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Dott. Stefano Usai

La disciplina del diritto di accesso degli atti di gara

llppLa richiesta di accesso all’offerta di gara (così come ad altri documenti introdotti grazie alla partecipazione alla gara  nel procedimento amministrativo correlato)  deve essere considerata dal RUP valutando la posizione differenziata del richiedente ed eventualmente considerando l’esistenza  di segreti commerciali o industriali alla luce del dato normativo.

Come noto, nel caso delle gare d’appalto e dei documenti correlati, il codice dei contratti prevede una specifica disciplina che tende – a differenza del diritto generale di accesso come disciplinato dagli artt. 22 e segg. della legge 241/90   - non tanto a contingentare la possibilità degli interessati di ottenere o visionare gli atti presentati dai concorrenti ma, piuttosto, a disciplinare in modo rigoroso tali prerogative per  evitare che da una prematura conoscenza  di certe informazioni – si pensi proprio all’offerta prodotta per partecipare alla gara d’appalto – possa derivarne un grave pregiudizio per il soggetto escusso e/o comunque un condizionamento tale da deviare l’epilogo della competizione dal suo naturale sviluppo.

La questione della richiesta di accesso all’offerta è stata, in tempi recentissimi, oggetto di pregevoli considerazioni da parte del Tar Marche, Ancona, sezione I, con la sentenza del 1° dicembre 2015 n. 875 che ha ben illustrato -  annullando il provvedimento di diniego all’accesso adottato dalla stazione appaltante – l’ambito operativo dell’azione del RUP ed i diritti dei controinteressati.

Nel caso di specie, l’appaltatore che non si aggiudicava l’appalto presentava istanza sull’offerta dell’aggiudicataria al fine di valutare la propria strategia difensiva ed adire il giudice avvero gli atti della gara.

La stazione appaltante procedeva ad escutere il controinteressato il quale non autorizzava l’acceso a causa del diniego espresso  da “enti pubblici”  ovvero clienti dell’aggiudicatario che non autorizzavano la diffusione.

Su tali argomentazioni, la stazione appaltante fondava il proprio provvedimento di diniego. Avverso questo provvedimento, evidentemente, l’appaltatore interessato insorgeva impugnando gli atti innanzi al giudice marchigiano.

Le argomentazioni del giudice

Il giudice ha ritenuto non persuasive le ragioni della stazione appaltante e  - soprattutto – appare irrituale lo stesso sub- procedimento che ha portato a negare l’ostensione dei documenti richiesti.

In primo luogo, la richiesta dell’appaltatore di avere accesso all’offerta veniva chiaramente formulato con la precisazione relativa alla necessità di valutare tale documentazione al fine di determinarsi a proporre un ricorso avverso gli esiti della gara.

E’ noto che questa è proprio l’ipotesi tipica,  prevista dal legislatore del codice dei contratti – al comma  6, articolo 13 - secondo cui “in relazione all'ipotesiin cui si segnalino elementi di segretezza industriale o commerciale  “è comunque consentito l'accesso al concorrente che lo chieda in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell'ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso”.

Già questa precisa indicazione avrebbe dovuto indurre il RUP a ben altra valutazione e non a negare l’ostensione  fondandola sulla “pretesa esigenza di salvaguardare know-how industriale e commerciale”.

Nel momento in cui – e questa è considerazione che vale in generale per l’azione amministrativa – il provvedimento richiesto ha carattere negativo ovvero  si sostanzia in un diniego, a maggior ragione la motivazione deve essere maggiormente adeguata e particolareggiata proprio perché si incide, riducendole, su prerogative ammesse dalla stessa normativa.

Invece, nel caso di specie, il diniego risultava fondato solo con un generico riferimento ad esigenze di segretezza che tra l’altro coinvolgevano enti pubblici che in nessun caso possono trincerarsi – salvo limitatissime ipotesi – dietro questa motivazione per negare l’ostensione.         

Sul punto, infatti, in sentenza si legge che “l’esigenza di riservatezza viene genericamente affermata dall’amministrazione richiamando le opposizioni delle controinteressate trascritte nel provvedimento impugnato che contengono, nella sostanza, un generico dissenso senza specificare quale tipo di segreto verrebbe divulgato e in quali documenti sarebbe contenuto”.      

In realtà, la posizione da assumere era esattamente contraria a quella tenuta dall’amministrazione.

Ancora, si legge ancora nella pronuncia che “l’amministrazione ha l’onere di rappresentare quali sono le specifiche ragioni di tutela del segreto industriale e commerciale custoditi negli atti di gara, in riferimento a precisi dati tecnici. In assenza di tale dimostrazione, l’accesso deve essere consentito”.

Pertanto, nel caso venisse dimostrata l’esistenza di aspetti  commerciali/industriali da tutelare  – fermo restando che innanzi ad un giudizio l’ostensione deve comunque essere assicurata – la stazione appaltante avrebbe potuto valutare quali parti “oscurare” permettendo comunque l’accesso ai dati restanti che avrebbero potuto  essere sufficienti a formare il convincimento circa la strategia da adottare.

I presupposti dell’accesso 

Ad epilogo della pronuncia, si chiariscono i presupposti per cui l’appaltatore necessariamente deve “subire” la possibilità dell’accesso ai propri atti.

Il giudice marchigiano evidenzia che per effetto della  stessa circostanza per cui l’appaltatore ha deciso di partecipare alla gara deriva  chiaramente l’assoggettamento alla richiesta di accesso da parte dei controinteressati.  

Tale assoggettamento ha solamente due  limiti generali – e dalla parte di chi subisce l’accesso due fondamentali garanzie – ovvero, in primo luogo,  la partecipazione alla competizione.

E’ chiaro che l’accesso, il diritto si radica sulla partecipazione alla  competizione   altrimenti viene meno ogni legittimazione.

Il secondo limite o garanzia – a seconda che si esami l’accesso dalla parte dell’istante o dalla parte di chi lo subisce – è costituito dalla legittimazione ovvero dall’esistenza di una posizione differenziata alla cui tutela l’accesso è preordinato  (cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. III, 26.2.2013, n. 2106; TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 15.1.2013 n. 116).

Al di fuori di queste circostanze, si riespande il potere  della stazione appaltante di negare l’ostensione e la visione degli atti.

Il responsabile del procedimento di accesso

Sembra interessante, vista la sentenza, affrontare la questione della gestione della procedura di accesso e, soprattutto del soggetto tenuto a condurre  il procedimento amministrativo ovvero il RUP.

E’ bene annotare che il RUP deve prevedere l’ipotesi dell’accesso pertanto, nel bando di gara o nell’atto omologo avrà cura di inserire una specifica disposizione diretta a pretendere dagli appaltatori la precisa indicazione su quali parti dell’offerta o più genericamente della documentazione prodotta, potrebbero insistere segreti commerciali e/o industriali tali che, innanzi ad una richiesta di accesso potrebbero essere oscurati.

L’uso del condizionale è d’obbligo  perché la dichiarazione dell’appaltatore circa l’esistenza di segreti da tutelare potrebbe essere (o risultare)  eccessiva pertanto, in ogni caso, il RUP si riserva – in caso di richiesta di ostensione degli atti o anche di richiesta di  visione – di verificare la fondatezza della  pretesa dell’appaltatore.

Naturalmente, la dichiarazione non può essere richiesta a pena di esclusione. 

Una volta ricevuta la richiesta di accesso – per ciò che qui interessa -     occorre naturalmente previamente verificare in quale  fase del procedimento ci si trova.

L’accesso all’offerta, come noto, ai sensi del comma 2, articolo 13, della lettera c), non è ammesso “fino all'approvazione dell'aggiudicazione”, ovvero deve essere differito ma non rifiutato (salvo che non insistano evidentemente  le condizioni minime che legittimano la richiesta).

Uno dei punti della disposizione appena citata che il RUP deve avere ben chiari è che l’aggiudicazione a cui si riferisce la norma – che ammette il differimento della richiesta di accesso – è l’aggiudicazione definitiva.

Infatti, la norma recita “fino all’approvazione dell’aggiudicazione” e l’aggiudicazione che deve esser approvata è quella provvisoria che, appunto, per effetto dell’approvazione diviene definitiva.

Se  la richiesta d’accesso viene formulata dopo l’aggiudicazione definitiva (o su quella già presentata, l’appaltatore manifesta di avere ancora interesse), il RUP deve verificare quanto indicato dall’appaltatore che subirà l’accesso nella dichiarazione richiesta già in fase di partecipazione.

Deve, in sostanza, avviare una autentica istruttoria sulla dichiarazione resa (o non resa) in modo da trarre le indicazioni utili sul provvedimento da adottare.

Nel  caso in cui, dalla dichiarazione in argomento, si evincano effettivamente dei limiti o contingentamenti determinati dall’esistenza di segreti da tutelare adeguatamente motivati, il RUP può o riproporre il quesito  all’appaltatore oppure utilizzare tali dati ma dopo aver oggettivamente svolto una istruttoria attenta e aver verificato la fondatezza di tali pretese.

E’ chiaro poi che, nel caso in cui la richiesta risulti motivata   per la finalità di agire in giudizio, il diritto di  difesa   prevale su ogni altra prerogativa ed il RUP non potrà che consentire l’accesso previamente informando, di quanto, l’appaltatore interessato che non potrà opporsi o al limite potrà chiedere di verificare la richiesta di accesso presentata.

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