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La banda (ultralarga) dei Piccoli Comuni

a cura di Daniele Perugini

Dopo ben sedici anni di percorso parlamentare, a cavallo di quattro legislature, lo scorso 28 settembre è stato definitivamente approvato al Senato un provvedimento (intitolato “Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni”, il cosiddetto “salvaborghi”) che attesta l’importanza strategica per lo sviluppo del Paese dei centri urbani con meno di cinquemila abitanti. Questo strumento di indirizzo e di misure specifiche, pur scontando gravi ritardi, riempie un vuoto normativo e risponde ad un’esigenza diffusa di valorizzazione territoriale ed integrazione intersettoriale, restituendo finalmente al Paese, in una visione lungimirante, le condizioni e le prospettive per lo sviluppo di quella parte dell’Italia che non può che definirsi non metropolitana e non urbana.

Sembrava un percorso destinato a cadere nel dimenticatoio, dopo ben tre legislature in cui il provvedimento si era sempre fermato ad un passo dalla conclusione dell’iter. Alla fine, però, in questa ennesima legislatura e proprio in quello che il MiBACT ha promosso come «Anno dei Borghi», il Senato ha approvato con una votazione bipartisan pressoché unanime il testo del provvedimento già votato alla Camera (il disegno di legge “Realacci”, dal nome del suo primo firmatario), con il quale si sostengono e si valorizzano i c.d. “Piccoli Comuni”, quelli con popolazione inferiore a cinquemila abitanti. Il provvedimento, composto di 17 articoli (inclusi quelli relativi alla clausola di invarianza finanziaria e alle disposizioni particolari per le regioni a statuto speciale e per le province autonome), alla data di estensione del presente contributo non è ancora stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

I PICCOLI COMUNI. In ambito amministrativo la definizione di Piccolo Comune attualmente più diffusa è quella riportata nel disegno di legge approvato dalla Camera dei Deputati il 18 aprile 2007 (“Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni”) secondo la quale, per l’appunto, per Piccoli Comuni si intendono quelli con popolazione pari o inferiore a cinquemila abitanti. Tuttavia, anche se già nel 2003 l’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) utilizzava tale criterio, secondo alcuni studiosi questa definizione appare fortemente riduttiva, se si considera la grande eterogeneità dei caratteri demografici, economici e sociali dei Comuni italiani. Il nostro Bel Paese, oltre che dalle grandi città d’arte che tutti ci invidiano, è rappresentato anche da un patrimonio vivo di storia, cultura, tradizioni e umanità, costituito dai Piccoli Comuni. Tale definizione ricomprende attualmente quasi 5.600 entità territoriali, pari a circa il 70% dei Comuni italiani. Va precisato che, ai fini del provvedimento in esame, per Piccoli Comuni si intendono anche quelli costituiti con la fusione di centri che hanno, ognuno, fino a cinquemila abitanti. L’utilizzo di una soglia dimensionale univoca non permette di individuare i reali confini di un universo eterogeneo e complesso, in cui convivono periferie urbane e realtà isolate, aree industriali e località marginali. È, infatti, una costellazione che si estende in modo multiforme da Nord a Sud, in ogni angolo dello Stivale: se il Piemonte è la regione con il maggior numero, in termini assoluti, di Piccoli Comuni (oltre mille), seguito dalla Lombardia e dalla Campania, occorre tuttavia rilevare che la maggior concentrazione si ha invece in Valle d’Aosta e in Molise, dove quasi la totalità delle amministrazioni locali appartiene a questa categoria. In quest’altra faccia della nostra Italia, che rappresenta circa il 50% del territorio geografico nazionale, vivono circa dieci milioni di abitanti, pari ad oltre il 16% dell’intera popolazione. Al di là dei dati geopolitici, quello che rende straordinari questi cinquemila scrigni sono le qualità storiche, artistiche e naturali che li caratterizzano. A livello enogastronomico, poi, i Piccoli Comuni rappresentano buona parte dell’eccellenza italica, un baluardo nella salvaguardia di produzioni tradizionali e nel mantenimento delle tipicità alimentari: basti pensare che appartengono a questi territori il 93% dei prodotti a denominazione di origine protetta e a indicazione geografica protetta (rispettivamente Dop e IGP, marchi di qualità riconosciuti anche a livello comunitario) ed il 79% dei vini più pregiati del Made in Italy. In questi borghi risiede un potenziale spesso ancora inespresso di un’economia della bellezza legata a turismo, enogastronomia e territorio che si stima possa valere oltre un miliardo e mezzo di euro e, peraltro, capace potenzialmente di attivare nei piccoli Comuni circa trentamila nuove unità di lavoro.

SPOPOLAMENTO E CONTROESODO.  Anche se, da un lato, per queste piccole realtà territoriali, la dimensione demografica non è un difetto, da tempo invece preoccupa il rischio di spopolamento dei borghi, fenomeno che negli ultimi cinque lustri, purtroppo, si è verificato specie con riguardo alle fasce più giovani della popolazione locale, con un conseguente innalzamento dell’età media dei residenti. Dal punto di vista quantitativo, tra il 1971 ed il 2015 in quasi 2.000 piccoli Comuni la popolazione è diminuita di oltre il 20%. Tale sorte, comunque, non è ineluttabile e, anzi, l’intervento attuale si affianca ad altri provvedimenti che vanno a rafforzare quelle politiche rivolte ai territori e alle azioni già promosse dal mondo associativo (in primis, l’ANCI, che ha lanciato uno specifico progetto denominato Controesodo), allo scopo di promuovere in questi piccoli centri un trend virtuoso anche dal punto di vista demografico. Con l'approvazione di questa legge, nel sancire ancora una volta la specificità dei piccoli Comuni, si ribadisce quindi il principio basilare che questi centri necessitano di politiche differenziate e di sostegno specifico rispetto alle loro peculiarità. In sostanza, se è vero che i borghi spesso si spopolano perché l’offerta lavorativa non è in grado di supportare la domanda, ci si auspica che il creare, attraverso interventi ad hoc, nuove occasioni di occupazione legate alle specificità del territorio possa favorire anche un ripopolamento ed una ripresa della crescita.

LE RISORSE FINANZIARIE. La legge, che metterà in campo misure di incentivazione e defiscalizzazione, prevede l’istituzione di un fondo - con una dotazione di 100 milioni di euro per il 2017 e di 15 milioni per ciascuno degli anni seguenti, fino al 2023 - finalizzato allo sviluppo strutturale, economico e sociale dei Piccoli Comuni. La priorità verrà data a progetti da realizzare in località caratterizzate da dissesto idrogeologico, forte calo demografico, disagio insediativo, inadeguatezza dei servizi sociali essenziali (ad esempio, le unioni di comuni montani, i comuni rientranti nelle aree periferiche e ultraperiferiche come individuate nella Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese, ecc.). Il provvedimento “salvaborghi” individua i criteri per la ripartizione delle risorse tra i territori con tali particolari criticità, attraverso il finanziamento di investimenti diretti alla tutela dell’ambiente e dei beni culturali, alla mitigazione del rischio idrogeologico, alla salvaguardia e riqualificazione urbana dei centri storici, alla messa in sicurezza di strade e scuole ed all’insediamento di nuove attività produttive. L’auspicio è che, attraverso gli amministratori dei territori interessati, nell’attuazione della legge vengano individuati strumenti innovativi ed efficaci, in una visione di insieme e con un lavoro di coprogettazione a vari livelli. Premesso che le amministrazioni locali possono beneficiare dei finanziamenti concessi solo qualora rientrino in una delle tipologie indicate nel provvedimento, ai fini dell'utilizzo delle suddette risorse si prevede la predisposizione di un Piano nazionale per la riqualificazione dei Piccoli Comuni (da adottare entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della norma) e un elenco di interventi prioritari assicurati dal Piano nazionale. Nel suddetto Fondo confluiscono altresì le risorse per la progettazione e la realizzazione di itinerari turistici a piedi, denominati «cammini», di cui all'art. 1, comma 640, secondo periodo, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.

ALCUNE AREE DI INTERVENTO. Per promuovere lo sviluppo sostenibile nelle piccole realtà territoriali, attraverso la valorizzazione del patrimonio paesaggistico, storico, culturale ed enogastronomico e la modernizzazione delle reti di servizi pubblici, la legge “salvaborghi” supporterà anche una varietà di interventi e progetti locali, privilegiando quelli costruiti su scala sovracomunale e capaci di mobilitare altre risorse, sia pubbliche che private. Diversi sono gli ambiti di intervento già delineati nel provvedimento legislativo, con misure che riguarderanno:

  • Manutenzione del territorio – priorità alla tutela dell’ambiente e alla prevenzione del rischio idrogeologico.

  • Recupero centri storici – riqualificazione, mediante interventi integrati pubblici e privati, di zone di particolare pregio, anche attraverso l’acquisto da parte dei Comuni di immobili dismessi, per contrastare lo stato di abbandono e degrado. È prevista la facoltà di acquisire o stabilire intese per il recupero di case cantoniere e stazioni ferroviarie dismesse, nonché di stipulare accordi con le diocesi ed altri enti religiosi riconosciuti, al fine di tutelare il patrimonio storico ed artistico presente sui territori. In via generale, si tratta, tra l'altro, di interventi di risanamento, conservazione e recupero del patrimonio edilizio da parte di soggetti privati; realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico; manutenzione straordinaria e riuso del patrimonio edilizio inutilizzato; consolidamento statico e antisismico degli edifici storici, nonché riqualificazione energetica; miglioramento dei servizi urbani. Per le citate finalità, i Comuni possono promuovere nel proprio territorio la realizzazione di alberghi diffusi, come definiti ai sensi delle disposizioni emanate dalle Regioni e dalle Province autonome.

  • Banda ultralarga - interventi in attuazione del Piano per la banda ultralarga del 2015, volti a contrastare il digital divide in quei Comuni ove gli operatori di telecomunicazioni, per disinteresse economico, non hanno realizzato reti di connessione veloce e ultraveloce. I progetti informatici riguardanti i Piccoli Comuni, conformi ai requisiti prescritti dalla legislazione nazionale e comunitaria, avranno la precedenza nell’accesso ai finanziamenti pubblici previsti dalle norme vigenti per la realizzazione dei programmi di e-government.

  • Tasse e tributi - Sempre con riguardo alle reti telematiche, nei piccoli Comuni si potranno pagare tasse e tributi tramite la rete gestita dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli, mentre le realtà sprovviste di servizio postale potranno stipulare convenzioni con organizzazioni di categoria e con Poste Italiane affinché sia consentito alla popolazione il pagamento di imposte presso gli esercizi commerciali.

  • Stampa quotidiana - per assicurarne la vendita anche nei più piccoli centri, si favorisce un’intesa tra Governo, ANCI, Federazione degli editori e rappresentanti delle agenzie di distribuzione della stampa quotidiana.

  • Prodotti a chilometri zero - promozione del consumo e della commercializzazione di prodotti provenienti dalla filiera corta e dal chilometro utile, intendendo quelli la cui produzione, coltivazione o allevamento della materia prima siano situati entro 70 chilometri da quello di vendita e per i quali sia stato dimostrato un limitato apporto di emissioni inquinanti derivanti dal trasporto, anche attraverso la destinazione di specifiche aree per la realizzazione di mercati agricoli per la vendita diretta.

  • Promozione cinematografica – predisposizione, in sinergia con MiBACT e ANCI, di iniziative per la promozione cinematografica quale mezzo di valorizzazione turistica e culturale del territorio

  • Aree rurali e montane – previsione di uno specifico piano di istruzione, predisposto dalla Presidenza del Consiglio, di concerto con il MEF e previa intesa in Conferenza Unificata, con riguardo, in particolare, al collegamento delle scuole situate in tali aree, all’informatizzazione e alla progressiva digitalizzazione delle attività didattiche ed amministrative. Nell’ambito del Piano generale dei trasporti e della logistica e dei documenti di pianificazione, vanno poi individuate apposite azioni per tali specifiche aree.

  • Servizi – è prevista la facoltà di istituire, anche in forma associata, centri multifunzionali per fornire servizi anche in materia ambientale, sociale, energetica, scolastica e postale.

I Comuni che esercitano obbligatoriamente in forma associata le funzioni fondamentali mediante Unione di Comuni o Unione di Comuni montani avranno l'obbligo di svolgere le funzioni di programmazione in materia di sviluppo socio-economico e quelle che riguardano l'impiego delle occorrenti risorse finanziarie, anche derivanti dai fondi strutturali dell'Unione europea. È fatto divieto di ricorrere alla creazione di nuovi soggetti, agenzie o strutture comunque denominate per lo svolgimento di tale compito. Le Regioni, nell’ambito delle proprie competenze, possono definire interventi ulteriori rispetto alle previsioni della norma “salvaborghi”, anche al fine di concorrere all’attuazione della Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese, prevedendo ulteriori tipologie di Comuni in ragione delle specificità dei territori.

ALCUNI DUBBI.  La norma appena approvata non pretende di esser la panacea delle criticità di chi vive e vorrebbe continuare a vivere in un Piccolo Comune. Né sarà la leva determinante per favorirne il ripopolamento e lo sviluppo economico, almeno in tempi brevi. Certo, non sarà dotando di banda ultralarga quei Comuni montani che se ne determinerà l’inclusione tecnologica, perché il digital divide non riguarda solo le infrastrutture, ma anche le persone, la loro formazione e il loro approccio alle tecnologie. Ma questo è un provvedimento che segna un importante passo in avanti nel riconoscere (almeno potenzialmente) uguali opportunità a cittadini di uno stesso Paese, senza più giustificare ritardi infrastrutturali ormai atavici nel nostro Paese. Peraltro, se, da un lato, l’approvazione della norma “salvaborghi”, dopo una così lunga attesa, è stata accolta con entusiasmo dagli amministratori locali, dall’altro si insinua ora il dubbio che il provvedimento rischi di essere solo un “contenitore”. Occorre oggettivamente rilevare che la norma ha due gravi limiti, in quanto è caratterizzata innanzitutto da risorse ritenute insufficienti rispetto agli scopi e alla platea degli interessati e, in ogni caso, non entra nei dettagli dei criteri di ripartizione delle risorse stesse. Sicuro è che ad uscire vincenti sembra per ora siano le micro-comunità, soprattutto quelle che si trovano a lottare con chi vorrebbe la fusione dei Comuni sotto i mille abitanti, come i piccoli territori montani. In ogni caso, si è aperto per tutti un percorso di coesione sociale ed economica che ci si auspica possa costituire un’alternativa alla concentrazione abitativa nei centri urbani, fenomeno non solo italiano. Sarà però necessario perseguire questo modello di sviluppo che punta sui territori e sulle comunità attraverso una serie di norme nazionali e regionali che favoriscano la diffusione dell’innovazione, garantiscano una distribuzione più razionale ed efficiente dei servizi e promuovano la valorizzazione dei territori. Solo così si potrà riempire di contenuti concreti questa norma, con pieno riconoscimento delle peculiarità e del ruolo straordinario dei piccoli centri.

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