Le Capacità Assunzionali
Di Arturo Bianco
La logica posta a base delle nuove disposizioni viene così riassunta dal dossier preparato dall’ufficio studi della Camera dei Deputati: “accrescere le facoltà assunzionali degli enti che presentino un rapporto virtuoso fra spese complessive per il personale ed entrate riferite ai primi tre titoli del rendiconto. Per gli enti territoriali meno virtuosi, è previsto l’avvio di un percorso, che si conclude nel 2025, diretto a pervenire alla sostenibilità finanziaria di tale rapporto. Qualora tale obiettivo non sia raggiunto, le assunzioni di personale non potranno eccedere il 30% di coloro che cessano dal servizio”.
Sulla base di queste disposizioni si può subito trarre la conclusione che i comuni e le regioni che hanno un alto rapporto tra spesa del personale ed entrate dei primi titoli si vedranno ridotte le capacità assunzionali. In tale ambito occorre inoltre sottolineare che anche le regioni ed i comuni che hanno un fondo crediti di dubbia esigibilità assai elevato corrono il rischio di scontare una forte limitazione delle capacità assunzionali, visto che le entrate devono essere considerate al netto di tali risorse. Per cui è opportuno che le regioni ed i comuni che si trovano in tale condizione valutino la opportunità di accelerare le procedure per le nuove assunzioni, visto che le nuove regole non sono in vigore e lo entreranno solamente con l’adozione del decreto del Ministro della Pubblica Amministrazione, che dovrebbe essere emanato entro la fine del mese di giugno, ma che non verrà emanato sicuramente prima della fine dell’estate: realisticamente occorre infatti attendere la conversione del DL e poi deve essere raggiunta una intesa sia in sede di Conferenza Stato Regioni che di Conferenza Stato, città ed autonomie locali.
La disposizione detta per le regioni ed estende ai comuni una finalizzazione delle nuove regole: esse servono per la “accelerazione degli investimenti pubblici, con particolare riferimento in materia di mitigazione rischio idrogeologico, ambientale, manutenzione di scuole e strade, opere infrastrutturali, edilizia sanitaria e gli altri programmi previsti dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145”. Il che può determinare numerosi problemi nella concreta applicazione sul carattere più o meno vincolante di questa finalizzazione.
LE NORME
Le disposizioni sono analoghe per le regioni e per i comuni. Occorre chiarire se, come sembra, tra le prime vanno compresi anche gli enti e le agenzie che dalla stessa dipendono. Sul versante dei municipi, occorre chiarire se le unioni dei comuni sono o meno comprese. Ed ancora se la disposizione si estende alle città metropolitane, il che non sembrerebbe. Con una proposta di emendamento Anci vuole estendere le nuove regole alle città metropolitane.
Si deve subito ricordare che le amministrazioni che hanno un rapporto tra spesa del personale ed entrate dei primi tre titoli superiore al valore soglia che sarà fissato dal decreto del Ministro della Pubblica Amministrazione, hanno l’obbligo di avviare da subito “un percorso di graduale riduzione annuale del suddetto rapporto fino al conseguimento nell'anno 2025 del predetto valore soglia anche applicando un turn over inferiore al 100 per cento”. Come si vede, non viene dettato uno specifico vincolo che deve essere rispettato da parte dei singoli enti, che sono quindi dotati di un’ampia autonomia, che però è vincolata al rientro nel valore soglia fissato dal prima ricordato decreto entro il 2025. Il mancato rientro entro tale soglia nel 2025 determinerà la irrogazione di una sanzione automatica: il taglio delle capacità assunzionali al 30% dei risparmi delle cessazioni. Di conseguenza, vi è una forte responsabilizzazione dei dirigenti e/o dei responsabili che devono attestare la coerenza tra le iniziative assunte ed i vincoli e principi fissati dal legislatore nazionale. Tra i modi attraverso cui arrivare al rientro in questa soglia la disposizione suggerisce la effettuazione di assunzioni in misura ridotta rispetto alla utilizzazione delle capacità assunzionali nel 100% dei risparmi dei cessati. Accanto e/o in aggiunta a questo strumento, le amministrazioni possono dare corso al taglio delle altre voci che compongono la spesa del personale, come le risorse per le assunzioni flessibili, il fondo per la contrattazione decentrata etc.
Siamo, come si vede, dinanzi al superamento della logica del turn over, più o meno integrale, come tetto alle assunzioni a vantaggio di un criterio differenziato sulla base di parametri di virtuosità nel rapporto tra spese di personale ed entrate: occorre vedere se questo è un parametro che consente di misurare in modo soddisfacente i reali fabbisogni delle amministrazioni.
Si deve considerare inoltre che, per esplicita indicazione legislativa, la spesa del personale deve essere considerata in modo complessivo, ivi compresi gli oneri riflessi a carico dell’ente. Il che vuol dire che gli enti non hanno la possibilità di escludere alcune componenti, quali ad esempio il trattamento economico delle categorie protette nel tetto della cd quota d’obbligo o gli oneri aggiuntivi determinati dai rinnovi contrattuali: quindi non possono applicare le esclusioni previste dal comma 557 della legge n. 296/2006, il che può determinare in molte amministrazioni degli effetti assai rilevanti e distorsivi.
La norma non abroga espressamente il vincolo del rispetto del tetto alla spesa del personale: è del tutto evidente che se lo si considera ancora in vigore, diventa sostanzialmente impossibile per la gran parte delle amministrazioni aumentare il numero dei dipendenti in servizio. Un’abrogazione esplicita di questo vincolo appare quanto mai necessaria.
Il citato decreto del Ministro della Pubblica Amministrazione individuerà il valore soglia del rapporto tra spesa del personale ed entrate, articolandolo per fasce demografiche. Esso dovrà inoltre individuare le percentuali massime annuali di incremento del personale in servizio per le regioni e/o per i comuni che si collocano al di sotto del predetto valore soglia.
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