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NEI CONCORSI NESSUNA RISERVA ESCLUSIVA DI POSTI AGLI IMPIEGATI DI UN ENTE

di Salvio Biancardi

Non è legittimo riservare, in modo esclusivo, i posti messi a concorso da una pubblica amministrazione a vantaggio degli impiegati di un Ente. Lo ha stabilito la Corte costituzionale nella sentenza n. 227 del 2 dicembre 227. Nel caso specifico, i ricorrenti hanno sostenuto che gli atti impugnati, relativi ad un concorso indetto da un’Agenzia, e la relativa disciplina legislativa e normativa di riferimento dovessero ritenersi illegittimi e gravemente pregiudizievoli dei loro interessi, deducendo come motivi del ricorso, l’eccesso di potere e la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 51, primo comma, e 97, commi primo e terzo, Cost., pertanto ne hanno chiesto l’annullamento.

 

La questione è stata inizialmente oggetto di esame da parte del TAR Sardegna, il quale ha sollevato questione di legittimità costituzionale con riferimento alle suddette disposizioni normative regionali riguardanti il reclutamento del personale.

Il TAR ha sostenuto che il concorso pubblico costituisce la forma generale ed ordinaria di reclutamento per il pubblico impiego, quale procedura strumentale al canone di efficienza dell’amministrazione, e che tale principio, nonostante sia stato formulato per lo più con riferimento a procedure riservate a soggetti già appartenenti all’amministrazione, è stato ritenuto, a maggior ragione, applicabile dalla giurisprudenza costituzionale anche quando la riserva integrale dei posti operi nei confronti di personale dipendente da enti di diritto privato (sentenze n. 299 e n. 72 del 2011, e n. 267 del 2010).

Secondo la giurisprudenza della Corte, la facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico deve essere delimitata in modo rigoroso, potendo tali deroghe essere considerate legittime solo quando siano funzionali esse stesse al buon andamento dell’amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle (si vedano a tale proposito le seguenti sentenze: n. 40 del 2018, n. 110 del 2017, n. 7 del 2015, n. 134 del 2014) e, comunque, sempre che siano previsti adeguati accorgimenti per assicurare che il personale assunto abbia la professionalità necessaria allo svolgimento dell’incarico.

Infatti, la necessità del concorso per le assunzioni a tempo indeterminato discende non solo dal rispetto del principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 Cost., ma anche dalla necessità di consentire a tutti i cittadini l’accesso alle funzioni pubbliche, in base all’art. 51 Cost.

Già in passato la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del mancato ricorso a una tale forma generale ed ordinaria di reclutamento per le amministrazioni pubbliche (sentenza n. 40 del 2018), in relazione a norme regionali di generale e automatico reinquadramento del personale di enti di diritto privato (come le società a partecipazione regionale) nei ruoli delle Regioni, senza il previo espletamento di alcuna procedura selettiva di tipo concorsuale (in particolare si veda la sentenza n. 225 del 2010).

Un simile trasferimento automatico finirebbe, infatti, per risolversi in un privilegio indebito per i soggetti beneficiari di una procedura come quella descritta, in violazione dell’art. 97 Cost. e, di conseguenza, degli artt. 3 e 51 Cost.

Secondo la Corte, anche nel caso di trasferimento di funzioni da soggetti privati ad enti pubblici, come nel caso in esame, deve ritenersi che l’automatico trasferimento dei lavoratori presuppone un passaggio di status – da dipendenti privati a dipendenti pubblici (ancorché in regime di lavoro privatizzato) – che non può avvenire in assenza di una prova concorsuale aperta al pubblico.

Se ne deve concludere che il generale ed automatico transito del personale di un ente di diritto privato nell’organico di un soggetto pubblico regionale non possa essere realizzato senza il previo espletamento di una procedura selettiva non riservata, ma aperta al pubblico, in quanto, altrimenti, si avrebbe una palese ed ingiustificata deroga al principio del concorso pubblico, al quale debbono conformarsi le procedure di assunzione del personale delle pubbliche amministrazioni.

La Corte ha osservato che, nel caso in esame, le norme regionali censurate vincolavano, invece, l’amministrazione a bandire una procedura che si risolveva in una riserva integrale dei posti messi a concorso a favore dei dipendenti di un ente privato, per i quali veniva prevista, per di più, l’entrata in servizio nella pubblica amministrazione con la sola valutazione dei titoli e con l’anzianità pregressa già maturata presso il precedente datore di lavoro privato.

Pertanto, le norme regionali esaminate non rispettavano le condizioni che possono, in alcuni limitati casi, giustificare la deroga al principio del pubblico concorso.

Per le ragioni esposte la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3, 51 e 97 Cost., delle leggi regionali in questione.

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