L’impalcatura del disegno di legge prevede specificatamente per i dipendenti della pubblica amministrazione, i nuovi istituti riferiti a :
^ APE;
^ RITA;
^ ricongiungimenti;
^ interventi per precoci e lavoratori usuranti .
APE . Acronimo di “ assegno per la pensione anticipata “
A distanza di 4 anni dal 1° gennaio 2012, è ormai consolidato e risaputo che la legge Fornero ha inasprito in maniera esponenziale la data di l’accesso alla pensione della gran parte dei dipendenti pubblici . La legge di stabilità per l’anno 2017 intende, perciò, introdurre maggior flessibilità in uscita per quei soggetti che scelgono volontariamente il pensionamento in anticipo rispetto ai requisiti previsti dalla riforma Fornero.
I dipendenti uomini e donne della pubblica amministrazione, in possesso di un’età anagrafica pari o superiore ai 63 anni e che maturano entro i prossimi 3 anni e 7 mesi il diritto a una pensione di vecchiaia d’importo non inferiore a un certo limite (ancora da stabilire), potranno accedere su base volontaria all’APE (anticipo pensionistico).
Si tratta, in pratica, di un vero e proprio prestito che dovrà essere chiesto ad un istituto bancario o altro ente al fine di finanziarsi la pensione, fino al raggiungimento dei requisiti anagrafici per l’assegno di quiescenza di vecchiaia.
Risulta anche chiaro che l’APE ed il suo conseguente costo variano in riferimento alla tipologia di dipendente . Nella proposta di legge si prefigurano tre diverse situazioni:
- APE volontaria per coloro che optano volontariamente per il trattamento pensionistico anticipato: in questo caso l’intero costo dell’operazione è a carico del dipendente che chiede il prestito e che è obbligato a sottoscrivere un’assicurazione contro il rischio di premorienza con una compagnia assicuratrice. La restituzione del prestito (comprensiva degli interessi bancari e degli oneri relativi alla polizza assicurativa) avviene a partire dalla data del pensionamento ( vecchiaia a 66 anni e 7 mesi fino al 31.12.2018) con rate di rimborso costanti per una durata di 20 anni. In caso di decesso del soggetto che ha avuto accesso all’APE, il capitale residuo sarà rimborsato dall’assicurazione con la quale è stata stipulata la polizza contro il rischio premorienza e conseguentemente non avrà alcuna ripercussione sull'eventuale pensione di reversibilità o sugli eredi.
- APE agevolata per coloro che sono disoccupati, esodati, che svolgono un lavoro particolarmente gravoso oppure presentano particolari condizioni di salute. Ricorrendo queste ipotesi, la norma prevede bonus fiscali aggiuntivi o trasferimenti monetari diretti, atti a garantire che il costo del reddito ponte erogato dalla banca sia totalmente a carico dello Stato.
- APE per le imprese che intendono fare una ristrutturazione aziendale e taglio del personale. In questo caso il datore di lavoro può sostenere i costi dell’APE attraverso un versamento all’INPS di una contribuzione correlata alla retribuzione percepita prima della cessazione del rapporto di lavoro, in modo da produrre un aumento della pensione che vada a compensare gli oneri relativi alla concessione dell’APE. A questo si aggiunge l’impegno del Governo a definire interventi di agevolazione fiscale per favorire quote di contribuzione aggiuntiva non ordinaria da parte del datore di lavoro alla previdenza complementare, al fine di potenziare la rendita temporanea erogata dalla previdenza complementare o la pensione integrativa per compensare gli oneri dell’APE.
RITA . Acronimo di “ Rendita integrativa temporanea anticipata “
Si prevede, altresì, di introdurre delle modifiche al sistema delle pensioni per adeguare le prestazioni della previdenza complementare alla flessibilità per l’uscita dal mercato del lavoro. Da questo punto di vista la legge offrirà la possibilità al dipendente che ha maturato e che ha versato contributi in un fondo integrativo, di attingere da questo “fondo “, prima di aver raggiunto i requisiti per la pensione, in modo tale di avere una rendita temporanea in attesa dell’età di pensionamento. In questa ipotesi, ci sarà un trattamento fiscale più agevolato, considerato che si procederà all’applicazione di una tassazione inferiore a quella attualmente prevista per le anticipazioni.
Pensione per lavoratori precoci
Il Governo e le parti sociali i hanno sottoscritto l’obiettivo comune di “favorire le carriere lavorative lunghe e iniziate in età molto giovane dai cosiddetti lavoratori precoci” (tutti quei soggetti cioè caratterizzati dalla particolarità di contare su 12 mesi di contributi legati a lavoro effettivo, anche se non continuativo, prima del compimento del diciannovesimo anno d’età). In particolare, l’intervento allo studio prevede di eliminare le penalizzazioni sulla pensione in caso di pensionamento anticipato prima di 62 anni d’età; consentire l’accesso alla pensione con 41 anni di contributi per disoccupati senza ammortizzatori sociali, con disabilità e lavoratori occupati in alcune attività particolarmente gravose.
Pensione per lavori usuranti
Scivolo verso la pensione anche per coloro che svolgono lavori considerati usuranti. Si intende consentire l’anticipo del pensionamento di 12 o 18 mesi (in concreto, eliminazione della “finestra” ) rispetto ai requisiti richiesti dalla riforma delle pensioni “Fornero” per coloro che hanno svolto una o più attività lavorative usuranti per almeno sette anni negli ultimi dieci di attività lavorativa oppure per un numero di anni almeno pari alla metà dell’intera vita lavorativa. Inoltre si pensa di eliminare l’adeguamento dei requisiti alla speranza di vita a decorrere dal 2019 e di “valutare la fattibilità amministrativa di semplificazioni relative alla documentazione necessaria per la certificazione del diritto di accesso al beneficio”.
Ricongiungimenti contributivi
Altra importante novità riguarda i ricongiungimenti contributivi: la legge di stabilità dovrebbe dare la possibilità di cumulare tutti i contributi previdenziali maturati in gestioni pensionistiche diverse, compresi i periodi di riscatto della laurea, ai fini della maturazione del diritto sia della pensione di vecchiaia sia della pensione anticipata. Questa opzione potrà essere esercitata senza oneri da tutti gli iscritti presso due o più forme di assicurazione obbligatoria dei lavoratori dipendenti, autonomi e degli iscritti alla gestione separata e alle forme sostitutive. Il ricongiungimento contributivo può tagliare i tempi necessari ad avere accesso alla pensione senza costi aggiuntivi da parte del lavoratore.
E’ stato “sbandierato” che il prestito previdenziale potrà al massimo innalzarsi fino al 15% del valore della pensione. Un dato, comunque, appare certo: le prime stime e simulazioni dell’APE, con tre anni di anticipo della pensione rispetto al requisito dei 66 anni e 7 mesi (previsto fino al 31.12.2018) , porterà sicuramente via una fetta ben più consistente della pensione. Secondo la Uil si potrà anche toccare la vetta del 20% dell’assegno. Inoltre (fattore non meno importante !!), non deve affatto sfuggire la considerazione che tre anni in meno di contributi (al momento del calcolo al compimento dei 66 anni e 7 mesi ) ridurranno di fatto l’importo della misura delle trattamento di quiescenza all’incirca dell’8%. Di converso, però, va anche sottolineato che le simulazioni fino ad oggi operate non tengono conto delle detrazioni fiscali promesse dal governo.
Tre ipotesi
Allo stato attuale e sulla scorta delle notizie trapelate , però, i calcoli lordi disegnano uno scenario alquanto oneroso per coloro che accederanno all’istituto dell’APE. Ipotizzando, ad esempio, un tasso di interesse fisso del 3%, un dipendente che a regime dovrebbe percepire un assegno pari a 800 euro (un lavoratore autonomo), se dovesse anticipare la pensione di tre anni rispetto ai 66 anni e 7 mesi dell’assegno di vecchiaia percepirebbe 31.200 euro di Ape, su cui verrebbero poi applicati circa 10 mila euro di interessi. Conseguentemente, per restituire questo prestito, come prevede il meccanismo che il governo sta studiando e vagliando, nei 20 anni previsti dal piano di ammortamento, dovrebbe versare 159 euro al mese per 13 mesi. E di conseguenza l’assegno Inps anziché di 800 sarebbe di 641 euro al mese (-17,7% sul lordo).
Un operaio che invece ha maturato una pensione di circa mille euro netti al mese, attraverso l’Ape in tre anni riceverebbe 39.000 euro di anticipo, su cui verrebbero poi applicati circa 12 mila euro di interessi. La rata mensile da restituire all’Inps nel corso dei vent’anni, in questo caso, sarebbe pari a 199 euro al mese. Per cui alla fine l’assegno Inps si fermerebbe a 800 euro.
Identica considerazione va fatta per un dipendente pubblico che ha diritto ad una pensione di 2.500 euro netti al mese. In questo caso tre anni di anticipo corrispondono a 97.500 euro, più 32 mila euro di interessi. Per cui la rata da rimborsare sarebbe pari a 499,1 euro al mese sempre per 13 mesi. Anche in questo caso l’onere dell’Ape si attesta attorno al 20% dell’assegno netto (13,9% del lordo). Con un anticipo limitato ad un solo anno, invece, la rata sarebbe pari a 53,24 euro al mese per una pensione di 800 euro, a 66,55 per chi arriva a mille euro e a 166,37 euro per chi sta a 2.500.
Prima incognita : le “detrazioni”
Secondo le organizzazioni sindacali si tratta di importi molto alti. Bisogna, però, ragionare almeno su due variabili.
* Da un lato, infatti, è anche pur veroche lo stesso dipendente può scegliere, sulla scorta delle proprie esigenze, di chiedere all’Inps un’Ape ridotta, rispetto alla pensione piena cui avrebbe diritto. Per cui si può ipotizzare che l’operaio si possa accontentare di 800 euro al mese e che in conseguenza di ciò il rimborso scenderebbe a 160 euro al mese, facendo risalire la pensione residua da 800 a 840 euro. L’impiegato, a sua volta, se si accontentasse di 2.000 euro anziché di 2.500, limiterebbe la rata del rimborso a 400 euro al mese circa e vedrebbe così risalire il mensile residuo erogato dall’Inps da 2000 a 2100 euro.
L’altra variabile è legata alle detrazioni fiscali attraverso le quali il governo punta ad alleggerire in maniera differenziata l’onere del debito. Ipotizzando di dimezzare il tasso di interesse applicato all’Ape portandolo dal 3% all’1,5%, il pensionato a 1.000 euro risparmierebbe circa 8.000 euro di interessi e pagherebbe un rimborso mensile di 175 euro. L’impiegato, nel caso ottenesse gli stessi sgravi dell’operaio (ma è solamente una ipotesi), avrebbe invece 70 euro in più.
Seconda incognita : chi si accolla la polizza ?
Un altro punto non chiarito riguarda i costi dell’assicurazione che metterà al riparo gli eredi nel caso il pensionato muoia prima di aver restituito tutta l’Ape. I sindacati si aspettano che lo paghi lo Stato, ma per ora il governo non si è pronunciato.