiche apportate in Commissione bilancio alla Camera e successivamente anche in aula, aveva comunque lasciato aperto alcune problematiche che lo stesso Governo si prefiggeva di affrontare poi al Senato, salvo poi lasciare tutto inalterato.

Tuttavia voci di corridoio fanno già ipotizzare che alcuni di quei problemi potrebbero trovare spazio nell’ormai tradizionale decreto mille proroghe di fine anno che il Governo si appresterebbe a varare, per cui non è escluso che poi a gennaio dovremo ritornare su alcuni argomenti.

Seguiamo quindi cronologicamente le novità riferite alla previdenza.

La nuova flessibilità: l’APE e la RITA

L’articolo 1, commi da 166 a 186, della legge ha introdotto, seppure in via sperimentale per un biennio, l’APE, ovvero l’anticipo finanziario a garanzia pensionistica a partire da maggio 2017.

Si tratta di una operazione che agisce solo sulla pensione di vecchiaia, tant’è che la condizione fondamentale è legata ad una età non inferiore a 63 anni associata al possesso di almeno 20 anni di contribuzione, fermo restando che la durata dell’anticipo non può essere superiore a 3 anni e 7 mesi né inferiore a 6 mesi.

La trattazione in questa sede è necessariamente generica poiché la attuazione è vincolata alla emanazione di un DPCM e almeno di un decreto ministeriale attraverso i quali saranno definite tutte le modalità di dettaglio dell’operazione.

Avremo quindi 3 tipologie di APE:

-       quella volontaria;

-       quella aziendale

-       quella social

L’APE volontaria è quella più complicata anche dal punto di vista della sua percezione poiché si tratta di una novità assoluta.

In estrema sintesi si tratta di una operazione del tutto simile ad un prestito finanziario la cui entità corrisponde alla somma che verrà complessivamente anticipata dall’INPS a titolo di APE prima dell’età pensionabile e che dovrà poi essere restituita con una trattenuta mensile sulla pensione definitiva della durata di 20 anni.

La somma anticipabile sarà parametrata ad una percentuale della pensione netta prevista all’età pensionabile e potrà essere differenziata in funzione del numero di anni di anticipo.

Al capitale anticipato si aggiungerà poi il costo degli interessi (la cui entità verrà definita in una convenzione stipulata fra il MEF e il sistema bancario italiano) e il costo di una copertura assicurativa contro il rischio premorienza (la cui entità verrà nuovamente definita in una convenzione stipulata fra il MEF e il sistema assicurativo italiano); le stime diffuse farebbero oscillare l’incidenza della trattenuta futura sulla pensione fra un 4,5% – 4,7% per ciascun anno di anticipo.

Una condizione già nota è che l’importo della pensione finale, al netto della trattenuta, non potrà essere inferiore a 1,4 volte il trattamento minimo di pensione (702,65 euro mensili).

L’unica agevolazione prevista, oltre al fatto che lo Stato si accollerà una parte degli interessi e del costo assicurativo, è uno sgravio fiscale che verrà erogato sotto forma di un “credito di imposta” la cui entità sarà pari al 50% di 1/20 della componente accessoria del prestito (interessi e assicurazione).

L’APE aziendale ha strutturalmente le stesse caratteristiche dell’APE volontaria, ma potrebbe differenziarsi semplicemente per il fatto che sarà il datore di lavoro a farsi carico di tutto o parte dell’onere corrispondente al prestito.

Per come è costruita è ovviamente ipotizzabile che riguardi unicamente il settore privato, per cui in questa sede  non andiamo oltre.

L’APE social sarà la più semplice per il lavoratore, nel senso che tutti gli oneri saranno a carico dello Stato, ma la più complicata nella individuazione dei percorsi che porteranno alla sua percezione.

Già nella sua definizione (indennità) si presenta strutturalmente diversa dalle due precedenti, quasi ad assumere i connotati di una sorta di ammortizzatore sociale.

Altrettanto dicasi per la durata poiché fermo restando il requisito anagrafico non inferiore a 63 anni, la sua durata è pari al periodo mancante al compimento dell’età pensionabile, il che fa supporre che per eventi che includono periodi in cui potranno mutare i requisiti per la dinamica della speranza di vita la durata dell’indennità potrebbe anche superare i 3 anni e 7 mesi precedentemente previsti.

L’indennità, erogabile per 12 mesi, non potrà sperare l’importo di 1.500 euro mensili lordi e verrà erogata fino al raggiungimento del primo diritto a pensione, normalmente quella di vecchiaia ma anche una eventuale pensione anticipata.

In caso di pensione attesa di importo superiore a 1.500 euro mensili, la parte eccedente potrà anche dare luogo alla erogazione di un’APE volontaria che verrà gestita con gli stessi meccanismo sopra descritti.

Sarà anche compatibile con eventuali redditi da lavoro dipendente o parasubordinato fino a 8.000 euro annui, ovvero da lavoro autonomo fino a 4.800 euro annui.

Non tutti potranno però fruire di tale beneficio, poiché la disposizione si applicherà nei confronti delle quattro seguenti categorie di soggetti:

  1. lavoratori disoccupati
  2. assistenti di persone handicappate
  3. soggetti invalidi
  4. addetti ad attività lavorative gravose

a) lavoratori disoccupati

Sono ritenuti tali coloro che hanno cessato il rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale e hanno concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi.

L’aggancio all’esaurimento del trattamento di NASPI da almeno 3 mesi ha una sua ratio, ma potrebbe anche rappresentare un ostacolo insormontabile per i dipendenti pubblici assunti a tempo indeterminato che sono appunto esclusi dall’obbligo assicurativo NASPI.

b) assistenti di persone handicappate

Sono ritenuti tali coloro che assistono da almeno 6 mesi il coniuge o un parente convivente entro il primo grado (genitori o figli) portatori di handicap grave, quindi beneficiari almeno di legge 104/1992.

A tale proposito si segnala la sentenza n° 213/2016 della Corte Costituzionale con la quale è stata dichiarata illegittima la legge n° 104/1992 nella parte in cui non ricomprende fra i beneficiari dei relativi permessi il convivente more uxorio, per cui appare curioso che nella normativa tale fattispecie non sia stata ricompresa.

c) soggetti invalidi

Sono ritenuti tali coloro che sono stati sottoposti ad accertamento medico legale da parte delle commissioni invalidi civili e che hanno ottenuto il riconoscimento di una invalidità civile pari o superiore al 74%.

d) addetti ad attività lavorative gravose

Sono ritenuti tali coloro che svolgo le seguenti attività da almeno 6 anni continuativi:

-       operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici

-       conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni

-       conciatori di pelli e di pellicce

-       conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante

-       conduttori di mezzi pesanti e camion

-       personale delle professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni

-       addetti all’assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza

-       insegnanti della scuola dell’infanzia e educatori degli asili nido

-       facchini, addetti allo spostamento merci e assimilati

-       personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia

-       operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti

C’è una contropartita per i dipendenti pubblici che accedono all’APE social per i quali il termine di 24 mesi di attesa per riscuotere il TFS/TFR inizierà a decorrere dalla data in cui saranno compiuti i requisiti normali per la pensione vecchiaia.

Per accedere all’APE social ci sono però due ulteriori condizioni:

-       per i lavoratori disoccupati, per coloro che assistono persone handicappate e per i soggetti invalidi è richiesto un requisito contributivo di almeno 30 anni;

-       per gli addetti ad attività lavorative gravose è richiesto un requisito contributivo di almeno 36 anni.

L’altro elemento di novità è stato introdotto dai commi da 188 a 192 che regolamentano la RITA, ovvero la rendita integrativa temporanea anticipata.

Anche in questo caso tutti gli elementi di dettaglio saranno definiti con le decretazioni successive dalle quali capiremo anche se sarà possibile la sola conversione del capitale accumulato in rendita, come farebbe supporre la definizione della prestazione, ovvero se sarà possibile accedere alla liquidazione anticipata del capitale da utilizzare per azzerare o ridurre l’importo del prestito pensionistico e di conseguenza delle rate successive, o ancora se potrà essere utilizzato un mix fra le due ipotesi.

Tuttavia per i dipendenti pubblici, per i quali i rispettivi fondi pensione negoziali (ESPERO o PERSEO-SIRIO) sono sorti abbastanza recentemente e nei quali di conseguenza sono poche sono le risorse accantonate, non ci dovrebbero essere molte opportunità.

Anche in questo caso, laddove avvenisse, c’è una contropartita per i dipendenti pubblici che accedono alla RITA per i quali il termine di 24 mesi di attesa per riscuotere il TFS/TFR inizierà nuovamente a decorrere dalla data in cui saranno compiuti i requisiti normali per la pensione vecchiaia.

La definitiva abrogazione delle penalizzazioni

L’articolo 1, comma 194, scrive la parola fine in calce al capitolo delle penalizzazioni prevedendo la abrogazione in radice degli ultimi due capoversi del comma 10 dell’articolo 24 del D.L. n° 201/2011, quindi con un anno di anticipo rispetto al momento in cui le penalizzazioni sarebbero state nuovamente applicate.

Ne deriva che tutti coloro che accederanno a pensione anticipate prima del compimento dei 62 anni non avranno più nessuna preoccupazione: Altrettanto dicasi per le amministrazioni che volessero avvalersi della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro di cui all’articolo 72, comma 11, del D.L. n° 112/2008, per le quali non più alcun vincolo.

Tale abrogazione, contrariamente a quanto hanno fatto intendere alcuni organi di informazione, non è legata alla qualifica di “lavoratore precoce”, ma troverà applicazione nei confronti di tutti i futuri pensionati, anche se di fatto diversi di questi potrebbero anche rivestire tale qualifica.

Il nuovo cumulo

Fra le modifiche più significative della legge di bilancio 2017 (articolo 1, commi da 195 a 198) vi sono quelle relative alla disciplina del cumulo di cui all’articolo 1, comma 239, della legge n° 218/2012.

Da un lato viene eliminata una della condizioni più assurde, e cioè il fatto che il lavoratore non avesse diritto a pensione in nessuna della gestioni in cui era stato iscritto, ma dall’altro viene anche modificata la platea delle contribuzioni che possono essere utilizzate, nel senso che vengono inclusi anche i periodi versati nella casse professionali, sia quelle di remota istituzione, sia quelle nate dopo il 1995.

La modifica più importante è però quella legata alla possibilità di acquisire mediante il cumulo anche il diritto alla pensione anticipata introdotta dalla riforma Fornero, ma solo quella a fronte dei 42 anni e 10 mesi per l’uomo e dei 41 anni e 10 mesi per la donna. Rimane esclusa la possibilità di accedere a pensione con il meccanismo della flessibilità per i destinatari del sistema contributivo, e cioè con i 20 anni di contributi, l’età di 63 anni e 7 mesi ed un importo non inferiore a 2,8 volte l’assegno sociale.

A fronte di tutto ciò c’è un unico balzello: se un dipendente pubblico accede alla pensione anticipata mediante il nuovo meccanismo del cumulo, in tal caso il termine di 24 mesi di attesa per riscuotere il TFS/TFR inizierà a decorrere dalla data in cui saranno compiuti i requisiti di età per il diritto alla pensione di vecchiaia.

L’altra novità interessante è legata alla possibilità di revocare la ricongiunzione in corso di pagamento per fruire in alternativa della possibilità di cumulo.

Detta istanza potrà essere presentata entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge, quindi entro il 31 dicembre 2017. In tal caso saranno rimborsate le quote di onere versate fino a quel momento e la contribuzione tornerà ad essere fruibile all’interno di ciascuna gestione.

I lavoratori precoci

Un altro aspetto importante delle novità inserite nella legge di bilancio 2017 sono quelle relative ai lavoratori precoci, fattispecie che va a ripescare una definizione già utilizzata nella legge n° 449/1997 quando furono definite le fasi transitorie dell’andata a regime delle norme della legge n° 335/1995 relative alla pensione di anzianità.

L’articolo 1, commi da 199 a 205, regolamenta tali novità partendo appunto dalla definizione di lavoratore precoce, e cioè colui che ha almeno 12 mesi di contribuzione, anche non continuativa, per periodi di lavoro effettivi precedenti il compimento del 19° anno di età, non prima però di avere precisato che tale nuovo impianto si applica solo a coloro che sono destinatari del sistema di calcolo misto o retributivo (o 18 anni al 31.12.1995 o comunque già assicurati a quella data).

Si ricorda che i precoci del sistema contributivo (nuovi assicurati dal 1.1.1996) fruiscono già di un meccanismo tale per cui i periodi di lavoro prestati prima del compimento del 18° anno di età sono moltiplicati per il coefficiente 1,5 ai fini del raggiungimento del diritto alla pensione anticipata.

Le nuove disposizioni prevedono che i lavoratori precoci, come precedentemente individuati, possono accedere a pensione anticipata, a partire dal 1° maggio 2017 in poi, con un requisito identico per uomini e donne fissato in 41 anni, successivamente modificabili per effetto dei futuri incrementi della speranza di vita.

Non tutti potranno però fruire di tale beneficio, poiché la disposizione si applicherà nei confronti delle seguenti categorie di soggetti.

  1. lavoratori disoccupati
  2. assistenti di persone handicappate
  3. soggetti invalidi
  4. addetti ad attività lavorative gravose

Per le definizioni di dettaglio di tali figure si rinvia a quanto già evidenziato nel capito dell’APE, con una unica aggiunta: possono fruire dei benefici dei lavoratori precoci, oltre a coloro che svolgono lavori gravosi, anche coloro che hanno le condizioni richieste per il riconoscimento del lavoro usurante.

In questa ultima fattispecie tali lavoratori possono andare in pensione anche se non sono in possesso del requisito della quota.

Anche per i lavoratori precoci ci sono due contropartite:

-       per tutti coloro che accedono a pensione quali lavoratori precoci la pensione non è cumulabile con i redditi da lavoro dipendente o autonomo fino al momento in cui sarebbero andati in pensione con i requisiti normali;

-       per i dipendenti pubblici che accedono a pensione quali lavoratori precoci il termine di 24 mesi di attesa per riscuotere il TFS/TFR inizierà a decorrere dalla data in cui saranno compiuti i requisiti normali per la pensione anticipata.

Viene infine precisato che il beneficio per i lavoratori precoci non è cumulabile con altre maggiorazioni previste da altre disposizioni, fermo restando che è compatibile con la maggiorazione dei 2 mesi per gli invalidi oltre il 74%. Nulla viene invece previsto per la maggiorazione dei non vedenti.

Lavori usuranti

L’articolo 1, commi da 206 a 209, ha dettato nuove disposizioni in materia di lavori usuranti.

Le uniche cose che restano inalterate sono il meccanismo della quota e le categorie di lavori usuranti, mentre le vicende più significative sono le seguenti:

-      vengono eliminate le finestre;

-      viene eliminata la necessità di svolgere lavoro usurante nell’anno di maturazione del diritto a pensione;

-      viene cancellata la fase transitoria, nel senso che i 7 anni negli ultimi 10 anni e la metà della vita lavorativa saranno meccanismi applicabili alternativamente già dal 2017;

-      viene sospeso l’adeguamento dei requisiti alla speranza di vita per gli anni 2019. 2021, 2023 e 2025;

-      viene modificata la tempistica di presentazione delle domande che rimane il 1° marzo 2017 per i diritti maturati nel 2017, mentre diventa il 1° maggio dell’anno precedente quello di maturazione dei requisiti se perfezionati dal 2018 in poi.

All’interno delle novità viene definitivamente confermato che il lavoro dei centralinisti ciechi è particolarmente usurante, ma soprattutto si prevede che la maggiorazione dei 4 mesi ogni anno è non solo utile ai fini del diritto e della misura della pensione, ma anche ai fini dell’aumento dell’età anagrafica funzionale alla individuazione del coefficiente di calcolo nel sistema contributivo.

L’ottava salvaguardia

Nella legge di Bilancio 2017, all’articolo 1, commi da 212 a 221, è contenuta l’ottava salvaguardia, che discende, ancor più delle precedenti, dai risparmi delle precedenti salvaguardie.

Il provvedimento è un’estensione dei requisiti per chi era già destinatario della precedente, con ulteriori elementi di novità.

Prima ancora di individuare i soggetti destinatari di quella che appare come l’ultima salvaguardia, è significativo evidenziare il fatto che questo provvedimento è sostanzialmente a costo zero, nel senso che è stato effettuato un monitoraggio di tutti i precedenti 7 interventi e verificato che i numeri in uscita sono ben diversi da quelli in entrata, i risparmi di tutte le precedenti salvaguardie sono stati utilizzati per finanziare l’ottava.

La tabella seguente evidenzia il differenziale fra i numeri originariamente previsti e quelli accertati in via definitiva.

Tipologie Numeri originari Ultima rideterminazione
Prima salvaguardia 65.000 64.374
Seconda salvaguardia 55.000 19.741
Terza salvaguardia 10.130 7.554
Quarta salvaguardia 9.000 3.572
Quinta salvaguardia 23.000 3.871
Extra 104 5.000 4.365
Sesta salvaguardia 32.100 16.818
Settima salvaguardia 26.300 16.800
Ottava salvaguardia 30.700 30.700
TOTALI 256.230 167.795

Il differenziale evidenzia anche quanto non corrispondano a realtà molte delle enfatizzazioni sulla categoria degli esodati che hanno generato anche diversi momenti di tensione sul versante politico-sindacale.

I soggetti coinvolti nell’ottava salvaguardia sono appunto 30.700: debbono presentare istanza di salvaguardia alla sede INPS di residenza i fruitori dell’indennità di mobilità o trattamento speciale edile, gli autorizzati ai versamenti volontari, mentre gli altri lavoratori hanno presentato istanza alla Direzione territoriale del lavoro.

L’unica fattispecie che potrà coinvolgere i dipendenti pubblici è quella che riguarderà 700 lavoratori che, nel corso dell'anno 2011, risultano essere in congedo straordinario ai sensi dell'articolo 42, comma 5, del decreto legislativo n° 151 del 2001 limitatamente a lavoratori che assistevano figli disabili.

L'istanza si presenterà alla Direzione territoriale del lavoro competente in base alla residenza del lavoratore entro il termine di decadenza del 2 marzo 2017.

La decorrenza di pensione ovviamente non potrà essere precedente al 1.1.2017.

Per poter accedere alla salvaguardia tali lavoratori debbono maturare le condizioni di liquidabilità della pensione (compresa la finestra) entro l’84° mese successivo l’entrata in vigore del D.L. n° 201/2011, cioè entro il 6 gennaio 2019.

L’ultimo colpo di coda dell’opzione donna

Sulla vicenda dell’opzione donna, dopo le modifiche apportate dalla legge di stabilità 2016, era rimasto aperto un piccolo spiraglio.

Individuato infatti un finanziamento specifico per coprire l’onere dell’ulteriore anno utile per raggiungere i requisiti, si provocò anche una azione di monitoraggio della spesa per verificare l’esistenza di eventuali ulteriori residui da reinvestire nella stessa operazione, operazione che apparve fin dall’inizio particolarmente aleatoria a causa della mancanza di un termine preciso entro il quale avvalersi della opportunità.

A questo punto interviene nuovamente la legge di bilancio 2017.

All’articolo 1, comma 222, si prevede infatti di concludere la sperimentazione includendo fra le aventi diritto anche quelle lavoratrici che, a causa della applicazione della speranza di vita, non erano riuscite a perfezionare entro il 31.12.2015 i requisiti originariamente richiesti (57 anni per le dipendenti, 58 anni per le autonome).

In sostanza significa che anche le lavoratrici dipendenti nate nell’ultimo trimestre del 1958 potranno accedere alla pensione con l’opzione donna.

Restano esplicitamente confermati sia l’aggancio alla speranza di vita, sia il regime delle finestre.

Ne deriva che se una lavoratrice nata in ottobre 1958 era rimasta esclusa, con la modifica introdotta perfezionerà il requisito, ma solo al raggiungimento nel 2016 dei 57 anni e 7 mesi, quindi a maggio 2016, e la decorrenza della pensione sarà non prima di maggio 2017, fermo restando ovviamente che i 35 anni debbono risultare già perfezionati al 31.12.2015.

Queste sommariamente le novità: interverremo sui singoli argomenti nella’anno prossimo dopo l’emanazione dei provvedimenti attuativi e soprattutto delle circolari applicative che, come è noto, saranno sempre la nostra Bibbia.

Letto 4510 volte

Copyright © 2021 OggiPA.it Tutti i diritti riservati.

Direttore di Redazione: Dott. Arturo Bianco

Editore: Pubbliformez s.r.l. - Autorizzazione Tribunale di Catania n°7/2013

Sede: Via Caronda 136 - 95128 Catania - P.IVA 03635090875

Recapiti: Tel. 095/437045 - Fax 095/7164114 - email: claudiogagliano@oggipa.it