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Quali sono i tetti per le assunzioni di personale nel 2016 negli enti che non erano soggetti al patto di stabilità?

Negli enti che non erano soggetti al patto di stabilità il tetto è fissato in relazione al numero dei dipendenti cessati, viene cioè consentito il turn over completo. Sulla base delle previsioni della legge di stabilità 2016 si può andare fino al 100% dei risparmi derivanti dalle cessazioni.

Quali sono i tetti di spesa per le assunzioni di personale nel 2016 negli enti che erano soggetti al patto di stabilità?

Il tetto di carattere generale è fissato nel 25% dei risparmi delle cessazioni dell’anno precedente. Questa percentuale sale allo 80% per le assunzioni del personale in sovrannumero degli enti di area vasta. Essa sale al 75% per i comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti che hanno un rapporto tra dipendenti e popolazione inferiore a quello previsto per gli enti dissestati. Arriva per il solo 2016 al 100% dei risparmi delle cessazioni dell’anno precedente negli enti che hanno un rapporto tra spesa del personale e spesa corrente inferiore al 25%.

Il Personale nel DL n. 113/2016

Prof. Arturo Bianco

direttoreSono assai significative, anche se non stravolgenti, le novità dettate in materia di personale dalla legge n. 160/2016, di conversione del DL n. 113/2016, “Misure finanziarie urgenti per gli enti locali ed il territorio”. In particolare si devono segnalare: la abrogazione del vincolo della riduzione della incidenza della spesa del personale su quella corrente; l’aumento delle capacità assunzionali dei piccoli comuni; il superamento della inclusione della spesa per le assunzioni ex articolo 110 comma 1 nel tetto di quelle per le assunzioni flessibili e il piano straordinario di assunzioni di personale educativo e docente da parte dei comuni, ivi compresa la stabilizzazione dei precari.

Ulteriori riflessioni sulla circolare n° 58/2016 dell’INPS (Chiarimenti sul sistema contributivo, misto e retributivo e sul massimale)

Dott. Villiam Zanoni

pensioniprevIn attesa delle novità che sicuramente saranno inserite nella prossima “Legge di Bilancio” ed in assenza di altre significative novità, torno sull’argomento relativo alla circolare INPS n° 58 del 1 aprile 2016, poiché sulla base di diversi quesiti che mi sono stati posti mi pare che le idee in circolazione siano tante e confuse. Preme innanzitutto sottolineare che detta circolare contiene 2 blocchi di problemi assolutamente diversi per ambito di applicazione e per criteri di interpretazione:

-          uno riguarda il meccanismo attraverso il quale applicare o meno il “massimale” (100.324,00 euro per il 2016) di retribuzione imponibile nel “sistema contributivo” (punti da 1 a 4 della circolare;

-          l’altro riguarda il criterio di calcolo (ma non solo) delle pensioni della Gestione Pubblici Dipendenti in funzione della anzianità contributiva al 31.12.1995 (retributivo, misto o contributivo) (punto 5 della circolare.

Lotta alla povertà: ora tocca ai Comuni… e così S.I.A.!

Dott. Daniele Perugini

managementSaranno ancora una volta gli oltre ottomila Comuni italiani ad interpretare un ruolo da protagonisti nei confronti della cittadinanza più bisognosa: il Sostegno per l’Inclusione Attiva (SIA) è infatti l’ultimo strumento messo in atto dal Governo per contrastare la povertà, un sussidio economico (erogato attraverso una Carta Acquisti precaricata) alle famiglie in condizioni disagiate, in presenza di minori, disabili o donne in stato di gravidanza accertata. Come disposto dal decreto interministeriale 26 maggio 2016 ai Comuni vengono affidati, tra l’altro, la gestione operativa delle domande, il relativo accoglimento/diniego ed il controllo del rispetto degli specifici progetti personalizzati, elementi essenziali del nuovo strumento assistenziale.

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 Edizione del 15 Settembre 2016

 


ORIGINE E PRESUPPOSTI DEL POTERE DISCIPLINARE

Le recenti iniziative legislative in materia di procedimenti disciplinari impongono sempre maggiori approfondimenti e scambi di esperienze. Infatti per poter adottare provvedimenti corretti è necessaria un’ ampia specializzazione sulla materia essendo questa di natura altamente tecnica.

Si rende, quindi, necessario un percorso che parte dai principi-base che sono a fondamento del potere disciplinare per poi procedere gradualmente con l’ analisi di tutte le fasi dello svolgimento dell’ azione disciplinare.

Pertanto è necessario inquadrare correttamente l’argomento partendo da ciò che origina il potere disciplinare quale prerogativa datoriale. In considerazione di ciò va evidenziato che nell’ ambito del sinallagma, che rappresenta il fulcro del rapporto tra datore di lavoro e prestatore di lavoro ed è costituito dallo scambio tra prestazione e controprestazione , vi sono anche degli elementi che devono caratterizzare l’ adempimento del dipendente. In altri termini la prestazione deve essere resa secondo quanto richiesto dagli artt. 2104 e 2105 del c.c.

Per giungere a realizzare lo scopo, quindi, il dipendente è tenuto ad osservare nello svolgimento della prestazione le norme che definiscono l’ obbligo di diligenza e di fedeltà entrambi codificati dai seguenti articoli del codice civile:

2104.  Diligenza del prestatore di lavoro.

Il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall'interesse dell'impresa e da quello superiore della produzione nazionale [c.c. 1176].

Deve inoltre osservare le disposizioni per l'esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall'imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende.

Il primo comma richiama la “diligenza del buon padre di famiglia ” e infatti rinvia all’ art. 1176 del c.c. che riguarda specificamente la diligenza nell’ adempimento del debitore che, a differenza della correttezza e buona fede inerenti il rapporto obbligatorio nel suo complesso, indica le modalità di esecuzione della prestazione e impone al debitore di fare tutto quanto necessario a soddisfare l’ interesse del creditore all’ esatto adempimento.

2105.  Obbligo di fedeltà.

Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, né divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio [c.c. 2125].

Ne consegue che qualora vi fosse una violazione dei suddetti doveri in capo al prestatore di lavoro si configura l’esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro.

Per quanto riguarda, invece, il dovere di fedeltà esso si concretizza nell’ obbligo di astenersi da qualsiasi comportamento che possa risultare pregiudizievole per l’ amministrazione e comporta il divieto di usare l’ impiego a fini personali.

I doveri del dipendente pubblico sono quindi sanciti in parte da norme di diritto positivo, in parte dalle disposizioni contenute dai contratti collettivi nonché dai codici di comportamento o dalla sottoscrizione del contratto individuale di lavoro.

Prossimamente tali temi verranno analizzati nello specifico con i dovuti approfondimenti.

Intanto per completezza si richiama all’ attenzione dei lettori anche l’art. 2106 , espressamente dedicato alle  Sanzioni disciplinari che recita : “L'inosservanza delle disposizioni contenute nei due articoli precedenti può dar luogo alla applicazione di sanzioni disciplinari, secondo la gravità dell'infrazione 

Questa sintetica introduzione al tema ha tracciato il solco nel quale si svilupperà con successivi passaggi l’analisi di tutti gli aspetti che caratterizzano il procedimento disciplinare soffermandosi soprattutto sui risvolti pratici e gestionali e sulle ultime pronunce giurisprudenziali.

 

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 Edizione del 15 Settembre 2016

 


Consiglio di Stato sez. V 31/8/2016 n. 3753

Perentorietà e conseguenza escludente del termine per la verifica dei requisiti speciali su primo e secondo classificato

Il carattere perentorio ed essenziale del termine di cui al comma 2 dell’articolo 48, d.lgs. 163/06, nonché la riconosciuta finalità acceleratoria della sua fissazione e – non da ultimo – le conseguenze immediatamente escludenti che conseguono alla sua violazione non consentono di accordare al concorrente che tale violazione abbia commesso il beneficio dell’errore scusabile, ovvero la sostanziale rimessione in termini connessa all’applicazione del c.d. ‘soccorso istruttorio’ di cui all’articolo 38, comma 2-bis del decreto legislativo n. 163 del 2006.

A tacere d’altro, laddove si consentisse all’impresa concorrente di accedere – in ipotesi quale quella che qui rileva – al beneficio del soccorso istruttorio, si determinerebbe un’evidente violazione del principio della par condicio concorrenziale, ammettendo che un concorrente (il quale avrebbe dovuto comprovare il possesso dei requisiti di ordine oggettivo sin dalla partecipazione alla gara) non solo possa sottrarsi a tale obbligo senza conseguenze di sorta, ma che vi si possa sottrarre anche successivamente (i.e.: nel momento in cui viene richiesto di procedere alla comprova ai sensi del comma 2 dell’articolo 48, cit.).


Consiglio di Stato sez. IV 25/8/2016 n. 3688

Decorrenza del “termine dimezzato” per impugnare il provvedimento di esclusione

 Alla stregua dei consolidati principi elaborati sul punto dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. da ultimo Sez. V, n. 671 del 2015; Sez. V, n. 2614 del 2013, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74 e 120, co. 10, c.p.a.), il termine di 30 giorni sancito dall’art. 120, co. 5, c.p.a. e 79, co. 5 e 5-bis, codice degli appalti (d.lgs. n. 163 del 2006) per impugnare il provvedimento di esclusione decorre dal momento in cui l’impresa, tramite il suo amministratore o rappresentante, viene edotta, nella sostanza, delle ragioni della esclusione indipendentemente da qualsivoglia successiva comunicazione formale. (..) Il consolidamento della esclusione dalla procedura di gara rende inammissibile per difetto di legittimazione l’impugnativa dell’aggiudicazione e, più in generale, di tutti i successivi atti della procedura (cfr. negli esatti termini, Sez. IV, n. 1560 del 2016 cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74 e 120, co. 10, c.p.a.).


Consiglio di Stato sez. III 31/8/2016 n. 3754

Informativa antimafia e rilevanza degli elementi non penalmente rilevanti

Secondo la più recente giurisprudenza, in materia di informative antimafia trovano applicazione i seguenti principi (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743):

- l'informativa antimafia, ai sensi degli artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, del d. lgs. n. 159/2011, presuppone «concreti elementi da cui risulti che l'attività d'impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata»; - il rischio di inquinamento mafioso deve essere valutato in base al criterio del più ‘probabile che non’, alla luce di una regola di giudizio, cioè, che ben può essere integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall'osservazione dei fenomeni sociali, qual è, anzitutto, anche quello mafioso; … - pertanto, gli elementi posti a base dell'informativa possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali o, addirittura e per converso, possono essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione; … - quanto ai rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell'impresa e familiari che siano soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose, l'Amministrazione può dare loro rilievo laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del ‘più probabile che non’, che l'impresa abbia una conduzione collettiva e una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto col proprio congiunto;

… - hanno dunque rilevanza circostanze obiettive (a titolo meramente esemplificativo, ad es., la convivenza, la cointeressenza di interessi economici, il coinvolgimento nei medesimi fatti, che pur non abbiano dato luogo a condanne in sede penale) e rilevano le peculiari realtà locali, ben potendo l'Amministrazione evidenziare come sia stata accertata l'esistenza - su un'area più o meno estesa - del controllo di una 'famiglia' e del sostanziale coinvolgimento dei suoi componenti (a fortiori se questi non risultino avere proprie fonti legittime di reddito).


Consiglio Giustizia Amministrativa Regione Sicilia 23/8/2016 n. 275

Ipotesi di immediata impugnazione degli atti d’indizione delle gare pubbliche

Secondo l’impostazione corrente in giurisprudenza, l'impugnazione immediata degli atti d’indizione delle gare pubbliche è ammessa quando si lamenti che le loro clausole impediscano una corretta e consapevole elaborazione della proposta individuale, pregiudicando così il corretto esplicarsi della gara. Più in dettaglio, una situazione siffatta può essere riscontrata dinanzi a clausole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile, o impongano obblighi contrari alla legge, o prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta, ma altresì in presenza di disposizioni abnormi o illogiche che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara, o davanti a condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente, o infine al cospetto di gravi carenze nell'indicazione di dati essenziali per la formulazione dell'offerta (C.d.S., III, 23 gennaio 2015, n. 293; in termini, V, 18 giugno 2015, n. 3104)


Consiglio di Stato sez. V 16/8/2016 n. 3638

Divieto di regolarizzazione postuma delle irregolarità previdenziali

Il Collegio ritiene dirimenti ai fini del decidere le statuizioni rese dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio con la sentenza 29 febbraio 2016, n. 5 in ordine alla portata della previsione di cui al comma 8 dell’articolo 31 del decreto-legge n. 69 del 2013 (la cui previsione trova applicazione anche nella presente vicenda contenziosa).

Con la decisione appena richiamata è stato chiarito che, ai fini della partecipazione alle gare di appalto, anche dopo l’entrata in vigore dell’articolo 31, comma 8, del decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69, non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l’impresa concorrente essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e conservare tale stato di regolarità per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, in tal modo palesando l’irrilevanza di un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva.

L’Adunanza plenaria ha quindi chiarito che l’istituto dell’invito alla regolarizzazione (il c.d. ‘preavviso di DURC negativo’), già previsto dall’articolo 7, comma 3, del decreto ministeriale 24 ottobre 2007 e ora recepito a livello legislativo dall’art. 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, può operare soltanto nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall’impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell’autodichiarazione resa ai sensi dell’articolo 38, comma 1, lettera i) ai fini della partecipazione alla gara d’appalto.


TAR Sardegna sez. I 11/8/2016 n. 698

Non obbligatorietà del nominativo del subappaltatore in sede di presentazione dell’offerta

In sede di gara pubblica l’indicazione del nominativo del subappaltatore già in sede di presentazione dell’offerta non è obbligatoria neanche nell’ipotesi in cui il concorrente non possieda la qualificazione nelle categorie scorporabili; in sostanza, per la partecipazione alla gara è sufficiente il possesso della qualificazione nella categoria prevalente per l’importo totale dei lavori e non è, quindi, necessaria anche la qualificazione nelle categorie scorporabili (Consiglio di Stato, sez. V, 15 marzo 2016, n. 1027).

Ha precisato il Supremo consesso che l'indicazione del nominativo del subappaltatore già in sede di presentazione dell'offerta non è obbligatoria neanche nell'ipotesi in cui il concorrente non possieda la qualificazione nelle categorie scorporabili previste all'art.107, comma 2, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (Consiglio di Stato, sez. V, 23 giugno 2016, n. 2803). Vanno richiamati i principi affermati dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 11/2015)

Dott. Stefano Usai

L’applicazione corretta del principio di invarianza della soglia di anomalia (ora comma 15 dell’articolo 95 del nuovo codice degli appalti)

llppLa recente pronuncia del Tar Sicilia, Palermo, sez. III, del 22 luglio 2016 n. 1801 ha un pregio particolare perché costituisce contributo concreto alla risoluzione della querelle pratico/applicativa  posta dal c.d. principio di invarianza della soglia di anomalia collocata, nel pregresso codice nella parte finale del comma 2-bis dell’articolo 38 mentre, nell’attuale decreto legislativo 50/2016, su indicazione del Consiglio di Stato – espressa nel parere 855/2016 – la previsione è stata allocata, in modo più corretto, nel comma 15 dell’articolo 95 (criteri di aggiudicazione dell’appalto).

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 Edizione del 30 Luglio 2016

 


Consiglio di Stato sez. V 20/7/2016 n. 3287

Corretta sequenza valutazionale in caso di ricorso al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa

In base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, da cui il Collegio non ritiene di doversi discostare, laddove la procedura di gara sia caratterizzata (come nell'ipotesi di aggiudicazione con il sistema dell'offerta economicamente più vantaggiosa) da una netta separazione tra la fase di valutazione dell'offerta tecnica e quella dell'offerta economica, il principio di segretezza comporta che, fino a quando non si sia conclusa la valutazione degli elementi tecnici, è interdetta al seggio di gara la conoscenza di quelli economici, per evitare ogni possibile influenza sull’apprezzamento dei primi.
Il principio della segretezza dell'offerta economica è, infatti, presidio dell'attuazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa, predicati dall'articolo 97 della Costituzione, sub specie della trasparenza e della par condicio dei concorrenti, intendendosi così garantire il corretto, libero ed indipendente svolgimento del processo intellettivo - volitivo che si conclude con il giudizio sull'offerta tecnica ed in particolare con l'attribuzione dei punteggi ai singoli criteri attraverso cui quest'ultima viene valutata.
La delineata peculiarità del bene giuridico protetto dal principio di segretezza dell'offerta economica, impone che la tutela si estenda a coprire, non solo l’effettiva lesione del bene, ma anche il semplice rischio di pregiudizio al medesimo, perché anche la sola possibilità di conoscenza dell'entità dell'offerta economica, prima di quella tecnica, è idonea a compromettere la garanzia di imparzialità dell'operato dell'organo valutativo (fra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 29/2/2016, n. 825; Sez. V, 19/4/2013 n. 2214).


Consiglio di Stato sez. III 22/7/2016 n. 3308

Computo del termine di impugnazione: chiarimento della Corte di Giustizia UE e recepimento del medesimo

Il Collegio si riporta alle “considerazioni condivise dalla giurisprudenza della Sezione (cfr. Cons. Stato sez. III 21 marzo 2016 n. 1143; 7 gennaio 2015 n. 25; 25 novembre 2015 n. 5830; 28 agosto 2014 n. 4432) che possono essere qui richiamate.
Il D.Lgs. n. 163 del 2006 (codice dei contratti pubblici) stabilisce:
- all’art.79, che l’Amministrazione deve comunicare a tutti i partecipanti alla gara la c.d. ‘decisione di aggiudicazione’; e che (comma 5 quater) ai candidati non aggiudicatari va consentito l’accesso agli atti del procedimento entro dieci giorni dalla predetta comunicazione;
- ed all’art.120 (quinto comma), che le impugnative avverso gli atti delle procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture devono essere proposte nel termine abbreviato di trenta giorni, decorrente dalla ricezione della comunicazione in questione.
Ora, secondo l’orientamento di una parte della giurisprudenza, dal combinato disposto delle due norme citate (art.79 ed art.120) non risultava del tutto chiaro se il termine per l’impugnazione dovesse essere fatto decorrere in ogni caso dalla data di avvenuta comunicazione dell’aggiudicazione; ovvero dalla data di avvenuta conoscenza degli altri atti (relativi al procedimento di aggiudicazione) a seguito dell’accesso documentale (C.S., III^, sentenze n. 2407 del 24.4.2012 e n. 1428 del 14.3.2012).
… La Corte di Giustizia ha chiarito al riguardo - con decisione della V^ Sezione, 8.5.2014, in causa C-161/13 - che l’art.120 cit. dev’essere interpretato nel senso che il termine di trenta giorni per l’impugnativa del provvedimento di aggiudicazione non decorre sempre e comunque dal momento della comunicazione di cui all’articolo 79 cit.; ma, nel caso in cui emergano vizi riferibili ad atti diversi da quelli ‘comunicati’, dal giorno in cui l’interessato abbia avuto piena ed effettiva conoscenza, proprio in esito all’accesso, degli atti e delle vicende fino ad allora rimasti non noti.
E poiché, come si è visto, il termine per effettuare l’accesso è stato fissato dal Legislatore in soli dieci giorni (e ciò in ragione delle esigenze di celerità che caratterizzano il procedimento in materia di affidamento di lavori, forniture e servizi pubblici), la giurisprudenza ha affermato (cfr. C.S., III^, 28.8.2014 n.4432) che nelle pubbliche gare d’appalto il c.d. ‘termine breve’ per l’impugnazione degli atti e/o provvedimenti che non siano stati trasmessi unitamente alla comunicazione della decisione di aggiudicazione e che costituiscono oggetto dell’accesso (id est: degli atti non immediatamente conosciuti in occasione della comunicazione dell’intervenuta aggiudicazione) può essere incrementato, al massimo, di dieci giorni (fermo restando, beninteso, che se la P.A. rifiuta illegittimamente di consentire l’accesso, il termine non inizia a decorrere; gli atti non visionati non si consolidano ed il potere di impugnare, dell’interessato pregiudicato da tale condotta amministrativa, non si ‘consuma’)” (così, testualmente, Cons. Stato Sez. III, 21 marzo 2016 n. 1143)


TAR Lombardia Milano sez. IV 22/7/2016 n. 563

Stand-still e divieto di stipulazione in caso di istanza cautelare

Sia l’art. 11 comma 10 ter del d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163, sia l’art. 32, XI comma, del d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50, dispongono che, se è proposto ricorso avverso l'aggiudicazione con contestuale domanda cautelare, il contratto non può essere stipulato, dal momento della notificazione dell'istanza cautelare alla stazione appaltante e per i successivi venti giorni, a condizione che, entro tale termine, intervenga almeno il provvedimento cautelare di primo grado o la pubblicazione del dispositivo della sentenza di primo grado in caso di decisione del merito all'udienza cautelare ovvero fino alla pronuncia di detti provvedimenti se successiva; (..) in relazione all’ultima parte della disposizione, si deve senz’altro affermare che il divieto di stipulazione travalica il limite dei venti giorni, ove ciò dipenda dai tempi occorrenti per emettere la pronuncia giurisdizionale.


TAR Friuli Venezia Giulia 15/7/2016 n. 358

Dies a quo del termine per l’esercizio dell’azione risarcitoria

Il dies a quo del termine di centoventi giorni fissato dall’articolo 30, comma 3, Cod. proc. amm. per l’esercizio dell’azione risarcitoria è nel caso di specie da individuarsi nella ricezione da parte della società ricorrente della comunicazione della stazione appaltante ex articolo 79, comma 5, lettera a), D.Lgs. n. 163/2006 di avvenuta aggiudicazione definitiva dell’appalto in questione al RTI controinteressato. (..) Né può ritenersi sospeso il suvvisto termine di esercizio dell’azione risarcitoria dalla attivazione da parte dell’interessata della procedura volta alla pronuncia di un parere sulla questione controversa da parte dell’ANAC. Invero, in assenza di specifica previsione normativa in tal senso, il termine perentorio per il ricorso ai rimedi di ordine giudiziale continua a decorrere, pur in pendenza del procedimento – sicuramente privo di valenza giurisdizionale - avanti l’Autorità di vigilanza del settore (cfr., T.A.R. Molise, sentenza n. 711/2013; T.A.R. Abruzzo – Pescara, sentenza n. 102/2014). (..) E’, altresì, da escludersi che possa avere efficacia sospensiva del termine di esercizio dell’azione risarcitoria la volontà manifestata dalla società (..) di attendere il parere di ANAC.


TAR Toscana sez. I 15/7/2016 n. 1216

Obbligo del concorrente di fornire indicazione degli oneri di sicurezza

L’indicazione degli oneri della sicurezza costituisce un dato indefettibile, che il concorrente deve fornire alla stazione appaltante se non nell’offerta, perlomeno in fase di verifica di congruità dell’offerta stessa, allo scopo di consentire alla stazione appaltante di adempiere all’onere – sussistente anche al di fuori del procedimento di verifica delle offerte anomale – di verificare il rispetto di norme inderogabili a tutela dei fondamentali interessi dei lavoratori in relazione all'entità ed alle caratteristiche del servizio (per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. III, 28 settembre 2015, n. 4537). Per le medesime ragioni è doverosa, del resto, anche l’indicazione del costo del lavoro.


Consiglio di Stato sez. VI 13/7/2016 n. 3139

La mancata indicazione degli oneri di sicurezza non è sanabile con il soccorso istruttorio

La previsione della lex specialis circa la necessaria indicazione, nell’ambito dell’offerta economica, degli oneri di sicurezza c.d. interni o aziendali deve ritenersi conforme alla disciplina legislativa di cui al combinato disposto degli artt. 86, comma 3 bis, 87, comma 4, d.lgs. n. 163/2006 e 26, comma 6, d.lgs. n. 81/2008, la quale, espressamente riferita agli appalti di servizi e forniture, prescrive tale obbligo (v. Ad. Plen. n. 3/2015, che, nel statuire tale obbligo per gli appalti lavori, muove dal presupposto interpretativo della sua espressa previsione legislativa per il settore dei servizi e delle forniture, con conseguente manifesta infondatezza della tesi del r.t.i. appellante circa l’inapplicabilità di tale disciplina al settore degli appalti di servizi); pertanto, per un verso, la lex specialis e' legittima e, per altro verso, sarebbe impossibile per la stazione appaltante attivare il soccorso istruttorio in quanto l’offerta e' mancante di un elemento essenziale, pena altrimenti la violazione del principio della par condicio competitorum (v. Ad. Plen. n. 3/2015 e n. 9/2015). 

Un dipendente che svolge la sua attività in una giornate festiva essendo stato preventivamente collocato in servizio in tale data ha diritto a compensi ulteriori e/o al recupero della giornata?

La risposta è negativa per una parte rilevante della giurisprudenza, anche della Corte di Cassazione, nonché per l’Aran, il Dipartimento della Funzione Pubblica e la Ragioneria Generale dello Stato. Viene messo in evidenza che la erogazione della indennità di turno festiva deve essere considerata come onnicomprensiva. Si deve sottolineare che per una parte della giurisprudenza, anche della Corte di Cassazione, sia pure non di recente, e per le organizzazioni sindacali in questo caso occorre dare corso alla remunerazione ex articolo 24 del CCNL 14.9.2000 (cd code contrattuali) ed al recupero della giornata. E’ da considerare acquisito che tale disposizione si applichi nel caso di dipendente che svolge in modo aggiuntivo rispetto al proprio normale orario di lavoro tali prestazioni.

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