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Curare il particolare e lasciare traccia nelle procedure espropriative

a cura di Marco Morelli

Il giudizio contabile e le questioni risarcitorie sulle occupazioni illegittime sono un tema di sicuro interesse per le pubbliche amministrazioni. Occorre, allora, per non incorrere nel relativo sindacato del Giudice contabile, sapersi “tutelare”, sapersi mettere al riparo da contestazioni. L’operatore di settore deve fondare la propria attività su due principi di fondo: curare il particolare e lasciare traccia. Sono i due principi di fondo ispiratori per non incorrere, in maniera violenta, nelle forche del giudizio contabile. 

Debbono essere, in via generale, il principio ispiratore della condotta amministrativa all’interno di un ente ed, in particolare, di quella espropriativa: è così che, l’operatore di settore non può stare sull’albero a cantare ma deve intervenire per trovare la soluzione al male delle occupazioni senza titolo e lo deve fare il prima possibile.

La Corte dei Conti, infatti, guarda con un certo disfavore non solo a chi ha causato le occupazioni illegittime ma anche a chi, pur potendo, non è intervenuto a trovare una soluzione.  

Matrici di fondo del giudizio contabile, lo sappiamo, sono dolo e colpa grave: ovviamente il dolo, anche omissivo, dal punto di vista generale comporta l’intenzionalità o l’accettazione consapevole del rischio di causare un danno alle casse dell’erario laddove la colpa grave si fonda su una condotta negligente, imprudente e fondata sull’imperizia.

E’ censurabile, allora, la condotta di quel funzionario, dirigente o amministratore che, avviate le procedure ablative, non le ha concluse; ma è anche censurabile quella di chi non ha affatto avviato le procedure o quella di chi, per errori palesi, le ha viste annullare; è anche censurabile, comunque, la condotta di chi, ereditate vecchie procedure, non si è attivato per sistemarle.

Lo sappiamo: in Italia se si è interessati dalla Corte dei Conti parte lo “scarica barile”: amministratori che accusano dirigenti, dirigenti che accusano gli amministratori, entrambi che vorrebbero che tutto il carico di responsabilità gravasse sui direttori generali o sui segretari (se parliamo di enti locali) o i tecnici incaricati.

In tale contesto è utile il richiamo ed è da segnalare, quanto recentemente esaminato da Corte dei Conti, Sezione Molise, nella sentenza n.16 del 27 marzo 2017.

Ad avviso del giudicante, la pretesa accusatoria non poteva essere accolta per carenza dell'elemento soggettivo della colpa grave, non riscontrabile in capo ai convenuti. Non era dato individuare, infatti, nei comportamenti del Sindaco e del Segretario comunale, “una plateale trasgressione del dovere di diligenza e avvedutezza e, quindi, un deficit di vigilanza gravemente colposo, nell'esercizio dei propri rispettivi poteri in ordine al procedimento amministrativo in parola, attesa la ragionevole percezione di una apparente coerenza esterna dello stesso.”

Nel caso trattato, la Corte dei Conti del Molise ha ritenuto che non potessero considerarsi responsabili Sindaco e Segretario comunale perchè era ravvisabile, dagli atti, una imprecisione che aveva caratterizzato la procedura curata da un tecnico esterno incaricato, che li aveva indotti, ragionevolmente, in errore.

Dimostrata, in giudizio, da parte di due convenuti, che la loro condotta era stata erronea perché fondata su imprecisioni ed errori di un terzo, il Giudicante ha concluso che non fosse ravvisabile “un tale grado di divaricazione dal modello di comportamento richiesto dai compiti ai medesimi intestati (e, quindi, l'inosservanza di un minimo grado di diligenza), da potersi configurare la colpa grave”.

Minino grado di diligenza: significa che non bisogna fare spallucce e disinteressarsi anche delle vecchie occupazioni.

Ecco, allora, che occorre attivarsi lasciando traccia e curando il particolare, solo così si può trovare una soluzione al tema delle occupazioni illegittime ed evitare il sindacato della Corte dei Conti e non si deve fare solo e soltanto lo scarica barile.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE MOLISE

composta dai seguenti magistrati:

Dott. Tommaso Viciglione - Presidente

Dott. Massimo Gagliardi - Consigliere Relatore

Dott. Alessandro Verrico - Referendario

ha emanato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 3577/E.L. del registro di Segreteria, promosso ad istanza della Procura regionale della Corte dei conti per la Regione Molise , nei confronti dei Signori:

Arch. N. A., nato a Omissis (Omissis) il Omissis e ivi residente in Omissis u.i.u. 32, c.f. Omissis, elettivamente domiciliato in Campobasso, Via Ugo Petrella n. 22 presso lo studio dell'avvocato Giuseppe Nebbia che lo rappresenta e difende nel presente giudizio;

dr.ssa A. C., nata a Omissis (Omissis) il Omissis e residente a Omissis in Via T. La Cava n. 11, c.f. Omissis, elettivamente domiciliata in Campobasso, Corso V. Emanuele II n. 23 presso lo studio dell'avvocato Margherita Zezza che la rappresenta e difende nel presente giudizio.

Visti l'atto introduttivo del giudizio, gli atti di costituzione in giudizio dei convenuti, e tutti gli altri atti e documenti del giudizio;

Uditi nella pubblica udienza del 10.11.2016, con l'assistenza del segretario d'udienza Sig. Michele Galasso, il Consigliere relatore, dott. Massimo Gagliardi, il Pubblico Ministero nella persona del Vice. Proc. Gen. Cons Daniela Morgante, gli avvocati Giuseppe Nebbia e Margherita Zezza.

Svolgimento del processo

La Procura Regionale del Molise espone quanto segue.

Con nota acquisita al prot. (...) del 17.4.2014, il Sindaco del Comune di Colli a Volturno (IS) Ing. G.F.V., partecipava alla medesima Procura la copia conforme del decreto n. 1 del 6.2.2014 prot. (...), che egli stesso aveva emesso quale Responsabile dell'Ufficio Tecnico, afferente l'acquisizione (ai sensi dell'art. 42-bis D.P.R. n. 327 dell'8 giugno 2001 - Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità) del terreno individuato in catasto al foglio n. 14 particelle n. (...), (...) e (...) (facenti parte della ex p.lla (...)). Dal decreto stesso emerge che tale procedura coattiva, inglobante anche il pedissequo indennizzo di Euro 2.039,33 con onere a carico delle finanze comunali, è conseguente alla procedura bonaria di esproprio, antecedentemente esperita dal Comune per l'esproprio del bene, peraltro risultata infruttuosa, con conseguente inutilità delle somme che il Comune aveva all'uopo corrisposte all'espropriato a titolo di indennizzo (importo complessivo lordo di L. 18.224.533; imponibile di L. 14.579.626, al netto della ritenuta IRPEF alla fonte del 20% di L. 3.644.907) e corrispondente al danno erariale patito dal citato Comune.

L'infruttuosità di detta procedura bonaria e il susseguente danno erariale che ne è derivato in termini di non proficuità dell'indennizzo, pur all'uopo sborsato dal Comune, sono dipesi - secondo la tesi accusatoria - "dall'illecita e ingiustificabile omissione, da parte dei soggetti che avrebbero dovuto assicurarla nell'interesse dell'Amministrazione tra i quali gli odierni evocandi in giudizio, degli adempimenti volti alla stipula e trascrizione nei registri immobiliari dell'atto pubblico di acquisto dei beni oggetto dell'accordo bonario".

In proposito, la Procura Regionale riferisce che, dalle indagini svolte, emerge che con nota datata 3.1.1995 a firma della SIOP Costruzioni S.p.A. di Venafro, pervenuta al Comune il giorno successivo, la detta società comunicava all'Ente la volontà di cedere bonariamente l'immobile individuato in catasto al Fg. n. 14 particella n. (...), dietro pagamento del prezzo complessivo di L. 17.578.440. Il Comune emetteva quindi, in esecuzione della d.G.C. n. 174 del 30.6.1995, il mandato di pagamento n. (...) del 30.10.1995 a favore della citata ditta SIOP, pagato il 16.11.1995 per l'importo complessivo lordo di L. 18.224.533 (L. 14.579.626 al netto della ritenuta IRPEF), per la causale "indennità di esproprio particella n.(...) P.I.P. 1 lotto".

Peraltro, prosegue il Requirente, "l'Amministrazione comunale ometteva, anche a cagione dell'illecito e gravemente improvvido operato degli odierni evocandi in giudizio, di dare il dovuto impulso alla stipula e trascrizione nei registri immobiliari dell'atto pubblico per il formale trasferimento della proprietà dell'immobile in capo al Comune. Ciò con la conseguenza che, una volta dichiarato il fallimento della SIOP, con sentenza del Tribunale di Isernia n. 287 del 19.1.1996, l'immobile in questione veniva ricompreso nell'attivo fallimentare, con vanificazione dell'acquisto oneroso disposto nonché pagato dal Comune sulla base dell'accordo bonario di cessione".

Successivamente, nonostante la già avvenuta ricomprensione nell'attivo fallimentare, il Comune prendeva possesso del suolo ricadente sull'intera particella, ivi realizzandovi, a servizio della zona P.I.P. (Piano per gli Insediamenti Produttivi), una strada comunale del costo di Euro 20.000,00, un'isola ecologica, quale centro di raccolta per lo stoccaggio dei rifiuti ingombranti, del costo di Euro 25.800,00, una stazione di sollevamento e impianto per la potabilizzazione delle acque della rete idrica del costo di Euro 31.072,00, una cabina di trasformazione dell'energia elettrica del costo di Euro 27.500,00.

Tuttavia, nel giugno 2013, il Giudice delegato alla procedura fallimentare della SIOP Costruzioni S.p.A. disponeva l'alienazione di tutti i detti suoli individuati in catasto nella predetta ex particella (...) alla aggiudicataria società La Bonifica s.r.l..

Quindi la Giunta comunale, a seguito della comunicazione dell'avvenuta vendita giudiziaria, con delibera n. 51 dell'11.7.2013, stante l'irreversibile trasformazione di parte dei luoghi in ragione delle dette opere pubbliche e considerato che la società acquirente dal fallimento, antecedentemente all'avvio formale del procedimento di esproprio, non aveva presentato alcun progetto o istanza per la realizzazione di lavori edili sul suolo di che trattasi, impartiva al Sindaco, nella sua qualità di Responsabile dell'Ufficio Tecnico, l'indirizzo di attivare la procedura coattiva di cui all'art. 42-bis del D.P.R. n. 327 del 2001 ai fini dell'acquisizione sanante dei suoli già utilizzati dal Comune, sia pur sine titulo.

Tale procedura si è conclusa con l'emissione del decreto di esproprio n. 1 del 6.2.2014, che dispone a favore della società La Bonifica s.r.I. il pagamento del valore venale per l'acquisizione del suolo al prezzo di Euro1,59 x mq 1.166 = Euro 1.853,94. Tale valore venale è stato computato sulla base del valore venale di Euro 1,59 x mq pagato dalla società La Bonifica s.r.l.. Il citato decreto di esproprio n. 1/2014 liquida altresì il danno non patrimoniale nel 10% del Valore venale = Euro 185,39, così riconoscendo un importo totale di Euro 2.039,33.

Nella ricostruzione dei fatti offerta dalla Procura attrice, il decreto motiva l'acquisizione sanante in considerazione dell'interesse pubblico alla stessa, dal momento che l'ipotetica restituzione dei suoli, con la conseguente rimessa in pristino dello status quo costituirebbe un grave pregiudizio alla collettività.

Peraltro - prosegue la P.R. - la società espropriata non ha comunicato la volontà di accettare l'importo offertole nel termine assegnato dal Comune ed ha impugnato il citato decreto n. 1/2014, domandandone l'annullamento previa sospensiva ed altresì la condanna del Comune. L'istanza cautelare è stata respinta con decreto del Presidente del TAR Molise n. 142 Registro Ricorsi del 10.4.2014.

In base a tutto quanto sopra, il Requirente ha proceduto relativamente al danno erariale, ritenuto certo e irreversibile, derivante dal decreto di vendita giudiziaria a favore della detta società del 13.6.2013, e stimato non inferiore all'importo sborsato dal Comune di Colli a Volturno (IS) con il mandato n. 535/1995 ed imputabile agli odierni evocati in giudizio arch. Nicola AMODEI e dr.ssa Antonietta CACCIA nelle rispettive vesti di Sindaco e di Segretario comunale pro tempore del Comune di Colli a Volturno, unitamente a quella tenuta dal Tecnico comunale pro tempore geom. G.L. che è già stato al riguardo condannato dalla Sezione giurisdizionale regionale per il Molise con sentenza n. 39 del 1 giugno 2015.

In proposito, in considerazione del contenuto della prefata sentenza n. 39/2015, il Requirente ha contestato agli odierni evocandi in giudizio arch. N. A. e dr.ssa A. C., mediante notifica del prescritto invito a dedurre del 21.9.2015, il danno erariale, non inferiore all'importo di ex L. 18.224.533 lorde (netto imponibile di L. 14.579.626), debitamente da rivalutarsi e aumentarsi degli interessi e delle spese di giudizio, sborsato dal Comune di Colli a Volturno (IS).

Segnatamente, il Requirente ha contestato che l'Amministrazione comunale "ha del tutto disatteso di attivare, curare e presidiare tutti gli ulteriori adempimenti procedurali e amministrativi che erano necessari per rendere definitiva e opponibile ai terzi l'acquisizione della proprietà del bene, attraverso la stipula e trascrizione nei registri immobiliari del relativo atto pubblico".

"Anzi - prosegue il Requirente - una rafforzata cura e attenzione circa il tempestivo perfezionamento di tutti gli adempimenti inerenti alla stipula e trascrizione dell'atto pubblico di acquisizione erano vieppiù richiesti ai predetti vertici responsabili dell'efficace funzionamento dell'amministrazione".

Sulla base di tutto quanto sopra e nei suesposti sensi, la Procura regionale ha quindi provveduto a far notificare all'arch. Nicola AMODEI e alla dr.ssa Antonietta CACCIA l'informativa ai sensi dell'art. 5, 1 comma del D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito dalla L. 14 gennaio 1994, n. 19.

Gli elementi acquisiti nell'istruttoria hanno poi indotto il Requirente a confermare pienamente gli addebiti mossi nei riguardi degli invitati e odierni evocati in giudizio arch. N. A. e dr.ssa A. C. per i motivi sopra illustrati.

Parte attrice ribadisce dunque la sussistenza di un danno complessivamente non inferiore a Euro 7.529,75 (equivalente in Euro del netto imponibile di L. 14.579.626 rispetto al lordo di L. 18.224.533), importo sborsato dal Comune di Colli a Volturno (IS) su mandato n. 535/1995 emesso a seguito della prima procedura di esproprio esperita per l'acquisizione del terreno individuato in catasto al foglio n. 14 particelle n. (...), (...) e (...), facenti parte della ex p.lla (...), la cui concreta utilità è stata - nella prospettazione accusatoria - del tutto vanificata dall'illecita e gravemente improvvida condotta tenuta dagli odierni evocandi in giudizio arch. N. A. e dr.ssa A. C. nelle rispettive vesti di Sindaco e di Segretario comunale pro tempore del Comune di Colli a Volturno, unitamente a quella tenuta dal Tecnico comunale pro tempore geom. G.L., condotte che avrebbero concorso a consentire alla società La Bonifica l'acquisto, il 13.6.2013, del bene che era stato previamente espropriato, infruttuosamente, dal Comune di Colli a Volturno, pur con esborso del pubblico denaro e corrispondente danno erariale. In proposito, in linea con quanto posto in luce dalla prefata sentenza n. 39/2015, la Procura afferma che deve essere posta a carico degli odierni convenuti una quota complessiva pari al 50% del citato danno erariale, quota ammontante a Euro 3.764,87 (Euro tremilasettecentosessantaquattro/87), da rivalutarsi e aumentarsi degli interessi e delle spese di giudizio.

In proposito non hanno pregio, a giudizio della Procura, le argomentazioni secondo cui il mancato tempestivo consolidamento dell' acquisizione del bene per il quale il Comune aveva già sborsato l'indennità accettata dall'espropriato, su mandato n. 535/1995 di L. 18.224.533 lorde per un netto imponibile di L. 14.579.626 (equivalente a Euro7.529,75), fu dovuto al mancato tempestivo perfezionamento della procedura amministrativa volta alla emanazione del titolo espropriativo e alla relativa trascrizione nei registri immobiliari che, a loro detta, non sarebbe ad essi imputabile.

"Per contro - si legge nell'atto di citazione - la dettagliata cronologia del procedimento amministrativo richiamata dagli stessi deducenti ne conferma ... le relative responsabilità, evidenziando in particolare che, a fronte della accettazione bonaria della indennità di espropriazione da parte della Siop Costruzioni ... e della susseguente Ordinanza del Presidente della Giunta Provinciale n. 44/95 ... recante l'ordine al Comune di pagare entro 60 giorni le indennità di esproprio ..., in data 30.10.1995 il Comune ... procedeva alla emissione del prefato mandato di pagamento n. (...) a favore della Siop Costruzioni, ... per l'importo complessivo lordo di L. 18.224.533 (L. 14.579.626 al netto della ritenuta Irpef), ma senza tuttavia assicurare il perfezionamento della procedura di esproprio e la trascrizione del relativo provvedimento prima del 19.1.1996, data in cui la Siop Costruzioni fu dichiarata fallita ..., con conseguente e prevedibile prevalenza ex lege dei diritti del Fallimento sull'espropriazione, non perfezionata e non trascritta, sia pur già indennizzata, dal Comune.

Ora, non vi è dubbio che il danno erariale azionato con la presente citazione, sia dipeso proprio dall'illecita, irragionevole e gravemente improvvida inerzia tenuta dall'Amministrazione comunale con specifico riferimento all'acquisizione in via espropriativa del bene in questione (terreno individuato in catasto al foglio n. 14 particelle n. (...), (...) e (...), facenti parte della ex p.lla (...)) negli oltre due mesi intercorsi tra il pagamento dell'indennità di esproprio accettata dall'espropriato (mandato di pagamento n. (...)/1995, pagato il 16.11.1995) e la declaratoria di fallimento della Siop Costruzioni occorsa il 19.1.1996 (sentenza n. 287/1996)".

L'inerzia descritta dalla Procura attrice ha esposto, a giudizio di quest'ultima, il Comune al rischio, "ben prevedibile e poi effettivamente verificatosi", di vedere vanificata l'utilità della procedura espropriativa nonché dell'indennità al riguardo già sborsata alla Siop.

La Procura chiarisce inoltre che, dell'esborso erogato dal Comune verso la Siop a titolo di indennizzo espropriativo - ritenuto infruttuoso per i motivi sopra ampiamente descritti - che ammonta a ex L. 18.224.533 lorde (mandato di pagamento n. (...)), ritiene che soltanto l'imponibile al netto della ritenuta IRPEF al 20% di ex L. 14.579.626, il cui controvalore in Euro ammonta a Euro7.529,75, possa essere ascritto ai soggetti ritenuti responsabili.

Non reputa, infatti, il Requirente che agli odierni convenuti siano addebitabili gli esborsi sopportati dal Comune quale sostituto di imposta, trattandosi di somme che, pur costituendo danno per l'Ente, integrano al tempo stesso un corrispondente vantaggio, in termini di entrata, per l'Amministrazione finanziaria e dunque oggetto - nell'impianto accusatorio illustrato in citazione - di compensatio lucri cum damni.

Orbene - del danno erariale complessivo di Euro 7.529,75 ascrivibile ai soggetti ritenuti responsabili - la Procura ribadisce come la sentenza n. 39/2015 abbia "posto a carico del Tecnico comunale p.t. geom. G.L. la metà dell'importo oltre agli interessi e alla rivalutazione monetaria".

Si chiede, dunque, che la restante metà del detto danno erariale, ammontante a Euro 3.764, 87, debitamente da rivalutarsi e aumentarsi degli interessi e delle spese del giudizio, sia ascritta agli odierni convenuti arch. N. A. e dr.ssa A. C. per le mancanze descritte.

Venendo agli apporti individuali, il Requirente afferma che il Sindaco Nicola AMODEI, intestatario ex lege della "responsabilità dell'amministrazione del comune" (art. 50 comma 1 D.Lgs. n. 267 del 2000) e della "sovrintendenza al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti" (art. 50 comma 2 TUEL), nonché, nello specifico, a conoscenza della procedura espropriativa in questione in quanto destinatario della relativa corrispondenza (nota della SIOP del 21.2.1994, di risposta alla nota del Comune prot. (...) del 14.2.1994; nota della Provincia di Isernia del 26.6.1995, assunta al prot. comunale n. (...) del 28.6.1995) e firmatario dei provvedimenti al riguardo emessi (d.G.C. n. 174 del 30.6.1995; invito alla cessione bonaria del 24.11.1994), avrebbe "del tutto omesso, con colpa grave, di sovrintendere al corretto e proficuo espletamento da parte degli uffici della detta procedura espropriativa".

Analoghe contestazioni sono poste a carico del Segretario comunale p.t. dr.ssa A. C., intestataria ex lege della "sovrintendenza allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti", e preposta al relativo "coordinamento" (art. 97 comma 4 TUEL) in quanto, a tenore della tesi accusatoria, nei Comuni, quale quello di Colli a Volturno, nei quali non è nominato il direttore generale, le predette funzioni e responsabilità restano ex lege in capo al Segretario comunale (art. 97 comma 4 TUEL).

Anche la dr.ssa A. C. avrebbe quindi, analogamente al Sindaco, "del tutto omesso di sovrintendere al corretto, efficace e proficuo svolgimento delle proprie incombenze da parte degli uffici che si occupavano della procedura espropriativa in questione".

Alla connotazione gravemente colposa delle omissioni contestate agli odierni evocati è connesso il regime della responsabilità parziaria.

"Stante il peso determinante delle omissioni perpetrate da entrambi gli evocandi ..., appare congruo ritenere - prosegue l'atto di citazione - sostanzialmente equivalente l'incidenza causale dei fatti gravemente colposi ascrivibili ai due evocandi, con conseguente eguale riparto del danno erariale tra i medesimi.

Ciò posto, in linea con quanto accertato e argomentato nella prefata sentenza n. 39/2015, a fronte di un danno erariale complessivo ascrivibile ai soggetti responsabili pari all'imponibile netto (art. 1 comma 1-bis L. 14 gennaio 1994, n. 20) inutilmente sborsato dal Comune, di L. 14.579.626 e controvalore in Euro di Euro7.529,75, va tenuto in conto che la citata sentenza n. 39/2015 ha posto a carico del Tecnico comunale p.t. geom. G.L. la metà dell'importo, oltre agli interessi e alla rivalutazione monetaria. Agli odierni evocandi in giudizio arch. N. A. e dr.ssa A. C. va quindi complessivamente ascritta la restante metà del detto danno erariale, metà ammontante a Euro 3.764, 87 e che, per le ragioni suesposte, va ripartita tra gli evocandi in parti eguali, pari a Euro 1.882,43 per ciascuno, oltre che debitamente rivalutata e aumentata degli interessi e delle spese del giudizio".

Conseguentemente, con citazione depositata il 23.11.15, sono stati convenuti in giudizio:

- l'arch. N. A.;

- la dr.ssa A. C.;

per sentirsi condannare al pagamento, in favore del Comune di Colli a Volturno (IS), dell'importo complessivo di Euro 3.764,87 (tremilasettecentosessantaquattro/87), tra loro ripartito nella misura di Euro1.882,43 (Euro milleottocentoottantadue/43) ciascuno, oltre a rivalutazione, interessi e spese del giudizio.

In sede di udienza dibattimentale sono presenti gli avvocati Giuseppe Nebbia, per il convenuto N. A., e Giuseppe Ruta, su delega dell'Avv. Margherita Zezza, per la convenuta A. C..

Preliminarmente, il Presidente evidenzia, in particolare, la tardività delle costituzioni depositate dagli Avvocati.

Prende la parola il P.M., Cons. Daniela Morgante, la quale rileva la tardività delle costituzioni di entrambi i convenuti ed eccepisce le conseguenti decadenze. In subordine, nel merito, richiama la sentenza n. 39/2015 di questa Sezione e l'atto di citazione.

Il P.M. richiama le argomentazioni svolte a pag. 29 della citazione e ribadisce che la perdita definitiva della proprietà del bene è dovuta, non alle vicende fallimentari, ma alla mancata trascrizione dell'acquisto, alla quale i convenuti hanno concorso, così come indicato in citazione. Aggiunge, con riferimento all'eccezione di cui a pag. 13 della memoria del sig. N. A., che non era obbligo del curatore verificare l'esproprio bensì obbligo dell'Amministrazione curare la trascrizione dell'acquisto del bene al patrimonio comunale.

Prende la parola l'Avv. Giuseppe Nebbia, il quale ritiene che la parte non è incorsa in alcuna decadenza. L'Avv. Nebbia in sostanza, esclude l'elemento soggettivo - colpa grave del Sindaco.

Per gli espropri PIP, il difensore ricostruisce la vicenda affermando che la giunta comunale aveva conferito l'incarico ad un Tecnico esterno alla struttura - affiancato dal Segretario comunale - a cui aveva affidato tutti i relativi compiti. Il Tecnico esterno si sarebbe occupato, secondo quanto riferisce il Difensore, anche dell'acquisizione del terreno ceduto bonariamente dalla SIOP (così inteso dal Tecnico). Successivamente avrebbe provveduto a redigere gli elenchi dei proprietari che avevano dichiarato di convenire alla cessione volontaria, quelli dei proprietari che avevano accettato l'indennità senza decurtazione e quella dei proprietari che non avevano accettato l'indennità. La ditta SIOP venne inserita nell'elenco dei proprietari che avevano accettato l'indennità senza alcuna decurtazione. Il Difensore prosegue affermando che non vi sarebbe stata alcuna negligenza. L'Avv. Nebbia precisa inoltre che il presente giudizio ha ad oggetto l'elemento psicologico del Sindaco N. A. e non del T.L., in quanto il Collegio deve valutare l'errore in cui è incorso il Sindaco N. A., a causa dell'inserimento nell'elenco dei soggetti che avevano effettuato l'accettazione bonaria.

Prende la parola l'Avv. Giuseppe Ruta, il quale si associa alle dichiarazioni dell'Avv. Nebbia, ed in sintesi dichiara che l'assistita non era in servizio da 15 anni, che la legge in vigore non faceva carico né al Sindaco, né al Segretario comunale e produce copia del testo normativo, che la competenza non era del Comune ma della Provincia, che il Comune adotta l'esproprio e la Regione approva e delega la Provincia. L'Avv. Ruta conclude riportandosi a quanto richiesto nella memoria difensiva e ribadisce che la Provincia avrebbe dovuto adottare i provvedimenti per legge.

Motivi della decisione

La pretesa accusatoria non può essere accolta per carenza dell'elemento soggettivo della colpa grave, non riscontrabile in capo ai convenuti nel presente giudizio.

  1. La vicenda per cui è causa, riferita in narrativa, presenta profili autonomi e distinti rispetto a quella che ha condotto all'emanazione della sopramenzionata sentenza di questa Sezione n. 39/2015, decisione a cui il Collegio ben può riferirsi, non essendo in contrasto con gli esiti cui perviene la presente statuizione.

Preliminarmente va opportunamente osservato che la suddetta sentenza 39/2015 esplicitamente afferma che: "anche l'argomentazione per cui dalla competenza a stipulare gli accordi di cessione, deriverebbe al Sindaco la qualificazione di soggetto incaricato degli adempimenti antecedenti e successivi alla suddetta stipula, dev'essere respinta alla luce dell'art. 5 L. n. 241 del 1990, nel quale si prevede che spetta al responsabile del procedimento ""la responsabilità dell'istruttoria inerente il singolo procedimento, nonché eventualmente dell' adozione del provvedimento finale"", con ciò chiaramente intendendo il legislatore scindere la posizione del soggetto competente all'emanazione dell'atto conclusivo da quello del responsabile del procedimento, preposto alla predisposizione e all'esecuzione dello stesso", dovendosene ragionevolmente inferire l'autonomia e la distinzione, ai fini della responsabilità erariale, quantomeno, della la posizione del Sindaco nel caso di specie.

Allo stesso modo va ancora evidenziato che la sentenza di che trattasi non individua, in alcun modo (pur prospettandola), la responsabilità di altre figure istituzionali nell'ambito del Comune medesimo, limitandosi ad un generico riferimento ad un compito di "verifica e sospensione dell'esatta esecuzione degli adempimenti amministrativi inseriti nella sequenza procedimentale" che sarebbe stato disatteso.

In ogni caso - pur tenendo conto della riduzione, della parte di danno effettivamente ascritta al convenuto, disposta dalla sentenza n. 39/2015, nonché dell'imputazione virtuale, in essa ipotizzata, di una "concomitante responsabilità di altre figure istituzionali nell'ambito del Comune medesimo" (non meglio identificate in quella sede), restano, ovviamente, salve, e svincolate dalle precedenti statuizioni "contra alios", le valutazioni di questo Collegio in ordine all'odierno autonomo giudizio di responsabilità, che verte, appunto, su comportamenti di soggetti rimasti estranei al precedente giudizio.

  1. Tutto ciò premesso, in base alla valutazione degli atti di causa, può ritenersi che effettivamente il Comune di Colli al Volturno, con nota del Sindaco del 24.11.94, abbia sostanzialmente sottoposto, alla SIOP Costruzioni, una facoltà di opzione - secondo la quale, nel caso la ditta si fosse avvalsa "del diritto di cui al c. 1 dell'art. 12 L. n. 865 del 1971", "la cessione volontaria avrà efficacia immediatamente traslativa del bene ceduto, troncando il procedimento espropriativo", mentre, "nel caso invece di accordo sull'indennità o di semplice accettazione bonaria il procedimento espropriativo procederà fino all'emanazione del provvedimento ablativo definitivo come per le ditte non concordatarie" - cui è conseguita l'espressa adesione, con racc. prot. (...), alla "cessione bonaria del bene, al prezzo complessivo di L. 17.578.440".

Orbene, in disparte ogni valutazione (che è estranea al presente giudizio) sulla condotta del tecnico incaricato in relazione al suo "errore interpretativo" circa l'effettiva volontà espressa dalla SIOP, appare ragionevole ipotizzare che la procedura espropriativa ne sia rimasta significativamente condizionata, in modo da assumere un anomalo iter (rispetto a quello richiesto dall'istituto della cessione volontaria), esitato prima nell'ordinanza del Presidente della G.P. (n. 44/95) - autorizzativa del pagamento alle ditte (tra le quali erroneamente figurava la SIOP) che, dall'elenco fornito dal Comune. risultavano accettanti in via bonaria - ed in seguito, avutasi la disponibilità dei fondi, nell'emissione dei mandati di pagamento delle indennità, da parte della Tesoreria Comunale il 31.7.96.

Medio tempore ebbe a verificarsi poi una circostanza, quale il fallimento della SIOP (sent. 287 del 19.1.1996) che, per quanto non del tutto eccezionale o imprevedibile, certamente contribuì in modo decisivo ad aggravare ancor più la complessità della procedura espropriativa, generando la dissipazione delle risorse pubbliche.

  1. Orbene non è dato individuare, nei comportamenti del Sindaco e del Segretario comunale, proprio in virtù dei predetti elementi fattuali, una plateale trasgressione del dovere di diligenza e avvedutezza e, quindi, un deficit di vigilanza gravemente colposo, nell'esercizio dei propri rispettivi poteri in ordine al procedimento amministrativo in parola, attesa la ragionevole percezione di una apparente coerenza esterna dello stesso.

In particolare, con riferimento alla figura del Sindaco, non può ritenersi che, nel caso di specie, sia stato da lui impropriamente interpretato il ruolo di "sovrintendenza delle funzioni dell'ente locale", senza pervenire, in tal modo, ad una non ammissibile dilatazione delle sue funzioni e delle connesse responsabilità.

Non dissimile, e, per ragioni del tutto analoghe a quelle sopra esposte, è la posizione del segretario comunale, nella cui condotta non è dato individuare, nel caso di specie, un atteggiamento di estremo disinteresse, ovvero di negligenza massima, considerato anche che gli adempimenti della procedura espropriativa erano affidati ad un tecnico esterno.

L'imprecisione che caratterizzò l'espletamento della procedura ad opera del predetto tecnico incaricato, così come sopra evidenziato, indusse, ragionevolmente, in errore i convenuti all'atto della trasmissione, alla Provincia di Isernia, degli elenchi degli espropriandi per gli adempimenti conseguenziali.

Pertanto, è agevole concludere che, nelle condotte di entrambi i vocati in giudizio, non sia dato ravvisare una un tale grado di divaricazione dal modello di comportamento richiesto dai compiti ai medesimi intestati (e, quindi, l'inosservanza di un minimo grado di diligenza), da potersi configurare la colpa grave.

Conseguentemente questo Collegio deve respingere la domanda introduttiva e, per l'effetto, dichiarare esente da responsabilità i convenuti, con vittoria di spese.

P.Q.M.

La Corte dei Conti

Sezione Giurisdizionale per la Regione Molise

Definitivamente pronunciando sul giudizio di responsabilità iscritto al n. 3577/E.L. del registro di segreteria, promosso ad istanza della Procura Regionale della Corte dei conti con l'atto di citazione in epigrafe nei confronti dei Sigg.ri Amodei Nicola e A. C., come in epigrafe generalizzati, respinta ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, rigetta la domanda attorea e, per l'effetto, dichiara esenti da responsabilità amministrativa i convenuti medesimi in ordine ai fatti ad essi contestati con l'atto di citazione medesimo, assolvendoli, conseguenzialmente, dalla domanda attorea.

In ordine alla determinazione dell'ammontare degli onorari e diritti spettanti alla difesa dei convenuti prosciolti, gli stessi vengono liquidati nella misura di Euro 540,00 per ciascun Difensore.

Ai sensi dell'art. 52 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, recante il "Codice in materia di protezione dei dati personali" (Codice della privacy) (in G.U. n. 174 del 29 luglio 2003 - Suppl. Ord. n. 123), a tutela dei diritti e della dignità dei soggetti interessati dalla presente sentenza, e, in particolare, a tutela del loro diritto alla riservatezza dei dati personali, si dispone altresì che, in caso di riproduzione della sentenza stessa in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, venga opportunamente omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli stessi soggetti interessati riportati sulla sentenza. A tal fine la Segreteria della Sezione applicherà la disposizione di cui al comma 3 dello stesso art. 52 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice della privacy).

Manda alla Segreteria per gli adempimenti conseguenti.

Così deciso in Campobasso nella Camera di Consiglio del 10 novembre 2016.

Depositata in Cancelleria 27 marzo 2017.

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