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Società partecipate: adempimenti in scadenza

A cura di Daniele Perugini

Con il decreto legislativo n. 100 del 16 giugno 2017 sono state apportate significative modifiche al “Testo Unico per le Società Partecipate” (TUSP). Il decreto correttivo si è reso necessario dopo che la sentenza della Consulta n. 251/2016 aveva sancito l’incostituzionalità di alcuni articoli della Legge Madia in quanto carente del necessario raccordo con le Regioni su materie con competenza concorrente. Nell’imminenza di alcune delle scadenze previste dal TUSP, si ritiene utile ricordare  i prossimi adempimenti riguardanti gli enti  di controllo e le amministrazioni partecipate.

Lo scorso 26 giugno 2017 è stato pubblicato il Decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 100, concernente “Disposizioni integrative e correttive al D.lgs. n. 175/16, recante ‘Testo unico in materia di Società a partecipazione pubblica’ (TUSP)”. Tale intervento si era reso necessario a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza n. 251/2016) con riguardo, tra l’altro, alla dichiarazione di parziale illegittimità del decreto legislativo n. 175/2016 a causa della mancata previsione dell’intesa in Conferenza Unificata.

La revisione del Testo Unico ha portato anche ad una rilettura del dispositivo, in un tentativo di omogeneizzazione del complesso quadro normativo che è volto, per quanto possibile, a collegare tra loro le disposizioni di settore e a recepire alcune specificità che si annoverano nel coacervo giuridico e funzionale delle partecipate pubbliche.

IL TESTO UNICO SULLE SOCIETÀ PARTECIPATE. Nel nostro Paese la tradizione della gestione dei servizi pubblici locali attraverso soggetti di diritto pubblico ha profonde radici storiche. Già con la legge Giolitti del 1903 si era regolamentato il fenomeno della municipalizzazione, che ha contribuito a realizzare la coesione economico-sociale dei territori. Nel tempo, numerosi in tale ambito sono stati gli interventi di razionalizzazione del settore, finalizzati, di volta in volta, a ridisegnare asset, a regolamentare la partecipazione e a ridefinire gli ambiti di azione del “socio pubblico” nell’economia locale. Avviata a conclusione la grande stagione delle partecipazioni pubbliche - che ha caratterizzato l’economia nazionale e locale a partire dalla seconda metà del secolo scorso - e alla luce della maggiore attenzione ora riservata (anche in ossequio al dettato comunitario) agli equilibri di bilancio a livello nazionale e locale, negli ultimi anni sembra sempre più affermarsi a livello politico-legislativo una sorta di favour per tutte le forme di gestione orientate al mercato. Al contempo, per superare la frammentarietà del quadro normativo che si era sedimentato nel corso del tempo, è stata ritenuta opportuna, se non necessaria, un’azione di semplificazione e razionalizzazione delle regole vigenti in materia, attraverso un’opera di riordino delle disposizioni nazionali e la creazione di una disciplina generale organica di cui è espressione la legge n. 124/2015 (la cosiddetta “Riforma Madia”). La delega contenuta negli articoli 16 e 18 di tale norma, prevede di differenziare le tipologie societarie; ridefinire le regole per la costituzione di società o per l’assunzione o il mantenimento di partecipazioni da parte di amministrazioni pubbliche; definire un regime di responsabilità  degli amministratori e del personale delle società; individuare la composizione e i criteri di nomina degli organi di controllo societario, al fine di garantirne l’autonomia rispetto agli enti proprietari; rafforzare i criteri pubblicistici per gli acquisti ed il reclutamento del personale, per i vincoli alle assunzioni e le politiche retributive. A ciò viene aggiunto uno specifico criterio di delega con riferimento alle sole società partecipate dagli enti locali. In attuazione di tale delega di riforma, il Governo, con il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, recante il Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica, ha quindi ridisegnato il contesto normativo che regola le società pubbliche. Tale provvedimento, ancorché avente ad oggetto la natura giuridica dei soggetti gestori, piuttosto che le modalità di affidamento, tende ad influenzare, in ogni caso, la governance del servizio pubblico locale. La caratteristica di fondo di tale intervento, fin dalla stesura originaria, è rappresentata dalla volontà di attuare, relativamente a servizi pubblici locali di rilevanza economica, un indirizzo politico del Governo (e del Parlamento) non in sintonia con gli esiti referendari del 2011. Il modello proposto, in un quadro di insieme che si interseca con altre norme di carattere generale e di settore, è quello incentrato sulla regola della concorrenza e sulle privatizzazioni. In senso più ampio (ed anche sulla scorta di esigenze di natura finanziaria), ciò si realizza con una riduzione degli spazi ai soggetti di diritto pubblico e con una limitazione delle possibilità di derogare alla gara. In sostanza, l’obiettivo più o meno esplicito sembra essere quello di condurre prioritariamente la gestione dei servizi pubblici di interesse economico generale nell’alveo del mercato e della concorrenza, privilegiando gestioni che valorizzino imprese private scelte con gara europea. Peraltro, il modello mercantile sostenuto con la delega Madia (ritenuto da certa dottrina addirittura contraddittorio rispetto al diritto europeo) prevede che le amministrazioni pubbliche possano partecipare solo in società, anche consortili, costituite in forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata, con una forte limitazione nel tipo e nella forma giuridica del gestore, che risulta quindi circoscritto, nella sostanza, a soggetti di diritto privato, anche se a capitale pubblico. In merito all’affidamento della gestione, nella delega di riforma risultano fortemente ridimensionate anche le forme giuridiche della società per azioni, a capitale interamente pubblico, e della società mista (pubblico-privato).

LA SENTENZA N. 251/2016 DELLA CORTE COSTITUZIONALE. La Consulta, sulla base di un ricorso della Regione Veneto, ha dichiarato incostituzionale la legge n. 124/2015 nella parte in cui essa aveva previsto il mero parere della Conferenza Unificata e non invece l’intesa in sede di Conferenza Unificata o di Conferenza Stato-Regioni (a seconda della materia oggetto di delega) per taluni decreti legislativi di attuazione. In tale occasione la stessa Corte ha precisato che le pronunce di illegittimità costituzionale fossero circoscritte alle disposizioni di delegazione della legge n. 124 e non estese ai decreti legislativi adottati in attuazione delle stesse. La delega al Governo per l’adozione del Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica è tra le disposizioni censurate dalla Corte per la mancata previsione di un’intesa sui decreti legislativi in sede di Conferenza unificata. Al momento della pronuncia della Corte Costituzionale il decreto legislativo n. 175 era già in vigore da qualche mese, pur non avendo compiutamente iniziato ad esplicare i propri effetti.

IL PARERE N. 83 DEL CONSIGLIO DI STATO E L’INTESA CON LE REGIONI. A seguito della sentenza della Corte Costituzionale, il Governo ha sottoposto alcune questioni interpretative al Consiglio di Stato in riferimento ai decreti legislativi già adottati sulla base delle disposizioni originali della delega contenuta nella legge n. 124/2015 dichiarate incostituzionali nella parte in cui, come detto, era previsto il solo parere e non l’intesa con le Regioni nel procedimento di adozione dei decreti attuativi. Con parere n. 83/2017 il Consiglio di Stato, con riguardo alle modalità procedurali, rileva che non è necessario intervenire con novelle sulla legge di delega e che i decreti legislativi già adottati restano validi ed efficaci fino ad una eventuale pronuncia della Corte che li riguardi direttamente e salvi i possibili interventi correttivi che nelle more dovessero essere effettuati. Il Consiglio afferma poi che il Governo può sanare il vizio procedurale acquisendo l’intesa sul provvedimento nel suo complesso, in sede di adozione dei decreti legislativi correttivi. Il Governo ha quindi sottoposto lo schema di un decreto correttivo del TUSP alla Conferenza unificata che ha sancito l’intesa nella seduta del 16 marzo 2017, convenendo, al contempo, su alcune integrazioni e modifiche da recepire nel testo definitivo del decreto legislativo correttivo.

IL CORRETTIVO DI GIUGNO 2017. Il decreto correttivo del TUSP (decreto legislatrivo n. 100/2017, in vigore dal 27 giugno scorso), nel regolare la disciplina della costituzione di società a totale o parziale partecipazione pubblica, diretta o indiretta nonché l’acquisto, il mantenimento e la gestione di partecipazioni da parte di amministrazioni pubbliche in tali soggetti, sottolinea fin dal primo articolo che, al netto di deroghe espresse nello stesso, alle società a partecipazione pubblica si applicano le specifiche norme del Codice civile e quelle generali del diritto privato, restando comunque ferme, le norme già in vigore – contenute in leggi, decreti ministeriali o regolamenti - che disciplinano singole società a partecipazione pubblica costituite per la gestione di Servizi di Interesse Generale (SIG) o Servizi di Interesse Economico Generale (SIEG), ovvero una specifica missione di pubblico interesse, nonché restano valide le norme di legge inerenti la partecipazione di pubbliche amministrazioni ad enti associativi, diversi dalle società, ed alle fondazioni. Peraltro viene ribadita l’applicazione delle disposizioni contenute nel decreto - solo se espressamente prevista, quindi limitata ad alcune specifiche norme - alle società quotate in mercati regolamentati (ex articolo 2 del provvedimento). Sempre con riguardo al campo di applicazione delle norme, il decreto correttivo, da un lato sancisce che le disposizioni recate nel TUSP si applicano – oltre che alle società di cui sopra – anche alle società da esse partecipate (salvo che queste ultime siano, non per il tramite di società quotate, anche controllate o partecipate da amministrazioni pubbliche) e, dall’altro, sopprime il richiamo alle società partecipate da società di capitali (articolo 2, comma 1, lettera p), del TUSP). La norma dello scorso giugno contiene anche un’enunciazione delle definizioni utilizzate nel provvedimento stesso, a volte mutuate dalla disciplina europea o di richiamo alle norme civilistiche relative anche ad ambiti affini (ad esempio, al Codice degli Appalti), comunque indispensabili ai fini dell’ambito di applicazione del decreto, quali, tra tutte, quelle relative a “amministrazioni pubbliche”, “servizi di interesse generale”, “società a controllo pubblico”, “società a partecipazione pubblica”, “società in house”, “società quotate”, “partecipazione”, “controllo analogo” e “controllo analogo congiunto”. Nel provvedimento viene anche evidenziato che le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, detenere partecipazioni, acquisire o mantenere società aventi ad oggetto attività di produzioni di beni e servizi non strettamente necessarie alle proprie finalità istituzionali. In tale contesto, le amministrazioni pubbliche possono, direttamente o indirettamente, costituire società ovvero mantenere o acquisire partecipazioni per attività di produzione di un SIG (inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi stessi); progettazione e realizzazione di un’opera in base ad un accordo di programma fra Pubbliche Amministrazioni (e, ove opportuno attraverso la costituzione di una società pubblica di progetto, senza scopo di lucro, anche consortile, partecipata dai soggetti aggiudicatori e dagli altri soggetti pubblici interessati); realizzazione e gestione di un’opera pubblica o di un SIG mediante la costituzione di società mista, avente ad oggetto esclusivo l’attività inerente l’appalto o la concessione, con imprenditore privato selezionato mediante procedura ad evidenza pubblica a c.d. doppio oggetto (sottoscrizione o acquisto partecipazione quote societarie da parte del privato e contestuale affidamento del contratto di appalto o concessione), avente quota di partecipazione non inferiore al 30% del capitale; autoproduzione di beni e servizi strumentali all’ente o enti pubblici partecipanti (con la specifica che fra le attività ammissibili vi è l’autoproduzione di beni o servizi strumentali, oltre che all'ente o agli enti pubblici, come già previsto dal testo previgente, anche “allo svolgimento delle loro funzioni”); servizi di committenza, incluse quelle ausiliarie, a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni dello Stato; enti pubblici territoriali; altri enti pubblici non economici; organismi di diritto pubblico; associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti (art. 3, c.1, lett. a) del d.lgs. n. 50/2016).

I PRIMI ADEMPIMENTI ASSOLTI. Nell’ambito degli adempimenti in materia demandati alle amministrazioni controllanti (e in questa sede, si avrà specifico riguardo per gli enti locali) e alle Società da queste partecipate, il decreto legislativo n. 175 (in vigore dal 23 settembre 2016) ed il decreto correttivo del giugno 2017 prevedono alcune scadenze inderogabili. Occorre rilevare che, già alla data odierna, gli enti locali - ai sensi dell’articolo 26 del TUSP e dell’articolo 17, comma 1 del citato decreto correttivo - devono aver provveduto ad approvare entro il 31 luglio 2017 una delibera consiliare per l’adeguamento statutario delle società a controllo pubblico. Entro la medesima data le Società a controllo pubblico devono aver adottato una deliberazione (e, rectius, una decisione per le S.r.l.) di assemblea straordinaria (e, per l’appunto, un’assemblea con verbalizzazione notarile per le S.r.l.) di adeguamento dello statuto sociale alle disposizioni del TUSP. Peraltro, tali Società devono provvedere nel medesimo termine all’adeguamento alle disposizioni dell’articolo 11, comma 8, del TUSP concernenti il divieto dei dipendenti della P.A. controllante o vigilante di essere amministratori e l’onnicomprensività della retribuzione dei dipendenti di società controllanti che siano anche amministratori di società controllate (ai sensi dell’articolo 26, comma 10, del Testo unico e dell’articolo 17 del Decreto correttivo).

PROSSIME SCADENZE PER LE PARTECIPATE: 23 e 30 SETTEMBRE 2017.  Con riguardo agli adempimenti previsti dal TUSP, come modificato dal decreto correttivo n. 100/2017, lo scadenzario prevede a breve due importantissimi appuntamenti per le Società a controllo pubblico. Entro il 23 settembre 2017 occorre provvedere alla cancellazione d’ufficio dal registro imprese delle società a controllo pubblico che per oltre tre anni consecutivi non hanno depositato il bilancio d’esercizio ovvero non hanno effettuato atti di gestione; entro sessanta giorni dall’avvio del procedimento gli amministratori o liquidatori della società hanno la possibilità di presentare formale e motivata domanda di prosecuzione dell’attività corredata da apposita e motivata delibera dell’Ente locale. A partire dal 23 settembre 2017, le Società partecipate che entro il 30 giugno 2016 hanno adottato atti per l’emissione di strumenti finanziari quotati (comunicati alla Corte dei conti entro il 22 novembre scorso) iniziano ad applicare le disposizioni del TUSP, a meno che il processo di quotazione non si sia concluso nei primi 12 mesi dall’entrate in vigore del Testo. Entro il 30 settembre 2017 tutte le Società a controllo pubblico dovranno effettuare una ricognizione del personale in servizio per individuare eventuali eccedenze e, nel caso, a comunicarne gli esiti alla Regione tramite un apposito elenco, ai sensi dell’articolo 25, comma 1, del TUSP e dell’articolo 16 del decreto correttivo.

RICOGNIZIONE ENTRO IL 30 SETTEMBRE 2017. L’articolo 24 del TUSP, come modificato ed integrato dall’articolo 15 del decreto correttivo, ha invece posto a carico delle amministrazioni pubbliche, titolari di partecipazioni societarie, l’obbligo di effettuare una ricognizione delle quote detenute, direttamente ed indirettamente, finalizzata ad una loro razionalizzazione nei casi previsti dall’articolo 20 (mediante contenimento dei costi di funzionamento, cessioni di quote, operazioni di fusione e incorporazione o messa in liquidazione). Nel caso il processo di razionalizzazione prevedesse un’eventuale alienazione, da effettuare ai sensi dell’articolo 10, questa deve avvenire entro un anno dall’avvenuta ricognizione. E’ previsto invece l’obbligo di motivazione specifica nel caso in cui le valutazioni sostengano la scelta di mantenere nel proprio asset quote e azioni di società. L’operazione, di natura straordinaria, costituisce la base di una revisione periodica delle partecipazioni pubbliche, come disciplinata dal medesimo articolo 20. Le Amministrazioni interessate dalla rilevazione sono quelle individuate dall’articolo 1, comma 2, del Decreto Legislativo n. 165/2001, nonché i consorzi o le associazioni di Amministrazioni per qualsiasi fine istituiti e, infine, gli enti pubblici economici e le autorità di sistema portuale. L’istituto della revisione straordinaria costituisce per gli Enti aggiornamento del piano operativo di razionalizzazione già adottato ai sensi dell’articolo. 1, comma 612, della Legge n. 190/2014. La mancata approvazione del provvedimento di ricognizione delle partecipazioni comporta per gli enti controllanti l’impossibilità di esercitare i diritti del socio e determina l’applicazione di una sanzione pecuniaria rilevante (che può arrivare a cinquecentomila euro, ex articolo 20, comma 7), oltre a impedire l’esercizio dei diritti e dei poteri del socio. Nell'ambito del piano di revisione straordinaria delle partecipate assume decisiva importanza l'elemento del fatturato, che dovrebbe raggiungere a regime la fatidica soglia del milione di euro per escludere la sussistenza di uno dei presupposti che farebbero scattare l'obbligo della razionalizzazione. Si tratta di una specifica scelta introdotta dal citato articolo 20 che prevede esplicitamente tale presupposto, corrispondente al valore medio del fatturato nell'ultimo triennio preso in considerazione. Nell’ottica di una maggiore responsabilizzazione degli enti soci e stante l’eterogeneità dei piani di razionalizzazione elaborati dagli enti, la Corte dei conti - Sezione delle Autonomie, con deliberazione n. 19/SEZAUT/2017/INPR, ha emanato le “Linee di indirizzo per la revisione straordinaria delle partecipazioni di cui all’art. 24, D.Lgs. n. 175/2016”, con annesso modello standard di atto di ricognizione per il corretto adempimento da parte degli Enti delle disposizioni in parola. Il motivo dell’intervento della magistratura contabile è esplicitato nelle premesse della stessa deliberazione ed è fondato - oltre che sul decreto legge n. 174/2012 (che, nella parte dedicata all’esercizio delle funzioni di controllo, nel modificare il TUEL, aveva previsto tale ruolo) - sulla disposizione di cui all’articolo 30, della legge n. 161/2014, che ha assegnato alla Corte un preciso compito di monitoraggio, attraverso la richiesta di dati economici e patrimoniali agli enti e alle loro partecipate, al fine di salvaguardare gli equilibri di bilancio previsti dalla normativa nazionale e comunitaria. La Corte dei conti, nella deliberazione citata, evidenzia come l’atto di ricognizione, oltre a costituire un adempimento per l’ente, sia l’espressione più concreta dell’esercizio dei doveri del socio, a norma del Codice civile e delle regole di buona amministrazione. Ciò rende pertanto necessaria una puntuale motivazione per giustificare gli interventi di riassetto e per legittimare il mantenimento della partecipazione. In concreto, quindi, è necessario che ogni amministrazione, anche per le partecipazioni di minima entità, specifichi la sussistenza dei requisiti indicati dalla legge (stretta necessità della società rispetto alle finalità perseguite dall’ente e svolgimento, da parte della medesima, di una delle attività consentite dall’articolo 4) e se ricorrono o meno le situazioni di criticità sintetizzate dall’articolo 20, comma 2 (cioè quelle relative a società con limiti di fatturato o scarso numero di dipendenti; che svolgono attività analoghe a quella di altre società/organismi; che hanno riportato perdite reiterate nel quinquennio; che necessitano di azioni di contenimento costi o di iniziative di aggregazione). Le linee di indirizzo della magistratura contabile fanno rilevare come nella motivazione delle scelte riportate nella ricognizione sia importante tener conto dell’attività svolta dalla società a beneficio della comunità amministrata e, ad esempio, con riguardo ad attività inerenti ai servizi pubblici locali, occorre esplicitare le ragioni della convenienza economica dell’erogazione del servizio mediante la società, anziché in forme alternative (gestione diretta, azienda speciale, ecc.) e della sostenibilità della scelta in termini di costo-opportunità per l’ente. In relazione ai servizi pubblici a rete di rilevanza economica, occorre anche dimostrare che non sono necessarie operazioni di aggregazione con altre società operanti nello stesso settore e che la società svolge servizi non compresi tra quelli da affidare per il tramite dell’ente di governo d’ambito. La razionalizzazione straordinaria è composta da due documenti distinti, un atto ricognitivo che si riferisce a tutte le partecipazioni (ove, per ogni società, vanno indicate le motivazioni per mantenere, oppure dismettere) e un piano dove si enunciano le azioni che si intendono in concreto attuare. Seppur in presenza di dottrina amministrativa discordante, l’assolvimento dell’adempimento appare concretizzabile (come propende anche la Sezione Autonomie della Corte, che ha accluso alle proprie linee guida «un modello standard dell’atto di ricognizione e relativi esiti che dovrà essere allegato alle deliberazioni consiliari degli enti») attraverso l’approvazione di una delibera consiliare di revisione straordinaria delle partecipazioni possedute dall’Ente, adempimento che è obbligatorio anche in assenza di partecipazioni. L’esito di tale ricognizione deve essere comunicato attraverso l’applicativo Partecipazioni del Portale Tesoro con cui il Dipartimento del Tesoro del MEF effettua annualmente la rilevazione delle partecipazioni pubbliche e dei rappresentanti delle Amministrazioni negli organi di governo di società ed enti, ai sensi dell’articolo 17, comma 4, del decreto-legge n. 90/2014. Come precisato sul sito web ministeriale, il sistema resterà aperto per l’acquisizione delle comunicazioni fino al 31 ottobre 2017, fermo restando l’obbligo per le Amministrazioni di adottare i provvedimenti motivati di ricognizione entro il citato termine del 30 settembre 2017.

GLI STRUMENTI DELL’ANCI.  L’Associazione nazionale dei Comuni Italiani (ANCI), nell’ambito delle consuete attività in favore dei propri associati, anche in materia di partecipazioni societarie ha messo a disposizione degli enti territoriali alcuni strumenti informativi e di supporto agli adempimenti. Si tratta di un “Quaderno” sulla disciplina delle società partecipate, che fornisce una sintesi delle disposizioni di modifica del TUSP e una bozza di delibera-tipo utilizzabile dalle amministrazioni locali per l’approvazione della citata revisione straordinaria delle partecipazioni societarie in scadenza il 30 settembre. All’interno del Quaderno è inoltre contenuto uno scadenzario degli adempimenti derivanti dal TUSP. Di quest’ultimo strumento se ne riporta di seguito una parziale rielaborazione, relativa agli adempimenti previsti distintamente per gli enti territoriali e per le società partecipate per il periodo successivo al 30 settembre, scadenza di cui invece si è trattato più dettagliatamente nei paragrafi precedenti.

ADEMPIMENTI ex TUSP successivi al 30 settembre 2017 a carico dell’ENTE LOCALE

(parziale rielaborazione su fonte ANCI)

DATA

ADEMPIMENTO

RIFERIMENTO

Dal 1° ottobre 2017

(a seguito dell’approvazione della delibera di ricognizione)

Trasmissione esito (anche negativo) della ricognizione alla banca dati società partecipate.

Art. 24, c. 1 e c. 3, TUSP

e art. 21, Decreto correttivo;

art. 17, D.L. n. 90/2014

Trasmissione provvedimento di ricognizione alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti.

Art. 24, c. 1 e c. 3, TUSP

e art. 21, Decreto correttivo

Dal 1° settembre 2018

(cioè entro un anno dall’approvazione della delibera di revisione straordinaria delle partecipazioni)

Alienazione delle partecipazioni (atto di alienazione) individuate nel provvedimento consiliare di ricognizione

Art. 24, c. 4, TUSP

31 dicembre 2018

e comunque

entro il 31 dicembre di ogni anno a partire dal 2018

Approvazione delibera consiliare di razionalizzazione periodica delle partecipazioni detenute dall’Ente locale, con riferimento alla situazione al 31 dicembre 2017, avuta ragione della revisione straordinaria di cui sopra e di quanto dalla stessa conseguente.

Art. 26, c. 11, TUSP

 

ADEMPIMENTI ex TUSP successivi al 30 settembre 2017 a carico delle SOCIETÀ PARTECIPATE

(parziale rielaborazione su fonte ANCI)

DATA

ADEMPIMENTO

SOCIETÀ INTERESSATE

Dal 1° ottobre 2017

(a seguito della mancata adozione della delibera di ricognizione)

Il socio pubblico non può esercitare i diritti sociali nei confronti della società e, salvo alienazione, la quota è liquidata in denaro; sono fatti salvi gli atti di esercizio dei diritti sociali compiuti dal socio pubblico sino alla data di entrata in vigore del Decreto correttivo (art. 24, c. 5, TUSP ed art. 21, Decreto correttivo)

Società partecipate

31 dicembre 2017

Adeguamento statuti delle società miste, ai sensi del combinato disposto degli artt. 17, c. 1, e 26, c.1. del TUSP

Società miste

Dal 23 marzo 2018

Inizio applicazione TUSP (art. 26, c. 4 e art. 17, c. 1 Decreto correttivo).

Società partecipate che hanno deliberato la quotazione comunicata alla Corte dei Conti

30 marzo 2018

Comunicazione da parte della Regione dell’elenco dei lavoratori dichiarati eccedenti e non ricollocati dall’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (art. 25, c. 3)

Società a controllo pubblico

30 aprile 2018

(o altra data stabilita per l’approvazione del bilancio d’esercizio)

Relazione da parte dell’organo amministrativo sul governo societario, nella quale siano indicati gli strumenti di governo eventualmente adottati ai sensi dell’art. 6, c. 3, TUSP, da pubblicare contestualmente al bilancio di esercizio (art. 6, c. 4).

Società a controllo pubblico

Dal 1° ottobre 2018

(cioè entro un anno dalla ricognizione, a seguito della eventuale mancata alienazione)

Il socio pubblico non può esercitare i diritti sociali nei confronti della società e la quota è liquidata in denaro; sono fatti salvi gli atti di esercizio dei diritti sociali compiuti dal socio pubblico sino alla data di entrata in vigore del Decreto correttivo (art. 24, c. 5, TUSP e art. 21, Decreto correttivo).

Società partecipate

Le novità introdotte e la complessità degli adempimenti fin qui riepilogati - ed inquadrati, principalmente, all’interno del Testo Unico – rendono necessari da parte degli amministratori un nuovo approccio nella gestione e un continuo adeguamento culturale, al fine di operare un corretto intervento pubblico nell’economia locale, nella consapevolezza della particolarità e dei limiti del ruolo del “socio pubblico”.

D’altro canto, come previsto dalla stessa legge di riforma, il Ministero dell’Economia, struttura competente per il controllo ed il monitoraggio del riordino delle partecipazioni pubbliche, ha già predisposto una specifica task force organizzata su due uffici all’interno della Direzione VIII del Dipartimento del Tesoro.

L’Ufficio V definirà le linee guida per l’applicazione delle novità, anche sulla governance, svolgendo le attività di verifica dell’adempimento degli obblighi previsti dal TUSP e di controllo sull’attuazione delle disposizioni ivi contenute, fatte salve le competenze di controllo e vigilanza proprie di altri soggetti giuridici.

L’Ufficio VI, invece, opererà un monitoraggio sull’effettivo adeguamento delle amministrazioni pubbliche e delle società a partecipazione pubblica alle disposizioni contenute nel TUSP, nonché all’analisi dei provvedimenti e dei piani di revisione straordinaria e di razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche, con verifica a campione dell’attuazione dei medesimi e curando, altresì, i rapporti con la Corte dei conti nell’ambito delle materie di comune interesse, nonché con il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

 

 

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