La mancata comunicazione preventiva della nomina del legale priva il dipendente del diritto al rimborso delle spese legali per fatti relativi ad attività d’ufficio in caso di sentenza di proscioglimento definitiva?
In premessa si ricorda che la comunicazione preventiva del legale è prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro del 14 settembre 2000, cd code contrattuali. Essa serve in primo luogo a consentire all’ente di concordare la linea difensiva, in modo che non derivino conseguenze negative per l’amministrazione. Serve inoltre a definire l’ammontare degli oneri che l’ente può sostenere.
In via maggioritaria si ritiene che la mancata comunicazione preventiva del legale non determini come conseguenza il divieto di riconoscere tali oneri.
Il comune deve in ogni caso rimborsare le spese legali sostenuti dai propri dipendenti per fatti relativi ad attività d’ufficio in caso di sentenza di proscioglimento definitiva?
Il diritto al rimborso delle spese legali sostenute da un dipendente per fatti relativi ad attività d’ufficio in caso di sentenza di proscioglimento definitiva matura a condizione che non sussista un conflitto di interessi con l’ente stesso
In quale misura il comune deve sostenere gli oneri per le spese legali dei propri dipendenti per fatti relativi ad attività d’ufficio?
La misura deve essere determinata dall’ente e deve essere comunicata al legale fin dall’inizio. Si ritiene che la misura possa essere determinata attraverso il metodo utilizzato dai giudici per la quantificazione, quindi facendo riferimento ai parametri contenuti nel decreto del Ministero della Giustizia n. 55/2014.
Si ricorda che l’ente può assumere tali oneri solamente per un legale.
Dott. Villiam Zanoni
Riparte la carica della trattenuta del 2,50% a carico del lavoratore per il TFS/TFR dei pubblici dipendenti
Non è un argomento nuovo poiché è già stato oggetto di trattazione oltre un anno fa, ma recenti pronunciamenti giudiziari hanno riacceso l’attenzione sulla vicenda.L’ultima volta che ce ne siamo occupati è stato quando la Corte Costituzionale ha per certi aspetti chiuso un capitolo dell’argomento, e cioè quando con la sentenza n° 244 del 22-28 ottobre 2014 ha rigettato la questione di legittimità costituzionale sollevata sull’articolo 1, commi 98 e 99, della legge 24 dicembre 2012, n° 228 (Legge di stabilità 2013).
Dott. Antonio Guzzo
L’Accesso ai documenti Amministrativi e Riservatezza
La legge 241 del 1990 sul documento amministrativo e sul diritto all’ accesso dei documenti della pubblica amministrazione è una legge chiave dell’ ordinamento italiano. Infatti prima di questa data la regola non riguardava l’ accesso ma il segreto degli atti amministrativi: sporadicamente e solo in casi rari si ammetteva l’ accesso ai documenti della pubblica amministrazione.
Dott. Daniele Perugini
I fondi pensione negoziali per i dipendenti pubblici, tra criticità ed opportunità – parte prima
Si è già data notizia della proroga al 2020 del termine entro il quale il personale pubblico in regime di TFS potrà esercitare l’opzione al TFR, contestualmente all’adesione al fondo pensione negoziale e, con l’occasione, si è argomentato sulla mutata finalità della previdenza complementare nel welfare dei prossimi anni.
Dott. Stefano Usai
Le nuove modalità di acquisto dai soggetti aggregatori ex art. 9 del d.l. 66/2014 alla luce del DPCM pubblicato il 9 febbraio 2016
Con la recente pubblicazione del DPCM del 24 dicembre 2015 (in G.U. del 9 febbraio 2016 n. 32) entra definitivamente nella fase operativa la disposizione contenuta nel comma 3 - articolo 9- del d.l. 66/2014 come convertito con legge 89/2014 e successivamente modificato dalla legge di stabilità (legge 208/2015) che impone anche agli enti locali – e quindi anche ai comuni – l’obbligo di approvvigionarsi in relazione beni/servizi predefiniti, e per acquisti sopra le soglie indicate dalla stesso DPCM, da Consip S.p.A. o da agli altri soggetti aggregatori di riferimento.
Dott. Francesco Disano
Ulteriore deroga alla legge Fornero con la “settima salvaguardia“
Sulla Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 302 del 30.12.2015 – Supplemento ordinario- è’ stata pubblicata la legge 28.12.2015, n.208 (c.d. “legge di stabilità per l’anno 2016”) che, all’interno del suo unico articolo composto da ben 999 commi, estende , tra l’altro, i benefici in materia di deroghe alla riforma Fornero in favore di ulteriori 26.300 dipendenti.
Dott. Claudio Carbone
La nuova disciplina dell’esercizio provvisorio
Nel caso in cui il bilancio di previsione non è approvato dal Consiglio entro il 31 dicembre dell’anno precedente, la gestione finanziaria dell’ente si svolge nel rispetto dei principi applicati della contabilità finanziaria riguardanti l’esercizio provvisorio o la gestione provvisoria. Si tratta di due distinti momenti, sotto l’aspetto giuridico e contabile, caratterizzati dalla circostanza che in tali fasi gli enti locali sono tenuti a gestire gli stanziamenti di competenza previsti nell’ultimo bilancio approvato per l’esercizio cui si riferisce la gestione o l’esercizio provvisorio e sono tenuti ad effettuare i pagamenti entro i limiti determinati dalla somma dei residui al 31 dicembre dell’anno precedente e degli stanziamenti di competenza al netto del fondo pluriennale vincolato.
S.O.S. Appalti - Edizione del 15/02/2016
a cura dell'Avv. Carmine Podda
Consiglio di Stato sez. VI 8/2/2016 n. 510
Onere di immediata impugnazione del bando di gara
Nelle gare pubbliche l’onere di immediata impugnazione del bando è circoscritto al caso della contestazione di clausole escludenti riguardanti i requisiti di partecipazione, che siano ostative all’ammissione dell’interessato, o, al più, impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura, dovendo le altre clausole essere ritenute lesive ed impugnate insieme con l’atto di approvazione della graduatoria definitiva che definisce la procedura ed identifica in concreto il soggetto leso dal provvedimento, rendendo attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva.
Pertanto, di fronte ad una clausola ritenuta illegittima, ma non impeditiva della partecipazione, il concorrente non è ancora titolare di un interesse attuale all’impugnazione, poiché non sa ancora se l’astratta o potenziale illegittimità della clausola si risolverà in un esito negativo della sua partecipazione alla procedura di gara, e quindi in una effettiva lesione della situazione soggettiva che solo da tale esito può derivare (in termini, fra le più recenti: Cons. Stato, V. 10 novembre 2015, n. 5181) (fattispecie in cui la ricorrente non ha sostenuto l'impossibilità di presentare un'offerta attendibile «ma ha evidenziato che il criterio di aggiudicazione prestabilito si era rivelato, ad esito del confronto tra i concorrenti, non idoneo ad individuare la migliore offerta e, quindi, a scegliere il miglior contraente, contrastando con il principio di proporzionalità e di ragionevolezza»).
TAR Calabria Reggio Calabria 10/2/2016 n. 171
Qualificazione endoprocedimentale dell’aggiudicazione provvisoria
E’ assunto consolidato che: “- nelle gare pubbliche d'appalto l'aggiudicazione provvisoria è atto endoprocedimentale che determina una scelta non ancora definitiva del soggetto aggiudicatario, con la conseguenza che la possibilità che ad un'aggiudicazione provvisoria non segua quella definitiva è un evento del tutto fisiologico, disciplinato dagli artt. 11 comma 11, 10 e 48 comma 2, d.lgs. 10 aprile2006, n. 163, inidoneo di per sé a ingenerare qualunque affidamento tutelabile ed obbligo risarcitorio, qualora non sussista nessuna illegittimità nell'operato dell'Amministrazione, a prescindere dall'inserimento nel bando di apposita clausola che preveda l'eventualità di non dare luogo alla gara o di revocarla(C.d.S., III, 28 febbraio 2014, n. 942; 26 settembre 2013, n. 4809);
- la natura giuridica di atto provvisorio ad effetti instabili tipica dell'aggiudicazione provvisoria non consente, quindi, di applicare nei suoi riguardi la disciplina dettata dagli artt. 21 quinquies e 21 nonies della legge n. 241/1990 in tema di revoca e annullamento d'ufficio (C.d.S., V, 20 agosto 2013, n. 4183): la revoca dell'aggiudicazione provvisoria (ovvero, la sua mancata conferma) non è, difatti, qualificabile alla stregua di un esercizio del potere di autotutela, sì da richiedere un raffronto tra l'interesse pubblico e quello privato sacrificato, non essendo prospettabile alcun affidamento del destinatario, dal momento che l'aggiudicazione provvisoria non è l'atto conclusivo del procedimento: sicché nei relativi casi nessun pregio ha la censura di carente esplicitazione delle ragioni di pubblico interesse sottese alla revoca (V, 20 aprile 2010, n. 2338);
- fino a quando non sia intervenuta l'aggiudicazione definitiva rientra, dunque, nel potere discrezionale dell'Amministrazione disporre la revoca del bando di gara e degli atti successivi, laddove sussistano concreti motivi di interesse pubblico tali da rendere inopportuna, o anche solo da sconsigliare, la prosecuzione della gara (VI, 6 maggio 2013, n. 2418);
Consiglio di stato sez. III 29/1/2016 n. 346
Criteri identificativi dell’istituto dell’avvalimento
Benché il contratto di avvalimento non possa essere ricondotto ad alcuna specifica tipologia, tanto che ne è stata più volte ribadita la sua atipicità lasciata all’autonomia negoziale delle parti, la prova dell’effettiva disponibilità delle risorse dell’ausiliario da parte dell’ausiliato comporta, però, la necessità che il contrasto si sostanzi in relazione alla natura ed alle caratteristiche del singolo requisito, e ciò soprattutto nei settori dei servizi e delle forniture, dove non esiste un sistema di qualificazione a carattere unico ed obbligatorio, come accade per gli appalti di lavori, ed i requisiti richiesti vengono fissati di volta in volta dal bando di gara. (...) Le regole dettate dall’art. 49 del d. lgs. 163/2006 e dall’art. 88 del d.P.R. 207/2010 in materia di avvalimento, pur finalizzate a garantire la serietà, la concretezza e la determinatezza di questo, non devono, quindi, essere interpretate meccanicamente né secondo aprioristici schematismi concettuali, che non tengano conto del singolo appalto e, soprattutto, frustrando la sostanziale disciplina dettata dalla lex specialis (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 4.10.2014, n. 5978; Cons. St., sez. III, 2.3.2015, n. 1020). (…) Nelle gare pubbliche elemento essenziale dell’istituto dell’avvalimento, infatti, è la reale messa a disposizione delle risorse umane e dei beni strumentali occorrenti per la realizzazione dei lavori o dei servizi oggetto di gara, con conseguente obbligo per l’impresa ausiliata di presentare alla stazione appaltante l’elencazione dettagliata dei fattori produttivi, in modo da consentirle di conoscere la consistenza del complesso economico-finanziario e tecnico-organizzativo offerti in prestito dall’ausiliaria e di valutare la loro idoneità all’esecuzione dell’opera (Cons. St., sez. V, 28.9.2015, n. 4507).
TAR Sardegna sez. I 2/2/2016 n. 88
Divieto di soccorso istruttorio in caso di presentazione di offerta tecnica gravemente incompleta
Laddove l’offerta tecnica debba considerarsi caratterizzata da incompletezza talmente grave, da minarne funditus l’affidabilità e la valutabilità, non sussiste nessuna possibilità di soccorso istruttorio a fini di integrazione o chiarimento. Né tale carenza poteva, come è ovvio, essere accettata dalla Commissione per poi rinviare il controllo sulle modalità di esecuzione alla fase successiva alla stipula contrattuale. Va richiamata sul punto che la difesa della controinteressata la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, 29 luglio 2015, n. 3750 ove, nell’esaminare la portata dell’art. 46, comma 1 bis, del Codice dei contratti ha affermato: “ … Tale norma … è chiaramente volta a favorire la massima partecipazione alle gare, attraverso il divieto di un aggravio del procedimento, e «mira a correggere quelle soluzioni, diffuse nella prassi (amministrativa e forense), che sfociavano in esclusioni anche per violazioni puramente formali».
Lo scopo della disposizione è, quindi, principalmente quello di evitare la possibile esclusione da una gara non a causa della mancanza dei requisiti (soggettivi o oggettivi) di partecipazione ma a causa del mancato rispetto di adempimenti solo documentali o formali o privi, comunque, di una base normativa espressa.”.
Consiglio di Stato sez. V 3/2/2016 n. 402
Nessun obbligo di riesame o sospensione della procedura di gara in caso di preavviso di ricorso
Secondo l’incontrastata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (da ultimo: Sez. III, 3 dicembre 2015, n. 5494), il c.d. preavviso di ricorso previsto dall’art. 243-bis non comporta per l’amministrazione alcun obbligo di riesame né di sospensione della procedura, e neppure un obbligo di risposta espressa, potendo la stessa formarsi per silentium ai sensi del comma 6. Inoltre, la procedura introdotta a seguito del preavviso di ricorso non influisce sull’esito della gara, cosicché la stazione appaltante può legittimamente aggiudicare in via definitiva la gara senza attendere l’esito del riesame. Come infatti chiarisce il comma 3 di tale disposizione, il preavviso di ricorso «non impedisce l’ulteriore corso del procedimento di gara, né il decorso del termine dilatorio per la stipulazione del contratto, fissato dall’articolo 11, comma 10, né il decorso del termine per la proposizione del ricorso giurisdizionale». Pertanto, il comportamento della stazione appaltante può al più essere valutato in sede giurisdizionale ai fini risarcitori (comma 5), in ipotesi di successiva accertata illegittimità, e in ogni caso in sede di regolamento delle spese processuali. (..) L’indirizzo giurisprudenziale formatosi sulla disposizione in esame (ex multis: Sez. V, 21 luglio 2015, n. 3613, 20 marzo 2015, n. 1543, 9 marzo 2015, n. 1176, 26 settembre 2014, n. 4830, queste ultime tre citate dalle appellate) ha quindi specificato che lo strumento da questa previsto non è posto a tutela di una posizione giuridica soggettiva, ma è finalizzato a sollecitare l’amministrazione ad un eventuale riesame, comunque non obbligatorio, del proprio operato in autotutela, il cui esito negativo per l’istante ha natura meramente confermativa del provvedimento contestato, privo di carattere lesivo rispetto a quest’ultimo e dunque non comportante alcun onere di impugnativa. In particolare, la pronuncia da ultimo richiamata si è soffermata sul comma 6 del più volte citato art. 243-bis, il quale prevede che il diniego di autotutela «è impugnabile solo unitamente all’atto cui si riferisce, ovvero, se quest’ultimo è già stato impugnato, con motivi aggiunti», precisando che tale disposizione attribuisce all’interessato una mera facoltà di impugnazione esercitabile nel giudizio sull’atto “principale” (in questi termini anche: Sez. III, 10 dicembre 2014, n. 6137, 6 maggio 2013, n. 2449; Sez. V, 25 giugno 2014, n. 3203).
Consiglio di Stato sez. III 5/2/2016 n. 463
Interdittiva antimafia ed attualità del pericolo di infiltrazione
Se è vero che la misura dell’interdittiva antimafia obbedisce a una logica di anticipazione della soglia di difesa sociale e non postula, come tale, l’accertamento in sede penale di uno o più reati che attestino il collegamento o la contiguità dell’impresa con associazioni di tipo mafioso (Cons. St., sez. III, 15 settembre 2014, n.4693), potendo, perciò, restare legittimata anche dal solo rilievo di elementi sintomatici che dimostrino il concreto pericolo (anche se non la certezza) di infiltrazioni della criminalità organizzata nell’attività imprenditoriale (Cons. St., sez. III, 1 settembre 2014, n.4441), è anche vero che l’apprezzamento degli indici significativi del predetto rischio deve necessariamente fondare una valutazione di attualità del tentativo di condizionamento della gestione dell’impresa da parte di associazioni mafiose (Cons. St., sez. III, 7 ottobre 2015, n.4657).
E’ stato, al riguardo, chiarito che l’interdittiva antimafia può legittimamente fondarsi su fatti e circostanze risalenti nel tempo, oltre che su indici più recenti, purché, tuttavia, dall’analisi del complesso delle vicende esaminate emerga un quadro indiziario idoneo a giustificare il necessario giudizio di attualità e di concretezza del pericolo di infiltrazione mafiosa nell’amministrazione dell’attività d’impresa (Cons. St., sez. III, 13 marzo 2015, n.1345).
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