Di Arturo Bianco
I CONCORSI: PUNTEGGIO MINIMO E SVOLGIMENTO
E’ legittima la previsione per cui costituisce condizione di ammissione alla seconda prova scritta ottenere il punteggio minimo di 21/30. Le prove scritte, anche se tenute nello stesso giorno, possono essere considerate distinte. In questa direzione vanno le previsioni di cui alla sentenza n. 19/2019 della sezione 3 quater del Tar del Lazio.
Con riferimento alle prove scritte ci viene detto che il loro svolgimento “nella medesima giornata è unicamente dovuto a ragioni logistiche ed organizzative e non anche alla volontà della PA di considerarle quale unica prova di esame, attesa peraltro la loro ontologica differenza (la prima riguardante materie più afferenti ai settori in cui opera l’INPS, l’altra concernente materie di cultura giuridica ed economica più in generale)”.
Sulla scorta di questa indicazione viene tratta la seguente “doverosa conseguente applicazione di cui all’art. 7, comma 1, del DPR n. 487/1994, a norma del quale conseguono l'ammissione al colloquio i candidati che abbiano riportato in ciascuna prova scritta una votazione di almeno 21/30 o equivalente, e dunque il rigetto altresì di tale specifica censura. Di qui ancora la conseguente impossibilità di procedere alla media tra i voti ottenuti nelle due distinte prove scritte”.
LA PROGRAMMAZIONE DEL FABBISOGNO E LA MOBILITA’
La programmazione del fabbisogno del personale appartiene alla competenza della giunta, mentre spetta ai dirigenti dare corso alla sua concreta attuazione. Le pubbliche amministrazioni sono tenute a dare corso alla mobilità volontaria prima dello scorrimento di graduatorie, anche dello stesso ente. Le eventuali censure di illegittimità devono essere mosse anche nei confronti della programmazione del fabbisogno e non solo degli atti con cui viene data applicazione alle sue previsioni. Possono essere così riassunte le principali indicazioni contenute nelle recenti sentenze del Tar di Catanzaro n. 2181 e 2185, ambedue della fine del 2018.
La programmazione del fabbisogno del personale rientra nei “così detti atti di macro-organizzazione, espressione delle scelte discrezionali dell'amministrazione in tema di pubblico impiego, la cui competenza rientra certamente negli organi di governo e non anche in quella della dirigenza”. Ed ancora “tra i piani rientranti nelle competenze degli organi di governo –quale è la Giunta comunale- vi è il piano triennale di fabbisogni del personale espressamente previsto dal novellato art. 6 comma 2 del citato D.lgs. n. 165/2001”.
La seconda indicazione è la seguente: “per effetto della recente riforma attuata con il D.lgs. 25 maggio 2017, n. 75, il piano triennale di fabbisogni del personale ha, dunque, acquisito un ruolo centrale divenendo, per come recentemente affermato dalla giurisprudenza amministrativa e contabile, uno strumento strategico per individuare le esigenze di personale. Con l'adozione di tale piano, infatti, la pubblica amministrazione non si limita ad operare una asettica ricognizione numerica del fabbisogno organico, dovendo piuttosto prevedere –di ciò dandone adeguata motivazione in assenza di previsioni normative ad hoc- le specifiche modalità di reperimento del personale, allo scopo di garantire, tenuto conto delle risorse finanziarie necessarie e del rispetto degli equilibri di bilancio e del Patto di stabilità, il raggiungimento degli obiettivi di performance organizzativa, efficienza, economicità e qualità dei servizi ai cittadini, che devono complessivamente ispirare l'organizzazione degli uffici, secondo quanto previsto dall'art. 2 comma 1 del D.lgs. n. 165/2001 (cfr. Corte dei Conti, sez. contr. 13.07.2018, n. 111/2018; Cons. Stato, Sez. V 07.02.2018, n. 801/2018). In altri termini, è in sede di approvazione del piano di fabbisogno che l'organo di governo, e non certo la dirigenza, valuta, tra i tanti strumenti previsti dall'ordinamento ivi inclusa la mobilità, quale è quello da utilizzare per sopperire alle definite esigenze di personale”.
La terza indicazione è la seguente: “la ricostruzione fin qui effettuata trova conforto nella giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione civile secondo cui la "scelta" tra le varie modalità di reperimento (scorrimento graduatoria di concorsi già conclusi a fronte dell'avvio di procedure di mobilità ovvero dell'indizione di un nuovo concorso), costituisce espressione di un atto di macro-organizzazione, frutto di una valutazione discrezionale che impinge nel merito delle scelte organizzative degli uffici della stessa p.a., che l'art. 2 comma 1 D.lgs. b. 165/2001 mantiene in regime di diritto pubblico (cfr. Cassazione civile sez. un., 13/11/2018, n. 29080; 22/10/2018, n.26596; Cass. 1/6/2017, n. 13851; Un. 20/12/2016, n. 26272; 1/7/2016, n. 13534; Cass. 06/03/2009, n. 5588; Cass. 9 febbraio 2011, n. 3170; 13 giugno 2011, n. 12895)”. Nella sentenza 2181 leggiamo inoltre, con riferimento ai provvedimenti applicativi, che “la delibera di Giunta rientra, pertanto, nella categoria dei cd. atti amministrativi presupposti che, pur non essendo immediatamente lesivi, lo diventano con l’adozione dell’atto attuativo”.
Con riferimento alla prevalenza della mobilità volontaria rispetto allo scorrimento della graduatoria, leggiamo nella sentenza 2185/2018 del TAR di Catanzaro che “dall'art. 30 comma 2- bis, D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 - secondo cui le Amministrazioni, prima di procedere all'indizione di pubblici concorsi finalizzati alla copertura di posti vacanti, devono attivare le procedure di mobilità esterna del personale di altre Amministrazioni pubbliche - si desume agevolmente la preferenza del legislatore per le procedure di mobilità esterna rispetto alle selezioni concorsuali e perciò anche rispetto allo scorrimento delle graduatorie concorsuali già pubblicate e tale prevalenza della mobilità rispetto al concorso ed allo scorrimento della graduatoria non risulta illogica, dal momento che risponde ad esigenze di efficacia ed efficienza dell'azione amministrativa preferire l'utilizzazione di personale con esperienza acquista nell'esercizio dei compiti propri del posto da ricoprire, per aver già svolto la specifica funzione per un rilevante lasso di tempo continuativo, e perché si tratta di un lavoratore già stabilmente inserito nell'organizzazione della Pubblica amministrazione, non da reclutare mediante un'assunzione ex novo" (così T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 27/09/2018, n.1338; cfr. anche T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 14/06/2018, n.1225; TAR Bologna, Sez. I, 4.12.2017 n. 794; TAR Salerno Campania, Sez. I, 10.10.2017 n. 1465; Cass. Civ. Sez. lav., 18.05.2017 n. 12559; Consiglio di Stato sez. III, 13/12/2016, n.5231). La procedura di cui all'art. 30 D.lgs. n.165/2001 costituisce, pertanto, una ipotesi di base per il reclutamento dei pubblici dipendenti, per come riconosciuto dalla stessa Corte costituzionale che, con la sentenza 30 luglio 2012, n. 211, investita della questione di legittimità dell'art. 13 della legge della Regione Basilicata 4 agosto 2011, n. 17, l'ha rigettata ritenendo che tale legge prescrivesse correttamente il ricorso obbligatorio alle procedure di mobilità dell'art. 30, comma 1 d. lgs. n. 165 del 2001, prima che si potesse procedere all'utilizzazione delle graduatorie degli altri concorsi precedentemente espletati, oppure, in mancanza, di indirne di nuovi”.
IL TETTO ALLE STABILIZZAZIONI
Il tetto del 50% delle capacità assunzionali che gli enti locali possono destinare alle stabilizzazioni tramite concorsi riservati comprende il taglio della spesa per le assunzioni flessibili che l’ente ha mediamente sostenuto nel triennio 2015/2017. Lo indica la deliberazione della Corte dei Conti della Sicilia n. 28/2019. Siamo in presenza di una lettura molto discutibile che rischia di ridurre in misura assai elevata le risorse che le amministrazioni possono destinare alle stabilizzazioni dei precari e, quindi, il loro numero complessivo.
La deliberazione si apre affermando che la materia, sulla scorta delle sentenze della Corte Costituzionale n. 310/2011 e 18 e 277 del 2013, è riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in quanto attiene “all’ordinamento civile” e, di conseguenza, non “può essere derogata da norme regionali”.
Viene inoltre chiarito che, prima delle stabilizzazioni, si deve dare corso alla comunicazione al Dipartimento della Funzione Pubblica, ai sensi dell’articolo 34 bis del D.Lgs. n. 165/2001, per la eventuale assegnazione di personale pubblico in disponibilità. Ricordiamo che analoga indicazione era già stata data dal Dipartimento della Funzione Pubblica.
Nel tetto del 50% delle capacità assunzionali le stabilizzazioni possono essere effettuate anche tramite concorsi interamente riservati: “la ratio della garanzia dei posti all’esterno, non riguarda la singola procedura selettiva .. bensì risulta assicurata dal generale obbligo per gli enti di bandire procedure concorsuali aperte a tutti per la copertura del fabbisogno, nell’ambito degli spazi finanziari disponibili (ovvero nel rispetto di tutte le disposizioni vincolistiche sul turn-over), destinando risorse non superiori al 50% di detto plafond all’espletamento di procedure concorsuali ad hoc tra il personal precario da stabilizzare”.
Sulla scorta della nuova nozione di dotazione organica, viene inoltre chiarito che “nell’ambito della individuazione degli spazi assunzionali il concetto di posti disponibili non deve essere inteso in relazione alla dotazione organica dell’ente, che è rimodulabile, ma quale spazio finanziario disponibile”.
La parte discutibile della deliberazione, a parere di chi scrive, è quella in cui si dice che la quota del “50% dei posti disponibili .. deve calcolarsi considerando la possibilità di elevare con risorse aggiuntive regionali gli spazi assunzionali ordinari.. Ne consegue che, dato il vincolo di destinazione delle risorse regionali alle procedure di stabilizzazione, l’entità di dette risorse aggiuntive, affinchè possa dirsi garantito l’adeguato accesso dall’esterno, non potrebbe in ogni caso superare l’importo di quelle a carico del bilancio e destinate al reclutamento ordinario”. Conclusione che stride con le indicazioni legislative che ampliano con un vincolo di destinazione le capacità assunzionali da destinare alla stabilizzazione dei precari.
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