La normativa in atto in vigore, come è noto, prevede che i lavoratori dipendenti impegnati in mansioni usuranti o notturni possono perfezionare il diritto alla quiescenza avvalendosi del sistema delle "quote", cioè sommando l’età anagrafica ai contributi accreditati. Per l’anno 2016 la quota prevista e da rispettare dev'essere di 97,6 con un'età minima di 61 anni e 7 mesi e almeno 35 anni di contributi.
Questa previsione permette di ottenere, in genere, un anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia sino a 5 anni, anche se, in realtà, si tratta di 4 anni se si considera la finestra mobile; i vincoli da rispettare, però, sono tanti e tali da disincentivare questa soluzione, considerato che spesse volte si arriva prima alla pensione anticipata "standard".A causa delle presenza, per questa categoria di dipendenti , del sistema delle finestre mobili che fa slittare l'età di uscita di altri 12 mesi dalla maturazione dei requisiti, le modifiche che dovrebbero essere apportate potrebbero ridurre l'adeguamento dei parametri alla speranza di vita, cancellando le suddette finestre di uscita e consentire, in tal modo, un anticipo del pensionamento di un anno rispetto ai requisiti attualmente previsti .
Ciò significa, ad esempio, che un dipendente che svolge lavori usuranti e che raggiungerà la “ quota “ 97,6 nel mese di ottobre 2016 (con 36 di contributi e 61 anni e 7 mesi di età) dovrà “ attendere “ il 1° novembre 2017 per poter ricevere l’assegno pensionistico ,così come prevede il succitato decreto legislativo n. 67/2011. Se, viceversa, con il nuovo intervento legislativo, la finestra mobile sarà disapplicata, così come è accaduto, a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 214/2001, a decorrere dal 01.01.2012 per la generalità dei dipendenti, l’accesso al pensionamento avverrà immediatamente, con un anno di anticipo, rispetto alla disciplina attualmente in vigore .
Un’ulteriore modifica, assai probabile e che potrebbe concretizzarsi, riguarda la possibilità di ampliare la platea di coloro che potrebbero avvalersi di questo canale di uscita, sino ad oggi, in verità, abbondantemente sottoutilizzato; basti osservare che nel 2012 e nel 2013 è stato impiegato un quinto delle risorse che erano state destinate a questo scopo, a fronte di 5.100 pensionati.
Allo stato attuale, infatti, sono qualificati lavori usuranti solo quattro categorie di lavoratori:
1) gli addetti a “ lavori faticosi e pesanti” di cui all'articolo 2 del decreto del ministero del lavoro del 19 Maggio 1999 (lavori in galleria, cava o miniera ecc.);
2) i lavoratori addetti alla cosiddetta “ linea catena “ (alle dipendenze di imprese per le quali operano le voci di tariffa per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro di cui all'elenco n. 1 contenuto nell'allegato 1 allo stesso Decreto legislativo n. 67/2011);
3) i conducenti di veicoli adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo ( in questa categoria vi rientrano a pieno titolo gli autisti scuola – bus );
4) i “ lavoratori notturni “ con almeno 64 notti lavorate l'anno.
L'intervento legislativo potrebbe includere nella categoria anche gli edili, chi svolge attività in altezza (es. gruisti), gli addetti alla condotta dei treni e il personale viaggiante iscritto al soppresso Fondo FS (questi ultimi hanno perso dal 2012 le specificità riconosciute dalla previgente disciplina pensionistica) ed altre categorie di lavoratori ancora da definire. In atto si assiste pure a forti pressioni per l'attribuzione del beneficio anche ai lavoratori invalidi o ai caregivers cioè chi assiste un parente che si trova in situazione di gravità ( art. 3, comma 3, legge n. 104/1992 ).
Un importante altro intervento di modifica del testo legislativo, dovrebbe essere volto a scongiurare la stretta che richiederà con decorrenza 01.01.2017 , ai fini dell'accesso alla pensione, che le attività usuranti o notturne sopra accennate debbano essere state prestate per almeno la metà della vita lavorativa complessiva. La normativa vigente, infatti , prevede che per potere accedere alla pensione i soggetti interessati abbiano svolto tali attività per almeno 7 anni, compreso l'anno di maturazione dei requisiti, negli ultimi dieci anni di attività lavorativa.
Per le pensioni aventi decorrenza dal prossimo 1° gennaio 2018 ed i cui requisiti verranno, pertanto, raggiunti nel corso del 2017, questo criterio muterà poiché si farà riferimento all'intero arco della vita lavorativa. Nello specifico, i soggetti interessati dovranno dimostrare di avere svolto tali attività per almeno metà della vita lavorativa. Un effetto da non sottovalutare poiché la variazione di questo parametro porterà sicuramente all’esclusione dal beneficio altri potenziali beneficiari . Un criterio, quindi, che potrebbe essere rivisto e corretto.